Emergere dalle liberazioni mancate per un'Africa libera e unita
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Emergere dalle liberazioni mancate per un'Africa libera e unita

  1. 121 pagine
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Emergere dalle liberazioni mancate per un'Africa libera e unita

Informazioni su questo libro

La maggior parte dei paesi africani ha ottenuto l'indipendenza nel 1960. L'indipendenza ha acceso la speranza di donne e uomini del continente nero. Cosa è diventata l'Africa dopo poco più di 50 anni? Abbiamo forse ritrovato la nostra dignità? Siamo degli uomini liberi? La presente opera si propone di riflettere sui fatti concreti che impediscono all'Africa di camminare con le proprie gambe, suggerendo delle soluzioni percorribili al fine di costruire un'Africa veramente libera e unita. L'autore fa luce sul pensiero di Jean-Marc Ela. Non sorprende che il bilancio globale sia negativo dopo più di 50 anni d'indipendenza, anche se nei discorsi ufficiali viene affermato il contrario. Quest'opera si presenta come un'autopsia di quel continente che alcuni considerano come un'«appendice senza importanza». Tuttavia, non bisogna scoraggiarsi. La determinazione delle figlie e dei figli di questo continente può vincere la povertà, l'oppressione e lo sfruttamento vissuto quotidianamente dagli africani.

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Informazioni

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CAPITOLO 1

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SUL PENSIERO DI JEAN-MARC ELA

Introduzione parziale

Il libro Repenser la théologie africaine, le Dieu qui libère è da considerarsi “enciclopedia”. L’opera tocca una varietà di argomenti ponendo domande scottanti alla Chiesa, ai teologi africani e ai potenti dell’Africa. Delle domande difficili da fare, ma che meritano di venire alla luce, in quanto lo richiede il Vangelo. Il Vangelo è un libro che affascina dalla prima all’ultima pagina, pare di essere ispirati da ogni riga. Scegliere cosa ricordare può dipendere dall’interesse dei lettori, che propendono per ciò che è loro d’aiuto o per ciò che li motiva.
Quanto a me, sono interessato dalla liberazione sociopolitica. In questa prima parte, infatti, solleverò la questione del ruolo del Vangelo nella società. Sono convinto che il Vangelo possa trasformare la società africana. Il Vangelo costituisce una forza di liberazione in un contesto in cui domina l’oppressione.
Dirò qualcosa anche sulla relazione tra l’Occidente e l’Africa, proprio come Jean-Marc Ela la espone. Questa relazione, caratterizzata dall’aspirazione all’egemonia, costituisce un luogo teologico nella misura in cui essa mette in pericolo chi è povero.
Anche le problematiche ecologiche saranno oggetto delle riflessioni in questa prima parte. Tali questioni sono d’attualità sia per la Chiesa che per politica mondiale e meritano l’attenzione alla coscienza di uomini e donne, che si rendono conto che l’ambiente sia parte dei poveri da liberare.
Rifletterò anche sulla razionalità. Quest’ultima aiuta a prendere coscienza delle cause naturali ai problemi che sorgono in seno alla società africana, creando un senso di responsabilità, al contrario di quello che accade rifugiandosi nella spiritualità e aspettandosi che tutto venga da Dio. La razionalità rivalorizza la ragion d’essere dell’essere umano.
Vedremo che la fede deve tener conto dei fatti reali. Sappiamo che in Africa abbiamo a che fare con realtà d’ingiustizia, d’oppressione e di sfruttamento. Il credente che tiene conto della realtà evita tutti i discorsi aleatori ed è concretamente più utile alla società, tentando di trovare dei rimedi alle questioni che si presentano quotidianamente nei vari contesti.
Un altro elemento importante è l’Eucarestia, della quale scopriremo le implicazioni sociali e vedremo che in qualche modo deve guidare verso la condivisione, la giustizia e la pace. L’Eucarestia dovrebbe incoraggiare i cristiani dell’Africa a condividere non solamente il Corpo e il Sangue di Cristo, ma anche l’erario e altri beni che il Buon Dio dona loro.
Presenterò, altresì, una spiritualità che punta alla liberazione. Una spiritualità che si nutre di contemplazione incoraggia alla resistenza contro tutto ciò che degrada la dignità dell’essere umano in Africa.
Questa parte si concluderà con una riflessione sulle relazioni tra Roma e le Chiese locali. Vedremo che, secondo Jean-Marc Ela, le Chiese locali hanno bisogno di maggiore autonomia per stabilire ciò che è necessario al popolo di Dio in Africa. Tale autonomia permetterebbe a queste chiese di essere più creative e più efficaci nella liberazione di un continente «saturo di cattive notizie»[16], come dicono i vescovi africani.
Per concludere questa sezione non mi limiterò a esporre il pensiero di Jean-Marc Ela, ma mi permetterò di aggiungere qualche commento personale alla fine di questo primo capitolo.
La portata sociale del Vangelo
Il discorso su Dio ha l’onere di rispondere pertinentemente alle esigenze attuali del continente nero. Tale discorso deve essere studiato nel linguaggio, in modo che il senso di ciò che viene detto penetri il cuore delle donne e degli uomini del nostro tempo attraverso le parole della «loro cultura e del loro tempo».[17] Il rigore intellettuale, infatti, richiede al teologo di mostrarsi critico di fronte alle formule dogmatiche e agli enunciati teologici provenienti dall’esterno. Per Jean-Marc Ela l’attualità e la credibilità del Vangelo prevedono una revisione e un ripensamento totale, la nostra Fede compresa. Un’impresa tale esige che si guardi alle culture, in quanto essenze sottomesse ad un’evoluzione continua al fine di adattarsi ai tempi presenti.
L’interpretazione del messaggio evangelico non deve pertanto ignorare le problematiche della società odierna. Il nostro autore suggerisce alla Chiesa occidentale di farla finita con la pretesa di conoscere la verità assoluta, perché i suoi problemi e la sua storia non coincidono non i nostri. Secondo l’autore, infatti, Dio trascende la Chiesa e nessuno lo avrebbe mai visto. È ciò che affermano le Sacre Scritture (Jn 1,18 ;6,46; Jn4,12; Tim 6,16). Il teologo camerunense Fabien Eboussi Boulaga, sulla stessa scia, ha asserito che nonostante Dio si sia rivelato in Gesù Cristo, non significa che si sia volgarizzato e che si possano mettere le mani su di lui.[18]
Comprendiamo il messaggio della Rivelazione a partire dal nostro proprio contesto e dalla nostra propria esperienza. Per questa ragione gli oppressi e gli schiavi si attendono che il Vangelo sia una forza di liberazione. Annunciare Gesù Cristo è annunciare un «Dio liberatore», così come lo ricorda Jean-Marc Ela sostenendo che il Vangelo prende certamente in considerazione il «contesto d’oppressione e ingiustizia nel quale inventarsi una maniera di interpretare la Bibbia come messaggio di liberazione degli oppressi».[19] La liberazione include in sé tutte le dimensioni della persona umana.
In un contesto africano nel quale il popolo di Dio vive alla giornata a causa della carestia, della guerra e della dittatura, la notizia che ogni uomo vuole ascoltare è l’annuncio della liberazione. Il Vangelo di Gesù Cristo disdegna «lo stato di indigenza, di impoverimento, di fragilità e di abbrutimento dell’uomo africano (...)».[20] La Bibbia diventa un concreto strumento contro l’oppressione per il popolo del continente nero.
Attraverso la lettura di Repenser la théologie africaine ci si ricorda che Dio non assume una posizione neutra in un contesto di povertà e oppressione. Se fosse veramente così, per quale ragione dovrebbe assumerla la Chiesa? Basta ripensare al Dio che si è scontrato col Faraone affinché quest’ultimo cessi di far soffrire il popolo di Israele lasciandolo libero.[21] Il nostro autore sottolinea che Dio non ha accettato la condizione di schiavitù che subivano gli israeliti. Annunciare il Dio che sta dalla parte dei disprezzati e degli esclusi, non impedisce affatto di mantenere un legame stretto con la Chiesa universale, la madre nostra.
Ispirato dal numero 37 del Sinodo dei vescovi africani del 1994, Jean-Marc Ela ricorda una sfida alla teologia africana che merita di essere seriamente considerata:
Il continente va a fuoco e sanguina in vari luoghi (...). Molti dei nostri fratelli e sorelle in numerosi paesi del continente sono esiliati a causa di dittature e violenze di ogni sorte e viene loro impedito di mettere i loro talenti al servizio della loro gente in seno alla giustizia, alla tranquillità e alla pace.[22]
Non è fuori moda ricordare questo numero in un contesto in cui molti paesi dell’Africa vivono un’instabilità che minaccia anche l’integrazione regionale. Nonostante significativi passi avanti che possono suscitare dell’ottimismo, i lettori di quest’opera si ricordino che il Sudan del Sud è in guerra civile dal 15 dicembre 2013; che la Libia conosce due tipi di guerre: una guerra in seguito ad una guerra civile dal 2011 e un’altra guerra civile dal 2014; che il conflitto per il Sahara Occidentale dura dal 1970; che il popolo della Somalia subisce una guerra civile dal 1991. Sarete forse a conoscenza dell’insurrezione verificatasi nella regione d’Ogaden. Ricordatevi che in Camerun, la famosa crisi anglofona rappresenta un incubo esistenziale e storico per la popolazione anglofona dal 9 settembre 2017. A Mali il conflitto del Nord è in corso dal 2012. In Nigeria i conflitti comunali, i conflitti legati alla Sharia e il conflitto del Delta esistono ancora. Il famigerato Boko Haram destabilizza la popolazione nigeriana e non solo, anche nell’estremità nord del Camerun, e questa peste malefica non risparmia né il Niger né il Chad. La Repubblica Democratica del Congo sembra aver firmato un contratto di conflitti armati per l’eternità. Il gruppo terrorista Al-Shabab paralizza le anime e i cuori in Somalia e in Kenya. E il Burundi è un paese stabile?
Assistiamo dunque ad una situazione che abbrutisce l’economia e rimette in questione il concetto autentico di sviluppo sostenibile. La Chiesa deve seriamente sentirsi il dovere di ribaltare lo status quo «delle società e delle economie la cui potenza è riposta sullo sfruttamento dell’uomo e sul lavoro degli schiavi».[23] Se non devono esserci né schiavi né uomini liberi (Ga 3,28; Col 3,11), l’intromissione del Vangelo nella società cambia l’ordine sociale basato sulla relazione Padrone-Schiavo. È tempo, pertanto, di essere capaci di «alimentare l’indisciplina e la rivolta davanti a una condizione che riduce l’essere umano ad un essere abbrutito al pari di un mero strumento».[24] Jules Girardi afferma inoltre che il Vangelo abbia una «portata rivoluzionaria che non sfugge agli uomini di governo».[25] Prendere coscienza di questa dinamica è già un passo significativo verso la realizzazione della missione.
Per Jean-Marc Ela, inoltre, i cristiani devono ricordare Gesù Cristo osservando le sofferenze che strangolano l’Africa da davvero molto tempo. Per il nostro autore i linguaggi del passato sono insignificanti; bisogna scordarsi il punto di vista dell’Occidente. Gli Africani devono usare il loro linguaggio in un contesto in cui Caino non smette di tormentare suo fratello per ucciderlo. Allora la domanda seguente diventa pertinente: «Come può la Chiesa di Cristo, in paesi dove sanguinari tiranni celebrano inquantificabili assassini e ripetuti stermini di popoli indifesi e senza voce?».[26] Il messaggio è chiaro: impedire a Caino di uccidere Abele. Bisogna riconoscere che il sangue del povero e dell’innocente gridano verso il cielo e che Dio non resta indifferente alle loro urla. I diritti, la giustizia e il rispetto dell’essere umano sono urgenti nel nostro continente, chiamato da Jean-Marc Ela «una pentola che bolle»[27], dal momento che in diversi paesi l’esplosione potrebbe accadere in qualunque momento.
Nell’umiliazione inflitta al popolo africano, la Chiesa deve accogliere la battaglia ad ogni costo. È questo un metodo eccellente di realizzare il Regno di Dio in terra. Un regno che si costruisce emergendo da tensioni e conflitti, lottando affinché il popolo di Dio sia liberato dal male in tutte le sue sfaccettature. La salvezza e la felicità non devono essere dei doni che si trovano solo nell’al di là.
Il cristianesimo non deve essere una religione di sottomissione e di rassegnazione in un contesto in cui la felicità è negata agli ultimi della società. Il Vangelo conduce verso una protesta a favore di coloro che subiscono lo sfruttamento. Allora, sull’esempio di Dio liberatore, la Chiesa «non può restare indifferente a uomini domati come asini».[28] La resurrezione dovrebbe manifestarsi in tutte le sfere dell’esistenza umana e sarebbe opportuno rifiutare, in nome del Vangelo, che la vita sulla terra sia tanto amara. La convenienza di cambiare il mondo terreno mentre si attende di passare all’al di là è più che evidente. Si deve restituire il vero valore alla vita del corpo umano. La buona novella porta un cambiamento di ordine sociale affinché i poveri cessino di vivere in povertà, gli affamati siano saziati e gli oppressi siano resi liberi.[29] Jean-Marc Ela insiste fortemente sul fatto che la teologia debba
aprire il dibattito sulle forze di distruzione interne alle società africane dove troppo spesso l’atto di condannare alla morte innumerevoli vittime, proviene da un ordine delle cose che viene banalizzato tra i meccanismi di omicidio dello Stato in Africa.[30]
È pertanto un dovere morale farsi notare per aver instaurato una situazione politica pacifica, rifiutandosi di scendere a patti con dei regimi autoritari che opprimono i cittadini privandoli delle loro libertà, dei loro diritti e della loro dignità.[31] Seguendo il modello dei vescovi africani, si deve condannare
il sabotaggio economico causato dalla slealtà dei responsabili corrotti che, agendo per proprio conto o in connivenza con interessi privati locali o stranieri, sottraggono immense risorse nazionali per il loro personale profitto e trasferiscono dei fondi colossali in banche private all’estero.[32] Inoltre, la Chiesa ha il compito di incoraggiare e sostenere tutti coloro che, in nome del Vangelo, lottano per i diritti umani. La sua teologia deve mettere radici nella vita quotidiana e concreta dei poveri in un contesto in cui il terrore, la coercizione e la carenza prendono in ostaggio i cuori della gente.
Jean-Marc Ela asserisce che:
Di fronte ai ladri, in seno a Stati corrotti e dittature repressive, gli uomini vengono lasciati nudi e derubati di ogni bene ai lati della strada, dopo essersene serviti[33], è necessario praticare «una teologia di dissidenza evangelica e di insubordinazione».[34]
Questa teologia, che è percepita come pericolosa da certi potenti in Africa, porta con sé delle conseguenze delle quali la Chiesa e i teologi dovrebbero assumersi le responsabilità. Ci sono due strade possibili per coloro che osano praticare questa teologia: l’esilio e la morte. Il teologo Léonard Santedi Kinkupu si domanda «come si può sopportare la scomparsa (per esilio, imprigionamento o assassinio) di risorse umane indispensabili».[35] La questione che Jean-Marc Ela solleva attira...

Indice dei contenuti

  1. Titolo Pagina
  2. Copyright Pagina
  3. Emergere dalle liberazioni mancate per un’Africa libera e unita
  4. RINGRAZIAMENTI
  5. SIGLE E ABBREVIAZIONI
  6. PREFAZIONE
  7. INTRODUZIONE GENERALE
  8. CAPITOLO 1 | SUL PENSIERO DI  JEAN-MARC ELA | Introduzione parziale
  9. CAPITOLO 2 | RISVOLTI CONCRETI
  10. Iniziative locali e nazionali
  11. CONCLUSIONE GENERALE
  12. BIBLIOGRAFIA