Fuochi d'artificio
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Fuochi d'artificio

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Fuochi d'artificio

Informazioni su questo libro

Raccolta di nove racconti apparsa nel 1906, Fuochi d'artificio sconvolge per la sua attualità. Quest'opera minore di Wedekind, grande drammaturgo tedesco, rivendica il diritto di parlare di sesso senza vergogna, invoca a gran voce la necessità di educare i giovani al desiderio, incita a trattare il tema dell'erotismo in nome della libertà spirituale. In questi racconti l'emancipazione dai condizionamenti sociali si raggiunge solo attraverso un lungo percorso di iniziazione alla vita dei sensi e protagonista di questa svolta è sempre la donna, principessa o prostituta che sia. Fuochi d'artificio è un invito spassionato rivolto agli adolescenti (e non solo) a scoprire e a mantenere un sano rapporto con la sessualità nel rispetto dello spirito del proprio corpo, senza oscenità, con naturalezza.Una lezione di cui ancora oggi si sente forte il bisogno.

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Informazioni

eBook ISBN
9788862526012
Argomento
Letteratura
Categoria
Classici
Per le Halles
8 settembre
Mi sveglio verso le quattro. Le tende sono ancora tirate. La camera è completamente buia. Faccio luce e a poco a poco mi alzo in piedi. Dopo gli strapazzi di ieri mi sento come rinato: le articolazioni hanno una mobilità inusuale, la testa è libera e il corpo venti libbre più leggero. Avverto il mio peso specifico...
Quando metto piede in strada, il sole del tramonto gioca sui vetri delle finestre più alte. Vado nel mio ristorantino, sotto l’Odéon, mi compro Princesse Malaine di Maeterlinck e me lo leggo tutto d’un fiato, seduto nel caffè... Se ai suoi spiriti avesse dato un po’ più di carne, quelli sarebbero certamen­te rimasti in vita un po’ più a lungo... Ceno al Palais Royal e lavoro in casa fino a mezzanotte. Quando alle due esco dalla birreria Pont Neuf mi passa davanti una ragazza avvolta in uno svolazzante mantello a ruota. Mi ricorda Marie Louise. Ma non è lei. Vado da Bovy con l’inconscio bisogno di avere notizie di Raimonde. L’unico viso noto nella trattoria è Marie Louise. Mi chiede un bicchiere di latte e mi racconta che una ragazza ieri al Café d’Harcourt si è avvelenata con la varecchina, seduta fuori. Che Raimonde è ancora nel Quartiere. Che è in cattive acque perché ha quarantamila franchi di debiti... La cosa mi riempie di enorme soddisfa­zione.
Le domando se lei prende ancora la morfina. No, già da parecchio non la prende più. Spalanca il mantello a ruota e mi fa vedere che si è liberata del fardello. A causa dell’aborto è stata tre settimane all’ospedale e lì l’hanno svezzata dalla morfina. In realtà il suo aspetto non è migliorato. Non si trucca più, la notte dorme come un bambino e quando si sveglia non è più afflitta da pensieri tristi. Legge sempre a letto, prima di addormentarsi. Adesso sta leggendo La faute de l’Abbé Mouret. Non si sarebbe mai immaginata che Zola potesse scrivere un libro così carino. Prima ha cominciato l’Assommoir, ma lo trova sciapo e noioso. Una cosa così potrebbe scriverla anche lei, se ne avesse il tempo.
In quel mentre mi si avvicina una ragazza alla quale, sei mesi fa almeno, ho dato una volta un luigi d’oro. Non mi ricordo più come si chiama. Quella volta era in nero. Adesso porta un vestito chiaro nuovo di zecca con una pettorina di seta blu! Io le avevo dato una delle mie camicie da notte a fiorellini, dopo di che lei aveva preso in mano un libro, La fille Elisa di Edmond de Goncourt, che mi era stato prestato dalla piccola Germaine e se lo era letto tutto fino a mattino inoltrato; poi era corsa via. Si sarebbe portata con sé volentieri anche la camicia da notte. Io devo averle promesso, al posto della camicia, di regalarle un anello di brillanti.
Ha un viso pallido e tondo con delle guance piene, un mento aggraziato, un naso piccolo e fine, delle labbra carnose, le sopracci­glia sono tirate all’insù verso l’esterno e un paio d’occhi morbidi e neri oltremodo simpatici.
Poiché è vestita in maniera accuratamente elegante e ha scintillanti guanti gialli di pelle lucida, suppongo che abbia fatto anche guadagni personali. Non abita nemmeno più all’Hotel Voltaire in rue de Seine, ma in rue Saint Sulpice in un primo piano.
Le chiedo se vuole bere qualcosa... No, non ha sete.
In vita mia non ho mai visto una cameretta tanto graziosa e accogliente.
È tappezzata con cotone giallo a fiorellini, quasi avesse usato la mia camicia da notte di allora. Della medesima stoffa sono le enormi cortine del letto, che nascondono mezza stanza.
Il leggiadro vestito con la pettorina blu della ragazza è color grano e si adatta perfettamente a questa graziosa scatola, tanto che io, nel poco spazio fra porta e finestra, mi sento a distanze siderali da tutto, dal mondo, dal peccato, dallo sperpero, dal pericolo e dai doveri. Mi chiede se desidero bere una chartreuse. Prende una bottiglietta smerigliata da sopra il camino e riempie due bicchierini.
La chartreuse ha il colore dell’oro liquido e scorre più o meno come tale nelle vene. Nel frattempo noi parliamo delle sue “colleghe”.
Se Lulù e Ninì si amino, lei non lo sa. È possibile. Perché no? Lulù ha una casa sua ma si tratta di un buchetto, una sola stanza, in cui lei ha piazzato un paio di mobili. Però a chiunque incontra dice che abita in una casa sua. Lulù è decisamente quella che domina, è intelligente, mentre Ninì deve abbassare le penne e può andare solo con quei clienti che Lulù le consente di avere... Ma non conosci Lulù?
Dico di no e incautamente aggiungo che non è colpa mia.
A questo punto il discorso va su Raimonde... Quella, sì, è una!
Mi ha visto in quella memorabile notte con lei al Grand Comptoir...
Ma quanto vuole quella per andare con uno?... Per rimediare alla mia mancanza di cautela a proposito di Lulù, dico... quindici franchi.
Pas plus que ça?
No. E ha dovuto anche piagnucolare per averli.
Mi piace Raímonde?
Scuoto la testa e dico: – C’est une belle femme!
Allora lei mi enumera tutte le amanti di Raimonde... La grande Zusanne, la piccola Lucie, che quella volta era con noi al Grand Comptoir, la graziosa Lucienne, che è stata con noi da Barrat, ecc. ecc... non capisce come si possa andare a letto con una ragazza!
Dico che lei avrà sicuramente un amante.
Oh là, là! Per avere uno come gli amichetti delle altre ragazze che vanno con lei e spendono i soldi che quelle gli hanno passato? Lei lo sa bene! No, nella sua vita non vorrebbe nessun amante.
Io dico che invece è bello avere qualcuno che ti appartiene per intero, con cui non dover trattare, cui far piacere e cui potersi dare solo per affetto.
Scoppia in una sonora risata. Sono proprio gli uomini a cui le donne danno i soldi, che le comandano. Le donne striscia­no, davanti a loro. Sono solo schiave.
Mentre stiamo così, chiacchierando, vedo sul tavolo un mazzo di carte. Le domando se fa le carte. Mi domanda se mi deve fare le carte... se mi deve predire la bonne aventure. Il procedimento richiede una buona mezz’ora. Prendiamo posto uno davanti all’altra e lei mi racconta parecchio di mia madre, delle mie due sorelle, di un mucchio d’oro che riceverò da un signore biondo, nel quale io riconosco immediatamente il mio editore.
Un’ora più tardi la mia adorata diviene d’improvviso vispa e sostiene che possiamo andare un po’ alle Halles, tanto per andare un po’ a spasso, un peu vadrouiller... Fuori è così caldo e la camera è così soffocante!... Le mie obiezioni non servono a granché. Mi tiro su a pezzi e bocconi, beviamo in fretta un’altra chartreuse e ce ne andiamo a spa...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. informazioni
  3. frontespizio
  4. A proposito dell’erotismo
  5. L’incendio di Egliswyl
  6. Il rabbino Esra
  7. Il pretendente vecchio
  8. La principessa Russalka
  9. L’agnello sacrificale
  10. L’amore a prima vista
  11. Per le Halles
  12. Mi annoio
  13. La vaccinazione
  14. la casa editrice