Questa è un’opera ispirata alla realtà.
L’autore racconta in prima persona fatti di cui è stato testimone.
Qualsiasi riferimento a persone realmente esistenti
e a fatti realmente accaduti è da ritenersi del tutto casuale.
Ogni accenno a marchi registrati, luoghi esistenti
e fatti notori è puramente funzionale alla storia.
L’autore, suo malgrado, è costretto a dichiarare
che la realtà supera di gran lunga la sua immaginazione.
Visti i contenuti espliciti
se ne consiglia la lettura a un pubblico adulto.
FRANCESCO MANGIACAPRA
con MARIO GELARDI
IL NUMERO UNO
CONFESSIONI DI un marchettaro
prefazione di PINO STRABIOLI
iacobellieditore
Immagine di copertina:
© 123rf - Ann-Christine Höglund
© 2020 Iacobellieditore
Prima edizione elettronica Marzo 2020
Prima edizione stampa Febbraio 2017
Tutti i diritti riservati
www.iacobellieditore.it
ISBN elettronico 978-88-6252-637-1
ISBN stampa 978-88-6252-339-4
Introduzione
Da sempre, nel mio lavoro, sia in teatro che in letteratura, ho cercato di farmi da tramite tra chi racconta e chi ascolta, ed è quello che ho fatto anche in questo caso.
Della prostituzione maschile è stato detto e scritto poco, nulla su quel meretricio moderno figlio dell’inflazione dei titoli di studio, della disoccupazione e del precariato che ha coinvolto anche tanti brillanti laureati. E poche sono le persone disposte a raccontarsi e capaci di farlo con trasparenza e lealtà, senza temere il giudizio e lo stigma.
Francesco è uno stratega del sesso, del profitto. La sua prostituzione è esclusivamente fisica, mai mentale.
Con la sua lente di ingrandimento su quei pudori celati che sono parte integrante di ognuno di noi, ci conduce in un viaggio all’interno dei vizi delle persone più apparentemente insospettabili ma ci fa anche riflettere sull’amore e sulla dignità.
Francesco si mostra per quello che è, senza abbellimenti, col cinismo di alcune sue posizioni sulla vita, sul sesso, sull’omosessualità, perfino su se stesso, e non chiede l’assoluzione di nessuno, la comprensione di nessuno, semplicemente perché non ne ha bisogno: lui è il Numero Uno.
Mario Gelardi
Prefazione
Mario (Gelardi), durante una passeggiata romana mi aveva parlato di un tale Francesco, giovane prostituto di buona famiglia e dei pomeriggi che stava trascorrendo ascoltando e raccogliendo i suoi racconti.
Di Mario conosco il grande talento e la fantasia di scrittore, avevo immaginato che mi avesse riferito in maniera poetica, letteraria, seducente la condizione di una marchetta qualunque alle prese con una triste esistenza. Ero sicuro che aveva sollevato da terra, sospeso alla maniera di Luis Buňuel la storia di un ragazzo in affitto rendendolo borghese, glaciale e irresistibile come Catherine Deneuve in Bella di giorno.
Dopo qualche tempo durante una cena napoletana, mi ritrovavo vicino a un giovane uomo, non bello, magro, educato, che con meticolosa attenzione sceglieva le parole per commentare lo spettacolo che aveva appena visto.
Non ci misi molto a capire che si trattava di lui, del “bello di giorno”, del “puttano di buona famiglia”, dell’ “avvocato marchetta” raccontato da Mario durante quella passeggiata romana. Non fu la sfrontatezza, la postura, il linguaggio a suggerirmelo, nulla di tutto questo apparteneva alla persona che mi sedeva accanto, fu l’insistenza audace e delicata che aveva nel fissarmi negli occhi, stava svolgendo un’indagine dentro di me, stava studiando come sedurmi, parlava di teatro, di uno spettacolo che forse non aveva mai visto, ma lo faceva in maniera sicura e coinvolgente, era entrato nel mio territorio senza chiedere il permesso. Il movimento delle mani, del collo, i sorrisi accennati, lo sguardo, erano costruzioni matematiche, mosse precise finalizzate a trasformarmi in preda.
Con quel suo raffinato gioco, davanti a una pizza servita su tovaglie di carta, mi stava dimostrando che sedurre è talento, tecnica, precisione, mestiere, perizia da orologiaio.
A salvarmi dalla possibile cattura fu lo squillo del suo cellulare. Si alzò e io cessai di esistere. Aveva altro da fare, c’era un affare da concludere.
Così ho conosciuto Francesco e in quella pizzeria ho dato sfogo alle mie curiosità, l’ho tempestato di domande, ha risposto a tutte con prontezza e distacco ma sempre con amorevole attenzione verso i suoi amici di gioco, mai un giudizio, una pernacchia, un’offesa ai desideri, alle pretese a volte grottesche, assurde, dei suoi clienti fissi o di passaggio.
Si congedò da noi prima del caffè, doveva fuggire, il signore del telefono lo stava aspettando.
Adesso mi ritrovo fra le mani queste pagine e ritorno così alla passeggiata romana con Mario, alla cena napoletana con Francesco e scopro un’infinita galleria di uomini curiosi, vogliosi, spavaldi, impacciati.
Questo libro non è un viaggio nella prostituzione e nei suoi avvilenti risvolti, non c’è traccia di degrado o costrizione, è sempre chiaro il patto fra due adulti che si scelgono.
È il racconto lucido di un “ragazzo di vita” che conduce un’esistenza normale, allevato nei sani principi, che ama l’arte e il teatro, che ci accompagna nelle sue giornate e nelle sue notti rispondendo a tutte quelle domande, banali e morbose, che ognuno di noi vorrebbe fargli.
Me ne viene in mente un’ultima. Lo chiamo, non risponde, proverò più tardi.
Passano due ore. Squilla il mio cellulare. È lui.
«Ciao Francesco, posso farti una domanda?»
«Certo.»
«Una cosa non mi convince del tuo libro: il titolo. Perché Il Numero Uno?»
«Perché a Napoli sono riuscito a essere il più richiesto e il più pagato, ho venduto il corpo utilizzando il cervello e l’ho usato più di quanto avrei fatto in altri lavori meno corporali.»
È assolutamente sincero quando mi ringrazia per avergli presentato Iacobelli l’editore-coraggioso, che ha deciso di stampare queste pagine.
«Mi raccomando, appena passi da Napoli fatti vivo, ci beviamo un caffè, avvisami almeno un giorno prima e se non rispondo subito è perché sono occupato, ma come vedi richiamo sempre. Se poi ti andasse – conclude ridendo e cambiando il tono della voce – potresti venire a prenderlo da me il caffè...»
Pino Strabioli
Professione libera
In genere non lo chiamo cliente. Sarebbe scortese, indelicato. Utilizzo il termine “amico”, così non ha la sgradevole sensazione che stia pagando per avere qualcosa che è davvero bella soltanto se la ottieni grati...