
- 352 pagine
- Italian
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Informazioni su questo libro
Gli antichi non avevano una chiara nozione del paesaggio. La scoperta, l'invenzione, anzi, del paesaggio nella pittura occidentale avviene tra il XIV e il XV secolo secolo fino poi a diventare un genere autonomo nel Seicento.
Questa invenzione, per Flavio Cuniberto, è inscindibile dalla diffusione del francescanesimo nel XIII secolo e dalla sua cele-brazione della Madre Terra come immagine del Regno di Dio, del Giardino originario. Inventando il paesaggio, i pittori comin-ciarono ad aggirarsi senza saperlo intorno a questo luogo: a ritrovarlo nel fascino inspiegabile che si sprigiona dai variegati pae-saggi della Madre Terra, sulle tracce del primo formidabile «agrimensore» del paesaggio come memoria del Regno: il santo di Assisi, che lo «misura» percorrendo instancabile e come a passo di danza i luoghi dell'Italia Centrale: di quella Italia che divente-rà di lì a poco il «giardin de lo Imperio».
Analizzando le opere dei grandi paesaggisti, Flavio Cuniberto conduce il lettore dinanzi al fascino di questa idea: il Luogo, il Giardino originario, che ha attratto anche i grandi viaggiatori metafisici del nostro tempo: Martin Heidegger, alla ricerca di quella che chiama la Terra come Tale (e che non è soltanto la Selva Nera o il paesaggio del Reno), e Peter Handke, innamorato dei luo-ghi come può esserlo solo chi intravede nei luoghi della terra i contorni baluginanti del Regno.
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Informazioni
Argomento
ArteCategoria
Arte religiosaNote
Prologo
1 C. BRANDI, Terre d’Italia, Roma, Editori Riuniti, 1991, pp. 274-275.
2 Si veda L. PAOLUCCI, La Sibilla Appenninica, Firenze, Olschki, 1967, ma anche P.A. ROSSI, Le terre della Sibilla Appenninica, Montemonaco, Editrice Miriamica, 1999. Per la leggenda (sempre appenninica) del Guerrin Meschino vedi ANDREA DA BARBERINO, Guerrino detto il Meschino, libero adattamento di D. Camboni e M. Rossi, Roma, Nuove Edizioni Romane, 1993; C. CATÀ, Il retroterra «celtico» di Andrea da Barberino. Significati storico-filosofici del mitema dell’incontro tra il Cavaliere e la Fata-Sibilla, in S. PAPETTI (a cura di), Corrado Giaquinto tra Fortunato Duranti e la Sibilla, Montefortino, s.e., 2010, pp. 63-81.
3 Cfr. Ps 79, 12 («extendit palmites suos usque ad mare, et usque ad flumen propagines eius»).
I. Luoghi francescani
1 Jakob Burchkardt fu il primo ad accorgersi che Enea Silvio Piccolomini ha già l’«occhio» del viaggiatore moderno (cfr. J. BURCKHARDT, La civiltà del Rinascimento in Italia, Roma, Avanzini e Torraca, s.d., pp. 292-294): non è solo il primo «a sentire la magnificenza del paesaggio italiano, ma anche a descriverla sin nei minimi particolari con vero entusiasmo. [...] Il suo occhio appare variamente esercitato, quanto quello di qualsiasi uomo moderno. [...] Ma il colmo dell’ebbrezza lo aspetta sul Monte Amiata, dove salì nell’estate del 1462, quando la peste e un’afa infuocata rendevano assolutamente inabitabile la pianura». Lo sguardo di Enea Silvio ama il «campo lungo», si esercita a riconoscere – con vista d’aquila – luoghi lontani, con una sensibilità spaziale che lo avvicina a viaggiatori molto più moderni di lui: come quello Stendhal che si diverte, contemplando Roma dal Gianicolo, a riconoscere i muri lontanissimi di Frascati e l’altura di Palestrina (cfr. STENDHAL, Vita di Henry Brulard, trad. it. Torino, Einaudi, 1976, p. 3).
2 ENEA SILVIO PICCOLOMINI, I Commentarii, Milano, Adelphi, 1984, vol. 2, pp. 1754-1756.
3 B. BERENSON, A Sienese Painter of the Franciscan Legend, London, J.M. Dent & Sons, 1909 (trad. it. Sassetta: un pittore senese della leggenda francescana, Firenze, Electa, 1946).
4 Vita Seconda, cap. LX. Il testo di Celano parla della pianura «presso Rocca Campiglia», da identificare con molta probabilità con Campiglia d’Orcia. Cfr. N. ROSATI, Lo Sposalizio di S. Francesco con Madonna Povertà alle Briccole, in «Frate Francesco» (1940), pp. 271-277. La Legenda maior (VII, 6) riferisce l’episodio in termini molto simili, localizzandolo «fra Campiglia e San Quirico» (BONAVENTURA DA BAGNOREGIO, Vita di S. Francesco. Legenda maior, a cura di P. Messa, Milano, Figlie di S. Paolo, 2009, p. 111).
5 La raffigurazione esatta del Monte Amiata nel tavola di Chantilly è così precoce e senza precedenti nella pittura italiana che anche studiosi di rango hanno potuto sorvolare su questo punto decisivo e scambiare l’Amiata per il Subasio e Campiglia d’Orcia per Assisi (per una sorta di riflesso condizionato). Cfr. BERENSON, Sassetta, trad. it. cit., p. 58 (che attribuisce la svista a F.A. GRUYER, La peinture au château de Chantilly, 1896-1898).
6 G. AGAMBEN, L’uso dei corpi, Vicenza, Neri Pozza, 2014, p. 124.
7 Ivi, p. 125.
8 Vedi M. ROSTOVZEV, Hellenistisch-römische Architekturlandschaften [1908], trad.it. in «Römische Mitteilungen», XXVI, 1911, pp. 1 sgg. Sulla questione del «paesaggio» nella pittura antica si veda ad esempio E. LA ROCCA, Lo spazio negato. Il paesaggio nella cultura artistica greca e romana, Milano, Electa, 2008.
9 Seconda considerazione delle Stimmate, in Fonti Francescane (FF), p. 997.
10 BERENSON, Sassetta, trad. it. cit., pp. 25-26.
11 Ivi, p. 32.
12 Il cosiddetto Libro d’Ore di Torino fu realizzato dai fratelli Van Eyck tra il 1414 e il 1417 per il duca Guglielmo di Baviera.
13 K. CLARK, Il paesaggio nell’arte, trad. it. Garzanti, Milano 1962, pp. 41 sgg.
14 E. PANOFSKY, Early Netherlandish Painting [1953], London, Harper & Row, 1971, vol. 1, p. 180 (cfr. p. 139). La lettura iconologica di Panofsky, che esalta il contenuto simbolico dei temi figurativi, sarà contestata per esempio da Otto Pächt, convinto assertore di un Van Eyck devoto al dato fenomenico. È probabile che le due letture si possano tranquillamente integrare a vicenda.
II. Paesaggi dell’Italia Centrale
1 Tra i molti titoli, di carattere più o meno pratico-turistico, ispirati alla voga del trekking francescano, si veda ad esempio il «manuale» di A.M. SERACCHIOLI, Di qui passò Francesco, Milano, Terredimezzo, 2010 (dalla Verna a Poggio Bustone). Il recente volumetto di F. ARDITO, La Via di Francesco, Milano, TCI, 2016, si presenta come un vero taccuino di viaggio «aperto», una sorta di moleskine adattata al trekking francescano dalla Romagna a Roma. L’idea è quella di trasportare il camino di Santiago nell’Italia Centrale, replicando in chiave francescana il successo già riportato dalla via Francigena in occasione del Giubileo del 2000. Il richiamo a Francesco come Wanderer, come santo itinerante, è del tutto esplicito: non si tratta però di una mappa dei luoghi o degli itinerari francescani nel loro insieme. Più simile a una mappa – nella forma però della guida letteraria – è il volume di A. BRILLI E S. NERI, Sulle tracce di San Francesco, Bologna, Il Mulino, 2016, che riprende e rifonde contributi precedenti, come quello sugli eremi francescani (S. NERI E A. BRILLI, Alla ricerca degli eremi francescani fra Toscana, Umbria e Marche, Montepulciano, Le Balze, 2006). Vedi anche S. NERI (a cura di), La Valle Santa. Romitori francescani fra Terni e Rieti, Milano, Edimond, 2000. Sempre ispirato alla voga del trekking, ma di ambito non solo francescano, è il volume di A. ANTINORI, I sentieri del silenzio. Alla scoperta degli eremi rupestri e delle Abbazie dell’Appennino marchigiano e umbro, Ascoli Piceno, Società Editrice Ricerche, 1997 (quasi un «catalogo» dei luoghi appenninici umbro-marchigiani legati alle complesse vicende del monachesimo medievale).
...Indice dei contenuti
- Copertina
- Trama
- Autore
- Collana
- Frontespizio
- Colophon
- Dedica
- Citazione
- Prologo
- I. Luoghi francescani
- II. Paesaggi dell’Italia Centrale
- III. L’agrimensore del Regno
- IV. Il Luogo e i luoghi. Alla ricerca del Centro
- V. La Croce e la Gloria
- VI. La fuga delle ninfe e l’innesto cristiano. Dal paesaggio al Luogo Assoluto
- Epilogo. L’esperienza del Regno e la poesia
- Elenco delle illustrazioni
- Bibliografia
- Note
- Immagini
- Catalogo Neri Pozza Editore