PARTE I | La pratica della comunicazione ecologica |
Abbiamo bisogno di facilitatori per avere un contatto fruttuoso
Che cos’è un facilitatore
In biologia le molecole dell’individuo sono aiutate a muoversi nella giusta direzione e a mescolarsi in modo corretto con altre molecole in modo da produrre strutture vitali. Ad aiutarle vi sono dei facilitatori chiamati catalizzatori o «enzimi».
La complessità della comunicazione umana, specialmente in un campo fortemente carico di molti elementi, chiamato «il gruppo», richiede facilitatori neutrali che guidino il dialogo in tutte le fasi di crescita delle idee: la coltivazione con gli esempi, la crescita attraverso il dialogo, la maturazione attraverso una continua attenzione e la raccolta attraverso un’azione appropriata. Questi sono passi complessi, come potrà dirvi qualsiasi agricoltore, e ancora di più lo sono quando si tratta di esseri umani. Il facilitatore deve capire molte cose sulla comunicazione umana. Egli ha bisogno di esperienza per sapere come guidare senza schiacciare, stimolare senza agitare, integrare senza spaccare, aiutare senza soffocare, rimanere paziente quando ci sono tempeste, intervenire con giudizio al momento giusto.
Questo libro ne offre la mappa, ma sono necessari addestramento e pratica. Chi ha mai imparato a guidare un’automobile semplicemente leggendo il manuale di istruzioni? Il manuale è utile e anche questo libro lo è.
Il facilitatore, comunque, non è l’unico che ha bisogno di capire la comunicazione ecologica: ogni membro del gruppo ha bisogno di capire i suoi concetti fondamentali e di sperimentarli, altrimenti il nostro «enzima-facilitatore» tenterà di guidare da solo «molecole-persone» incontrollate e selvagge, senza riuscire a salvarle dal caos.
Chi farà da facilitatore? Molto spesso a fare da facilitatore è colui che ha creato il gruppo o il suo leader. Tuttavia, a mano a mano che il gruppo si sviluppa, altri potranno assumere questo ruolo importante.
■ Come il facilitatore aiuta la comunicazione
SCOPO
L’obiettivo del facilitatore è quello di trarre il meglio dai membri del gruppo e, nello stesso tempo, aiutarli a interagire in armonia reciproca.
SPIEGAZIONE
L’interazione di gruppo può facilmente bloccarsi. Il facilitatore aiuta a creare linee da seguire: egli fa dei brevi riassunti o riespone il problema in modo da aiutare il gruppo a mantenere costante il suo centro di attenzione. Incoraggia le persone a fare degli esempi quando le loro idee sono astratte e a venire al punto quando il contenuto sembra confuso. Impedisce alle persone di farsi intrappolare da conflitti, dogmatismi, mono-polizzazione, critiche negative e giudizi rigidi.
ALCUNI METODI
■ Evitare il dogmatismo e l’escalation del conflitto
«Può ciascuna parte evitare le ingiurie e i giudizi dogmatici? Concentratevi sulle vostre proposte positive e sostituite ogni critica pensata con dei suggerimenti. Infine, la questione non è su ‘chi ha ragione’ ma piuttosto su ‘quali prove ci sono a favore di ciascuna idea, e quali sono i vantaggi e gli svantaggi di ciascuna proposta?’».
■ Evitare la monopolizzazione
«Vogliamo essere sicuri che ognuno abbia la possibilità di esprimere le sue opinioni su questo controverso argomento. Perciò si suggerisce un limite massimo di tre minuti per ogni persona che interviene e si suggerisce anche di dare la priorità a coloro che non hanno ancora parlato».
■ Aiutare a mantenere concreta la discussione
«Per essere sicuri di comprendere chiaramente di che cosa stiamo parlando, propongo che le persone offrano degli esempi specifici».
■ Incoraggiare i membri non attivi a intervenire
È importante che ogni membro intervenga nella discussione, visto che la questione riguarda tutti i presenti. Pertanto si incoraggino coloro che sono rimasti ad ascoltare in silenzio, peraltro molto attenti, a esprimere la loro opinione.
■ Evitare di deviare eccessivamente dal tema
«Possiamo tenere la discussione più incentrata su... (riassume il tema)? Se questo vi ricorda qualche altra questione non esaurita, vi prego di prenderne nota e di sollevare l’argomento quando avremo finito di discutere quello presente».
■ Evitare un lungo periodo di inattività fisica
«È tempo di stirarci un poco».
CONCLUSIONE
Un gruppo senza un facilitatore può cadere nel caos. Un gruppo con un facilitatore competente può diventare vitale tanto quanto i movimenti molecolari in una cellula catalizzata dal giusto enzima.
■ Trappole nella comunicazione di gruppo
Gli ostacoli più frequenti sono:
1. Tempo insufficiente per permettere a tutti di parlare: ogni volta che le persone si sentono frustrate da coloro che parlano troppo a lungo, si instaura un clima di agitazione e un senso di tensione: «Non c’è abbastanza tempo perché chiunque lo desideri possa dire la sua opinione!». Alcuni brontolano: «Mi sento sfruttato da quelle persone che hanno preso tutto il tempo».
Ragioni:
a) monopolizzazione da parte di uno o più membri;
b) il gruppo contiene troppe persone;
c) nessuno ha suggerito: «Possiamo parlare ciascuno per un periodo limitato di tempo?».
2. Dogmatismo: uno o più membri presentano le loro opinioni come «verità assoluta».
Ragioni:
a) le persone pensano che le loro verità personali debbano necessariamente essere «la verità» per ogni altro;
b) le persone non hanno imparato a trasformare la loro «verità interiore» in modo che gli altri possano ricevere il messaggio senza sentirsi oppressi;
c) il gruppo non ha dato un chiaro orientamento indicando che «i punti di vista devono essere espressi come prospettive, opinioni e non come verità assolute». La tendenza dogmatica a «dire verità» può anche diventare contagiosa.
3. Moralità(«tu devi»):. Un membro dice agli altri quali sono i loro doveri morali, ovvero che cosa essi «devono fare» per essere corretti dal punto di vista etico.
Ragioni:
a) le persone pensano che la loro personale moralità, «io-devo», debba necessariamente applicarsi agli altri;
b) le persone non hanno imparato a comunicare il loro senso interiore di moralità in modo che altri possano ascoltare senza sentirsi costretti a obbedire;
c) il gruppo non ha chiarito il principio seguente: «Possiamo dire ‘io-devo’ per mostrare la nostra moralità personale, ma non diciamo ‘tu-devi’ o ‘essi-devono’, poiché questo crea la falsa impressione di sapere quale dovrebbe essere la moralità degli altri».
4. La critica è usata più frequentemente dell’apprezzamento. Quando un membro del gruppo presenta un progetto che ha sviluppato dedicandogli tempo e fatica, la prima risposta che riceve dagli altri è una critica.
Ragioni:
a) le persone ritengono che la crescita venga stimolata più dalla critica che dall’apprezzamento (le scuole stesse funzionano in base a questo stesso concetto erroneo);
b) i membri scaricano la loro tensione attraverso l’aggressività: la tensione può nascere da invidia, competitività, semplice ascolto e persino da ragioni estranee alla riunione;
c) l’atmosfera del gruppo è ...