La Divina Commedia nell'interpretazione del Croce e del Gentile
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La Divina Commedia nell'interpretazione del Croce e del Gentile

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La Divina Commedia nell'interpretazione del Croce e del Gentile

Informazioni su questo libro

Nel 1921, in occasione del sesto centenario della morte di Dante Alighieri, la « Rivista di filosofia scolastica » diretta da Agostino Gemelli e la rivista « Scuola cattolica » curarono la pubblicazione di un volume di scritti al quale collaborò anche il filosofo francescano Emilio Chiocchetti con il presente testo. Emilio Chiocchetti (Moena, 20 settembre 1880 – Moena, 27 luglio 1951) è stato un filosofo e religioso italiano.

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Informazioni

Editore
Passerino
Anno
2022
eBook ISBN
9791221303513

La Divina Commedia nell’interpretazione del Croce e del Gentile

Prima di poter salire, dietro Beatrice, alla suprema gloria del Paradiso, Dante è sottoposto a un esame sulle tre virtù teologali, fede, speranza e carità. Chi lo interroga intorno alla fede è S. Pietro, il primo Vicario di Cristo e, perciò, il depositario immediato della verità del Credo cattolico. S. Pietro domanda:

Di’, buon cristiano, fatti manifesto:
Fede che è?

Dante, dopo aver chiesto a Dio l’illuminazione della sua grazia, risponde:

...Come il verace stilo
Ne scrisse, padre, del tuo caro frate,
Che mise Roma teco nel buon filo,
Fede è sustanzia di cose sperate,
Ed argomento delle non parventi;
E questa pare a me sua quiditate.

Da buon scolastico, Dante illustra scultoriamente la definizione paolina, e da "buon cristiano" professa di essere credente senza limiti, senza ombre di dubbio, senza esitazioni, sulla base ultima di fatti soprannaturali, cioè dei miracoli:

...La prova che il ver mi dischiude
Son l’opere seguite, a che natura
Non scaldò ferro mai, nè battè ancude.

E la sua fede è quella di un cattolico tutto d’un pezzo e, insieme, quella d’un teologo che vede le ragioni filosofiche del suo credere.

...Io credo in uno Iddio
Solo ed eterno che tutto ’l ciel move,
Non moto, con amore e con disio.
Ed a tal creder non ho io pur prove
Fisice e metafisice, ma dalmi
Anche la verità che quinci piove.
Per Moisè, per Profeti e per Salmi,
Per l’Evangelio, e per voi che scriveste,
Poi che l’ardente spirto vi fece almi.
E credo in tre Persone eterne, e queste
Credo una essenzia sì una e sì trina,
Che soffera congiunto sunt et este.
Della profonda condizion divina
Ch’io tocco mo, la mente mi sigilla
Più volte l’Evangelica dottrina.
Quest’è il principio; quest’è la favilla
Che si dilata in fiamma poi vivace
E, come stella in cielo in me scintilla [1] .

Se a questi versi che esprimono tutta la bellezza e tutta l’integrità senza riserve della professione cristiana, si aggiunge la celebre terzina:

Avete il vecchio e nuovo Testamento,
E il pastor della Chiesa che vi guida:
Questo vi basti a vostro salvamento [2] ,

noi ci troveremo davanti tutto il Dante storico, come perfetto cattolico. Nessuno, che abbia diritto di passare per persona seria, può più mettere in dubbio la integrale e sincera ortodossia di Dante Alighieri; nessuno che abbia occhi per vedere e gli occhi non chiuda, per partito preso, alla luce, può non scorgere e ammirare nel capolavoro di Dante, la Commedia, il più luminoso inno alla fede cristiana cattolica che sia stato cantato attraverso i secoli della redenzione. Come sono lontani i tempi in cui i seguaci di Lutero, sfruttando rampogne e parole amare uscite dall’anima di Dante contro i vizî del Clero e gli abusi dei Pontefici, facevano tentativi quanto ingegnosi altrettanto stupidi e vani di rappresentare Dante Alighieri come un precursore della Riforma! E chi ricorda ancora le strane teorie del Foscolo e del Rossetti, secondo le quali Dante avrebbe fatto parte di una associazione antipapale per l’emancipazione religiosa e civile dei popoli? [3] . Adesso tutti sanno che la sua riverenza verso le "somme chiavi" era senza limiti e che anche le rampogne sono dettate dall’amore, dal desiderio di veder grande sul candelabro di Dio, ammirata e venerata dai popoli, la Chiesa Santa, e che, come tali, entrano, sebbene con tinta oscura, nel quadro dei rimproveri dello stesso genere frementi in molte pagine di S. Bernardo, di S. Pier Damiano, di Santa Caterina da Siena.
Dante è cattolico. E se la Commedia è uscita davvero dal gran cuore, dalla grandissima anima sua, se la Commedia è davvero dantesca, il cattolicismo, di cui era riboccante il grande esiliato, deve spirare attraverso tutte le pagine, improntare di sè tutta la visione, ossia tutto il suo pellegrinaggio di rigenerazione attraverso i tre regni dell’al di là: la poesia di Dante, come rispettivamente ogni altra poesia, non è forse la sincera espressione dei sentimenti, delle convinzioni, della vita multiforme di pensiero e di affetto del Poeta? E il Poeta è filosofo ed è teologo, della filosofia e della teologia che aveva appreso «alle scuole dei religiosi e alle disputazioni dei filosofanti», nello studio di S. Agostino, di S. Bernardo, dei Vittorini, e soprattutto di S. Tommaso e di S. Bonaventura, e tutto si era fuso nel fuoco gigante della sua anima e tutto, quindi, doveva gettarsi nel verso. Non è, forse, l’arte tutto l’universo dell’artista sub specie intuitionis? «Ogni schietta rappresentazione artistica è se stessa e l’universo, l’universo in quella forma individuale, e quella forma individuale come l’universo. In ogni accento di poeta, in ogni creatura della sua fantasia, c’è tutto l’umano destino, tutte le speranze, le illusioni, i dolori e le gioie, le grandezze e le miserie umane, il dramma intero del reale che diviene e cresce in perpetuo su sè stesso, soffrendo e gioiendo» [4] . Così ha scritto B. Croce. Nello spirito dei poeti, degni di questo nome, tutto si fa sentimento e il sentimento si fa visione: nella visione l’individuo e il suo universo non sono due ma uno.
Ebbene, nel suo libro sulla Poesia di Dante [5] , il Croce non si distingue per troppa fedeltà a questo che è uno dei suoi canoni estetici fondamentali: la poesia di Dante è quasi avulsa artificialmente dagli altri aspetti dell’anima del poeta, che pure di quella poesia costituiscono il vero contenuto e lo sfondo.
Dice B. Croce: «Se alla ferma fede nella vita oltremondana come vera ed eterna vita si univa nell’animo di Dante fortissimo il sentimento delle cose mondane, se al suo poema posero mano "e cielo e terra", la conseguenza che si presenta aperta è, che a rigor di termini la rappresentazione dell’altro mondo, dell’Inferno, del ...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. La Divina Commedia nell’interpretazione del Croce e del Gentile
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