Milano downtown
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Milano downtown

Informazioni su questo libro

"Le parole che si dicono la mattina si infilano poi tra gli eventi della giornata e a Corrado sembra che li colleghino, gli diano un senso, un colore che si riflette tutt'intorno. Un colore che, pensa, non è poi così cupo o drammatico. Basta parlare e le tinte si smorzano, gli orizzonti si ampliano, le linee prendono a formare dei disegni, i tasselli un mosaico, e anche se non ancora in maniera distinta, comincia a delinearsi qualcosa, una sorta di bislacca e inusuale saga familiare, sotto il cielo ancora plumbeo di Milano."Se ne vanno tutti di fretta, intabarrati nei loro cappotti, lungo gli ampi viali della città. Ma c'è qualcuno che cammina piano, osserva le case attraverso le finestre, ascolta seduto al bancone di un bar le vite degli altri.E vede: Marta, Caterina, Corrado, Giuseppe, Sharona, Iliescu, gli attori sul palcoscenico, di una storia – dramma o commedia – tra figli, lavoro, aperitivi, tradimenti, passioni aggrovigliate da dipanare come il bandolo di una matassa.Tutto questo amore, anche quando non conviene, anche se si è appesi a un filo, con gli oceani nel mezzo, le urgenze e le paure, l'impossibilità di fare altrimenti.

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Informazioni

Editore
Manni
Anno
2013
eBook ISBN
9788862665339

Corrado e Marta

I primi a partire sono Corrado e Marta. Corrado deve tenere una serie di conferenze, seminari e incontri in diverse università e ospedali tra Boston e New York. Ha un programma di lavoro intenso ed eccitante e di solito il viaggio annuale in America gli piace molto, sia per gli stimoli culturali e scientifici che gli procura, sia per la possibilità di allontanarsi da casa e guardare i suoi, e se stesso tra loro, a una certa distanza. Questa volta a rendere più intriganti e inquietanti le cose c’è il tarlo della gelosia che non aveva mai sperimentato in maniera così concreta e che gli fa apparire il distacco più drammatico e anche più complicato, ponendogli una serie di problemi di comunicazione con la moglie. Pensa, mentre sorvola l’Atlantico, sfogliando i giornali e accettando i generi di comfort offerti da una hostess molto carina e, gli sembra, particolarmente attenta a lui, avrebbero parlato di Giuseppe? Le avrebbe chiesto se Giuseppe era andato a visitare il figlio più piccolo che aveva lasciato con un po’ di febbre? E soprattutto, avrebbe capito, dalla voce della moglie, se aveva incontrato Giuseppe? Pensa alla voce di Caterina con nostalgia. Possibile che gli manchi di già? Caterina ha una voce importante, che la avvolge in una sorta di mistero, pensa. Le linee telefoniche d’oltreoceano modificano la voce? È tentato di fare subito una prova, ma poi desiste. Sono le quattro, sarà alle prese con i bambini. La chiamerà la sera tardi, quando a Milano è mattina, e la sua voce ancora assonnata gli rivelerà le risonanze del suo cuore. Ma vuole veramente spiare nel suo cuore? E soprattutto, lo sa fare? Non lo so, probabilmente no, ma se starà con Giuseppe lo capirò, ne sono sicuro, pensa.
Quando scende dall’aereo viene accolto da un cielo limpidissimo e un sole abbagliante che non attenuano l’ondata di freddo che si sta abbattendo sulla costa orientale degli Stati Uniti. Freddo e sole lo riscuotono dal torpore del viaggio e Corrado si sente pervaso da un piacevole senso di attesa. All’aeroporto trova il marito di Sharona, Marco, il giovane medico italiano che si sta specializzando in farmacologia a Harvard e che sovente ospitano da loro a Milano. Marco lo accompagna a Cambridge, nell’alloggio che l’università gli ha riservato, e intanto gli illustra con precisione e una vena di ironia nel tono della voce (almeno così sembra a Corrado che si ripromette di indagare sulla questione), gli impegni che lo aspettano. Infine, mentre lo aiuta a tirar su per le ripide scale le valigie, lo invita ad andare a cena da loro quella sera. Sharona lo aspetta e, siccome lo conosce, gli preparerà una cena leggera e lo lascerà tornare a casa subito dopo, se lo vorrà.
L’appartamento non è molto distante da Harvard Square e si trova in un’ala al primo piano di una bella casa vittoriana circondata da un giardino. L’interno è spartano, ma accogliente e caldo – legno ai pavimenti, l’immancabile caminetto e il bovindo che dà sulla strada. È composta da un unico rettangolo, diviso in tre stanze: sul fondo la cucina, poi due soggiorni uno dopo l’altro. In quello di mezzo c’è un lungo tavolo di legno scuro e il caminetto, nell’altro un divano letto che è già stato allungato e preparato e un tavolo di lavoro con sopra un computer collegato a Internet e un telefono. Sul tavolo della cucina Corrado trova un mazzolino di margherite e un biglietto in un inglese piuttosto approssimativo che gli dice che in frigo c’è latte, burro e succo d’arancia e nei pensili troverà pane, pasta, olio, tè, caffè, spezie e altro. Quell’accoglienza informale lo mette di buon umore e prima ancora di togliersi giacca e cravatta accende il fuoco sotto il bollitore dell’acqua e comincia a curiosare nei cassetti e negli armadi. In uno trova tazze e piatti colorati, bicchieri e vari altri arnesi. Mette una bustina di tè in una tazza, si versa un bicchiere di succo di arancia, si sfila le scarpe e la giacca e si sente tornare un po’ studente. Attraversando l’Atlantico e macinando tutte quelle miglia, i brutti pensieri si sono stemperati, hanno perso la loro urgenza e magnitudo. In questo mondo pratico, semplice, proiettato al futuro, li vede con contorni più netti e pensa che sarà possibile sfidarli con armi più efficaci. Con la tazza di tè in mano va a guardare fuori dal bovindo che si affaccia su una strada residenziale alberata, silenziosa, su cui stanno calando le ombre della sera. Osserva le manovre di una piccola macchina coreana che entra nel vialetto d’accesso della casa di fronte. Ne esce una signora corpulenta con una giacca a vento azzurra che comincia a scaricare vari sacchetti della spesa e a portarli uno alla volta sulla veranda di legno verdognolo, piuttosto scrostato, che si protende sul fronte della casa. Cerca le chiavi in tasca, apre la porta e trasferisce i sacchetti della spesa all’interno con una certa goffaggine, rincorrendo un paio di mele che sono sfuggite a un sacchetto. Una scena che fa sentire Corrado a casa. Vede poi accostare davanti a casa sua una macchina scura da cui escono due signori di una certa età in cappotto nero che si dirigono alla sua porta. Ode lo squillo del campanello e rimane un momento interdetto, e immediatamente dopo scocciato, dall’intrusione. Questi americani non danno proprio tregua, pensa. Dove ho messo le scarpe? Torna velocemente in cucina, ma non le trova e deve andare ad aprire in calzini. Sono due membri dello staff dell’università che gli portano il piano delle lezioni, la mappa degli ospedali, l’elenco degli appuntamenti (che iniziano il giorno dopo alle nove con il chairman del dipartimento di farmacologia), gli danno le chiavi dell’ufficio che occuperà nelle prossime due settimane, gli chiedono se ha bisogno di qualcosa e lo invitano a prendere un aperitivo (un po’ di alcol rischiara le idee e fa dormire meglio, gli dicono). Corrado rifiuta, contento di avere la scusa dell’invito a cena del giovane medico, e li congeda bruscamente perché si accorge che non gli rimane che un’oretta per prepararsi prima che Marco ritorni a prenderlo. La vita americana prende subito un ritmo vorticoso.
Marco e Sharona vivono in un piccolo appartamento non molto lontano dal suo, in una traversa di Massachussetts Avenue. La loro casa è piuttosto caotica, ma quando Corrado arriva, la minuscola tavola rotonda in soggiorno è apparecchiata in modo allegro, sullo stereo Armstrong canta, e l’ambiente è pervaso da un gradevole profumo di arrosto. Dalla cucina si sente arrivare lo stentoreo «Hello» di Sharona, che poi passa al suo italiano approssimativo e si presenta sorridente, altissima e magra con la folta capigliatura fiammeggiante selvaggiamente scompigliata e con indosso dei larghi pantaloni neri di tuta e una T-shirt grigia. Corrado si sente quasi in famiglia e pensa di essere autorizzato a svaccarsi un po’, a buttarsi sul divano e ascoltare gli amici senza doversi prendere la briga di rispondere qualcosa di particolarmente brillante o intelligente. Prendetemi così come sono, pensa, mentre Marco gli versa un bicchiere di vino e gli accosta un piatto con degli stuzzichini; sono solo un uomo di mezz’età stanco, abbastanza confuso e ora anche cornuto che ogni tanto ha delle idee brillanti, ma che soprattutto ama ascoltare. Su un tavolino vicino alla finestra c’è un computer acceso con sul video una serie di grafici e formule che Corrado riesce a vedere anche dal divano dato che il locale è veramente angusto. Marco approfitta del fatto che Corrado si è rivolto verso il computer per mostrargli le formule che ondeggiano sullo schermo e mentre la moglie è in cucina a finire i preparativi della cena Corrado è suo malgrado trascinato in una discussione su una certa categoria di farmaci che agiscono su alcune funzioni cerebrali addette a controllare le nostre risposte nei confronti della verità e della menzogna.
«In questo momento i servizi segreti e l’esercito sono molto interessati alle nostre ricerche e ci stanno tallonando. Ci sarà un loro esperto durante il primo ciclo di tue conferenze, quello per addetti ai lavori, non quello aperto agli studenti. Una specie di spia.» Il motivo per cui Marco assume un leggero tono ironico quando parla del loro lavoro è forse questo? pensa Corrado che nota di nuovo quella sfumatura nella sua voce.
«Stiamo collaborando con l’intelligence? La cosa si fa interessante, allora», dice e dimentica la stanchezza e il momentaneo stato di confusione.
«Dimmi, che tipo è?»
«Dovresti chiederlo a Sharona, che fiuta subito le persone e sa tutto di tutti del nostro dipartimento perché non si perde un party. Comunque mi pare intelligente, e astuto, molto astuto. Un volpone. Un tipo strano, particolare. Non ha affatto l’aspetto di uno 007. Non è un Sean Connery, per intenderci. Piuttosto un Hitchcock, corpulento e sonnacchioso come un gattone che però è sempre in agguato; e ha degli occhietti azzurri freddi e pungenti. È di origini rumene, si chiama Iliescu.»
«Gli piacciono le donne», interviene Sharona, portando una zuppiera fumante in tavola, e invitando gli uomini a sedersi. «Mi sembra un buon segno, no?»
«Gli piaci tu», dice Marco con un sorriso, «e non so se è un buon segno.»
«Ma dai!» Sharona in italiano non ha la battuta pronta che la contraddistingue. Scuote la selvaggia capigliatura fiammeggiante e continua a parlare dell’agente del governo.
«Ho notato come guarda le donne, tutte ma soprattutto quelle giovani e carine. In un modo un po’ timido, impacciato, di chi non ha esperienza.»
«Non male come spia. Perché non gli chiedi se puoi fargli da assistente?» scherza il marito. Sharona sorvola e ritorna a parlare di quel che le sta a cuore, la girandola umana che le capita di avere attorno.
«Più di me gli piace Marta Marangioni, una tua collega di Milano, Corrado, che è qui per uno stage e sarà probabilmente presente alle tue lezioni. La conosci? È una psichiatra infantile, lavora nell’ospedale pediatrico più importante di Milano, mi hanno detto.»
«Sì, mi pare di conoscerla, ma non sapevo che l’avrei trovata qui.»
«Ha vinto una borsa di studio che l’università offre tutti gli anni a uno studioso italiano. Un accordo con una casa farmaceutica. Proprio la tua, mi pare.»
«Già, ma non sono io che mi occupo di questi scambi. Mi fa piacere trovarla.»
Non è del tutto vero. L’idea di dover incontrare una dottoressa che lavora nell’ospedale di Giuseppe, che molto probabilmente conosce Giuseppe, gli dà sinceramente piuttosto fastidio. Anche lì, a tremila miglia di distanza, tra persone così brillanti e intelligenti e divertenti e carine si deve portare dietro questa storiaccia mefitica. Marta la ricorda bene. È una donna bella e intelligente. Su di lei una volta, quando hanno lavorato insieme per un breve periodo prima che lui si sposasse, ricorda di aver fatto un pensierino. Poi aveva incontrato Caterina e Marta era andata a lavorare altrove. O lui aveva smesso di avere rapporti con quell’ospedale? Non l’aveva più rivista, da quanto? Almeno sette-otto anni.
Sharona lo scruta attentamente e Corrado le sorride. Sharona è giornalista, ed è dotata di un gran fiuto per le persone. Bisogna stare attenti a quel che si dice con lei, gli aveva detto Marco una volta. Corrado lo sa, ha già avuto modo di sperimentare queste sue qualità. Ma è anche una donna schietta e generosa e con una certa tendenza a essere materna verso gli uomini che le sono simpatici; è una cuoca notevole e una donna di casa alquanto disastrosa.
«Domani ci sarò anch’io alle tue lezioni!» gli dice mentre serve il minestrone. «Ti ricordi che a Milano ti ho detto che volevo fare un profilo su di te e sul tuo lavoro? Me l’ero inventato lì per lì…»
«Per fare colpo su di lui, immagino», interviene Marco.
«Certo, anche. Ma ci ho pensato e l’ho proposto al “New Yorker”. E sai che l’hanno accettato? L’ho saputo proprio la settimana scorsa. Non ti sembra una coincidenza perfetta?»
«Forse c’è sotto lo zampino di Iliescu, la spia rumena di cui ti abbiamo parlato», dice Marco.
«Forse. Sono così contenta. Non ti puoi immaginare. Non ti sottrarrai, vero? È la mia grande occasione e sono sicura che ti faccia piacere essere tu il mio padrino.»
«È per questo che mi hai invitato?» le chiede scherzosamente Corrado.
«Per darti questa bella notizia e per monopolizzarti un po’.»
«Ti deve fiutare. Attento a quel che dici d’ora in avanti», interviene Marco.
«Noooo! Allora neanche più da voi posso stravaccarmi e sentirmi a casa?»
«Da noi sempre. Lo sai che sono una ficcanaso onesta e che ho risolto più guai di quanti ne abbia combinati.»
«Devo ammettere che ha ragione», continua Marco, «dai, rilassati e goditi questo bel minestrone fumante. L’interrogatorio, anzi gli interrogatori, cominciano domani.»
Chiacchierano per tutta la serata, che si protrae più di quel che Corrado aveva preventivato. Parlano di cervello, bugie e verità, algoritmi e reazioni chimiche. Corrado prende appunti su termini inglesi utili per il giorno successivo a lezione e sui nomi dei colleghi che incontrerà. Spettegolano sui professori e Sharona gli illustra in modo spiritoso e maligno le dinamiche di potere, sesso e amicizia all’interno del dipartimento che ha osservato durante cene, aperitivi e conferenze a cui non manca di partecipare come moglie di un intern tra i più promettenti e stimati. Quando ritorna a casa, Corrado telefona a Caterina, ma si scambiano solo poche informazioni non particolarmente significative. Corrado è stanco e brillo, ha bevuto un po’, e non pensa a captare nuance nel tono di voce della moglie; Caterina ha già iniziato le attività mattutine e si limita a fornire al marito una breve cronaca familiare.
Corrado nota subito Marta, seduta in una delle prime file dell’ampia aula dello Science Center dove, il giorno seguente, tiene la lezione introduttiva. Riconosce immediatamente il suo viso assorto che ha qualcosa di puro, non contaminato, e ricorda il rigore e l’intelligenza dei rapporti che gli faceva quando lavoravano insieme. Rammenta anche, con un briciolo di rinnovata eccitazione, che ne era stato attratto e averla di fronte, in aula, si rivela subito come uno stimolo meraviglioso. Che cosa aveva temuto la sera precedente, quando Sharona gli aveva annunciato la presenza di Marta? Sarà la mia interlocutrice ideale, pensa, e sa per esperienza che avere un interlocutore ideale a una conferenza lo renderà più brillante e creativo. L’adrenalina gli entra in circolo, il pubblico è contagiato dalla sua energia e alla fine lo applaude con grande calore.
«Un successone!» Durante l’intervallo è Corrado stesso a cercare Marta che è rimasta al suo posto a rileggere degli appunti e che lo saluta allegra, con quel complimento cameratesco. Vanno a prendere un caffè insieme e vengono raggiunti da Sharona e Marco.
«Una standing ovation», si complimenta Sharona, «sei un oratore fantastico. Riuscivo quasi a capirti anch’io, ma ci sono due o tre cosette che mi sono rimaste oscure e che mi dovrai spiegare.» Corrado presenta Marta ai suoi amici e da allora i quattro prendono l’abitudine di trascorrere insieme i brevi periodi di pausa tra le lezioni, e di consumare insieme i pranzi alla mensa universitaria. Nelle due intense settimane seguenti fra Corrado e Marta si crea una certa intimità, anche se continuano pervicacemente a darsi del lei. È una sorta di vezzo, un trademark della loro relazione in quel periodo, e forse anche un modo divertente e un po’ snob per distinguersi in quel mondo di “you” che di solito si traduce, negli italiani presenti, in un uniforme “tu”. Scoprono che questa loro piccola abitudine è anche piuttosto eccitante. Sharona li prende in giro e non li perde d’occhio. Sono diventati inseparabili: si incontrano la mattina presto, prima delle lezioni, all’edicola di Harvard Square, dove comprano i giornali, e poi proseguono insieme per l’università, barcollando sulle strade ghiacciate e scambiandosi poche frasi sonnacchiose da sotto i baveri rialzati, con un senso di allegra complicità. A causa della loro amicizia Marta viene automaticamente inclusa negli eventi mondani a cui Corrado è invitato, che lo occupano quasi tutte le sere del suo soggiorno a Cambridge.
A Corrado dispiace un po’ non aver quasi mai una serata libera da passare da solo nel suo comodo appartamento, guardando la televisione davanti a un piatto di pasta condita con sughi già pronti di cui ha comprato una piccola scorta in una spedizione in un supermercato vicino. Si è anche preso un paio di romanzetti gialli, che sono rimasti intonsi sul basso tavolino del soggiorno su cui li ha posati. Quel poco tempo che passa in casa finisce per trascorrerlo davanti al computer a rivedere le note per le lezioni e ad appuntare idee, osservazioni, intuizioni che va accumulando. Accanto alle idee nuove e alle osservazioni interessanti ha preso l’abitudine di annotare anche il nome di chi le ha fornite e una breve descrizione della persona. È un’idea di Sharona che, non essendo invitata a tutte le lezioni, non vuole perdersi né contenuti né il contorno sociale da cui nascono “le grandi scoperte scientifiche”, come ha detto una volta a Corrado. La sera al computer, rileggendo le note, Corrado si accorge del teatrino che sta mettendo in piedi e si chiede con un sorriso divertito quanto questo modo di drammatizzare le lezioni sia un procedimento scientificamente lecito. Comunque diverte me e sembra divertire gli amici e male non dovrebbe fare, conclude tra sé, fintanto che la cosa rimane sotto controllo.
Una sera a un party racconta questo suo modo bizzarro di prendere appunti a Marco. Lo chiamano il “metodo Sharona”.
«Non bisogna sottovalutare Sharona», gli dice Marco con quel tono lievemente ironico che Corrado non ha ancora imparato a decifrare.
«Metà dei risultati che ho ottenuto li devo a lei, alle sue osservazioni e ai suoi consigli, anche a quelli apparentemente strampalati», continua.
«Allora anche tu adotti il metodo Sharona?»
«No, io in queste cose non sono affidabile; la gente non la vedo.»
«Potrebbe passargli davanti una donna nuda e non si volterebbe neanche», interviene Sharona. «Corrado invece è un osservatore onnivoro. Aselettivo, se così si può dire. Se gli passasse una donna nuda accanto, lui ne note...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Dedica
  3. Milano centro, una sera d’inverno
  4. Marta e Giuseppe
  5. Giuseppe e Caterina
  6. Corrado, Marta, Giuseppe, Caterina
  7. Corrado e Marta
  8. Corrado e Caterina
  9. Marta e Corrado
  10. Corrado e Caterina
  11. Marta e Sharona
  12. Iliescu
  13. Giuseppe e Marta
  14. Conclusioni