
- 144 pagine
- Italian
- ePUB (disponibile sull'app)
- Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub
Mentre tutto cambia
Informazioni su questo libro
È l'estate del 1989, il Vela e i suoi amici hanno 14 anni, si muovono ai margini di una città e di una generazione: non più bambini, adolescenti a stento, passano il tempo in una casetta diroccata vicino a una discarica nella periferia di Milano.
In quel rifugio in cui possono fumare, sfogliare giornaletti e ascoltare musica, un giorno di giugno trovano un ragazzo morto di overdose. Hanno paura di perdere la loro tana, così decidono di nascondere il cadavere.
Ma quella morte gli rimane attaccata addosso: è l'odore che sale dal campo abbandonato in cui hanno gettato il corpo, e il peso di un segreto così grande e del senso di colpa che non dà tregua.
Il Vela passerà le vacanze ciondolando in casa, con un padre pieno di rabbia, una madre incupita persa dietro alle sue piccole abitudini, una nonna adorata con cui divide il divano letto; e bighellonando in giro, tra il luna park delle Varesine e i cantieri della città che cresce, assieme al Best, Paolino e Ivan, ognuno con il proprio mondo complicato e il proprio carico di inquietudini.
La piccola banda si scontra con la pochezza degli adulti, con la prepotenza dei ragazzi più grandi e con una Milano che nell'incessante sviluppo urbanistico distruggerà l'unico posto in cui si sentono al sicuro.
È la storia di quattro ragazzi colti nel momento più delicato della loro vita, e nel punto più delicato di una città.
Domande frequenti
Sì, puoi annullare l'abbonamento in qualsiasi momento dalla sezione Abbonamento nelle impostazioni del tuo account sul sito web di Perlego. L'abbonamento rimarrà attivo fino alla fine del periodo di fatturazione in corso. Scopri come annullare l'abbonamento.
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Perlego offre due piani: Base e Completo
- Base è ideale per studenti e professionisti che amano esplorare un’ampia varietà di argomenti. Accedi alla Biblioteca Base con oltre 800.000 titoli affidabili e best-seller in business, crescita personale e discipline umanistiche. Include tempo di lettura illimitato e voce Read Aloud standard.
- Completo: Perfetto per studenti avanzati e ricercatori che necessitano di accesso completo e senza restrizioni. Sblocca oltre 1,4 milioni di libri in centinaia di argomenti, inclusi titoli accademici e specializzati. Il piano Completo include anche funzionalità avanzate come Premium Read Aloud e Research Assistant.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì! Puoi usare l’app Perlego sia su dispositivi iOS che Android per leggere in qualsiasi momento, in qualsiasi luogo — anche offline. Perfetta per i tragitti o quando sei in movimento.
Nota che non possiamo supportare dispositivi con iOS 13 o Android 7 o versioni precedenti. Scopri di più sull’utilizzo dell’app.
Nota che non possiamo supportare dispositivi con iOS 13 o Android 7 o versioni precedenti. Scopri di più sull’utilizzo dell’app.
Sì, puoi accedere a Mentre tutto cambia di Fabio Guarnaccia in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Letteratura e Letteratura generale. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.
Informazioni
Milano galleggia sull’acqua
Un pomeriggio ci infilammo nei cantieri delle case in costruzione a farci un bagno. Era domenica e dalle finestre spalancate il rombo della Formula Uno riempiva le strade deserte: Milano non sembrava più reale di un sogno. L’idea del cantiere fu di Ivan che nei suoi pellegrinaggi solitari, lontano dalla famiglia ma anche da noi, aveva scoperto questa pozza d’acqua spuntata dal nulla. Lo seguimmo come tanti topolini senza fare domande, con l’unica eccezione del Best, contrariato da quell’ennesima violazione della legge.
«Io non ci vengo», disse. «I cantieri sono sorvegliati, ma poi perché cazzo dovremmo andare a fare il bagno in un cantiere?»
«Vieni e vedrai», gli rispose Ivan.
«Andiamo al campo della Coca con i grandi», buttò lì in alternativa, neanche fosse normale per noi stare al campo della Coca con quelli più grandi.
«Magari c’è anche Rachele, vero Paolino?», ammiccò goffamente il Valerio, che dietro a Rachele ci moriva.
«Mia sorella è andata al lago con i suoi amici».
«Quale lago?», chiese Valerio deluso.
«E che ne so io», rispose Paolino sistemandosi lo zaino sulle spalle.
Passammo dai buchi nella rete che recintava l’area del cantiere; il Best indossava un paio di occhiali a specchio nei quali si riflettevano il cielo immobile e gli scheletri delle case in costruzione. In totale erano quattro palazzi, due già al tetto, il terzo ai primi piani, col suo bouquet di steli di ferro spuntati dai pilastri di cemento, il quarto, invece, ancora da cominciare. Nel buco di fondazione dove sarebbe cresciuto s’era formato un laghetto color titanio che aveva bloccato i lavori. Ci girammo attorno incuriositi, con i sensi all’erta come animali da preda. La terra era stata appiattita da un branco di bulldozer che riposavano sull’altro lato del cantiere e una piccola gru penzolava il suo braccio metallico a qualche metro sopra la polla. Per quanto ci era dato vedere eravamo le sole cose vive nel raggio di chilometri.
Ivan lanciò un urlo e si tuffò, l’acqua opaca se lo prese per sputarlo poco più in là in preda all’eccitazione.
«Cazzo è freddaaa! Ahhh! Sììì! Tuffatevi, è fighissimo!», urlò intanto che nuotava al centro del laghetto con noi lì a guardarci in faccia.
Quella del Best era segnata da una crepa di disappunto, mi parve però non fosse tanto sdegno per la cosa in sé, quanto un fastidio insopportabile per essersi trovato di nuovo in coda a Ivan, che con la sua inaccessibilità dolente stava plasmando sempre di più le nostre giornate.
L’impatto con quell’acqua così poco invitante è uno dei ricordi più piacevoli che ho di quell’estate. Il corpo scosso dai brividi, lo stupore, la gioia che provai al pensiero che a pochi passi dal nostro deserto ci aspettava un’oasi di cui avevo ignorato l’esistenza fino a quel momento, mi riportarono in vita. E così urlai anche io, in mezzo a quel vuoto, dicendo a tutti di tuffarsi. L’unico che si lasciò convincere fu Paolino, che cominciò a ridere e non la smise più, fino a strozzarsi con l’acqua e a tossire, rideva e tossiva in un modo talmente comico da prendere alla sprovvista anche quel musone del Best.
Stendemmo i vestiti ad asciugare sopra i massi e rimasti in mutande ci sdraiammo ancora ansimanti a fumare una MS. Mi feci offrire da Paolino una delle Fiesta che portava sempre con sé e la divorai con ogni fibra del mio corpo. La radio mandava Ti pretendo di Raf.
«Voi siete pazzi», disse il Vulcaniano. «Ma che vi dice il cervello? Fare il bagno in quell’acqua schifosa».
Allora Ivan gli spiegò che era acqua sorgiva. Che nello scavo avevano trovato una falda acquifera e che la poteva pure bere quell’acqua se voleva. Lo sapeva o no che Milano galleggia sull’acqua?
«Sarà, ma io non mi fiderei. Magari ci sono i topi».
«Ma che topi. Ti ho appena detto che è acqua pulita. E fattelo un bagno!»
Mi misi a pensare a Milano che galleggia sull’acqua e a Ivan che nei suoi giri si era fermato a parlare con i muratori incuriosito da quel laghetto spuntato dal sottosuolo. Mi chiedevo sempre dove andava a cacciarsi quando scompariva, che faceva; scoprire che era a lezione di geologia da una squadra di muratori mi diede un senso di pace, come se fosse possibile anche per me liberarmi da quella nebbia appiccicosa che mi avvolgeva solo trovando gli interlocutori giusti per lasciare che l’acqua sgorgasse copiosa da sotto i piedi.
Non c’era un filo di vento e gli alberi erano gravati dal peso dell’afa come sotto un carico di neve fradicia. Tutta la tristezza di quelle foglie chiedeva una fuga. Mi abbandonai a contemplare il gigantesco cartello pubblicitario delle case nuove: “Residenza Giardino, un Paradiso a soli 5 minuti dal Duomo”. Alcuni palazzi avveniristici sbucavano dalle chiome scure di alberi immaginari, un gruppo di bambini giocava lungo le sponde di un laghetto artificiale sotto lo sguardo amorevole dei genitori, seduti sull’erba nel punto in cui adesso c’erano solo montagne di rifiuti. Provavo uno strano sentimento ogni volta che guardavo quell’immagine: una parte di me sapeva che era solo una ridicola menzogna, ma un’altra, più forte e vitale, invidiava i futuri inquilini di quelle case.
«Mia mamma ha chiamato per informarsi sugli appartamenti», dissi.
«Ah, sarebbe figo», commentò Paolino.
«Eh sì, ma mio padre dice che costano troppo».
Come si era incazzato quel giorno. Per chiudere il discorso aveva risposto alla mamma che di soldi non ce n’era. Lei aveva insistito insinuando timorosamente che avrebbero potuto chiedere un mutuo, una parola che per me era incandescente, associata al rischio e alla mutua, qualcosa che finiva per mettere in pericolo persino la salute. Un mutuo? Aveva risposto lui indignato confermando i miei sospetti: di debiti non ne voleva, discorso chiuso.
«Ha ragione tuo papà, Vela. Di questi tempi fare un mutuo non conviene», disse il Vulcaniano.
«Ma tu che ne sai?»
Chi gli dava il diritto di dire certe cose? Il fatto che lavorasse non ne faceva un adulto. Se era un adulto che cazzo ci faceva lì a perdere tempo con noi in un cantiere di domenica?
«Dico solo che i tuoi genitori sanno cosa è meglio per te. Non ti scaldare».
«Parli proprio per niente. Mi basterebbe solo non dover dormire con mia nonna!»
Non ebbe nulla da ribadire.
«Ti ricordi quando ci hai detto che stavi sognando di trombarti la Gloria e ti sei accorto che invece ti stavi strusciando su tua nonna?», disse Ivan.
«Non me lo ricordare, ti prego».
A quel punto intervenne Paolino: «Se io dormissi con mia nonna vomiterei!»
Scoppiammo a ridere al pensiero di Paolino che dormiva con la nonna tutta vestita a lutto.
Guardai il Best steso a prendere il sole, con i pantaloncini di jeans tagliati alle cosce sul punto di esplodere sotto la pressione dei muscoli femorali. Invidiavo il suo corpo, il suo sviluppo e la sua villosità, come invidiavo altre cose del Best, a partire dalla sua familiarità con il sesso, la fidanzata ricca e vogliosa, le compagne di classe del liceo che, diceva lui, gli morivano tutte dietro. Gli invidiavo anche il liceo e la promozione, ma soprattutto il liceo. Lo vedevi subito che lui, come pure Ivan, era di un’altra pasta rispetto a me che facevo l’istituto tecnico, senza contare che nella mia scuola c’erano quattro ragazze in croce, mentre ai licei di Best e Ivan c’erano più femmine che maschi, ed erano femmine vestite alla moda, delicate, che parlavano di libri e di cantautori e vivevano in case borghesi vicine ai parchi del centro.
«Mi sa che qua il più fortunato sei tu, Bestione. C’avessi tua mamma che dorme con me al posto della nonna!»
Non era una battuta, se io dormivo con la nonna e Paolino con la sorella, il Best divideva la stanza con la mamma. Dopo la separazione erano andati a vivere lì, nella casetta dei nonni, una soluzione temporanea che durava ormai da un paio di anni. Dormivano insieme ma in lettini separati, come fratello e sorella, nella stessa stanza dove di pomeriggio ci scopava la fidanzata. Tutti quei confini fatti saltare in nome del pragmatismo, venisse un colpo a tutti i genitori che fanno scelte fondate sul pragmatismo, mi erano assai familiari. Ma vuoi mettere la mamma del Best? Quella bella signora, così la chiamavano i nostri padri. Gli occhi azzurri, i capelli lunghi biondi, la pelle liscia e bianca d’una dèa colta mentre nuda si bagna nelle acque di una fonte boschiva, col completo avvocatesco, ancora tiepido del suo corpo, ammonticchiato sulla riva. Una donna indipendente, oltre che bella. Di cui avere paura, se eri un maschio. Che avrebbe potuto trafiggerti con una freccia scagliata da distanze siderali. Biasimavamo il padre del Best per averla lasciata, ma come? Una donna così!, ma era pur vero che in qualche modo ci sembrava naturale che si fosse trovato costretto a scappare da lei, e dalle sue frecce magiche. Per la sua bellezza e per l’ambiguità ammaliatrice che trasudava, era diventata pubblicamente il nostro sogno erotico. Dico pubblicamente perché non ne facevamo mistero col figlio, come se fosse normale confidare, anzi strepitare a un amico la propria pulsione sessuale per la mamma. Ma col Best non c’erano problemi, ne andava anzi fiero. Rideva di pancia e soddisfatto annuiva pleonasticamente al nostro malriposto desiderio. E come al solito, anche questa sua stranezza non suscitava il nostro stupore, perché in fondo era pur sempre figlio di divorziati.
Ma quel pomeriggio la sua reazione si limitò a un sorrisetto strizzato a forza; rimasi in attesa di qualcos’altro, ma la compostezza statuaria con la quale prendeva il sole non lasciò trapelare niente di diverso.
«Oh Best, ma che c’hai? Perché fai il figo?»
In principio non rispose, così glielo domandai di nuovo suscitando una reazione:
«Lascia stare, Velaz, che è meglio».
«Ma no, dai, perché non ce lo dici?», chiese plateale Ivan.
A quel punto i muscoli del Best erano tesi come per spiccare un balzo, le mascelle serrate e l’aria dolente attraversata da una scarica di elettricità.
Con il fare più distaccato che gli riuscì, rispose:
«Perché io non sono un pecorone».
«Ma che c’entra?»
«Hai capito benissimo, Ivan, non fare lo gnorri».
«Non sei un pecorone, ho capito. Ma allora sei per caso un coniglio?», e rise.
A quel punto il Best si tirò su a sedere come una molla. Addio posa.
«A me hanno insegnato a usare la testa!», disse con tono di rimprovero.
«E allora usala, che vuoi da noi. Ci stiamo solo divertendo».
«Sei tu che devi usarla, tu e tutti gli altri pecoroni. Se avessimo fatto come dicevo io non saremmo in questa situazione del cazzo».
Guardai la testa del Vulcaniano avere un sussulto, un breve incandescente zampillo di curiosità. E pure Ivan se ne accorse. Così sfidò il Best a tuffarsi dalla gru.
Il Best rimase interdetto prima di capire quello che c’era sotto. Lo stesso, non aveva alcuna intenzione di dare soddisfazione a Ivan. Paolino e il Valerio gli dissero di non fare cazzate, rischiava di rimanere paralizzato. Pensai alla scena di quel film sul Vietnam dove uno degli amici si butta dall’elicottero nel fiume marrone e si sfracella le gambe sulle rocce. Anche l’acqua della pozza era tanto opaca da celare chissà quale pericolo.
Rimasi a osservarlo salire un piolo alla volta di quella scala metallica, gialla, sullo sfondo azzurro bianchiccio del cielo, come se guardassi un’eclissi solare. Non conoscevo nessuno che sapesse spingersi con tale grazia, da sembrare una danza, nei territori oscuri dove Ivan s’infilava di continuo, una specie peculiare di selva abitata da creature mostruose ma capace al tempo stesso di proteggerlo da pericoli più grandi. Mano a mano che saliva, tra le richieste sempre più preoccupate di Paolino, sul punto di avere una delle sue crisi, capii che sarei stato disposto a tutto per essere suo amico. Nonostante la follia nella quale mi sentivo precipitare, la nausea e la carne macerata dall’insonnia, o forse proprio per questo, non ebbi nemmeno per un istante paura per lui, né tantomeno voglia di emularlo. Ero uno spettatore, un puro e semplice spettatore. Arrivò alla cabina di comando e da lì si mise ad attraversare in orizzontale il braccio usando i pezzi di ferro dell’intelaiatura. Arrivato sul centro della pozza ci sfidò tutti con un ghigno, poi si tuffò. Gambe e braccia a candela. Splash.
Restammo col fiato sospeso fino a che dal calderone ribollente non riemerse in trionfo. Paolino in lacrime gli urlò che era un cretino. Con due bracciate raggiunse la riva e uscì puntando diritto il Best che era rimasto in silenzio per tutto il tempo.
«Adesso tocca a te».
Il Best si alzò di scatto come per scagliarsi addosso all’amico, buttò per terra i Ray-Ban regalo del padre, si tolse le Diadora, le calze di spugna sporche di terra e si diresse deciso alla gru. Salì senza alcuna esitazione, non una parola, mosso dalla fretta della furia, e in men che non si dica raggiunse il punto esatto al centro della pozza. Solo allora sembrò riflettere sulla situazione. Evitò i nostri sguardi, prese fiato gonfiando le guance come un trombettista e si tuffò a candela senza emettere un suono. L’aria che si alzò dall’impatto fu come un soffio di tempesta che spense per un istante il fuoco dell’afa.
Quando riemerse ci mettemmo a urlare e a saltare dalla gioia, poi Ivan si tuffò in acqua, seguito da me e da Paolino, per raggiungere il Best, e abbracciarlo, baciarlo. E lui con noi, pronto ad accogliere il nostro amore, senza più reticenze, a ridere e a spingerci via, fingendo un fastidio ridicolo, in preda a un entusiasmo che non sarebbe più tornato, mentre sulla riva la figura dinoccolata del Valerio ci fissava, separato come da una barriera invisibile, lì, composto, con le mani sui fianchi e la testa in bilico sulle spalle spioventi, un vulcano silente ma non per questo spento.
Il Troisi?
L’aria calda del pomeriggio metteva in moto i temporali che quasi ogni sera venivano a salvarci dagli entusiasmi del Vulcaniano. Di tutti noi era l’unico che sembrava a suo agio in quella calura insopportabile. Sudava, ma manteneva intatto il suo aspetto. Le rapide ondulate dei capelli, la maglietta bianca appena stirata, il suo dopobarba che si mischiava all’odore del Troisi, erano gli stessi di sempre. Dopo l...
Indice dei contenuti
- Copertina
- Frontespizio
- Colophon
- Prologo
- L’intruso
- A casa
- Il carrello
- Adesivi
- Un’altra morte
- Febbre
- Valerio
- Il braccialetto
- La Gloria
- Il Best
- Ivan
- La porta
- L’orso
- Afa
- Milano galleggia sull’acqua
- Il Troisi?
- Golf GTI
- Le macerie
- Riparazione
- Via da qui
- Paolino
- Riesumazione