La classe scomparsa
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La classe scomparsa

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La classe scomparsa

Informazioni su questo libro

"L' ispettore scolastico entrò nell'Istituto alle otto in punto. La porta d'ingresso era spalancata. Percorse il corridoio lucido senza incontrare anima viva, ma aveva la sensazione che qualcuno lo spiasse di nascosto."In quella scuola tutto è rarefatto: non c'è il preside, non ci sono gli insegnanti, non gli alunni né alcuna loro traccia.C'è soltanto padre Albino, che consegna all'ispettore Germinario un pacco di fogli battuti a macchina: trenta racconti brevi, a volte leggeri, a volte seri, altre surreali.Attraverso di essi, inquieto, turbato, incantato, Germinario tenta di svelare il segreto di quella scuola.

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Informazioni

Editore
Manni
Anno
2015
eBook ISBN
9788862666909
SECONDA ORA

Capelli

Brutta giornata per Gianni Bonino, quella in cui si accorse che i suoi capelli crescevano. Se ne accorse non come capita a tutti, a cose fatte, guardandosi allo specchio una mattina, ma avvertendo all’improvviso un formicolio malandrino sul cuoio capelluto. Sentiva i capelli allungarsi, ad uno ad uno. Quelli delle tempie e della nuca, la rosa sul culmine del capo e i ciuffi sulla fronte. Crescevano: non più velocemente di come avessero sempre fatto, non era cambiato nulla nel suo aspetto, ma lui li sentiva crescere. Una situazione strana, un fatto non nocivo, ma fastidioso. Come il senso di avere qualcosa di vivo addosso. Poi Gianni si guardò le unghie. Diavolo! Anche quelle crescevano. Gli sembrò di vedere chiaramente l’unghia del pollice allungarsi, la vedeva allungarsi, cambiare forma, vedeva anche le altre crescere, muoversi. Subito si tolse le scarpe perché avvertiva anche una strana sensazione ai piedi e non ci volle molto per capire che si trattava anche lì delle unghie: un lento, inesorabile sviluppo e lui se ne accorgeva esattamente, come ci si accorge di un palloncino che si gonfia al luna park o di un’onda che monta nel mare in burrasca.
Da quel momento le cose cambiarono radicalmente. Ogni gesto divenne impossibile, ogni occupazione problematica: era come studiare un libro in una biblioteca in cui tutti gli astanti leggano a voce alta il proprio. Il giorno passò e il suo pensiero fu occupato solo dietro ad unghie e capelli. La sera era stremato e per fortuna si addormentò, senza sognare. Ma alle due, nel fondo della notte, si svegliò di soprassalto, in preda all’angoscia: piano piano, infatti, nel sonno, incominciò a sentire il proprio cuore battere, un colpo dietro l’altro, sistole e diastole, lentamente, inesorabilmente. Avrebbe quasi voluto fermarlo, pur di liberarsi dello sconquasso che gli procurava internamente il frastuono di quei colpi. Sveglio, nel buio, seduto sul letto, sgranò gli occhi e avvertì il bulbo ruotare sotto le palpebre e la cornea grattare la congiuntiva con un rumore forte, come un gessetto sulla lavagna. Il cuore batteva e ritmava il tempo, le palpebre sbattevano e lui rabbrividiva al rumore.
Non riuscì a riaddormentarsi. Venne il mattino e la situazione precipitò: sentiva il flusso del sangue nelle vene, il gorgoglio degli acidi nello stomaco, sapeva quando la milza si stringeva o si gonfiava, avvertiva ogni momento cento valvole aprirsi e chiudersi in ogni parte del suo corpo, mille gangli scattare sotto le frustate dei nervi, sentiva i propri organi interni, uno per uno, distintamente, l’esofago, la trachea, il fegato, le articolazioni delle ossa. E alla fine svenne, sopraffatto da tutte quelle sensazioni che aveva scoperto dentro di sé.
I dottori gli somministrarono un forte sedativo. Quando riprese conoscenza parlò con il medico, ma in modo molto vago, perché aveva paura che lo prendessero per matto.
«Sento il cuore battere» diceva e l’altro:
«Sì, capita a tutti».
«Ma io so quando si contrae l’intestino.»
«Un po’ di costipazione» gli rispondevano.
«Sento i capelli crescermi.»
«Beato lei» rispondeva il primario e se ne andava sorridendo tra sé, perché era calvo.
Alla suora si confidò completamente. Lei rispose:
«Senti tutto ciò perché sei vivo, in effetti è davvero stupefacente, dovresti ringraziare».
Ma lui non si dava pace.
«Mi dà enormemente fastidio dover prestare così tanta attenzione ai meccanismi del mio corpo, non mi resterà più tempo per occuparmi d’altro.»
Al che la suora scosse bonariamente il capo.
Lo dimisero, diagnosticandogli un piccolo esaurimento e ordinandogli un po’ di riposo.
Uscendo dall’ospedale notò che, mentre camminava, il proprio quadricipite si contraeva e si distendeva con una sinfonia di mille vibrazioni dei fasci muscolari e i tendini rispondevano elastici e pronti, tesi come corde di violino. Era uno spettacolo quella armonia di movimenti, quella stupenda coordinazione tra le fibre, quell’insieme di forza e grazia. Sì, era meraviglioso! Ora aveva capito! In fondo era un privilegio che a lui fosse dato rendersi conto di quelle cose straordinarie.
E così, tutto preso da questa nuova interna sensazione, non si accorse del gradino sul marciapiede. Proprio non lo vide, nonostante fosse bello lì, davanti a lui. Inciampò, cadde, batté violentemente il capo sullo spigolo di pietra. Il dolore fu così acuto da sopraffare tutte le altre sensazioni. Fu un attimo.
Al risveglio, i capelli si accorse di non averli più. Per operare la piccola emorragia lo avevano completamente rasato.
In corsia erano parecchi. Si infastidì. Un vicino russava, un altro si lamentava, i parenti vociavano in corridoio. Le infermiere sbattevano i carrelli lungo i corridoi, senza riguardo. Fuori strombazzavano le auto. E i rumori del mondo, infine, ripresero su di lui il sopravvento.

Dialogo tra un fabbro artigiano e uno scienziato (più un terzo incomodo) a proposito di uno strano fenomeno verificatosi in Bassa Baviera

(Dialogano il fabbro e lo scienziato)
«Perché doveva capitare proprio a me, che in fondo sono sempre stato un fabbro onesto e probo?»
«A te o a qualcun altro non fa grande differenza, caro amico mio, la cosa importante è che qui siamo in presenza di uno sconvolgimento pazzesco delle leggi della chimica…»
«Quel che voglio dire…»
«…e della fisica altresì.»
«…Voglio dire, consideriamo il fattore umano in questa vicenda. In paese ci sono quattro fabbri, ma solo a me il ferro si scioglie come burro al sole.»
«In effetti non si è notato il fenomeno in altre parti e questa è la nostra fortuna.»
«Come fortuna?»
«Possiamo studiare questo caso in esclusiva.»
«Passo per incapace, mentre invece è tutta colpa del materiale.»
«Questo è vero.»
(Interviene un forestiero a chiedere lumi)
«Mi scusi, ma qual è il problema?»
«Appena le forgio, le mie opere sono solide e robuste, né più né meno delle altre, ma dopo sei ore cominciano inesorabilmente a liquefarsi.»
«Una cosa imbarazzante.»
«Inferriate che si accartocciano come carta bruciata, arnesi che si sciolgono come gelati al sole, viti che si fondono…»
«E come fa con i clienti?»
«Infatti protestano e chiedono risarcimenti altissimi… ma io non so dove andare a prendere tutti quei soldi.»
(Riprende il dialogo tra lo scienziato e l’artigiano)
«Dunque lei non vuol capire che sta per diventare ricco, straricco?»
«Sì… figuriamoci, io sono in malora.»
«Quando nella comunità scientifica internazionale il suo fenomeno sarà noto, centinaia di industrie faranno a gara per averla nel loro staff.»
«Magari.»
«E lei sarà coperto d’oro.»
«Lei dice…?»
«È sicuro!»
«E per quale motivo?»
«Lei è un caso di straordinario interesse scientifico e… industriale. La studieranno e troveranno mille fantastiche applicazioni al suo fenomeno.»
«Ma come fabbro non potrò più esercitare!»
«Questo ovviamente no.»
«E la cosa non mi va proprio giù.»
«Mah…»
«È il mio mestiere, fin da quando ero piccolo…»
(Interviene ancora il forestiero)
«Scusi ma lei sa lavorare il legno?»
«Beh, sì, me la cavo.»
«E allora perché non si mette a costruire col legno, c’è tanto bisogno di buoni falegnami!»
«Lei non capisce.»
(Riprende lo scienziato)
«Il fatto è che non ci sono motivi per spiegare il perché in tutto il mondo, ma dirò di più, in tutto l’universo il ferro ha certe sue caratteristiche – mica si scioglie così! – e invece qui da lei no. Come è possibile, dico, come, che le leggi dell’universo abbiano valore dappertutto ma non nel suo caso?»
(Il forestiero)
«Una eccezione ci può sempre essere.»
(Il fabbro)
«Già ma perché proprio io?»
(Duetto tra lo scienziato e il forestiero)
«Quello che mi inquieta è che se non ci possiamo più fidare neppure della certezza delle leggi fisiche, tutto potrebbe accadere.»
«Già, già, è così.»
«Potrebbe succedere che un bel mattino il sole non sorga più o che la luna si divida a metà.»
«Ciò mi pare esagerato.»
«O che due più due non faccia più quattro.»
«La stessa morte potrebbe essere messa in discussione?»
«In teoria sì.»
(Il fabbro si inserisce)
«Capisco la vostra discussione, ma…»
«Questa non è accademia, perbacco!»
«Ma quel che conta ora è la mia condizione: io sono quasi un disoccupato, a causa di questa disgrazia…»
«Una disgrazia… scientifica.»
«Ma sempre una disgrazia.»
«Caro amico, lei è un frammento nell’universo, una goccia nel mare, cosa vuole che conti il suo caso di fronte ad un problema così rilevante per tutta l’umanità.»
(Il forestiero interviene cortesemente)
«Mi scusi, ma è poi sicuro che il ferro che lei lavora sia proprio ferro, cioè voglio dire, non è che lei pensa di lavorare ferro e invece ha in magazzino una qualche altra sostanza…»
(Lo scienziato è interdetto)
«Ma…»
(Il fabbro è imbarazzato)
«Beh…»
(Lo scienziato incalza, il forestiero risponde)
«Le pare possibile una cosa del genere? Ha mai sentito di una cosa del genere?»
«Che un cancello di ferro si pieghi come se fosse fatto di plastilina?»
«No, intendo che un fabbro lavori come ferro qualcosa che ferro non è.»
«Non è meno assurda delle possibilità che abbiamo considerato prima… la luna, il sole, la morte…»
(Il fabbro)
«Sa che questa è una ipotesi a cui non avevo pensato?»
(Lo scienziato)
«Non mi avrà fatto perdere tutto questo tempo per niente!»
(Il fabbro)
«In effetti, ora che ci penso, la scorsa settimana ho acquistato una partita di metallo da un nuovo fornitore e la sua faccia non mi ispirava proprio niente di buono.»
(Il forestiero)
«Ecco lì, sempre la stessa storia, le hanno fatto un bidone.»
«Che?»
«L’hanno fregata.»
«Ora ho capito! Potevo pensarci prima!»
(Il forestiero saluta)
«Arrivederci, e stia più attento la prossima volta.»
(Lo scienziato è furente e se la prende con il fabbro)
«Lei è un disgraziato, io sono venuto apposta dalla Scandinavia per studiare il suo caso e non tollero di essere preso in giro…»
(Il fabbro alza le spalle)
«Mica l’ho chiamata io, è lei che mi ha fatto andare fuori strada con le sue teorie.»
Lo scienziato non la manda giù, in preda all’ira afferra dal tavolo del fabbro una lama di ferro e la affonda nel petto del fabbro.
Ora i lettori sono chiamati a rispondere a questa domanda: in base alle informazioni ricevute e a tutto quanto prima si è detto circa le cause e gli effetti e circa i destini del mondo, il fabbro muore o no?
In effetti no, perché la lama è stata costruita più di sei ore prima e quindi non penetra affatto nella carne del fabbro, ma si disfa nelle mani dello scienziato, che se ne va con le pive nel sacco.
E tutti applaudono.

Voci

“Il capitano è lieto di informarvi che abbiamo iniziato la nostra discesa verso Los Angeles, dove prevediamo di atterrare tra venti minuti circa.”
“Prego introdurre il biglietto.”
“Arrivederci e grazie.”
“Attenzione il numero da lei selezionato è inesistente.”
“Servizio dodici, risponde l’operatore Genova est cinquantaquattro.”
“Prego depositare gli oggetti metallici fuori della cabina.”
“Gli...

Indice dei contenuti

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