L’assalto dei media, la nota di Napolitano e le intrusioni esterne
Quella del 2013 è un’estate di fuoco nelle redazioni della stampa italiana. Un’estate di “sovreccitazione” mediatica che comincia la sera del 1° agosto con la conferma, da parte della Cassazione, della condanna definitiva per frode fiscale nei confronti di Silvio Berlusconi. Da allora, non si parlerà quasi più d’altro. La Giunta delle Elezioni e delle Immunità parlamentari del Senato, già al centro delle polemiche per la questione dell’ineleggibilità del Cavaliere, sale con prepotenza alla ribalta della scena politica, perché dovrà pronunciarsi sulla decadenza di Berlusconi, così come stabilisce la legge Severino.
Berlusconi, infatti, non deve fare i conti solo con la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici, che il 19 ottobre verrà calcolata in 2 anni, ma anche con l’incandidabilità e la decadenza introdotte per i parlamentari italiani dal governo Monti, con il placet di quasi tutte le forze politiche, per avere “liste pulite” di candidati e un Parlamento senza condannati.
Ad infiammare il dibattito politico si aggiungono anche fattori “esterni” al lavoro della Giunta che contribuiscono non poco alla spettacolarizzazione dell’intera vicenda e alla polarizzazione delle posizioni in campo.
L’intervista del giudice Esposito a “Il Mattino” (Allegato 11)
La prima “intrusione” che crea scompiglio e fa gridare allo scandalo quasi tutti i partiti è l’intervista che il giudice Antonio Esposito, presidente del collegio della Cassazione che ha confermato la condanna definitiva a Berlusconi, rilascia il 6 agosto a “Il Mattino” di Napoli.
Berlusconi è stato condannato “perché sapeva” e “non perché non poteva sapere”, afferma il giudice a proposito del processo Mediaset1, e chiarisce così il suo ragionamento: “Tu venivi portato a conoscenza di quello che succedeva, non potevi non sapere, perché Tizio, Caio e Sempronio hanno detto che te lo hanno riferito”.
Le parole che gli attribuisce il quotidiano scatenano un putiferio e fanno gridare molti Pidiellini alla “persecuzione giudiziaria” nei confronti del leader del partito. I legali di Berlusconi lo bollano come fatto “grave e inaudito” e il centrodestra insorge aprendo un nuovo capitolo nel conflitto tra politica e magistratura.
Anche l’Associazione Nazionale Magistrati e la Cassazione intervengono e sottolineano come le parole di Esposito non inficino il verdetto. Ma definiscono l’intervista “inopportuna” soprattutto perché fatta dal giudice sul quale il 1° agosto erano puntate le telecamere di tutto il mondo. Esposito si difende e accusa “Il Mattino” di aver totalmente “inventato” il passaggio incriminato dell’intervista. Ma il quotidiano, con il direttore Alessandro Barbano, ribatte: “Non vi è stata alcuna aggiunta o interpretazione”; e a dimostrazione della veridicità delle sue parole trasmette a giornali e agenzie la registrazione integrale dell’intervista nella quale si ascolta la frase così com’è stata trascritta.
Nel frattempo, il Consiglio Superiore della Magistratura, accogliendo la richiesta del Pdl, apre un fascicolo su Esposito che viene assegnato alla Prima Commissione, quella competente sui trasferimenti d’ufficio per incompatibilità ambientale dei magistrati. E anche se a metà ottobre è pronta ad archiviare, il caso tiene banco per giorni sui network di mezzo mondo.
Quella di Esposito è la prima grande polemica che scoppia all’indomani della condanna di Berlusconi. Ma non è l’ultima. Altre ne seguiranno, e avranno riflessi sul lavoro della Giunta e domineranno le prime pagine dei giornali.
La nota del Quirinale (Allegato 12)
È il 13 agosto quando arriva nelle redazioni di tutta Italia una nota del Quirinale in cui si invita al rispetto delle sentenze e si esclude ogni ipotesi di crisi di governo.
“Non mi nascondo – si legge nel comunicato del Capo dello Stato – i rischi che possono nascere dalle tensioni politiche insorte a seguito della sentenza definitiva di condanna pronunciata dalla Corte di Cassazione nei confronti di Silvio Berlusconi”. “Mi riferisco, in particolare – aggiunge –, alla tendenza ad agitare, in contrapposizione a quella sentenza, ipotesi arbitrarie e impraticabili di scioglimento delle Camere”. Ma le sentenze definitive, sottolinea, non possono essere messe in discussione. E una crisi di governo ora sarebbe deleteria per le sorti del Paese.
Napolitano, si spiega ancora nella nota, interviene perché chiamato in causa “in modo pressante e animoso” da varie forze politiche. In molti nel Pdl, infatti, lo tirano da giorni per la solita giacchetta chiedendo a più riprese la grazia per l’ex premier. Ma lo fanno in modo generico, senza che nulla di ufficiale arrivi mai sulla scrivania del Capo dello Stato. Pertanto, è il senso dell’intervento, basta con le polemiche.
Il messaggio del Quirinale e i commenti che ne seguono scatenano una tempesta di reazioni. Se dal Pd arriva un plauso convinto, dal Pdl si alzano voci discordanti. Qualcuno rimarca l’equilibrio dimostrato ancora una volta dal Capo dello Stato. Altri, come il M5S, lo attaccano chiedendo ancora una volta le sue dimissioni (“Faccia un passo indietro”).
Il megafono dei media, con il passare dei giorni, diventa sempre più assordante e determinante.
Ogni giorno dedicano uno spazio alla Giunta e alla decadenza di Berlusconi e, in molti di loro, si radica l’idea che il 9 settembre si possa trasformare in una sorta di piccolo “giorno del giudizio”. E in questo senso va anche il titolo della puntata di “Porta a Porta” che è appunto Arriva il giorno del giudizio. Sembra quasi che parlino della vicenda come se si trattasse di un gioco alla Playstation dove basta schiacciare un tasto per ottenere un risultato. Ma non è così semplice.
I giornali non mollano e a mantenere viva la polemica politica interviene spesso un fattore esterno. Come ad esempio l’incontro tra il presidente del Consiglio Letta e il vicepremier Alfano del 21 agosto dedicato all’agibilità politica di Berlusconi. Un colloquio di oltre tre ore che registra posizioni distanti e soprattutto l’insistenza di Letta su un punto: niente ricatti al governo sul voto del Senato.
Il vertice ad Arcore e i timori del Colle
Sabato 24 agosto si tiene a sorpresa un vertice del Pdl a Villa San Martino ad Arcore, che dura quasi cinque ore e termina verso le 18. I “falchi” stanno cercando di convincere Berlusconi a far cadere il governo nel caso in cui si arrivi ad un voto sulla decadenza. Ma il leader del partito, per il momento, non scioglie la riserva.
Poi succede un fatto strano. Verso le 22 mi chiama il dottor Ciaurro per informarmi che funzionari del governo l’hanno cercato per dei chiarimenti procedurali. Se ci fosse la crisi, gli hanno chiesto, anche la Giunta, come tutti gli altri organi parlamentari, dovrà interrompere i propri lavori? La risposta che gli dà Ciaurro è lapidaria: “La Giunta deve continuare la propria attività. La sua funzione, che riguarda gli interna corporis, non necessita dell’interlocuzione con un esecutivo nella pienezza delle sue funzioni”. L’altro quesito che gli viene posto riguarda l’ipotesi di scioglimento delle Camere: la procedura sulla decadenza presso la Giunta e l’Assemblea potrebbe continuare? Sicuramente sì, conferma ancora una volta Ciaurro, e svariati sono i precedenti che rafforzano la tesi. Terza domanda: ma se l’Assemblea del Senato non facesse in tempo a pronunciarsi sulla decadenza causa scioglimento, Berlusconi potrebbe candidarsi di nuovo? Certamente no, si ribatte, in quanto l’incandidabilità deriva direttamente dal decreto legislativo n. 235 del 2012, cioè la legge Severino, e viene accertata dagli uffici elettorali.
Le domande che vengono fatte al direttore del Servizio delle prerogative e immunità del Senato mi preoccupano. E mi viene un dubbio: non vorrei che al vertice di Arcore i collaboratori più vicini all’ex premier avessero fatto credere a Berlusconi tre cose inesatte sulle conseguenze della crisi di governo e dello scioglimento delle Camere. Forse, prima di paventare scenari al Cavaliere, avrebbero fatto meglio a telefonare agli uffici della Giunta per avere più certezze su tutti i fronti. Ma le mie, al momento, sono solo supposizioni.
L’intervento a “gamba tesa” di Violante (Allegati 13-14)
In questo scenario, a dir poco complesso, uno degli interventi che più ha ripercussioni sul lavoro della Giunta è l’intervista rilasciata il 26 agosto dall’ex presidente della Camera e responsabile per le Riforme del Pd Luciano Violante. A “Il Corriere della Sera”, Violante apre di fatto le porte a ciò che il Pdl da giorni chiedeva a mezzo stampa: che la Giunta, prima di decidere, dovesse sollevare davanti alla Consulta la questione della costituzionalità della Severino per quanto riguarda l’irretroattività. La tesi dell’entourage legale e politico del Cavaliere è infatti questa: il decreto Severino va applicato ai reati avvenuti dopo la sua entrata in vigore.
Quello che conta – è la tesi del Pdl, avallata da alcuni costituzionalisti che intervengono a ogni piè sospinto sui media – non deve essere la data in cui scatta la condanna definitiva del reato, ma il periodo in cui il reato è stato effettivamente commesso. Perché, se così non fosse, la legge avrebbe un’applicazione retroattiva contraria al dettato della Costituzione.
E Violante, nella sua intervista, sembra legittimare tale dubbio.
“Noi siamo una forza legalitaria. La legalità comprende il diritto di difesa e impone di ascoltare le ragioni dell’accusato”, è la premessa del responsabile Riforme del Pd, che, con quello che si rivelerà essere un vero e proprio intervento a gamba tesa sull’intero quadro dei lavori della Giunta, sottolinea: “Il senatore Berlusconi deve spiegare alla Giunta perché a suo avviso la legge Severino non si applica. E i membri della Giunta hanno il dovere di ascoltare e valutare la sua difesa”.
Cosa che, peraltro, noi abbiamo fatto. Pertanto, non capisco il motivo delle sue osservazioni.
“La Corte Costituzionale – prosegue l’ex presidente della Camera – ha ritenuto che il procedimento davanti alla Giunta fosse di carattere giurisdizionale. Quindi la Giunta, se ritenesse che ci fossero i presupposti, potrebbe sollevare l’eccezione davanti alla Corte. Ma questa non sarebbe dilazione; sarebbe applicazione della Costituzione”.
La riflessione di Violante, quindi, (è un caso?), va stranamente a toccare anche un altro punto chiave di quella che poi sarà la difesa del Cavaliere. “La Corte di Lussemburgo potrebbe essere interpellata perché dica se in base alla normativa europea, applicabile anche in Italia, la legge Severino dà luogo a pena, non retroattiva, o a un semplice effetto sulla condanna”. Prende vita così il noto “lodo Violante”, al quale il Pdl farà costantemente riferimento nei giorni successivi per dare manforte alla tesi dell’incostituzionalità della legge Severino. Con un obiettivo: prendere tempo ed impedire che in Giunta si arrivi con rapidità a un voto sulla relazione Augello.
Il malcontento della base del Pd – che finora aveva sempre chiuso su qualsiasi ipotesi di ricorso alla Consulta – alle parole dell’esponente democratico è invece palpabilissimo2.
Il 1° settembre, a Torino, gli esponenti piemontesi del Pd organizzano un incontro tra Violante e parlamentari, consiglieri politici locali, semplici militanti. Più che un incontro, quello che ha luogo sotto la Mole appare una sorta di “processo” all’ex presidente della Camera...