Aspenia n. 96
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Aspenia n. 96

Monete e potere

  1. 308 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Aspenia n. 96

Monete e potere

Informazioni su questo libro

Il sistema finanziario internazionale è ancora largamente dominato dal dollaro che è il protagonista dell'80% degli attuali scambi internazionali, a cominciare dai contratti petroliferi. Qualcosa però sta cambiando: emerge, infatti, un "multipolarismo" delle monete, che include il fenomeno delle criptovalute. Ne parlano tra gli altri sul numero 96 "Monete e potere" di Aspenia rivista diretta da Marta Dassù – Giulio Tremonti, Stefano Cingolani, Carlo Scognamiglio, Erik Jones, Giorgio La Malfa, Giovanni Farese, Paola Subacchi, Ignazio Angeloni, Daniel Gros, Giacomo Luciani, Soli Özel, Giulio Sapelli e Carlo Jean. Tra le ipotesi future spicca quella di un possibile approdo a un sistema monetario meno omogeneo o addirittura frammentato in aree potenzialmente distinte, più o meno competitive e rivali: un processo che potrebbe essere accelerato dall'isolamento finanziario della Russia - con il crollo del rublo e le sanzioni occidentali - e dal rapporto fra Pechino e Mosca, con nuovi contratti energetici non in dollari. Sul versante opposto, il rapporto fra euro e dollaro serve da termometro per monitorare quanto l'Occidente, dopo avere ritrovato la Nato, sarà anche capace di gestire la difficile ripresa post-Covid e la delicatissima transizione energetico-industriale. Le criptovalute, nate dal sogno di democratizzare la finanza attraverso un nuovo strumento monetario, sono diventate un fenomeno speculativo, non solo per l'estrema volatilità delle quotazioni, che le rendono inadatte all'utente al dettaglio, ma anche nel limite al numero di partecipanti inerente a qualsiasi meccanismo che si basa su libri contabili decentrati. Questo non implica però la loro fine. Il bitcoin e le altre monete digitali resteranno una parte dell'evoluzione del sistema finanziario e già hanno innescato un cambiamento epocale che influisce sulle scelte delle banche centrali.

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Informazioni

Anno
2022
eBook ISBN
9791254830178
Argomento
Economia

MONEY WATCH

IL POTERE DEI SOLDI
Molti Stati oggi si avvalgono di strumenti economici per aumentare il proprio potere geopolitico. Se l’Unione Europea intende diventare un attore di rilievo in questa nuova era, dovrà calibrare attentamente la sua risposta alle minacce di coercizione economica.
Il principale campo di battaglia su cui oggi le grandi potenze competono non è militare ma economico. È un campo nel quale, per ragioni geopolitiche, pongono condizioni per accedere al proprio mercato e usano strumenti come tariffe, quote e penalità volte a stabilire un level playing field, combinati con strumenti come controlli delle esportazioni, sanzioni e regolamenti sui dati. La Cina, la Russia, la Turchia e persino gli Stati Uniti – stretti alleati dell’Europa – hanno punito altri paesi per le loro scelte politiche o hanno cercato di impedire che facessero determinate scelte, esercitando pressioni sulle aziende per indurle a cambiare comportamento e assicurandosi l’accesso a informazioni sempre più sensibili attraverso l’applicazione – o la minaccia di applicazione – di tariffe o altri tipi di restrizioni al commercio, di “boicottaggi popolari”, sanzioni finanziarie, controlli sulle esportazioni e trasferimenti forzati di dati sensibili. La Cina è diventata un rivale sistemico degli Stati europei, degli Stati Uniti e di altri paesi liberaldemocratici in tutto il mondo.
Tuttavia, il cambiamento nella politica internazionale è più profondo dei tentativi di coercizione di un singolo attore. Un gran numero di paesi combina sempre più l’azione dello Stato con la geopolitica e l’economia; usano strumenti economici per accrescere il potere geopolitico e la geopolitica per aumentare il guadagno economico. Il loro peso economico sta crescendo in rapporto a quello dei paesi del G7, che nel 2050 probabilmente non rappresenteranno più del 20% del PIL mondiale. Nel 1991 le economie dei sette paesi emergenti (E7) – Brasile, Cina, India, Indonesia, Messico, Russia e Turchia – equivalevano al 37% di quelle del G7 (a parità di potere d’acquisto) ma oggi hanno una dimensione paragonabile ed entro il 2040 potrebbero arrivare a rappresentare il 50% della produzione mondiale. Gli E7 sono diversi fra loro sotto molti aspetti; non tutti usano strumenti di coercizione ma la loro rapida crescita economica – in particolare quella della Cina – è indicativa dell’ascesa di un nuovo modello di politica economica.
Molti Stati oggi mettono l’economia al centro di una grande strategia che combina tutti gli strumenti utili per ampliare la propria sfera d’influenza. Gli accordi commerciali non creano solo efficienze economiche, legano i paesi uno all’altro attraverso le catene del valore, consentendo una diversificazione in grado di allontanarli dai mercati degli Stati con cui hanno relazioni geopolitiche difficili. Le filiere trasparenti permettono agli Stati di identificare i punti di pressione da usare contro i loro rivali ma danno anche agli altri lo stesso vantaggio. Le minacce economiche di un governo possono alterare il comportamento di un altro attore. Persino le politiche delle banche centrali hanno conseguenze geopolitiche importanti e gli attori di maggior successo combinano questi strumenti con misure come la cooperazione allo sviluppo, le scuole di lingua, i dispiegamenti militari o le campagne di disinformazione, tutte orientate a ottenere una leva strategica sugli altri e a garantire la propria posizione nel mondo.
Figura 1 • La quota di PIL globale dell’Europa è prevista in calo
Figura 1 • La quota di PIL globale dell’Europa è prevista in calo
Metodologia: La figura mostra una classifica dei paesi basata sulle previsioni di prodotto interno lordo dell’OCSE, comprese le proiezioni di base a lungo termine (fino al 2060), in termini reali. La previsione dell’OCSE si basa su una valutazione del clima economico dei singoli paesi e dell’economia mondiale e usa una combinazione di analisi basate su modelli e di valutazioni degli esperti. Questo indicatore è misurato in dollari americani a prezzi costanti e a parità di potere d’acquisto nel 2010.
Fonte: Economic Outlook: Real GDP long-term forecast, OCSE, 2021.
I partner più importanti dell’UE – gli Stati Uniti, il Regno Unito e altri – hanno iniziato a reagire a questi sviluppi potenziando la propria cassetta degli attrezzi geoeconomica al fine di rafforzare le proprie difese per contrastare pratiche sleali contro le quali sono impotenti. Il loro adattamento – assieme all’uso irresponsabile e pericoloso che ha fatto della coercizione economica l’ex presidente degli Stati Uniti, Donald Trump – ha contribuito alla nascita di un’era molto più geoeconomica. Il cambiamento è strutturale e l’Unione Europea deve affrontarlo con i suoi strumenti.
Ci sono tre criteri fondamentali per misurare il potere e la vulnerabilità su questo terreno: capacità offensive, capacità difensive e forza economica.
CAPACITÀ OFFENSIVE. Comprendono accordi commerciali, aziende pubbliche, tariffe punitive, boicottaggi, controlli delle esportazioni, sanzioni personali e finanziarie e molte altre misure. I governi possono usare questi strumenti per perseguire attivamente politiche che aumentino la loro portata economica e geopolitica. Gli strumenti “positivi” di questo tipo vanno dagli accordi commerciali agli investimenti e alle partnership di connettività. Durante gli anni della presidenza Trump, quando il suo partner più stretto ha messo a rischio l’apertura del commercio internazionale, l’Unione Europea, per proteggersi dal deterioramento delle relazioni commerciali transatlantiche, ha stretto diversi accordi e aumentato il proprio potere commerciale. Ha anche allargato le sue reti commerciali e di standard comuni attraverso partnership più strette con il Giappone, il Mercosur e altri interlocutori. La Cina e altri quattordici paesi asiatici si sono mossi per ridurre l’influenza degli Stati Uniti creando la Regional Comprehensive Economic Partnership che, contrariamente alla Trans-Pacific Partnership, non comprende l’America. Anche le aziende pubbliche cinesi sono uno strumento offensivo positivo che ha conseguenze negative e a volte persino pericolose per gli europei. La Cina si serve sempre di più delle aziende pubbliche nel suo tentativo strategico di dominare i mercati e di marginalizzare le industrie e le capacità dei suoi concorrenti occidentali. Le aziende pubbliche cinesi, pesantemente sovvenzionate dallo Stato, vendono prodotti – o fanno in modo che le aziende da loro acquisite vendano prodotti – sottocosto, sacrificando il successo economico a breve termine per ottenere un’influenza a lungo termine.
Figura 2 • La Cina in testa alla Fortune Global 500
La crescita cinese è guidata dalle aziende pubbliche
Figura 2 • La Cina in testa alla Fortune Global 500
Fonti: Fortune Global 500 (2020); The Changing Headquarters Landscape for Fortune Global 500 Companies, Bloomberg, 2020.
Gli strumenti offensivi “negativi” utilizzati dagli Stati, invece, sono progettati per esercitare pressione su altri paesi e punirli per la loro condotta. Nel 2018 l’amministrazione americana ha imposto una tariffa del 25% sulle importazioni di acciaio e del 10% su quelle di alluminio, classificando le esportazioni di acciaio e alluminio dell’UE e di altri paesi come minacce alla sicurezza nazionale degli Stati Uniti (la classificazione è rimasta in vigore nonostante il compromesso raggiunto da America ed Europa a fine ottobre 2021). Dal 2018 l’amministrazione ha anche vietato agli europei di commerciare con l’Iran.
Nel 2020 la Cina ha limitato del 10% le esportazioni australiane come ritorsione a seguito della richiesta da parte dell’Australia di indagini indipendenti sull’origine del Covid-19. Alla fine del 2019 Pechino ha minacciato di imporre dazi sulle importazioni di automobili tedesche per fare pressione su Berlino affinché accettasse l’offerta di Huawei per la costruzione dell’infrastruttura 5G della Germania – una decisione fondamentale per le infrastrutture critiche future e la sicurezza del paese. Alla fine del 2020 il presidente Recep Tayyip Erdogan ha invitato i turchi a boicottare i prodotti francesi dopo l’annuncio da parte del suo omologo francese, Emmanuel Macron, di nuove misure per combattere l’estremismo.
Mosca nel 2014 ha vietato l’importazione di una vasta gamma di prodotti agricoli dell’UE...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Copyright
  3. Aspenia
  4. Editoriale: Con un’intervista a Giulio Tremonti
  5. MONEY WATCH: Il potere dei soldi
  6. Idea Valute multipolari
  7. Stefano Cingolani: La moneta tra guerra e inflazione
  8. Carlo Scognamiglio Pasini: Il futuro del dollaro nel sistema monetario internazionale
  9. Erik Jones: Una valuta globale senza potenza monetaria
  10. Giorgio La Malfa e Giovanni Farese: Una seconda vita per l’euro?
  11. Danilo Taino: Germania: flessibile ma non troppo
  12. Paola Subacchi: Tutti i rischi del Beijing Consensus
  13. Maurizio Sgroi: La metamorfosi del denaro
  14. Edoardo Saravalle: Lo strapotere del dollaro
  15. Alessandro Fugnoli: L’inflazione: peste o costo accettabile della crescita?
  16. Carlo Jean: Le monete, fra Mercurio e Marte
  17. Scenario La geopolitica monetaria
  18. Ignazio Angeloni e Daniel Gros: Dal denarius allo smartphone: moneta digitale e potere
  19. Antonella Scott: Il rublo e la de-dollarizzazione della Russia
  20. Giacomo Luciani: Il dollaro e le petromonarchie
  21. Matteo Codazzi: La spinta sui prezzi nella transizione ecologica
  22. Soli Özel: La crisi turca: un suicidio monetario
  23. Paolo Manzo: Il regno del dollaro nell’America Latina
  24. Giulio Sapelli: Il mal d’Africa monetario
  25. Angelo Richiello: La ricca fragilità del Kazakistan
  26. Giampaolo Conte: Dal gold standard alle criptovalute: storie di moneta e potere
  27. Forum Criptovalute: realtà e delusioni
  28. CRYPTO WATCH: DLT: la tecnologia alle origini della blockchain
  29. Luca De Biase: Il metaverso del potere
  30. Mirko De Maldè: Viaggio al centro del metaverso
  31. Cosimo Accoto: Blockchain: innovazione istituzionale
  32. William Herkelrath: La blockchain e la finanza decentralizzata
  33. Antonio Simeone: Il bitcoin è morto. Viva il bitcoin
  34. Lorenzo Vallecchi: Perché le criptovalute valgono la candela energetica
  35. Andrea Goldstein: L’India di Modi, il Brasile di Bolsonaro
  36. Arturo Varvelli: The Age of Unpeace di Mark Leonard