
- 224 pagine
- Italian
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Informazioni su questo libro
«La lingua è dentro di te.» L'italiano è la grande lingua di cultura consegnataci dalla storia per nostro uso e consumo. È anche lo strumento cognitivo di cui si è dotato il nostro cervello, dalla nascita in poi, se ci siamo formati qui. Non si può più parlare di lingua ignorando come la natura, che ci ha portato a essere Homo sapiens, ha predisposto aree e funzioni del cervello che elaborano la grammatica. Sì, la grammatica che si forma silenziosamente in noi entro i primi anni di vita nella sfera della lingua orale e che poi bisogna scoprire a scuola: per insegnare agli occhi quello che l'orecchio già sa! Cioè, per imparare a leggere e scrivere, e non solo a livelli di base.
«Leggere e interpretare testi di vario tipo; capire che cos'è, precisamente, una "frase" e cioè incontrare faccia a faccia la grammatica; regolarsi nella varietà di "stili" dell'italiano; fronteggiare l'azione dei media, che in vari modi spesso ci alienano dalla nostra lingua; liberarsi da alcune preoccupazioni eccessive nell'uso normalmente comunicativo di essa; distinguere tra errore e divergenza stilistica.» Tutti usiamo la lingua, ma pochi lo fanno con consapevolezza. Perdendo la possibilità di sfruttare altre parti del suo immenso potenziale. Francesco Sabatini, presidente onorario dell'Accademia della Crusca, conosciuto dal pubblico televisivo per la sua grande capacità divulgativa, ci insegna a farlo in questa appassionante e innovativa Lezione di italiano. Svolta in dieci Dialoghi e dieci Inviti rivolti al lettore, condotti coniugando precisione e leggerezza, scientificità e praticità di tipo didattico. Il nocciolo della seconda parte dell'opera affronta i due temi cardine: l'indispensabile conoscenza riflessa del meccanismo della lingua (disegnato secondo il modello "valenziale", che rivela la sua straordinaria semplicità esplicativa), il trattamento che di questo meccanismo si fa producendo i testi, da quelli giuridici a quelli scientifici, saggistici, giornalistici, narrativi e poetici. E ancora: i temi della "prolissità italica", dell'eccessiva cedevolezza all'anglolatinismo banale, dell'inefficace studio tradizionale del latino, del rispetto, ma non riproponibilità funzionale, dei dialetti, dell'ipersensibilità nei confronti di una lingua più comunicativa (le dispute sul congiuntivo!).
Il tutto sullo sfondo della vita del nostro Paese, colta in un'efficace raffigurazione socioculturale finale, dove ognuno dei lettori può ritrovarsi, collocarsi e guardarsi allo specchio, "tirando fuori" la sua lingua.
Domande frequenti
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Informazioni
INVITI AI PIACERI DELLA LETTURA E DELLA GRAMMATICA
La pagina scritta
Il supporto materiale
Il “testo”: quasi un campo da gioco. O un affresco
Incontro con quattro autori e prove di lettura
Niccolò Machiavelli tra l’osteria e lo scrittoio (1513)
Io mi sto in villa […]. Ho insino a qui uccellato a’ tordi di mia mano; levàvomi innanzi dì, impaniavo, andàvone oltre con un fascio di gabbie addosso […]; pigliavo el meno dua, el più sei tordi. E cosí stetti tutto settembre; dipoi questo badalucco, ancoraché dispettoso e strano, è mancato con mio dispiacere; e quale la vita mia vi dirò.Io mi lievo la mattina con el sole e vommene in un mio boscho che io fo tagliare, dove sto dua hore a riveder l’opere del giorno passato, e a passar tempo con quegli tagliatori […].Partitomi del bosco, io me ne vo ad una fonte, e di quivi in un mio uccellare; ho un libro sotto, o Dante o Petrarca, o uno di questi poeti minori, come Tibullo, Ovidio e simili: leggo quelle loro amorose passioni e quelli loro amori; ricordomi de’ mia, godomi un pezzo in questo pensiero. Transferiscomi poi in sulla strada nell’hosteria; parlo con quelli che passono, domando delle nuove de’ paesi loro, intendo varie cose, e noto vari gusti e diverse fantasie d’huomini. Viene in questo mentre l’hora del desinare, dove con la mia brigata mi mangio di quelli cibi che questa povera villa, e paululo patrimonio comporta. Mangiato che ho, ritorno nell’hosteria: quivi è l’hoste, per l’ordinario, un beccaio, un mugnaio, due fornaciai. Con questi io m’ingaglioffo per tutto dì giuocando a cricca, a trich-trach, e poi dove nascono mille contese e infiniti dispetti di parole iniuriose, e il più delle volte si combatte un quattrino e siamo sentiti non di manco gridare da San Casciano. Cosí rinvolto in tra questi pidocchi traggo il cervello di muffa, e sfogo questa malignità di questa mia sorta, sendo contento mi calpesti per questa via, per vedere se la se ne vergognassi.Venuta la sera, mi ritorno in casa, ed entro nel mio scrittoio; ed in sull’uscio mi spoglio quella vesta cotidiana, piena di fango e di loto, e mi metto panni reali e curiali; e rivestito condecentemente entro nelle antique corti degli antiqui huomini, dove, da loro ricevuto amorevolmente, mi pasco di quel cibo che solum è mio, e ch’io nacqui per lui; dove io non mi vergogno parlare con loro, e domandoli della ragione delle loro actioni; e quelli per loro humanità mi rispondono; e non sento per quattro hore di tempo alcuna noia, sdimentico ogni affanno, non temo la povertà, non mi sbigottisce la morte: tutto mi transferisco in loro. E perché Dante dice che non fa scienza senza ritener lo havere inteso – io ho notato quello di che per la loro conversazione ho fatto capitale, e composto uno opuscolo De principatibus, dove io mi profondo quanto io posso nelle cogitazioni di questo subietto, disputando che cosa è principato, di quale spezie sono, come e’ si acquistono, come e’ si mantengono, perché e’ si perdono […].
Eugenio Montale, “L’an...
Indice dei contenuti
- Copertina
- Frontespizio
- Lezione di italiano
- Parte prima. Dialoghi con il lettore
- Parte seconda. Invito ai piaceri della lettura e della grammatica
- Appendice
- Indicazioni bibliografiche
- Ringraziamenti
- Copyright