I cristiani, persecutori o perseguitati?
L’Occidente ha avuto scarsa coscienza del martirio dei cristiani nel mondo contemporaneo. E tale coscienza ancora oggi fatica ad affermarsi. In realtà la cultura occidentale ha piuttosto nutrito un senso di colpa per le responsabilità dei cristiani e le violenze da essi perpetrate nella loro lunga storia, sia nel Vecchio Continente sia in altre regioni del mondo. Si pensi, per esempio, alle tristi vicende della conquista dell’America o del colonialismo. I cristiani, o gli occidentali in genere, si sono considerati più persecutori che perseguitati. Questa coscienza ha occultato una realtà importante che attraversa il nostro secolo e il Novecento: la persecuzione dei cristiani. Evocarla non significa cancellare la memoria delle violenze commesse dai cristiani o in nome del cristianesimo. Ma quella è tutt’altra storia. È una storia che riguarda perlopiù il passato dell’Europa.
Oggi i cristiani subiscono, in tante e diverse parti del mondo, una vera persecuzione, con cui bisogna misurarsi obiettivamente. Soffrono discriminazioni e persecuzioni soprattutto fuori dall’Occidente, in quelle regioni che un tempo si sarebbero chiamate «Terzo Mondo». Il cristianesimo contemporaneo non è una realtà essenzialmente occidentale con qualche prolungamento nel Sud del mondo; è diventato casomai – e non da oggi – sempre più una religione con il baricentro spostato verso il Sud. La persecuzione è il frutto del carattere «meridionale» del cristianesimo, che vive in paesi insicuri, dove le comunità cristiane sono talvolta in condizioni di minoranza a fronte di maggioranze d’altra tradizione religiosa. Lo studioso britannico Philip Jenkins ha giustamente scritto: «Il XX secolo è stato chiaramente l’ultimo in cui i bianchi hanno dominato la Chiesa cattolica: l’Europa semplicemente non è la Chiesa. L’America Latina forse sì».1 Nel 2025, i cattolici – per limitarsi alla più grande Chiesa cristiana – saranno al 60% africani e latino-americani. Occultare e sottovalutare la persecuzione dei cristiani oggi è un’operazione che al massimo corrisponde al senso di colpa del cristianesimo occidentale, ma che non fa stato in maniera obiettiva della realtà del cristianesimo contemporaneo, specie nel Sud del pianeta.
La persecuzione è una delle caratteristiche di questo «nuovo» cristianesimo. Non è l’unica. Del resto la collocazione «meridionale» delle comunità cristiane non spiega da sola perché i fedeli del Vangelo siano oggi la religione più perseguitata rispetto alle altre realtà confessionali. In anni recenti, specie dopo l’11 settembre 2001, si è parlato della persecuzione dei cristiani come del frutto del clash di religione e civiltà tra cristianesimo/Occidente e mondo musulmano. Sono le tesi sullo scontro di civiltà che Samuel Huntington ha ripreso da una tradizione culturale occidentale e riproposto come chiave di lettura della storia contemporanea.2 In questo quadro, il conflitto tra mondo cristiano e musulmano occupa un posto centrale, apparendo un’inevitabile deriva della storia di una globalizzazione in preda a dinamiche conflittuali. Questo spiegherebbe la persecuzione dei cristiani nei paesi musulmani. Ghassan Tuéni, giornalista libanese, autorevole testimone delle vicende mediorientali, ricordava però che le prime vittime della violenza musulmana di matrice radicale non sono i cristiani, ma gli stessi musulmani, considerati un ostacolo alla realizzazione dello Stato islamico.3 Spesso le vittime islamiche del fondamentalismo sono poco presenti all’attenzione occidentale, ma sono una realtà drammaticamente folta. La discriminazione e la sofferenza dei cristiani non sono la conseguenza naturale di uno scontro di civiltà e di religione, ma qualcosa di ben più complesso.
Infatti la persecuzione dei cristiani non si presta a facili semplificazioni e a usi ideologici. Tante volte si parla di persecuzione anche a proposito dell’espressione di anticlericalismo o di anticristianesimo nelle società occidentali di antica storia cristiana. In realtà si tratta di una storia differente da quella dei cristiani colpiti dalla persecuzione in tante parti del mondo. Uno storico autorevole e di grande equilibrio come René Rémond, in un importante libro pubblicato nel 2000, Le Christianisme en accusation, scriveva a proposito della Chiesa e delle sue difficoltà nel mondo moderno in Francia e in Occidente:
La società si evolve, e [la Chiesa] dà un’immagine d’immobilismo, di fissità intangibile. La si sospetta di voler ostacolare ogni cambiamento … In due parole, la Chiesa resterà sempre un’eterna, una irriducibile antimoderna. Perché per i nostri contemporanei, per l’opinione e i media che la riflettono, la liberazione dei costumi costituisce il principale criterio di modernità.
Così, in alcune situazioni – conclude Rémond – il cristianesimo diviene quasi un «capro espiatorio»: «ma allo stesso tempo, in qualche anno, è divenuto minoritario, indebolito. E l’opinione pubblica gli farebbe pagare il fatto di essere stato dominante in passato».4 Si tratta di vicende dai caratteri molto diversi da quelle dei cristiani discriminati, espulsi, costretti a lasciare il loro paese, obbligati a una vita di fede solamente cultuale o addirittura a rinunciare a essa, e – non dimentichiamolo! – imprigionati e uccisi. Questa è la storia contemporanea della persecuzione dei cristiani. Non tutte le vicende di difficoltà del cristianesimo possono essere ridotte a una stessa categoria o viste come frutto di un disegno cospirativo.
Per questo la persecuzione deve essere studiata con attenzione e soprattutto collocata nel contesto sociale, politico e religioso, in cui avviene. L’intento di questo volume non è di fondare l’una o l’altra tesi, dare argomenti a un vittimismo cristiano a uso della propaganda dei paesi occidentali; è piuttosto quello di ripercorrere le differenti vicende della persecuzione nei confronti dei cristiani nell’età contemporanea, allo scopo di capire le motivazioni, gli atteggiamenti e gli interessi dei persecutori, oltre l’entità delle sofferenze e delle limitazioni inflitte. Il martirio non è nuovo nella bimillenaria storia cristiana, ma nel XXI secolo si manifesta con una peculiarità e un’ampiezza di cui va presa coscienza in modo nuovo e dettagliato. Dallo studio della persecuzione dei cristiani emerge un fenomeno storico imponente – anche se differenziato, come ho detto – su cui oggi merita riflettere con molta attenzione da parte di tutti gli attori pubblici e internazionali, da parte delle Chiese, ma anche dell’opinione pubblica, qualunque sia il suo orientamento religioso.
Il secolo del martirio
Il fenomeno della persecuzione dei cristiani sta cominciando a emergere in tutta la sua ampiezza da tanti studi e ricerche.5 L’oblio in cui era caduto ha cominciato a essere rimosso nell’ultimo decennio del Novecento. Un grande merito in proposito va riconosciuto a Giovanni Paolo II, il papa che veniva dalla Polonia, paese segnato duramente dall’occupazione nazista e dalla dittatura comunista. Papa Wojtyła si è sentito un contemporaneo dei martiri. Ha quindi avvertito la responsabilità di essere testimone di quelle tragedie.6 Questo riguarda in particolare il cristianesimo, che i regimi comunisti intendevano estirpare dalla società, considerandolo un ostacolo al controllo totalitario e alle realizzazione dei loro modelli sociali. Wojtyła ha anche sentito con partecipazione la terribile vicenda dell’ebraismo durante la Seconda guerra mondiale. Lo scrittore francese André Frossard, conversando sulla Shoah, disse al papa: «Dunque, Santo Padre, vi sarebbero sei milioni di santi in più?». E Giovanni Paolo II avrebbe risposto con immediatezza: «Sì».7 Infatti, per Wojtyła il Novecento è stato il secolo del martirio in senso molto ampio.
La sua idea di martirio andava al di là delle categorie utilizzate dalla Chiesa cattolica per definire i martiri. C’erano i martiri riconosciuti dalla Chiesa con appositi processi di beatificazione o canonizzazione, ma esistevano pure i martiri per la fede non riconosciuti dal cattolicesimo (ed erano tanto numerosi). È a quel mondo che Giovanni Paolo II intendeva dar voce. Papa Wojtyła aveva vivissima la convinzione che le persecuzioni subite dai cristiani nel XX secolo fossero state tanto gravi quanto quelle dei primi secoli. C’era stato il martirio di singoli insieme a quello di interi popoli. Durante la Seconda guerra mondiale, più di 6 milioni di polacchi morirono per la violenza hitleriana, che intendeva realizzare un progetto di annientamento fisico e spirituale di quella nazione. È morto ben il 22% dell’intera popolazione.
La visione wojtyliana del martirio non era limitata all’Europa e ai totalitarismi. Giovanni Paolo II intendeva recuperare la memoria del martirio dei cristiani novecenteschi d’ogni paese. Ne fece un obiettivo peculiare per il grande Giubileo del 2000 e incaricò un’apposita commissione per raccogliere documentazione in proposito e comporre un catalogo con i nomi dei «nuovi martiri». Nella Lettera apostolica di preparazione al Giubileo del 2000, Tertio millennio adveniente, il papa affermò con forza: «Al termine del secondo millennio la Chiesa è diventata nuovamente una Chiesa di martiri».8 La sua operazione è in parte riuscita, soprattutto all’interno del mondo cristiano oggi più consapevole del martirio contemporaneo, ma non è stata vincente sugli scenari dell’opinione occidentale. Per lui, la memoria del martirio doveva crescere nella Chiesa cattolica. Ma non riguardava solo i cattolici, bensì anche le altre comunità cristiane: c’erano martiri ortodossi, evangelici e anglicani.
Il 7 maggio 2000, nel quadro delle celebrazioni del grande Giubileo che segnò il passaggio al terzo millennio, Giovanni Paolo II presiedette una solenne celebrazione in memoria di quelli che definiva i «nuovi martiri»: «I martiri, questi nostri fratelli e sorelle nella fede, a cui oggi facciamo riferimento con gratitudine e venerazione, costituiscono un grande affresco dell’umanità cristiana del XX secolo». La sfida era recuperare la memoria dei martiri al di là dell’oblio della storia e anche delle manipolazioni: «I nomi di molti non sono conosciuti; i nomi di alcuni sono stati infangati dai persecutori, che hanno cercato di aggiungere al martirio l’ignominia; i nomi di altri sono stati occultati dai carnefici» disse il papa. Giovanni Paolo II aveva chiaro che l’ignoranza della persecuzione e la dimenticanza dei martiri fossero prima di tutto una mancanza di solidarietà con i cristiani sofferenti (che aggravava la loro difficile condizione), ma anche un grave problema per la coscienza cristiana e per quella civile.
Proprio nella prospettiva della memoria, con una valenza religiosa, sono stati inaugurati luoghi memoriali dei nuovi martiri del Novecento, come la Basilica di San Bartolomeo all’Isola a Roma, realizzata dalla Comunità di Sant’Egidio. Bisognava ricordare come il Novecento fosse stato il secolo del martirio. Giovanni Paolo II era convinto che esistesse un ecumenismo dei martiri, che mettesse in luce l’unità dei cristiani nella comune sofferenza, al di là delle differenze confessionali. I cristiani spesso hanno sofferto insieme, negli stessi luoghi, per mano dei medesimi persecutori, all’interno di un unico disegno di estirpazione del cristianesimo. Papa Francesco ha sviluppato la riflessione di Giovanni Paolo II, mostrando come dalla testimonianza dei martiri delle varie tradizioni cristiane discenda un «ecumenismo della sofferenza». Lo ha spiegato il 10 maggio 2013, ricevendo a Roma il patriarca copto-ortodosso Tawadros II (che in Egitto vive la complessa sfida dell’islam fondamentalista alla cospicua minoranza cristiana):
Come il sangue dei martiri è stato seme di forza e di fertilità per la Chiesa, così la condivisione delle sofferenze quotidiane può divenire strumento efficace di unità. E ciò è vero, in certo modo, anche nel quadro più ampio della società e dei rapporti tra cristiani e non cristiani: dalla comune sofferenza, possono infatti germogliare, con l’aiuto di Dio, perdono, riconciliazione e pace.9
Nella Chiesa cattolica e nelle altre Chiese cristiane si è verificata un’indubbia crescita di memoria e di sensibilità riguardo al tema della persecuzione dei cristiani, come si è detto. Molti studi sono stati pubblicati su queste tematiche e su alcune figure di caduti durante le persecuzioni.10 Tutte le Chiese cominciano a considerare il martirio come realtà contemporanea. La Chiesa russa, per esempio, si è applicata allo studio delle vicende dei tanti cristiani caduti durante il periodo sovietico. Ha canonizzato vari credenti uccisi durante il periodo sovietico, a partire dal patriarca di tutte le Russie Tichon, morto nel 1925 in circostanze mai chiarite.11 Intanto la Chiesa cattolica ha proceduto alla beatificazione di non pochi martiri novecenteschi, come Franz Jägerstätter (ucciso dai nazisti per il suo rifiuto di servire nell’esercito tedesco durante la guerra), o i martiri greco-cattolici eliminati dai sovietici, o l’arcivescovo armeno-cattolico monsignor Ignazio Maloyan, assassinato durante le stragi degli armeni e dei cristiani nel 1915, per fare solo qualche esempio.12
Benedetto XVI si è recato nel 2008 in pellegrinaggio nella Basilica di San Bartolomeo all’Isola per ricordare i nuovi martiri «che possono umanamente apparire come gli sconfitti della storia». Ha poi gettato uno sguardo sull’attualità del cristianesimo, partendo dalla memoria delle persecuzioni del Novecento e riconoscendo come oggi i cristiani soffrano ancora molto: «Anche questo XXI secolo» ha concluso «si è aperto nel segno del martirio. Quando i cristiani sono veramente lievito, luce e sale della terra, diventano anche loro, come avvenne a Gesù, oggetto di persecuzione; come lui sono “segno di contraddizione”».13 Ha così stabilito una continuità tra il «secolo del martirio», il Novecento, e il XX secolo, che continua a registrare una pesante persecuzione dei cristiani. Il martirio dei cristiani non è un fenomeno storicamente concluso con la fine del comunismo, ma continua in forme e con motivi nuovi.
Nel secolo passato l’universo concentrazionario, realizzato dai regimi totalitari, ha rappresentato il luogo per eccellenza – se così si può dire – della persecuzione dei cristiani e ovviamente non solo di questi. I cristiani sono anche caduti nel quadro dell’impegno missionario in tutti i continenti. Hanno sofferto persecuzioni di tipo religioso nel mondo musulmano, ma anche in Asia da buddisti e induisti. Grandi persecuzioni sono avvenute nel Messico laico e anticlericale, come durante la guerra civile in Spagna. L’Africa indipendente ha registrato l’assassinio di molti missionari e cristiani, fino alle lotte etniche in Ruanda e in Burundi. Nel corso del Novecento non sono mancati i martiri della giustizia, che si sono opposti alla violenza e alla sopraffazione, al dominio invadente delle mafie, alle azioni del terrorismo.14 Ma perché i cristiani muoiono ancora nel Duemila?
Per rispondere a questo interrogativo, bisogna ripercorrere le tante vicende di persecuzione, che mostrano in che misura il XXI secolo si presenti come un nuovo tempo del martirio. È il senso stesso di questo libro, che raccoglie studi sulle minoranze cristiane perseguitate o su figure di cristiani che hanno subito la violenza, accompagnati da alcune particolari testimonianze. Si tratta di...