Ora basta. Qui ci vuole qualcuno che ci metta mano. Istituiamo un ministero del buon senso che si occupi di risolvere le piccole e grandi rotture che ci rendono urfida la vita. Sono cose facili. Mica questioni di Imu e Irpef e debito pubblico. Cominciamo dai bancomat. Qualcuno può dire a quelli che costruiscono i bancomat che la smettano di piazzarli controsole? Che per riuscire a fare il prelievo bisogna coricarsi sul monitor e schiacciare il naso contro il vetro per vedere qualcosa? Quando andiamo al bancomat non è per prendere la tintarella sul derrière. No. Noi ci andiamo per prelevare, e se sul vetro batte il sole vediamo solo la polvere, le ditate e i moschini spiaccicati. Quindi faccio un appello ai bancomat designer: mettere bene un bancomat non è difficile. Aspettate mezzogiorno e, se la luce picchia contro, basta che lo spostiate da un’altra parte, teste di pirla.
Una parentesi, già che ci siamo. Io non riesco a capire una cosa. Quando tu paghi col bancomat al supermercato, all’autogrill, dal benzinaio, i commessi ti passano la macchinetta, tu digiti e loro girano la testa per non guardare. E fin lì ci siamo, è giusto. Però non è che distolgono lo sguardo normalmente: girano proprio la testa di 360 gradi come i gufi di notte per cercare le donnole. Torsione completa. C’è gente che per far vedere che non guarda si mette a leggere l’etichetta della sciarpa che ha al collo... “Pura lana, lavare in acqua fredda.” Fanno l’arc-en-ciel, si inarcano alla Fosbury. Io capisco la privacy, ma non è il caso che ti sviti la testa. Che poi magari sono quelli che escono dal lavoro e, tornando a casa, si comprano “Diva e piva” per sapere se Sara Tommasi s’è tatuata una farfalla su una chiappa, con chi fa la ciupa dance Balotelli e se Lola Ponce è incinta di Guillermo Mariotto.
Ma è il caso? No, perché poi non c’è logica. Dovrebbero: avere ventisette decimi per occhio e vedere i cinque numeri, memorizzare il codice, trafugarti la tessera, prelevare dal tuo conto. Ma chi sei? Diabolik? Se fanno tutto questo, allora se lo meritano di fregarmi i soldi. Guardate, glieli do direttamente io. E gli faccio pure l’applauso.
Poi, continuo con le mie richieste. Potete evitare di fare i termometri a energia solare con la pila che si deve caricare sotto il sole per un’ora prima di funzionare? Ma a quale devastato nel cervello è venuta in mente un’idea del genere? Se mio figlio sta male io devo passare un’ora col termometro sotto l’abat-jour prima di riuscire a misurargli la febbre? Quanto mai potrà inquinare il pianeta la pila di un termometro, grossa come un’unghia del mignolo di un neonato?
E i feltrini da mettere sotto le gambe delle sedie? Possiamo farli che restino per sempre sotto le gambine e non che se ne vadano subito in giro come fa il cerotto, che se te ne metti uno sul dito del piede, il tempo di mettere la calza ed è già risalito fino al ginocchio?
Vorrei poi una legge che regolamenti le richiamate telefoniche col cellulare. Che quando cade la linea parte la scarambola di telefonate in cui tutti e due si richiamano contemporaneamente mentre i nervi escono dalla guaina. Facciamo che richiama il primo che ha telefonato e fine del ballarò.
Poi, che qualcuno inventi un cicles a sapore costante, e non che quando lo metti in bocca è fortissimo, praticamente ti senti in gola il gusto di duecento Borocilline, e dopo cinque minuti non sa più di niente e ti sembra di masticare l’elastico delle mutande.
Poi chiedo un disegno di legge sui contagocce, che si chiamano conta-gocce ma se li premi orinano come un cucciolo di dobermann. Tranne la Novalgina. Le gocce di Novalgina sono stitiche, e prima che ne cada una passa un tempo di una partita di calcio.
Poi qualcuno dovrebbe parlare con quelli dell’Ikea e chiedergli di fare le federe a misura dei nostri cuscini, che sono rettangolari e non quadrati. Chissenefrega che in Svezia li usino quadrati! Noi qui siamo in Italia! E se la federa è un quadrato e il cuscino un rettangolo, a noi resta fuori una budella di cuscino che sembra un’ernia espulsa.
Continuo. Nessuno ha mai pensato di inventare un allarme per appartamenti che almeno una volta nella vita suoni perché ci sono davvero i ladri e non per i cacchi suoi, soprattutto il giorno di ferragosto?
E ancora: prima o poi qualcuno inventerà una macchina con un nome decente?! Sapete che ridendo e scherzando è nata la nuova Fiat. Si chiama Fiat Chrysler Automobiles. E sapete qual è la sigla? FCA. FCA... manca una “i” ed è la parola più amata dagli italiani. Allora. Io capisco ancora Marchionne che ormai è mezzo canadese, capisco John Elkann che è un mezzo seminarista e quella parola forse non l’ha mai sentita nominare... ma Lapo! Lapo! Tu sai cos’è la FCA! Al progetto di FCA hai dedicato tutta la vita!
Avrà già coniato lo slogan da mettere sulle felpe... al posto di “Fiat”: “FCA, che ficata!”. Sarà l’unica macchina che non la devi portare dal meccanico ma dal ginecologo... Ma Marchis! Marchionne? Bisogna stare un po’ più attenti quando si sceglie un nome, anche se è un acronimo. Ho capito che vuol dire Fiat Chrysler Automobili, ma inverti le lettere almeno. Metti Fiat Automobili Chrysler. FAC. No, ancora peggio.
All’inizio Marchionne voleva chiamarla SCTDBLF, che sono le iniziali di Stavolta Ci Togliamo Dalle Balle La Fiom, ma era lungo e sulla Cinquecento non ci stava. Così hanno scelto FCA. Forse peggio c’era solo: Centro Zoologico Zambesi Occidentale: CZZO. Oppure Quadro Locale Operativo: QLO.
Comunque, la sede legale sarà in Olanda, quella fiscale in Gran Bretagna, le quotazioni invece a New York... però non dobbiamo preoccuparci: se dovessero avere bisogno di incentivi pubblici, verranno a chiederli qui in Italia.
Un’ultima richiesta, da vero e proprio ministero del buon senso: è possibile evitare le previsioni apocalittiche? Ad esempio, vi ricordate il satellite Goce, quello che un anno fa doveva cadere sull’Italia non a goce ma a pezzi grossi come comodini? Niente. Non ci hanno più detto niente. Sai che io li odio? Prima ci fanno venire un’ansia che ci porta via: “Eh, deve cadere sul Piemonte, no, sulla Liguria, no, su un pezzo di Sardegna...”, i giornali davano addirittura gli orari: “Alle 7,48 un frammento schiaccerà un geometra a Varese... alle 8,24 un altro pezzo centrerà due pensionati a Cosenza...”. Avevano scritto persino: “Restate a casa durante gli orari previsti... schegge fiammeggianti potrebbero solcare i cieli e cadervi nelle minestre! Se vedete un lumino nel cielo buttatevi nel cesso per sicurezza...”. E poi? Finito. Ciao. Non ne sai più niente. Se non leggi in un trafiletto che è andato tutto bene, stai lì con il collo incassato nelle spalle per una settimana... Ma perché ci terrorizzate in questo modo? Anche con l’aviaria hanno fatto così: “Una gallina ha tossito a Viterbo. Allarme!”, “Segnalato un canarino con colorito giallo, sospetto torcicollo fra i piccioni, non mangiate le faraone...”.
Ma dico, abbiamo già le nostre sfighe, e la rata del mutuo, e il figlio disoccupato, e la TRISE, e la TARSU, e la TUC... dobbiamo anche preoccuparci che un pezzo di siluro ci centri in piena fronte? Fate una cosa: non ditecelo, così noi viviamo sereni. E se poi ci colpisce Jeeg Robot... ci salteranno i circuiti di mille valvole. Pazienza.
Diamoci una calmata, amiche. Direi che è importante, quando ci svegliamo con la testa che pesa più di tutto il resto del corpo, mantenere un comportamento dignitoso, ovvero: non prendiamo esempio dalla Première Dame. Quando hanno beccato Monsieur Hollande che si faceva un giro di lenzuola con Julie, una bellissima attrice francese, la sua attuale compagna ha perso la brocca ed è finita in ospedale spiaggiata. L’hanno ricoverata per un attacco di corna... e pare che entrando in ospedale sia rimasta incastrata nella porta girevole.
Ma senti... non sarà mica la prima Première Dame che porta le corna! Guarda Hillary Clinton: è ancora lì che torrona il mondo. Se cominciamo a farci ricoverare per corna è finita, s’intasano i Pronto Soccorso. Io sarei andata almeno tre volte. Tre. Che io sappia. Ci sono alcune mie amiche che sarebbero lungodegenti. Certo però che mira mira l’Hollandesino in confronto a Berlu è un dilettante. Lui andava dall’amante in moto come quelli del Pronto Pizza, invece Berlu la pizza se la faceva portare direttamente a casa. A camionate.
Comunque è strano. Io capirei ancora un Alain Delon, un Vincent Cassel, ma Hollande... abbi pazienza. È un babaciu. Sembra fatto di gommapiuma. Non è avvenente. Ha una fronte spropositata, che ci potresti posteggiare una Smart. Sarkozy almeno aveva la faccia da diable de l’enfer, da gargouille di Notre Dame, da sicario di Voldemort... François se gli nevica in testa sembra un pandoro. Ma soprattutto dove lo trova il tempo? Sei presidente della Francia, avrai delle giornate pienissime. Salti su un aereo e vai a Nairobi, torni e presiedi il consiglio di sicurezza, inauguri un ateneo, telefoni alla Merkel, e poi nella mezz’ora prima della cena con gli industriali sali in motorino e porti i croissant caldi all’amante? Ma io ti stimo... Sei grosso ma viaggi come una pallina da tennis sparata da Agassi. Io mi sveglio alle sei e trotto tutto il giorno: a volte non ho neanche il tempo per fare la pipì, figurarsi il resto...
Comunque abbiamo avuto la riconferma che la jolanda fa girare il mondo. Anche il più saldo degli uomini di potere, il più capo dei capi, il più raffinato e sapiente intellettuale della Crusca e del grano saraceno, appena sente il richiamo della jole: “Walterrrrrr!!!”, sbarella. La jole fa l’effetto del fischietto a ultrasuoni per i cani da caccia, del flauto ai cobra. Sono tutti presi dal bene supremo e poi, appena arriva una joletta, si buttano come i rottweiler sui quarti di manzo. È un’antica legge della fisica, la enuncio in francese: “Tir plus un pluc de gnoc che due Renault”.
E il bello è che questi non capiscono che le donne stanno con loro solo perché hanno potere. Io vorrei vedere se Holly Hobbie, invece di portarle a casa la baguette, la vendesse con lo jambon in un chioschetto davanti all’Orangerie, vorrei vedere se François si fosse occupato di sgorgo fogne, se la Julie sarebbe stata tutte le sere lì ad aspettarlo mentre usciva dalla cloaca massima di Parigi. “Bonjour mon amour, ouu... che tanf!”
Anche la Carla Bruni, il resto della Carlina, su questo argomento potrebbe ben bene dire la sua. Sembrava sparita per sempre, invece è tornata e ha rivelato a “Vogue” che cosa l’ha fatta innamorare del Sarkosone. Che uno dice... sarà perché è un uomo potente, mica per lo stacco di coscia o il profilo. No. Dice che l’hanno colpita le mani: ha visto quelle mani lì e non ha capito più niente. Il fatto che il proprietario di quelle mani lì casualmente fosse ai tempi anche presidente della Francia era irrilevante.
Certo. Ci crediamo, Carlona. Se lui avesse avuto un chiosco a Montmartre, o fosse stato un marchiatore di vitelli della Camargue, con quelle mani lì tu te lo saresti sposato lo stesso. Se ti sei innamorata di come muoveva le mani, ti potevi sposare anche Silvan o uno steward della Ryanair... Ma come faceva a non sapere che era il presidente della Francia? Tipo che la sera delle nozze si aspettava che la portasse in un monolocale a Belleville e invece si è trovata all’Eliseo? “Oh Nicolà! Tu fè le president? Putan la misuar, veramant? Le president de la Frans? Boja faus! Non me l’aspetav pà! L’Elisée! Chel Surpriiis! Che Surprison...”
Ma certo. Le donne fanno tutte così. Cleopatra, per dire, si è innamorata di Cesare perché aveva la riga in mezzo, e la Gregoraci di Briatore perché è di Cuneo. La Brun Brun ha anche detto che la sua vita sessuale con Sarko ultimamente non è di quantità ma di qualità. Sarebbe a dire, poc ma bun? Si fa di rado, ma quando si fa sono fuochi d’artificio? La presa della Bastiglia? Lui la ribalterà sulla dormeuse facendola impazzire con la sua Tour Eiffel? Certo che quando si comincia a parlare di qualità al posto di quantità, vuol dire quello... che lo fanno una volta ogni due mesi e lui alla fine chiede: “Come sono andato?”, come fanno i pulcini della Juve o del Toro finito l’allenamento. “Ma come ‘Come sono andato?’. E non lo sai come sei andato? Non c’eri, durante? Te lo devo dire io? Non ti sei accorto che durante son scesa a pisciare il cane?”
Comunque, per tornare a Hollande, quelli come lui sono traditori seriali. Sono fatti così. Perché Hollande aveva già tradito la moglie Ségolène con Valérie, adesso Valérie con Julie, e tradirà Julie con Mimì, e Mimì con Pepè e Pepè con Frufru... è un serial tromber, ormai non lo fermi più. Quando gli uomini cominciano, sono come gli squali quando assaggiano la carne umana, gli viene la frenesia e vanno avanti a nastro. Una volta conquistata una, tempo di ballare la rumba un po’ di mesi e ciao, corrono dietro le gonne di un’altra.
Lo dico alle donne che portano via i mariti altrui. Amica mia che hai appena fregato il marito a un’altra: adesso te la godi, oh come sei fiera di te, ciarlotti con le amiche, cinguetti come l’usignolo col verme in bocca, ma aspetta solo un pochino e vedrai che tartasson nel pomme de terre che ti arriva, che flippon nella culotte...
Guardate, chiamiamo anche la Pascale. Sapete Madame Pascàl. La morosa di Berlu che adesso convive ufficialmente con lui e che in una bellissima intervista a “Oggi” ha dichiarato: “C’era bisogno di una donna in casa”.
Ora, Francesca. Françoise. Françoise Pascàl. Se c’era una cosa che non mancava in casa di Berlu erano le donne. Abbi pazienza. Di donne in casa ce ne sono state fin troppe. I pali della lap dance erano sempre lucidi. C’erano più donne in casa di Berlu che signore ai saldi di Armani... c’era la fila, Pascalina, come alle toilette delle donne in autogrill. La Pascala ha anche detto che in casa ha cominciato a fare la spending review. Ha messo mano alla lista dei conti. Dice che Berlu pagava i fagiolini ottanta euro al chilo... ottanta euro? E cos’erano??? Fagiolini d’argento? Fagiolini cuciti a mano? Poi ci mancherebbe. I fagiolini a ottanta euro al chilo saranno anche cari, ma costavano sempre meno di quanto pagava le patate... Comunque, contento lui... D’altronde, se uno passa un milione e mezzo di euro al mese di alimenti alla ex moglie, sarà ben padrone di pagare le carote al prezzo dei tartufi, o no?
Comunque menomale che è arrivata Frances. Se adesso in casa non comprano più fagiolini, magari tra ventimila anni vanno a pari con i soldi che deve dare a De Benedetti. Ma la questione è un’altra. Io voglio conoscere il verduriere di Berlu e fargli i complimenti... perché tutte le volte che gli ordinavano un pinzimonio quello poteva comprarsi una Ferrari.
Pensa se Berlu voleva una bistecca? Doveva fare un bonifico... Se vai nel quartiere di Berlu vedi il verduriere con le catene d’oro al collo e il rolex grosso come una pizza margherita, il macellaio col registratore di cassa in argento che impacchetta le fettine nel raso di seta e la lavanderia con la fontana davanti illuminata come a Las Vegas.
Dice la Pascale che ogni giorno arrivavano enorm...