Lesioni personali
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Lesioni personali

  1. 230 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Lesioni personali

Informazioni su questo libro

Robbie Feaver è un avvocato di successo specializzato in lesioni personali. Ha uno studio accreditato, una forte inclinazione per il gentil sesso e una splendida moglie, da lui molto amata, affetta da un male incurabile. Capace di profonda amicizia e pieno di senso dell'umorismo, ha però - piccolo neo - anche un conto segreto da cui trae fondi destinati alle tasche di giudici corrotti. Colto in flagrante, in cambio dell'immunità, accetta di "collaborare" a una grande inchiesta dell'Fbi. Incaricata di stare alle costole di Feaver è l'agente Evon Miller, donna fiera e appassionata che nasconde dentro di sé inconfessabili segreti. Fra i due non un solo punto di contatto. Eppure, via via che l'indagine va avanti, le loro strade finiscono inevitabilmente con l'incrociarsi, formando un infernale puzzle in cui alla fine, attraverso vorticosi cambiamenti di scena, ogni pezzo andrà inaspettatamente al suo posto.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2014
Print ISBN
9788804499268
eBook ISBN
9788852057885

GIUGNO

33

Nella granulosa riduzione del piccolo schermo in bianco e nero sul quale lo stavamo vedendo, il giudice Brendan Tuohey, presidente della sezione di Diritto comune alla Corte superiore della Kindle County, apparve con il labbro superiore imbiancato da un baffo di zucchero a velo. L’immagine ci era trasmessa da Robbie che aveva appena fatto il suo ingresso al ristorante distribuendo saluti mattutini con il suo caratteristico brio al proprietario e ai camerieri. Quando aveva raggiunto il tavolo di Tuohey, doveva aver sistemato la borsa, nonché la microcamera, su una sedia vacante o forse sul tavolo vicino. Dovunque fosse, ci offriva una buona inquadratura dei tre uomini a cui si stava unendo.
Alla Kindle County, il Paddywacks era un’istituzione. La sua attrazione non risiedeva nell’allestimento un po’ troppo pesante con i suoi ottoni e le imbottiture trapuntate sulle panche e con i suoi pavimenti che venivano incerati una volta la settimana. Erano piuttosto le sue rinomate gigantesche omelette a fare da calamita, nonché la clientela delle prime ore del mattino: tutti i pezzi grossi della contea, amministratori in carica e alti papaveri del Partito, attorniati dalla turba di politicanti e faccendieri che non potevano lasciarsi sfuggire l’occasione di mescolarsi all’élite. Lo stesso Augie Bolcarro soleva fare un’apparizione almeno una volta la settimana e Toots Nuccio, il burattinaio ottuagenario, aveva un grande tavolo d’angolo dove teneva udienza tutti i giorni ai suoi molti vassalli in politica e nel racket. Nel mondo del Democratic Farmers & Union Party, dove i valori della classe lavoratrice vietavano ancora uno sfoggio eccessivo di lusso, uno dei più tangibili segni di status sociale era quando Plato, l’affabile proprietario, staccava il cordone di velluto rosso che delimitava l’area riservata agli habitué e ti invitava a un tavolo appena avevi varcato la soglia.
Dal furgone della sorveglianza parcheggiato dirimpetto alle vetrate del Paddywacks, sull’altro lato della strada, io, Sennett e McManis, come le streghe del Macbeth intorno al calderone, guardavamo le immagini in bianco e nero schiumare sul monitor. Poiché nessuno era stato capace di formulare un’ipotesi plausibile su quel che sapevano di Evon, nessuno aveva saputo pronosticare come avrebbe reagito l’entourage di Tuohey alla sortita di Robbie. Qualsiasi reazione era possibile: un pestaggio, gelida impassibilità o una studiata parata di innocenza. Nel moderato traffico di quell’ora, Amari e alcuni agenti locali transitavano nei paraggi in stato di silenzio radio, ma in ascolto in caso di emergenza. A seconda della piega che avrebbe preso la conversazione, Stan era pronto a rispondere con un intervento dei suoi uomini o, nelle sue più rosee fantasticherie, persino con un arresto.
Il venerdì io ero andato a trovare Robbie per spiegargli come si sarebbe svolta l’operazione. Ci eravamo accomodati nell’immacolato soggiorno bianco, restituito alla normalità dopo i giorni di visite seguiti alla morte della madre. Di umore ancora nostalgico, con un piccolo incoraggiamento, Robbie si era messo a parlare di Tuohey, ricordi ancora vivi dei tempi in cui lui era bambino.
Affamato di uomini adulti, del loro odore e dei loro modi, della loro compagnia e del loro esempio, Robbie amava lo zio di Morty più di quanto lo amasse il nipote. Gli era consentito chiamarlo zio Brendan e, sebbene la domenica fosse l’unica giornata che poteva trascorrere con la madre, raramente perdeva le cene alle quali partecipava anche Tuohey, al tavolo della sorella. All’epoca Brendan era ancora nella polizia. Con la sua pistola e la sua divisa blu, appariva a Robbie non meno radioso ed eroico di Roy Rogers. Quando compariva sulla soglia di casa Dinnerstein, veniva accolto dai ragazzini con gioia reboante. Dopo cena permetteva a Mort e Robbie di galoppare avanti e indietro per tutta la casa con il suo pesante berretto con la strisciolina di treccia argentata sulla visiera. Qualche volta arrivava persino ad aprire la lucida fondina nera che gli pendeva al fianco. Vuotava la pistola d’ordinanza e lasciava che i ragazzi la tenessero in mano ed esaminassero le pallottole, che allineava in piedi sul tavolo da pranzo, dum dum rivestite di ottone con una micidiale tacca scura e profonda nella punta di piombo.
«Anche allora» mi aveva raccontato Robbie «avevamo paura di Brendan. Non si poteva non averne. Emanava qualcosa, una specie di odore. Sapevi che non c’era nessuno che gli piacesse fino in fondo, che fingeva sempre un po’ con tutti, eccetto che con sua sorella.» Gli aneddoti che amava narrare erano quelli dei suoi ruvidi incontri in strada, quando menava qualche furfante linguacciuto.
C’erano le domeniche in cui a quelle cene nella casa accanto partecipava anche Estelle. Per qualche tempo, mi aveva raccontato, sua madre gli aveva dato l’impressione di aver preso in simpatia Brendan, al punto che ricordava di aver covato la speranza infantile e irreale che Tuohey potesse diventare il suo patrigno. Ma Estelle aveva dieci anni più di lui e difficilmente avrebbe potuto suscitare il suo interesse, e d’altra parte lei avrebbe sposato una scimmia piuttosto che un gentile. Tornava sempre a casa parlando di quanto avevano bevuto Tuohey e Sheilah, non riusciva a capire come il padre di Mort, Arthur Dinnerstein, lo tollerasse. Per Robbie, invaghito di Brendan, quelle critiche erano incomprensibili.
Dopo qualche tempo Estelle aveva smesso di accompagnare il figlio. Brendan aveva superato l’esame di Stato per entrare alla procura, così, la domenica, invece che con la divisa da poliziotto, si presentava nell’abito che aveva indossato in chiesa.
«Fu una delusione» mi aveva confidato Robbie. Qualcosa si era spezzato. Non era entrato nei particolari, ma i suoi occhi si erano bloccati sul passato, colmi per un brevissimo istante di profondo rimpianto. Poi erano tornati su di me ancora velati da un’ombra di rammarico.
«Dunque che ne pensi, George? Secondo te è stupido pensare che Brendan potrebbe farmela pagare?»
A me non sembrava stupido. C’erano alcuni vantaggi pratici. Se la macchina di Robbie fosse saltata in aria, se fosse stato travolto da un’auto in corsa, se i suoi resti fossero stati rinvenuti impigliati nelle balze di tufo lungo il fiume, la situazione di Tuohey sarebbe immensamente migliorata, non tanto perché Robbie non sarebbe più stato disponibile come teste, quanto perché chiunque altro avesse avuto in animo di denunciarlo sarebbe stato indotto a ripensarci più di una volta.
Ma, in venticinque anni di professione, ho avuto un solo cliente che aveva fatto una brutta fine. John Collegio era un petroliere che da giovane aveva intrattenuto rapporti con la malavita e più tardi, da uomo d’affari affermato, si era rivolto alle autorità del caso per lamentarsi dei sistemi di distribuzione della benzina per i quali le aziende con legami nella malavita avevano regolare prelazione. Era stato ucciso all’ora di cena da una scarica di doppietta quando aveva risposto al campanello della porta. Ma il caso sarebbe stato classificato come un regolamento di conti. Era raro che prendessero di mira gli esterni.
Tutto sommato, uccidere un testimone federale era considerato più che mai inopportuno. L’FBI se la legava al dito. Come minaccia all’intera struttura, si collocava subito sotto l’uccisione di un agente, un procuratore o un giudice. Per questo motivo avrebbe scatenato una reazione al confronto della quale gli sforzi riversati nel Progetto Petros sarebbero sembrati acqua di rosa. La verità era che se Robbie doveva avere un problema, il momento si sarebbe presentato in seguito, in prigione. Lo avrebbero rinchiuso in una delle prigioni federali, Sandstone o Oxford, o Eglin in Florida, istituti di pena dove i carcerati dopo il lavoro giocavano a golf o a tennis. In passato, prima che Reagan e Bush trasferissero ai reati federali la criminalità comune, una persona come Robbie non avrebbe corso rischi particolari. Il peggior danno che avrebbe potuto subire da un altro carcerato sarebbe stato forse una sonora batosta a carte. Ma ora c’era brutta gente in frotte nelle prigioni federali, spacciatori finiti dentro per reati bianchi come il riciclaggio di denaro sporco, l’unico crimine che le autorità governative riuscivano a dimostrare. Giovani rancorosi, spacconi senza futuro, erano criminali che avevano già ucciso passandola liscia e l’avrebbero fatto di nuovo per gioco e per il giusto compenso. Robbie avrebbe dovuto scontare la sua pena in isolamento e, anche così, sempre guardandosi alle spalle. Io tuttavia avevo sempre considerata remota l’eventualità che Brendan architettasse contro di lui qualcosa adesso.
Robbie aveva rivolto gli occhi alla finestra, soffermando lo sguardo sulle sontuose abitazioni e i prati ben tenuti dei vicini, mentre valutava se prendere per buone le mie rassicurazioni.
«Da qualunque parte la si voglia vedere, a me conviene sempre e comunque incastrarlo, giusto? Buttarmi a pesce e farlo fuori. Far venire giù tutto il castello.» La sua linea di ragionamento era limpida. La sua miglior difesa era far incriminare Brendan e scalzarlo dal suo trono.
Così Robbie aveva un’aria risoluta quando si era presentato all’incontro con me quel giorno, alle cinque del mattino, a ricapitolare i punti salienti dell’operazione. Poi era andato da solo al Paddywacks, mentre noi ci piazzavamo dall’altra parte della strada. L’avevamo visto incamminarsi stringendosi con la mano il colletto del lungo impermeabile italiano di un marroncino alla moda, nonostante la giornata non fosse particolarmente fresca.
Non era stato difficile trovare Brendan. Le sue attività mattutine erano rituali. Alle cinque ascoltava la messa alla St Mary’s Cathedral, uno dei pochi uomini in una congrega di donne anziane. Poi raggiungeva Rollo Kosic e Sig Milacki al Paddywacks dove Plato da tempo aveva preso l’abitudine di aprire per loro ben prima dell’arrivo del quotidiano corteo della prima colazione. I tre sedevano a un tavolino rotondo vicino alle vetrate, attraverso le quali Brendan, mastro di pubbliche relazioni, poteva spedire gagliardi saluti ai cittadini di rango che si avvicinavano all’ingresso. Girandomi dal mio seggiolino sul furgone, li vedevo bene attraverso le pallide spirali dell’oblò a specchio. Milacki chiacchierava. Brendan dava sporadici segni di divertimento, mentre Kosic, il primo a finire la colazione, fissava la brace della sua sigaretta.
Quando arrivò Robbie, Tuohey si giustificò con un abbozzo di sorriso per come si era imbrattato, posando sul piatto davanti a sé la Bismarck pasticciata di salsine. Poi si ripulì con cura con il tovagliolo prima di porgergli la mano. Kosic e Milacki lo salutarono e quest’ultimo spostò la propria sedia per permettere a Robbie di unirsi a loro. Lui invece, per favorire la ripresa della telecamera, si accomodò all’angolo opposto. Mancavano pochi minuti alle sei e in secondo piano due cameriere nella loro divisa bianca fumavano in piedi nell’angolo riservato ai fumatori, a pochi metri dal tavolo di Tuohey, concedendosi due pettegolezzi prima dell’ora di punta. Era il martedì dopo il Memorial Day e, eccezion fatta per qualche tintinnio di stoviglie e qualche esclamazione proveniente dalla cucina, il ristorante, nella trasmissione del FoxBIte, godeva di una dolce quiete, mentre il mondo si scrollava lentamente di dosso le inerzie della giornata di festa.
«Ci si stava scambiando qualche pensiero buono sul povero Wally» esordì Tuohey.
Robbie non capì.
«Wunsch» intervenne Milacki. «Non hai sentito? Ha il male del secolo.»
La settimana precedente a Walter era stato diagnosticato un cancro al pancreas. Sul furgone, Sennett gemette quando udì la notizia. Era dura incriminare un condannato a morte.
«I dottori gli danno sei mesi con la chemio e tutte le altre stronzate» riferì Milacki. «Wally dice che sua moglie sta già spuntando i giorni sul calendario. Bisogna riconoscerglielo. La roccia di sempre. Non ha mai avuto un’aria felice e questa notizia non gliel’ha peggiorata.»
Quei discorsi di morte condussero la conversazione sulla madre di Robbie. Due settimane prima Tuohey e Kosic avevano fatto una breve apparizione a casa di Robbie per rendere il loro saluto. Era stato un gesto prevedibile da parte di Tuohey, che non mancava mai le occasioni di qualche richiamo, ma ora Robbie gli espresse con affettazione il suo ringraziamento.
«Di niente, Robbie. Stamane ho acceso una candela per mamma. Giuro davanti a Dio. Estelle era una grande signora. Ho pensato a tutti e due voi, figliolo.» Sul monitor, come attraverso un vetro rigato di pioggia, Brendan levò delicatamente la mano in direzione di Robbie e colse l’occasione per dispensare consigli. Come la madre di Mort, Tuohey era nato in Irlanda ed emigrato quando aveva cinque anni. Capitava ancora, quando raccontava, di sentire nella sua voce l’eco acuta della sua lingua d’origine. «Ora tu stai passando un momento difficile, Robbie. Ce ne rendiamo conto. Prima la mamma, ora Rainey in quello stato… ma devi conservare la fede. Io ricordo ancora come ieri il giorno in cui ho perso la mia Mame. La miglior consolazione è la preghiera.» Puntò su di lui un lungo dito un po’ deforme.
Manifestando la sua solidarietà per Brendan, Milacki mormorò un amen. Robbie intanto aveva scorto il suo appiglio.
«E sto pregando infatti, giudice, eccome, ma non in quel senso.» Si avvicinò sporgendosi sopra il tavolo e le gambe della sua seggiola strisciarono sul pavimento. Come in una sincronizzazione malriuscita, quando confidò loro di Evon, l’immagine precedeva di qualche millisecondo il suo debole bisbiglio. Sennett aveva voluto che Feaver affrontasse Tuohey a quattr’occhi, ma Robbie aveva obiettato che il giudice sarebbe stato molto più a suo agio nella cerchia sicura dei suoi scagnozzi. Spostandosi, Robbie aveva coperto in parte la telecamera, e io mi girai verso l’oblò, attraverso il quale trovavo il quadretto delle quattro teste riunite in così plateale cospirazione quasi divertente. La vita, di solito così sottile nelle sue tessiture, sa disarmarti di tanto in tanto per la sua improvvisa teatralità. Poco più di una spanna separava le teste, quella grigia e ordinata di Brendan, quella untuosa di Milacki, quella coperta di radi capelli di Rollo, che non smetteva di toccarseli per cercare di ravviarli. Tutti erano tesi nell’ascolto della storia di Robbie che si faceva più preoccupante.
Riferì quello che Walter aveva detto di Carmody. La ragazza aveva smentito ridendoci sopra e lui aveva lasciato perdere. Ma il tarlo l’aveva tormentato, spiegò, e la settimana dopo, per metterla alla prova, le aveva chiesto di permettere alla sua segretaria di perquisirla nella toilette per vedere se portava una microspia. Lei aveva rifiutato, accettando però il giorno dopo, quando la segretaria, com’era prevedibile, non aveva trovato nulla. Ma la paralegale cominciava a mostrare segni di disagio. Qualche giorno prima era stata vittima di un furto nel suo appartamento e il venerdì si era presentata in ufficio in condizioni di visibile turbamento. Per quasi un’ora aveva frugato in tutto il suo piccolo ufficio, chiedendo ai colleghi se avevano...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Il principio
  4. Gennaio 1993
  5. Febbraio
  6. Marzo
  7. Aprile
  8. Maggio
  9. Giugno
  10. Epilogo
  11. Ringraziamenti
  12. Copyright