Il problema dei tre corpi
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Il problema dei tre corpi

Cixin Liu, Benedetta Tavani

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  1. 376 pagine
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Il problema dei tre corpi

Cixin Liu, Benedetta Tavani

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Nella Cina della Rivoluzione culturale, un progetto militare segreto invia segnali nello spazio cercando di contattare intelligenze aliene. E ci riesce: il messaggio viene captato però dal pianeta sbagliato, Trisolaris, l'unico superstite di un sistema orbitante attorno a tre soli, dominato da forze gravitazionali caotiche e imprevedibili, che hanno già arso undici mondi. È quello che i fisici chiamano "problema dei tre corpi", e i trisolariani sanno che anche il loro destino, prima o poi, sarà di sprofondare nella superficie rovente di uno dei soli. A meno di non trovare una nuova casa. Un pianeta abitabile, proprio come il nostro. Trisolaris pianifica quindi un'invasione della Terra.

Sul Pianeta azzurro, nel frattempo, l'umanità si divide: come accogliere i visitatori dallo spazio? Combattere gli invasori o aiutarli a far piazza pulita di un mondo irrimediabilmente corrotto?

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2017
ISBN
9788852084089
Argomento
Letteratura
Categoria
Fantascienza
Seconda parte

TRE CORPI

4

Frontiere della scienza

Trentotto anni dopo

Wang Miao pensò che le quattro persone venute a cercarlo formassero un gruppo assai strano: due poliziotti e due uomini in divisa militare. Se questi ultimi fossero stati agenti armati, la loro presenza avrebbe avuto senso, ma erano ufficiali dell’EPL.
Non appena Wang vide i poliziotti, provò fastidio. Niente da dire sul più giovane – almeno era cortese – ma l’altro, vestito in abiti civili, lo irritò da subito. Era un tipo tozzo, dal volto duro. Portava una giacca di pelle sporca, impregnata dell’odore di sigaretta, e parlava a voce alta; rappresentava proprio il genere di persona che Wang disprezzava.
«Wang Miao?»
Il modo in cui l’agente si rivolse a lui, chiamandolo per nome in maniera così diretta e poco educata, lo mise a disagio. Oltre tutto, l’uomo si accese una sigaretta mentre parlava, senza nemmeno alzare la testa per mostrare il viso. Prima che Wang potesse rispondere, l’individuo rivolse un cenno al poliziotto più giovane, il quale mostrò il distintivo.
Accesosi la sigaretta, il più vecchio entrò nell’appartamento di Wang.
«La prego di non fumare in casa mia» disse Wang, bloccandolo.
«Oh, scusi, professore.» Il giovane agente sorrise. «Questi è il capitano Shi Qiang.» E lanciò un’occhiata implorante al suo collega.
«Bene, parleremo in corridoio» concluse Shi. Prese un lunghissimo tiro di sigaretta, tanto che più di metà finì in cenere, eppure non esalò molto fumo. Inclinò la testa verso l’ufficiale più giovane. «Chiediglielo tu, allora.»
«Professor Wang, vorremmo sapere se di recente ha avuto contatti con qualche membro di Frontiere della Scienza» disse l’agente.
«Frontiere della Scienza è un’organizzazione piena di celebri studiosi ed è molto influente. Perché non dovrei avere contatti con un gruppo accademico internazionale legalmente riconosciuto?»
«Sentilo come parla!» esclamò Shi. «Abbiamo forse detto che è illegale? Abbiamo forse detto che non può avere contatti con loro?» Alla fine, buttò fuori la grossa nuvola di fumo che aveva inspirato prima, direttamente sulla faccia di Wang.
«Bene, allora. Questo riguarda la mia vita privata. Non devo rispondere alle vostre domande.»
«La sua vita privata? Lei è un famoso accademico, ha una responsabilità nei confronti del bene comune.» Shi gettò via il mozzicone e tirò fuori un’altra sigaretta da un pacchetto schiacciato.
«Ho il diritto di non rispondere. Vi prego di andarvene.» Wang si voltò per rintanarsi in casa.
«Aspetti!» gridò Shi. Fece un cenno al giovane poliziotto accanto a lui. «Dagli l’indirizzo e il numero di telefono. Può passare nel pomeriggio.»
«Che volete da me?» domandò Wang con una sfumatura di rabbia nella voce. La discussione aveva attirato i vicini, curiosi di vedere cosa stesse accadendo in corridoio.
«Capitano Shi! Aveva promesso che…» Il giovane trasse Shi da parte e continuò a parlargli sottovoce, in tono urgente. A quanto pareva, Wang non era l’unico a essere infastidito dalle pessime maniere di Shi.
«Professor Wang, non fraintenda.» Uno degli ufficiali dell’esercito, un maggiore, si fece avanti. «Ci sarà un’importante riunione oggi pomeriggio, riunione a cui sono invitati diversi studiosi ed esperti. Il generale ci ha mandati a recapitarle l’invito.»
«Oggi pomeriggio ho da fare.»
«Lo sappiamo. Il generale ha già parlato con il direttore del Centro di ricerca sulle nanotecnologie. Non possiamo fare questa riunione senza di lei. Se non può partecipare, dovremo posticiparla.»
Shi e il giovane agente non dissero nulla. Entrambi si voltarono e si avviarono giù per le scale. I due ufficiali dell’esercito li guardarono andar via e parvero tirare un sospiro di sollievo.
«Che ha che non va, quel tizio?» sussurrò il maggiore all’altro uomo.
«Ha un fascicolo niente male. Qualche anno fa, durante un’emergenza con degli ostaggi, agì in maniera sconsiderata, incurante delle vite dei prigionieri. Alla fine, una famiglia di tre persone fu uccisa dai rapitori. Si vocifera anche che abbia amicizie tra le file del crimine organizzato, che sia alleato con una banda della malavita per combatterne un’altra. L’anno scorso si è servito della tortura per estorcere confessioni e ha reso un sospettato permanentemente disabile. Ecco perché è stato sospeso dal servizio…»
«Come è possibile che un uomo del genere faccia parte del Centro di comando di battaglia?»
«Il generale l’ha espressamente richiesto. Immagino che abbia delle abilità particolari. In ogni caso, il suo raggio d’azione è piuttosto limitato. A parte le questioni di pubblica sicurezza, non è praticamente informato su nulla.»
“Centro di comando di battaglia?” pensò Wang guardando i due ufficiali con tanto d’occhi.
L’auto che era stata mandata a prelevare Wang Miao raggiunse un grande complesso situato in una zona periferica. Dal momento che all’entrata c’era soltanto un numero civico e nessuna insegna, ne dedusse che non era un edificio della polizia, ma dei militari.
Rimase sorpreso dalla confusione che trovò non appena entrò nella grande sala riunioni. Attorno a lui c’erano numerosi computer, tutti in diversi stati di trascuratezza. Quando le persone avevano terminato lo spazio disponibile sul tavolo, avevano piazzato alcune postazioni di lavoro direttamente sul pavimento, dove i cavi di alimentazione e i fili di connessione formavano una singola matassa ingarbugliata. Invece di essere disposti su un mobile, i router erano poggiati alla rinfusa sui server. Fogli di carta erano sparpagliati ovunque, schermi di proiezione posteggiati in vari angoli della stanza spuntavano qua e là come tende zingaresche. Una nuvola di fumo aleggiava nell’ambiente… Wang Miao non era sicuro se questo fosse il Centro di comando di battaglia, ma di una cosa era certo: qualunque cosa fosse, ciò cui si dedicavano qui era troppo importante per preoccuparsi delle apparenze.
Il tavolo delle riunioni, formato da tavoli più piccoli accostati insieme, era ingombro di pile di documenti e altre cianfrusaglie. I partecipanti all’incontro, con gli abiti tutti spiegazzati, sembravano esausti. Chi indossava la cravatta si era allentato il nodo sulla gola. Avevano l’aria di aver passato la notte lì dentro.
Un generale maggiore di nome Chang Weisi presiedeva la riunione e metà dei presenti erano, infatti, ufficiali dell’esercito. Dopo qualche rapida presentazione, Wang scoprì che c’erano anche parecchi poliziotti. Tutti gli altri erano studiosi come lui, e tra di essi si trovavano persino alcuni importanti scienziati specializzati in ricerca di base.
Notò inoltre quattro stranieri tra i partecipanti e rimase scioccato nell’apprendere le loro identità: un colonnello dell’aeronautica militare degli Stati Uniti, un colonnello dell’esercito inglese, entrambi intermediari della NATO, e due agenti della CIA che, a quanto pareva, si trovavano là in qualità di osservatori.
Sui visi dei presenti seduti attorno al tavolo, Wang scorgeva un sentimento condiviso: “Abbiamo fatto tutto il possibile. Togliamoci dalle palle questa storia”.
Wang Miao avvistò Shi Qiang. In netto contrasto con la maleducazione mostrata il giorno prima, il poliziotto lo salutò chiamandolo “professore”. Eppure, il sorrisetto ironico stampato sulla sua faccia lo indispettiva. Non voleva sedere accanto a lui, ma non aveva altra scelta, dato che tutte le altre sedie erano occupate. La già spessa coltre di fumo nella stanza divenne ancora più densa.
Mentre qualcuno distribuiva dei documenti, Shi si avvicinò a Wang. «Professor Wang, sbaglio o mi sembra che lei stia conducendo ricerche su un qualche tipo di… nuovo materiale?»
«Nanomateriale» precisò Wang.
«Ne ho sentito parlare. Quella roba è davvero resistente, eh? Pensa che potrebbe essere usata per commettere crimini?» Quel mezzo sorriso non era ancora scomparso dalla faccia di Shi, perciò Wang non capiva se scherzasse o meno.
«Che intende?»
«Be’, ho sentito che anche solo un filo di quella roba potrebbe sollevare un camion. Se la malavita se ne impadronisse e ne facesse dei coltelli, potrebbe tagliare a metà una macchina con un colpo solo?»
«Non occorre che lo si modelli in una lama. Quel tipo di materiale può diventare un filo cento volte più sottile di un capello. Una fibra del genere tesa su una strada potrebbe affettare una macchina di passaggio come se fosse burro… Ma tutto può essere usato a scopo criminale. Persino un coltello smussato per squamare il pesce!»
Shi tirò fuori metà di una pagina dalla busta posata di fronte a lui, ma poi, perdendo improvvisamente interesse, cacciò di nuovo il documento all’interno. «Ha ragione. Persino un pesce può essere usato per commettere un crimine. Una volta, mi occupai di un caso di omicidio. Una stronza amputò i gioielli di famiglia del marito. E lo sa che cosa usò? Una tilapia congelata che tirò fuori dal freezer! Le pinne sul dorso erano affilate come rasoi…»
«Non mi interessa. Mi ha fatto venire qui solo per chiedermi questo?»
«Pesci? Nanomateriali? No, no, niente che abbia a che fare con tali argomenti.» Shi accostò la bocca all’orecchio di Wang. «Non sia gentile con loro. Sono prevenuti nei nostri confronti. Non vogliono altro che informazioni da noi, ma poi non ci dicono mai niente. Prenda me: sto qui da un mese e sono ancora all’oscuro di tutto, proprio come lei.»
«Compagni» esordì il generale Chang, «cominciamo. Di tutte le zone di combattimento del mondo, questa è diventata il punto focale. Dobbiamo informare tutti i compagni presenti dell’attuale situazione.»
Le insolite parole “zona di combattimento” fecero riflettere Wang. Notò inoltre che il generale non sembrava propenso a spiegare i retroscena della questione ai nuovi arrivati come lui. Questo confermava il pensiero di Shi. E poi, nelle brevi frasi di introduzione, il generale Chang aveva usato il termine “compagni” per ben due volte. Nell’adocchiare gli ufficiali della NATO e della CIA seduti davanti a lui, Wang pensò che il generale avesse volontariamente dimenticato di aggiungere “signori”.
«Anche loro sono compagni. È il modo in cui tutti si rivolgono a tutti qui» bisbigliò Shi, indicando i quattro stranieri con la sigaretta.
Ancora perplesso, Wang rimase impressionato dallo spirito di osservazione di quell’uomo.
«Da Shi, spegni la sigaretta. C’è già abbastanza fumo qui dentro» disse il generale Chang mentre sfogliava dei documenti. Da Shi era un soprannome che significava “grande Shi”.
L’agente si guardò attorno in cerca di un posacenere; non trovandolo, alla fine spense la sigaretta in una tazza da tè. Sollevò la mano, e prima che Chang gli concedesse il permesso di parlare, proferì a voce alta: «Generale, ho una richiesta che ho già espresso in precedenza: voglio la parità di informazione».
Il generale Chang alzò la testa. «Non è mai esistita un’operazione militare in cui ci fosse parità di informazione. Devo domandare scusa a tutti gli studiosi presenti, ma non possiamo rivelarvi di più.»
«Ma qui non siamo tutti uguali» ribatté Shi. «La polizia fa parte del Centro di comando di battaglia sin dall’inizio, eppure ancora oggi non sappiamo di che si tratta. Continuate a lasciarci da parte. Prima imparate i segreti delle nostre tecniche e poi ci allontanate uno dopo l’altro.»
Diversi altri agenti di polizia sussurrarono a Shi di chiudere il becco. Wang trovava incredibile che osasse rivolgersi in quella maniera a un uomo del rango di Chang, ma la risposta del generale lo sorprese ancora di più.
«Da Shi, a quanto pare, hai lo stesso problema che avevi quando eri nell’esercito. Pensi di poter parlare a nome di tutta la polizia? Hai già ricevuto diversi mesi di sospensione a causa del tuo pessimo fascicolo, e ci è mancato poco che ti espellessero dalle forze armate. Ti ho voluto qui in virtù della tua grande esperienza nel mantenimento dell’ordine metropolitano. Dovresti essere grato per questa opportunità.»
Shi continuò a parlare senza mezzi termini. «Quindi, starei lavorando nella speranza di riscattarmi attraverso l’ottimo servizio? Non aveva forse detto che tutte le mie tecniche erano losche e disoneste?»
«Ciò nonostante, sono utili.» Chang gli fece un cenno del capo. «A noi interessa soltanto la loro utilità. In tempo di guerra, non possiamo permetterci troppi scrupoli.»
«Né...

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