La grande Gilly Hopkins
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La grande Gilly Hopkins

  1. 216 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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La grande Gilly Hopkins

Informazioni su questo libro

Cosa voleva, in realtà?

Smettere di essere una "bambina in affido".

Essere vera, senza virgolette.

Essere cigno, non più brutto anatroccolo, essere Cenerentola con tutte e due le scarpine ai piedi, Biancaneve dopo i nani... essere Galadriel Hopkins, finalmente diventata se stessa.

Una protagonista unica, terribile e indifesa, spregiudicata e sincera allo stesso tempo.

Un classico per ragazzi, pieno di calore, arguzia e ironia.

Domande frequenti

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2017
Print ISBN
9788804647454
eBook ISBN
9788852083136
1

BENVENUTA A THOMPSON PARK

«Gilly» disse la signorina Ellis scuotendo la lunga chioma bionda verso la passeggera sul sedile posteriore, «vorrei essere sicura che sei disponibile a fare uno sforzo.»
Galadriel Hopkins spostò la gomma da masticare vicino agli incisivi e si mise a soffiare con attenzione. Soffiò finché l’enorme bolla rosa non ebbe nascosto quasi completamente la testa dell’assistente sociale.
«Questa sarà la tua terza famiglia in meno di tre anni.»
La signorina Ellis voltò la testa color oro prima verso sinistra e poi verso destra, quindi girò il volante manovrando cautamente verso sinistra.
«Certo, sarei l’ultima persona a dire che è stata tutta colpa tua. Il trasferimento dei Dixon in Florida, per esempio: una coincidenza davvero sfortunata. E il fatto che la signora Richmond abbia dovuto essere ricoverata in ospedale…» a Gilly parve che l’assistente facesse una lunga pausa di riflessione prima di proseguire «… a causa dei suoi nervi.»
POP!
La signorina Ellis trasalì e guardò nello specchietto retrovisore, ma continuò a parlare con il solito tono calmo e professionale, mentre Gilly cercava di staccare i brandelli di gomma appiccicati tra i capelli spettinati e sparsi sulle guance e sul mento.
«Avremmo dovuto esaminare più accuratamente la situazione, prima di affidare una bambina adottiva a quella famiglia. Io avrei dovuto esaminarla più accuratamente.»
Caspita, pensò Gilly. Quella donna stava diventando sincera. Che scocciatura.
«Non voglio dare la colpa a te, Gilly. È solo che ho bisogno, anzi, abbiamo tutti bisogno della tua collaborazione se vogliamo che le cose funzionino, quale che sia la nuova sistemazione.» Altra pausa. «Non riesco a immaginare che a te piaccia spostarti continuamente da un posto all’altro.»
Gli occhi azzurri, dallo specchietto retrovisore, aspettavano una reazione da parte di Gilly.
«Ora, questa nuova madre adottiva è molto diversa dalla signora Nevins.»
Gilly si staccò con calma un grumo di gomma dalla punta del naso. Non valeva nemmeno la pena di tentare di estirpare i brandelli rimasti incastrati tra i capelli. Si appoggiò allo schienale e tentò di masticare il pezzetto che era riuscita a rimettere insieme, ma questo le si appiccicò ai denti, formando uno strato sottile. Gilly pescò dalla tasca dei pantaloni un’altra gomma e ne grattò la superficie per togliere polvere e fili di cotone, per poi infilarsela minuziosamente in bocca.
«Mi faresti un favore, Gilly? Potresti evitare di partire anche questa volta con il piede sinistro?»
Gilly si vide sfrecciare nel soggiorno della sua famiglia adottiva sul piede destro, come una pattinatrice sul ghiaccio. Il piede sinistro, sollevato a mezz’aria, stava arrivando giusto sui denti della nuova madre adottiva. Schioccò soddisfatta la lingua contro la nuova riserva di gomma da masticare.
«E fammi un altro favore, Gilly. Butta via quella gomma prima di arrivare là.»
Gilly estrasse ubbidiente la gomma dalla bocca, mentre gli occhi della signorina Ellis la fissavano ancora dallo specchietto. Poi, non appena l’assistente sociale fu tornata a occuparsi del traffico, attaccò con cura la gomma sotto la maniglia della portiera sinistra, riservando l’appiccicosa sorpresa alla prossima persona che avesse tentato di aprirla.
Superati un paio di semafori, la signorina Ellis le porse un fazzolettino inumidito.
«Ecco qui» le disse. «Vedi un po’ cosa riesci a fare per ripulirti da quella schifezza che hai sulla faccia, prima che arriviamo.»
Gilly si passò il fazzolettino sulla bocca e lo lasciò cadere.
«Gilly…» La signorina Ellis sospirò e cambiò marcia. «Gilly…»
«Mi chiamo Galadriel» sibilò Gilly tra i denti.
La signorina Ellis sembrò non far caso all’osservazione.
«Gilly, concedi una mezza possibilità a Maime Trotter, ok? È davvero una persona a modo.»
“Ecco, ci siamo” pensò Gilly. Almeno, nessuno aveva mai accusato la signora e il signor Nevins, i suoi ultimi genitori adottivi, di essere “a modo”. La signora Richmond, invece, quella con i problemi di nervi, era proprio stata definita così. E anche la famiglia Newman, che non sarebbe stata in grado di tenere con sé un moccioso di cinque anni che la facesse ancora nel letto, era “a modo”. “Ebbene, ragazzi, io ormai ho undici anni, e se per caso non lo sapeste, non la faccio più a letto. Però non sono a modo. Sono intelligente. Sono famosa in tutta la contea. Nessuno vuole avere a che fare con la grande Gilly Hopkins. Sono troppo sveglia e troppo difficile da gestire. ‘Gilly la Peste’, così mi chiamano.” Si appoggiò allo schienale, mettendosi comoda. “Eccomi che arrivo, cara Maime, che tu sia pronta o no.”
Si trovavano ormai in un quartiere di vecchie case, pieno di grandi alberi. L’assistente sociale rallentò e si fermò accanto a una cancellata bianca piuttosto sporca. La casa che racchiudeva era vecchia e marrone, con una veranda che somigliava a una pancia sporgente.
Quando giunsero sulla veranda, prima di suonare il campanello, la signorina Ellis tirò fuori un pettine.
«Che ne diresti di passartelo un po’ tra i capelli?»
Gilly scosse la testa.
«Non posso.»
«Oh, avanti, Gilly…»
«No. Non posso pettinarmi. Sto cercando di entrare nel Guinness dei primati per i capelli più spettinati.»
«Gilly, per tutti i…»
«Ehi, eccovi qui. Mi era sembrato di sentirvi arrivare.»
Si era spalancata la porta e un’enorme donna-ippopotamo riempiva completamente la soglia.
«Benvenuta a Thompson Park, Gilly, tesoro.»
«Galadriel» borbottò Gilly, anche se certo non si aspettava che quella montagna di lardo riuscisse a pronunciare il suo vero nome. E che cavolo, possibile che dovessero proprio metterla in casa di uno scherzo della natura!
Da dietro il fianco degno di un mammut della signora Trotter spuntò un faccino minuscolo, con dei capelli castani e spettinati e degli occhiali di metallo muniti di spesse lenti davanti agli occhi.
La donna abbassò lo sguardo.
«Oh, scusami, tesoro.» Mise il braccio intorno al faccino come per spingerlo in avanti, ma la testa fece resistenza. «Vuoi conoscere la tua nuova sorella, vero? Gilly, questo è William Ernest Teague.»
La testa sparì immediatamente dietro la massa della signora Trotter, ma lei non parve scomporsi.
«Entrate, entrate. Non voglio mica lasciarvi in piedi sulla veranda come se mi dovete vendere qualcosa. Adesso tu fai parte della famiglia» disse indietreggiando.
Gilly sentì sulla nuca le dita della signorina Ellis, che la spingeva delicatamente oltre la soglia.
L’interno della casa era buio e pieno di cianfrusaglie. Tutto era ricoperto da uno spesso strato di polvere.
«William Ernest, tesoro, vuoi mostrare a Gilly dove si trova la sua camera?»
William Ernest, dietro la signora Trotter, si abbarbicò al suo vestito da casa a fiorelloni, scuotendo la testa.
«Be’, non importa: ci penseremo più tardi.»
La donna le precedette lungo il corridoio fino a un soggiorno.
«Ora siediti e mettiti a tuo agio.»
Rivolse a Gilly un sorriso largo quanto il suo faccione. Sembrava l’immagine del “dopo la dieta” di un annuncio pubblicitario; un corpo da “prima della dieta” con un sorriso da “dopo la dieta”.
Il divano era marrone e malconcio, con una pila di cuscini rivestiti di merletto grigiastro a un’estremità. Sul lato opposto della stanza si trovava una poltrona marrone dello stesso tipo, con i braccioli consunti e mezza sfondata. Davanti all’unica finestra, tra il divano e la poltrona, pendevano delle tendine di pizzo grigio e accanto alla finestra c’era un tavolino nero con sopra un vecchio televisore. Dai Nevins, Gilly ne aveva a disposizione uno a colori.
Sulla parete a destra, tra la porta e la poltrona, si trovava un pianoforte verticale nero con un polveroso sgabello marrone. Gilly prese dal divano uno dei cuscini e lo usò per togliere ogni traccia di polvere dallo sgabello del piano prima di sedersi.
Dalla poltrona marrone la signorina Ellis la fissava con uno sguardo decisamente poco professionale. La signora Trotter si stava accomodando sul divano, ridacchiando.
«Be’, in effetti avevamo proprio bisogno di qualcuno a darci una mano con la polvere, vero, William Ernest, tesoro?»
Il bambino si arrampicò sul divano, nascondendosi dietro l’enorme massa della donna come una sorta di cuscino imbottito per sostenerle la schiena. Ogni tanto tirava fuori la testa, quanto bastava per lanciare un’occhiata a Gilly.
Gilly attese che la signora Trotter e la signorina Ellis si mettessero a parlare e poi gli fece la boccaccia più spaventosa di tutto il suo repertorio di smorfie orrende: una specie di incrocio tra il conte Dracula e Godzilla. La testolina spettinata scomparve più veloce di un tappo di dentifricio che scivoli giù nello scarico di un lavandino.
Gilly non riuscì a trattenere una risatina. Entrambe le donne si voltarono verso di lei. In un attimo, Gilly passò senza difficoltà alla sua classica espressione da “Chi, io?”.
La signorina Ellis si alzò.
«Ora devo proprio tornare in ufficio, signora Trotter. Mi farà sapere…» e si voltò verso Gilly trapanandola con gli occhioni azzurri «… mi farà sapere se ci sono dei problemi, vero?»
Gilly le regalò il suo miglior sorriso “barracuda”.
Nel frattempo, la signora Trotter si stava faticosamente rimettendo in piedi.
«Non si preoccupi, signorina Ellis. Gilly, William Ernest e io siamo già quasi amici. Il mio Melvin, Dio lo benedica, diceva sempre che la vecchia Trotter non incontrava mai un estraneo. E se voleva dire un bambino estraneo, aveva ragione. Non ho mai conosciuto un bambino con cui non sono riuscita a fare amicizia.»
Gilly non aveva ancora imparato a vomitare a comando ma, se fosse stata in grado di farlo, non avrebbe esitato a darne dimostrazione in occasione della battuta della signora. Così, non trovando la risposta perfetta, sollevò le gambe e si girò verso il piano, dove si mise a suonare Cuore e anima con la mano sinistra e Bacchette cinesi con la destra.
William Ernest balzò giù dal divano, correndo dietro alle due donne, e Gilly rimase sola con la polvere, il pianoforte scordato, e la soddisfazione dovuta alla consapevolezza di essere davvero partita con il piede sinistro nella sua nuova famiglia adottiva. Poteva sopportare qualsiasi cosa, pensò – persino una tutrice ...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. 1. BENVENUTA A THOMPSON PARK
  4. 2. INDOVINA CHI VIENE A CENA
  5. 3. NUOVE SPIACEVOLI SORPRESE
  6. 4. SALSAPARIGLIA-STREGONERIA
  7. 5. WILLIAM ERNEST E ALTRI FIORI MESCHINI
  8. 6. MESSAGGIO PER LA SIGNORINA HARRIS
  9. 7. POLVERE E DISPERAZIONE
  10. 8. IL BIGLIETTO DI SOLA ANDATA
  11. 9. “POF!”
  12. 10. UNA STRANA VISITA
  13. 11. MAI E POI MAI E ALTRE PROMESSE NON MANTENUTE
  14. 12. LA PARTENZA
  15. 13. JACKSON, VIRGINIA
  16. 14. SARÀ IN SELLA A SEI BIANCHI CAVALLI (QUANDO ARRIVERÀ)
  17. 15. A CASA
  18. Copyright