Il mistero Henri Pick
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Il mistero Henri Pick

  1. 252 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Il mistero Henri Pick

Informazioni su questo libro

In Bretagna, in un piccolo paese sulla costa ventosa, c'è una strana biblioteca dedicata ai manoscritti rifiutati dagli editori. Delphine Despero ci andava quando era bambina e sognava di riuscire un giorno a lavorare in mezzo ai libri e alle storie. E così è stato perché, nemmeno trentenne, Delphine si è già fatta un nome nell'esclusivo mondo dell'editoria parigina.

Così quando un'estate torna a trovare i genitori con il fidanzato scrittore, una visita alla biblioteca appare il modo migliore per sottrarsi alle invadenti attenzioni familiari. Tra gli scaffali di quella biblioteca dei sogni infranti e le illusioni perdute, i due si imbattono in un manoscritto dal titolo intrigante: Le ultime ore di una storia d'amore. Delphine decide di seguire il suo fiuto e pubblicarlo.

Il manoscritto diventa presto un enorme successo. L'autore si chiama Henri Pick e l'anagrafe dice che è morto qualche anno prima. La vedova giura che il marito non ha mai letto, e tanto meno scritto, una riga in vita sua. Eppure…

L'aura di mistero accresce il successo del libro, e il mondo dei lettori non sembra parlare d'altro. Due persone però non si accodano al coro degli entusiasti: Frédéric, il fidanzato di Delphine, che si sente assediato da quel successo che non lo riguarda, e Jean-Michel Rouche, un giornalista che si ostina a non credere alla versione ufficiale. Mentre la trama avanza e gli indizi, ma anche i depistaggi, si moltiplicano, un'unica domanda è sul punto di condizionare per sempre le vite dei protagonisti: chi è davvero Henri Pick?

Domande frequenti

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2017
Print ISBN
9788804676287
eBook ISBN
9788852082733

SETTIMA PARTE

1

Fino a qualche anno prima, Jean-Michel Rouche aveva una certa influenza nell’ambiente letterario. Temevano i suoi articoli, specialmente il suo editoriale sul “Figaro littéraire”. Adorava avere quel potere, si faceva desiderare per pranzare con gli addetti stampa, tergiversava sempre prima di esprimere un giudizio su un romanzo, si pronunciava come un oracolo. Era il re di un impero effimero che credeva fosse eterno. Bastò la nomina del nuovo direttore al giornale perché lo mettessero alla porta. Un altro editorialista avrebbe assunto quel ruolo di prestigio, e a sua volta sarebbe stato liquidato qualche anno più tardi. Era l’incessante balletto di quel fragile impero.
Senza rendersene conto, Rouche si era fatto molti nemici nei suoi anni di gloria. Denunciando le primedonne e gli scrittori sopravvalutati, non pensava di essere cattivo o ingiusto, ma intellettualmente onesto e coerente con se stesso. Non aveva sempre agito in nome della carriera, questo non glielo si poteva rimproverare. Ma non riuscì a trovare un altro spazio in cui esprimersi, né alla radio, né in televisione, né tantomeno sulla carta stampata. Lentamente, tutti si sarebbero dimenticati di lui. Sarebbe diventato uno di quei nomi che si hanno sulla punta della lingua.
Eppure, il periodo tremendo che attraversava non lo rendeva acido, era quasi benevolo. Animava delle tavole rotonde in cittadine di provincia, scoprendo pian piano che dietro ogni scrittore – compresi i più mediocri – c’era sempre tanta energia, tanto lavoro e il sogno di raggiungere un obiettivo. Condivideva buffet freddi e sigarette rollate a mano con i testimoni del suo declino. La sera, nelle camere d’albergo, si concentrava sui suoi capelli, scoprendo con orrore l’inesorabile avanzare della loro scomparsa. Soprattutto in cima alla testa. Intravedeva un legame tra la sua vita sociale e la vita della sua chioma. La prova ce l’aveva davanti agli occhi: aveva iniziato a perdere i capelli il giorno del suo licenziamento.
Con l’uscita del libro di Pick, aveva sviluppato una sorta di ossessione per quella storia. Brigitte, sua compagna da tre anni, non capiva perché parlasse così spesso di quel successo editoriale che giudicava losco. Secondo lui, puzzava di messinscena:
«Vedi complotti dappertutto» rispose Brigitte.
«Non credo che un artista possa desiderare di restare nell’ombra. O meglio, capita ma è molto raro.»
«Ti sbagli. Un sacco di gente dotata di talento preferisce tenerlo per sé. Prendi me, ad esempio, sai che canto sotto la doccia?» dichiarò Brigitte, tutta fiera di quella risposta mezzo sonora mezzo liquida.
«No, non lo sapevo. Insomma, non vorrei offenderti ma non credo sia la stessa cosa.»
«…»
«Credimi, me lo sento. Quando la verità verrà fuori, rimarranno tutti a bocca aperta, te lo dico io.»
«Io la trovo una bella storia e ci credo. Tu ormai sei diventato cinico, ed è triste.»
Di fronte a quel commento un po’ acido, Jean-Michel non seppe cosa rispondere. Era l’ennesimo rimprovero. Sapeva benissimo che Brigitte era stufa di lui. Non era un mistero. Stava perdendo i capelli, stava ingrassando, non aveva una vita sociale esaltante e guadagnava sempre meno. Non poteva più invitarla fuori a cena quando gli pareva. Doveva programmare ogni minima spesa.
A dire il vero, tutto ciò importava ben poco a Brigitte. Desiderava solo che Rouche ritrovasse la grinta di un tempo, il suo modo di raccontare storie, di entusiasmarsi. Nonostante fosse dolce e premuroso, sentiva che le sue zone d’ombra stavano prendendo il sopravvento. Si lasciava invadere dall’acredine. In fondo, non si stupiva del fatto che non credesse alla storia dello scrittore bretone. E invece Brigitte si sbagliava. Stava accadendo esattamente il contrario di quello che pensava. In Jean-Michel si stava risvegliando qualcosa. Era da tempo che non era così motivato. Voleva condurre un’indagine, con la certezza che il risultato sarebbe stato determinante per la sua vita. Grazie a Pick, sarebbe tornato sotto i riflettori della scena letteraria. Per questo doveva lasciarsi guidare dalla sua intuizione e scovare le prove dell’inganno. Tanto per cominciare, sarebbe andato in Bretagna.
Implorò Brigitte di prestargli l’auto. Il che non era affatto scontato: la donna sapeva che guidava malissimo. Ma non era contraria all’idea che si allontanasse per qualche giorno. Avrebbe fatto bene a entrambi. E così accettò, intimandogli di essere prudente, perché non aveva abbastanza soldi per aumentare il premio dell’assicurazione. Jean-Michel fece la valigia in quattro e quattr’otto e si mise al volante. A duecento metri da casa, prese male una curva e rigò la Volvo.

2

Da quando aveva visto Madeleine in televisione, Rouche era convinto che non avrebbe ottenuto nessuna informazione da lei. Bisognava rivolgersi direttamente alla figlia, che adorava profondersi in interviste. Per il momento, le avevano solo chiesto di raccontare aneddoti del passato, niente di compromettente, ma Rouche avrebbe fatto di tutto per procurarsi dei documenti scritti. Era convinto che da qualche parte avrebbe trovato la prova che la sua intuizione era giusta. Joséphine sembrava non stancarsi mai di quell’infatuazione mediatica. Ne approfittava per parlare della boutique, quella storia le stava regalando una notevole pubblicità. Il giornalista aveva letto degli articoli in Rete e non poteva fare a meno di giudicarla male, per non dire un po’ stupida.
Sull’autostrada, guidando verso Rennes, era ossessionato dall’incidente. Brigitte non l’avrebbe certo presa bene. Avrebbe sempre potuto negare ogni responsabilità. Era plausibile che avesse ritrovato l’auto in quello stato. Un vandalo che non aveva nemmeno lasciato il numero di telefono, tutto qui. Ma era certo che Brigitte non gli avrebbe creduto. Era il classico tipo che riga le macchine altrui. Avrebbe potuto prometterle di ripararla, ma con quali soldi? Il precariato complicava anche i rapporti con gli altri. Tanto per cominciare aveva dovuto chiedere in prestito l’auto. Se avesse potuto pagarla, ne avrebbe noleggiata una, coperta da tutti gli extra dell’assicurazione, con l’opzione “graffi compresi”.
Mentre guidava, ripensò anche agli ultimi mesi. Si chiedeva quanto si potesse cadere in basso, risucchiati dalla spirale del fallimento. Aveva lasciato il suo appartamento borghese per sistemarsi in un monolocale nel sottotetto di un bel palazzo parigino. Con quell’indirizzo, poteva continuare a fare bella figura. Nessuno sapeva che non prendeva l’ascensore ma le scale di servizio. L’unica persona a cui aveva confessato la verità era Brigitte. Dopo mesi di relazione, non poteva più nascondere la realtà. Per settimane aveva evitato di invitarla a casa sua, tanto che la donna aveva pensato che fosse sposato. In fondo, fu sollevata di scoprire tutt’altra storia: Jean-Michel era ridotto sul lastrico. Agli occhi di Brigitte, la cosa non aveva importanza. Si batteva da sempre per crescere il figlio da sola, e non aveva mai contato sull’aiuto di nessuno. Scoprendo la verità, aveva sorriso: cedeva sempre al fascino degli uomini al verde. Ma con il passare dei mesi, la situazione iniziava a pesarle.
Poco prima di Rennes, Rouche tentò di dimenticare l’incidente e il disastro generale in cui versava la sua vita per concentrarsi sull’indagine. Guidare lo faceva sentire vivo. A volte bisogna guardare il paesaggio che scorre per essere sicuri di esistere. Certo, non stava indagando su un omicidio né su una serie di sparizioni in Messico,a ma doveva smascherare una truffa editoriale. Era da tempo che non guidava, e ritenne più saggio fare una sosta. Finalmente sereno, bevve una birra in una stazione di servizio e studiò attentamente le barrette di cioccolato. Preferì ordinare un’altra birra. Si era ripromesso di bere meno, ma quella non era una giornata come le altre.
Rouche arrivò a Rennes a metà pomeriggio. Senza l’aiuto del navigatore, gli ci volle un’ora per trovare il negozio di Joséphine. Riuscì a parcheggiare proprio davanti: lo considerò più un segno del destino che un dato concreto. Non se ne capacitava, era al settimo cielo. Per anni, ogni volta che gli capitava di prendere l’auto si ritrovava a girare per ore e alla fine parcheggiava in un posto riservato al carico-scarico, rovinandosi la serata per lo stress. Quel giorno era diverso. Commosso da quell’evento, sbagliò manovra e rigò di nuovo l’auto.
Non aveva fatto in tempo a rilassarsi che il suo destino crudele l’aveva riacciuffato. Peggio: non sarebbe riuscito a convincere Brigitte che non c’entrava niente con l’incidente. La probabilità di subire due atti vandalici nello stesso giorno era scarsa. A meno di non inventare un complotto contro di lui. Qualcuno che ostacolava le sue indagini. Non riusciva a valutare il grado di credibilità di quell’ipotesi. Chi poteva avercela con lui perché indagava su un presunto scrittore fantasma che si nascondeva dietro un pizzaiolo bretone?

3

Per cercare di risollevarsi dal brutto colpo, prima di iniziare le ricerche, decise di andarsi a bere una birra nel bar di fronte. Poi ordinò il rabbocco, espressione cara ai bevitori che, dietro l’ironia bonaria, nascondono la realtà di una grave dipendenza.
Qualche minuto dopo, entrò nella boutique. Non aveva l’aria di un uomo intenzionato a regalare della raffinata lingerie alla moglie, sembrava più che altro un vecchio pervertito smanioso di sbirciare mutandine. Mathilde, la nuova commessa, gli si avvicinò. Conseguiti una laurea e un master in Economia e commercio, aveva fatto molta fatica a trovare un’occupazione stabile. Dopo una serie di lavoretti saltuari, era finalmente riuscita a strappare un contratto. Quella fortuna insperata la doveva tutta al romanzo di Pick. Le interviste avevano fruttato una tale pubblicità al negozio che Joséphine era stata costretta ad assumere una dipendente. Così Mathilde aveva letto Le ultime ore di una storia d’amore e l’aveva trovato molto triste, ma aveva la lacrima facile.
«Buongiorno, posso aiutarla?» chiese a Rouche.
«Stavo cercando Joséphine. Sono un giornalista.»
«Spiacente, Joséphine non c’è.»
«E quando posso trovarla?»
«Non saprei, ma credo che oggi non verrà.»
«Lo crede o lo sa?»
«Mi ha detto che si sarebbe assentata per un po’.»
«Un po’ vago, magari possiamo telefonarle?»
«Ho già provato ma il suo cellulare è irraggiungibile.»
«Strano. Fino a qualche giorno fa la si vedeva dappertutto.»
«No, non è strano. Mi aveva avvisato. Probabilmente aveva bisogno di una pausa, tutto qui.»
«Una pausa» ripeté sottovoce Rouche, giudicando sospetta quell’improvvisa sparizione.
In quel momento entrò una donna sulla cinquantina. La commessa le chiese se poteva aiutarla, senza ricevere risposta. La cliente si voltò verso Rouche con espressione imbarazzata e l’uomo capì di essere la causa del suo silenzio. Quella donna palesemente non aveva v...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Il mistero Henri Pick
  4. Prima parte
  5. Seconda parte
  6. Terza parte
  7. Quarta parte
  8. Quinta parte
  9. Sesta parte
  10. Settima parte
  11. Ottava parte
  12. Nona parte
  13. Epilogo
  14. Copyright