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La leggenda del cavaliere dei draghi
- 736 pagine
- Italian
- ePUB (disponibile sull'app)
- Disponibile su iOS e Android
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La leggenda del cavaliere dei draghi
Informazioni su questo libro
Quando gli umani minacciano di invadere la valle dove dimora la sua stirpe, Lung, giovane drago argentato, decide di partire alla volta dell'Himalaya. Su quelle vette, secondo le leggende, si cela l'antico paradiso dei draghi. Nessuno sa se questo luogo esiste davvero, ma è l'unica speranza per i suoi simili di poter vivere in pace. Insieme alla sua inseparabile cobolda Fiore di Zolfo e al giovane cavaliere Ben, Lung affronterà un lungo e pericoloso viaggio...
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Informazioni
Print ISBN
9788804679868eBook ISBN
9788852083174Il Cavaliere dei draghi
Traduzione di Roberta Magnaghi
1

BRUTTE NOTIZIE
La vita pareva essersi fermata nella valle dei draghi. Dal mare saliva una grigia nebbiolina che si addensava sulle vette circostanti.
Qualche uccellino faceva sentire il suo timido richiamo attraverso l’umida foschia, mentre il sole giocava a nascondino con le nuvole.
All’improvviso si udì un fruscio: un ratto scivolava furtivo lungo un dirupo. Tanta era la sua fretta che si ribaltò per finire ruzzoloni sulle rocce coperte di muschio. Si risollevò brontolando fra sé e sé. «L’avevo detto, io! Gliel’avevo detto!»
Alzò il muso appuntito annusando l’aria, rimase immobile per qualche secondo e infine raggiunse in un soffio un boschetto di grossi pini ricurvi che si ergevano ai piedi della cima più alta.
«Prima che arrivasse l’inverno» mormorava «avevo fiutato il pericolo. Già prima dell’inverno. Ma no, non hanno voluto darmi ascolto. Si sentono sicuri qui. Sicuri, figuriamoci!»
Sotto il fitto fogliame regnava la più assoluta oscurità . Era così buio che non si riusciva quasi a scorgere il crepaccio che squarciava il fianco della montagna. Pareva inghiottire la nebbia come una grossa gola spalancata.
«Non sanno niente» borbottava il ratto. «Questo è il problema. Non sanno niente del mondo. Proprio un bel niente.» Guardingo, si voltò ancora una volta. Proseguì il cammino a balzelli veloci. Ma non andò lontano. Qualcuno lo afferrò per la coda e lo sollevò in aria.
«Ciao, ratto. Ehm, voglio dire… Topandro! Che ci fai qui?»
Topandro cercò di mordere le dita pelose che lo immobilizzavano, ma a parte un paio di peli di coboldo non riuscì ad addentare nulla. Furioso, li sputò.
«Fiore di Zolfo» sbuffò. «Lasciami andare subito, tu, piccola divoratrice di funghi dalla testa vuota. Non ho tempo per gli scherzi di voi folletti.»
«Non hai tempo?» Senza lasciare la presa, Fiore di Zolfo depose Topandro sull’altra zampetta. Era una coboldina ancora molto giovane, non più alta di una bambina; aveva la pelliccia maculata e occhi gialli da felino. «E perché mai, Topandro? Che cos’hai di così importante da fare? Ti serve forse un drago che ti protegga da qualche gatto famelico?»
«I gatti non c’entrano nulla» sibilò inviperito Topandro. Non gli piacevano i coboldi. Invece i draghi adoravano quei musetti coperti di peluria. Ascoltavano estasiati le loro canzoni tutte le volte che non riuscivano a prendere sonno. E quando erano tristi, non c’era nessuno al mondo capace di consolarli meglio di un coboldo impertinente e buono a nulla.
«Se proprio lo vuoi sapere» ribatté Topandro con voce stridula «ho brutte notizie, anzi terribili. Ma intendo riferirle solo a Lung, a te no di certo.»
«Brutte notizie? Ma va’, secondo me hai la muffa al posto del cervello. E quali sarebbero?» domandò Fiore di Zolfo, grattandosi la pancia.
«Mettimi giù!» ringhiò Topandro.
«E va bene» obbedì Fiore di Zolfo con un sospiro. Topandro saltellò via. «A quest’ora della sera, però, starà ancora dormendo» aggiunse la cobolda.
«E allora vorrà dire che lo sveglierò!» sbuffò Topandro, inoltrandosi nella caverna. All’interno, un fuoco azzurrognolo rischiarava le tenebre, asciugando l’aria umida che affiorava dal ventre della montagna. Dietro le fiamme si intravedeva il drago addormentato. Era accoccolato con la testa sulle zampe, la lunga coda dentellata al caldo, arrotolata intorno al falò. Il bagliore ne faceva scintillare le squame e proiettava l’ombra del grosso corpo sulla parete. Topandro gli strisciò vicino quatto quatto, si arrampicò su una zampa e gli tirò un orecchio.
«Lung» gridò. «Svegliati, Lung. Vengono, vengono!»
Il drago levò il capo, ancora intontito dal sonno, e aprì gli occhi.
«Ah, sei tu, ratto» mormorò. E con voce lievemente rauca proseguì: «Il sole è già tramontato?».
«No, ma devi alzarti comunque. Devi andare a svegliare gli altri.» Spiccando un salto dalla grossa zampa, Topandro prese a trotterellare nervoso avanti e indietro. «Vi avevo avvertito. Ma voi non avete voluto ascoltarmi.»
«Di che cosa sta parlando?» chiese Lung rivolto a Fiore di Zolfo, che si era accovacciata davanti al fuoco, sgranocchiando una radice.
«Non lo so!» rispose Fiore di Zolfo con uno schiocco deliziato della lingua. «È già da tempo che straparla. Del resto, in una testolina così piccola non ci può essere molto cervello.»
«Ah, è così, eh?» Indignato, Topandro tentò invano di morsicarla. «Questa poi, questa poi…»
«Non starla a sentire, Topandro» lo ammansì Lung, alzandosi. Stiracchiò il lungo collo, si diede una scrollatina e continuò: «Ha la luna storta perché ha la pelliccia tutta umida di nebbia».
«Ah, davvero? I coboldi hanno sempre la luna storta. Sono uscito all’alba per venire ad avvertirvi. E qual è il ringraziamento?» Dalla rabbia gli si era rizzato il pelo grigiastro. «Devo stare a sentire queste cobolderie!»
«E da cosa dovresti metterci in guardia?» domandò Fiore di Zolfo, gettando contro la parete l’avanzo sbocconcellato della radice. «Per mille finferli! Se non la smetti di tenerci sulla corda, ti faccio un nodo alla coda!»
«Fiore di Zolfo!» la interruppe Lung vibrando una zampata stizzita nel fuoco. Una pioggia di scintille bluastre ricadde sulla pelliccia della piccola cobolda e lì si spense come una manciata di minuscole stelle cadenti.
«Va bene, va bene!» bofonchiò lei. «Ma questo topaccione qui è capace di farti impazzire, a furia di girare intorno alle cose!»
«Ah, è così? E allora ascoltami una buona volta» ribatté Topandro, ergendosi in tutta la sua altezza, con le zampe davanti sui fianchi e i denti aguzzi in bella mostra. «Stanno arrivando gli uooominiiii!» Emise uno strillo così acuto che le pareti della caverna fecero eco.
«Vengono gli uomini! Capisci che cosa significa, tu, piccola mangiafunghi, testa di cespuglio, scompigliafoglie di una cobolda! Vengono quiiii!»
D’un tratto nella grotta calò un silenzio di tomba.
Fiore di Zolfo e Lung parevano trasformati in statue di pietra. Solo Topandro, i baffi frementi, tremava ancora di rabbia, sbattendo rumorosamente la coda a destra e sinistra.
Lung fu il primo a reagire.
«Gli uomini?» domandò, tendendo una zampa verso Topandro, che vi si arrampicò a passetti rapidi, con aria offesa. Lung lo sollevò in modo da guardarlo dritto negli occhi e chiese: «Ne sei sicuro?».
«Sicurissimo» replicò Topandro.
Lung chinò il capo. «Doveva succedere» disse in un soffio. «Sono già ovunque. E ne verranno sempre di più, temo.»
Fiore di Zolfo era rimasta seduta in un angolo, come stordita. All’improvviso saltò in aria come una molla e sputò nel fuoco. «Impossibile!» gridò. «Qui non c’è niente che possano volere. Un bel niente!»
«Bah!» Topandro si protese così tanto verso il basso che rischiò di cadere. «Come fai a dire queste sciocchezze quando anche tu sei stata nel loro mondo? Non c’è nulla che non scateni la loro brama di conquista. Tutto vogliono, quelli. L’hai forse già dimenticato?»
«Sì. Sì, è vero» mormorò Fiore di Zolfo. «Hai ragione. Sono avidi. Vogliono ogni cosa per loro.»
«Eccome» annuì Topandro. «E io vi dico che questa volta vengono qui.»
Il fuoco del drago tremolò. Le fiamme si affievolirono finché l’oscurità le inghiottì completamente, come un grosso animale nero. Solo una cosa spegneva così in fretta il fuoco di Lung: la tristezza. Il drago soffiò piano sul pavimento roccioso della caverna e la brace si riattizzò.
«Sono davvero brutte notizie, ratto» concluse Lung, e lasciando che il roditore gli saltasse sulla spalla si avviò lentamente verso l’uscita. «Vieni, Fiore di Zolfo» continuò, «dobbiamo svegliare gli altri.»
«Chissà come saranno contenti» commentò ironica la cobolda, mentre lisciandosi il pelo seguiva Lung nella nebbia.
2

GRANDE RADUNO SOTTO LA PIOGGIA
Barba di Pietra era il drago più vecchio della valle. Aveva vissuto più di quanto potesse ricordare. Le sue scaglie avevano ormai perso la lucentezza di un tempo, ma le sue fauci sputavano ancora fuoco e i più giovani ricorrevano al suo aiuto se avevano bisogno di consigli. Mentre Lung svegliava Barba di Pietra, tutti gli altri draghi si erano già riuniti davanti alla sua caverna. Il sole era da poco tramontato quando densi nuvoloni arrivarono minacciosi da occidente. La valle fu come avvolta da un grande mantello nero e ben presto la pioggia prese a scendere a catinelle.
Uscito dal suo rifugio, il drago scrutò il cielo con disappunto. Le ossa gli dolevano per l’umidità e il freddo irrigidiva le sue giunture. Gli altri indietreggiarono in segno di rispetto. Barba di Pietra fece scivolare lo sguardo sui presenti. C’erano proprio tutti, ma Fiore di Zolfo era l’unico esemplare della sua specie. A passi pesanti, trascinando a fatica la coda, il vecchio drago avanzò sull’erba bagnata e si inerpicò su un masso roccioso, verde di muschio, che dominava la valle come la testa di un gigante dalla chioma cespugliosa. Con il fiato grosso giunse finalmente in cima e volse lo sguardo sulla folla. Come bimbi impauriti, i draghi alzarono timidamente lo sguardo. Alcuni erano ancora molto giovani e conoscevano solo quella valle; altri erano arrivati lì con lui, da molto, molto lontano e riuscivano a ricordare che il mondo non era sempre appartenuto agli uomini. Tutti avvertivano nell’aria la sventura che incombeva su di loro e speravano che Barba di Pietra potesse scacciarla. Ma lui era vecchio e stanco.
«Vieni su, ratto» esordì con voce rauca. «Racconta che cos’hai visto e sentito.»
Con un agile balzo, Topandro raggiunse la sommità della roccia. Si arrampicò lesto sulla coda del drago e si accucciò sulla sua schiena. Sotto il cielo cupo regnava un tale silenzio che si udiva solo lo scroscio della pioggia e il fruscio delle volpi in caccia nel bosco.
Topandro si schiarì la voce e disse: «Gli uomini stanno arrivando qui. Hanno svegliato le… macchine, le hanno nutrite e fatte partire. Si sono aperti un varco attraverso le montagne, sono a soli due giorni di distanza ormai. Le fate riusciranno a trattenerli ancora un po’, ma presto o tardi saranno in mezzo a noi. Perché la loro meta è la vostra valle».
Un gemito si levò all’unisono dal branco. I draghi, i musi ansiosi rivolti verso il vecchio saggio, si strinsero ancora di più gli uni agli altri, accalcandosi sotto il masso da cui dominava Barba di Pietra.
Lung si tenne un po...
Indice dei contenuti
- Copertina
- Frontespizio
- Il Cavaliere dei draghi. Traduzione di Roberta Magnaghi
- La penna del grifone. Traduzione di Roberta Magnaghi con la collaborazione di Alessandra Petrelli
- PERSONAGGI E CREATURE FANTASTICHE
- Copyright