Un estraneo in casa mia
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Un estraneo in casa mia

  1. 264 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Un estraneo in casa mia

Informazioni su questo libro

Torni a casa dopo una lunga giornata di lavoro, finalmente una cena tranquilla. Con tua moglie.

Ma lei non c'è. La casa è in disordine, come se l'avesse abbandonata in preda al panico. Il suo cellulare e la borsa sono ancora lì.

È tutto sbagliato.

Temi il peggio. Chiami la polizia.

Ti informano che tua moglie ha avuto un incidente, è ferita. Ha perso il controllo dell'auto mentre andava a velocità sostenuta in una parte della città dove non è conveniente avventurarsi. Ma tua moglie odia guidare veloce e non aveva mai messo piede in quel quartiere, lo sai per certo.

L'atteggiamento della polizia ti preoccupa, sono convinti che la donna sia coinvolta in qualcosa di losco.

Ma tu non puoi crederci. Sei sposato con lei da tre anni e nessuno la conosce come te. Vero?

Inizia così la nuova indagine del detective Rasbach, un personaggio già leggendario nel panorama del giallo d'autore. Un'indagine che ribadisce con maestria la regola del grande Stephen King, ricordata da Antonio D'Orrico a proposito di Shari Lapena: "La cosa più importante è la situazione che uno scrittore riesce a creare e i tentativi dei personaggi che riesce a immaginare per uscire da questa situazione".

Shari Lapena firma il suo secondo thriller, dopo il successo de La coppia della porta accanto segnalato sul "Corriere della Sera" come il più bel giallo della stagione 2016. Con quel debutto, l'autrice canadese è stata al numero uno della classifica del "Sunday Times" per settimane ed è stata tradotta in più di trenta paesi nel mondo.

Domande frequenti

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2017
Print ISBN
9788804676300
eBook ISBN
9788852082689

1

È una calda notte d’agosto. Tom Krupp parcheggia l’auto, una Lexus in leasing, nel vialetto d’accesso della sua bella casa a due piani. L’edificio, completo di garage con due posti macchina, ha un ampio prato davanti ed è incorniciato da alberi antichi. Alla destra del vialetto, un sentiero lastricato termina di fronte a un portico, dove alcuni gradini conducono a una porta di legno massiccio posta al centro della facciata. A destra della porta c’è una grande finestra panoramica lunga quanto tutto il soggiorno.
La casa si affaccia su una strada senza uscita, che curva dolcemente. Gli edifici intorno sono tutti gradevoli e ben curati, molto simili l’uno all’altro. Quella che vive qui è gente di successo, con un’ottima posizione che si traduce in una certa aria di superiorità.
Questo tranquillo sobborgo nella parte nord dello stato di New York, popolato da famiglie di professionisti benestanti, sembra ignaro dei problemi della vicina città e di quelli del vasto mondo, come se da queste parti il sogno americano continuasse a sopravvivere imperturbato.
Ma la serenità del contesto non combacia con l’umore di Tom. Spegne i fari e il motore e rimane seduto al buio per un attimo, disprezzandosi.
Poi nota con sorpresa che l’auto della moglie non è parcheggiata sul viale come al solito. Guarda in automatico l’orologio. Le 21.20. Si chiede se non abbia dimenticato qualcosa. “Doveva uscire?” Non gli pare che gliel’abbia detto, ma è stato così impegnato di recente… “Sarà andata a sbrigare una commissione, tornerà da un momento all’altro.” Le luci, che ha lasciato accese, danno alla casa una calda atmosfera di benvenuto.
Scende dalla macchina nella notte estiva, che profuma di erba appena tagliata, cercando di mandare giù la delusione. Aveva una gran voglia di vedere sua moglie. Resta fermo un attimo, la mano sul tetto dell’auto, e lancia un’occhiata dall’altra parte della strada. Poi recupera la ventiquattrore e la giacca dal sedile del passeggero e chiude la portiera con un gesto stanco. Si incammina, sale i gradini e apre la porta. C’è qualcosa che non gli quadra. Trattiene il respiro.
È immobile sulla soglia, la mano sulla maniglia. Non mette subito a fuoco che cos’è a impensierirlo, poi tutt’a un tratto capisce. La porta non era chiusa. Non che sia un fatto insolito. Gli capita spesso, quando torna la sera, di aprire la porta ed entrare direttamente, ma perché Karen è a casa che lo aspetta. Questa volta, però, è uscita con l’auto e si è dimenticata di chiudere a chiave. È davvero strano per una come lei, pignola e fissata con la sicurezza. Fa un respiro profondo. “Forse aveva fretta.”
Esplora con lo sguardo il soggiorno, un rettangolo sereno di grigi tenui e bianchi. C’è un gran silenzio; è chiaro che non c’è nessuno in casa. Il fatto che abbia lasciato le luci accese vuol dire che non starà fuori per molto. “Forse ha fatto una corsa a comperare il latte.” Ci sarà sicuramente un biglietto. Butta le chiavi sul tavolino accanto alla porta e va in cucina, sul retro della casa. Muore di fame. Chissà se Karen ha già mangiato o lo ha aspettato.
È evidente che stava preparando la cena. C’è un’insalata quasi pronta e un pomodoro tagliato a metà. Tom guarda il tagliere di legno, il pomodoro e il coltello affilato abbandonato lì accanto. Sul banco di granito c’è della pasta e una pentola piena d’acqua sul piano cottura d’acciaio. Il fornello è spento. Ficca un dito nella pentola per controllare la temperatura. L’acqua è fredda. Butta un occhio alla porta del frigorifero per verificare se gli ha lasciato un appunto, ma sulla lavagnetta non c’è niente per lui. Aggrotta la fronte, poi tira fuori dalla tasca dei pantaloni il cellulare. Nessun messaggio. È un po’ seccato. Avrebbe potuto avvisarlo che usciva.
Tom apre il frigorifero e se ne resta lì per un attimo, fissando il contenuto senza vederlo, poi prende una birra di importazione e decide di cominciare a cuocere la pasta. Karen starà per tornare. Si guarda intorno, curioso di sapere quale genere di prima necessità manca all’appello. C’è tutto: latte, pane, salsa di pomodoro, vino, parmigiano. Controlla anche il bagno, dove la carta igienica abbonda. Non gli viene in mente nient’altro di veramente indispensabile. Mentre aspetta che l’acqua bolla, la chiama sul cellulare, ma lei non risponde.
Dieci minuti dopo la pasta è pronta, ma di sua moglie nessuna traccia. Tom scola la pasta, spegne il fornello sotto la salsa di pomodoro e, scordata la fame, si mette a camminare avanti e indietro in soggiorno. Guarda fuori dalla grande finestra panoramica: il prato, la strada. “Dov’è finita?” Sta cominciando a preoccuparsi. La chiama di nuovo e sente una leggera vibrazione alle sue spalle. Gira la testa di scatto e vede il cellulare di Karen vibrare contro lo schienale del divano. “Merda! Ha dimenticato il telefono. E adesso come faccio a chiamarla?”
Inizia a perlustrare la casa in cerca di qualche indizio. Al piano di sopra, in camera da letto, è sorpreso di trovare la sua borsa sul comodino. La apre con mani nervose, sentendosi un po’ in colpa perché non è abituato a frugare nelle cose di sua moglie. Gli sembra un’intrusione, ma si tratta di un’emergenza. Rovescia il contenuto sul letto perfettamente rifatto. C’è tutto: portafoglio, borsellino, rossetto, una penna, un pacchetto di fazzolettini. “Allora non è uscita a fare una commissione. Forse è andata ad aiutare un’amica, qualcuno che l’ha chiamata con urgenza.” Ma se fosse uscita in macchina, non avrebbe lasciato la borsa. E non l’avrebbe già chiamato, magari facendosi prestare il cellulare da qualcuno? Non è da lei comportarsi così.
Tom si siede sul bordo del letto, cercando di capirci qualcosa. Gli batte forte il cuore. C’è qualcosa che non gli torna. Forse dovrebbe chiamare la polizia. Si immagina la situazione. “Mia moglie è uscita e io non so dov’è. Ha lasciato a casa sia il telefono che la borsa. Ha dimenticato di chiudere la porta. Non è da lei.” Forse non lo prenderanno sul serio, visto che Karen manca da troppo poco tempo. E poi non ci sono segni di lotta. In casa non c’è niente che sia fuori posto.
Si alza di scatto dal letto e compie una rapida perlustrazione, girando di stanza in stanza, ma non trova niente di allarmante: nessuno dei telefoni fissi è staccato, non ci sono finestre rotte, niente macchie di sangue sul pavimento. Eppure il suo respiro continua a essere affannoso.
Ha un attimo di esitazione. Forse la polizia penserà che hanno litigato e non gli crederà, anche se preciserà che non c’è stato nessun litigio, che non litigano quasi mai. Che il loro è un matrimonio perfetto.
Così, invece di telefonare alla polizia, si precipita in cucina, dove Karen tiene un elenco dei numeri di telefono più importanti, e inizia a chiamare i suoi amici, uno alla volta.
Guardando i rottami dell’auto che ha davanti, l’agente Kirton scuote il capo rassegnato. La gente e le automobili. Ha visto spesso scene che gli hanno dato il voltastomaco, ma questa volta non è così grave.
La vittima dell’incidente, una donna sulla trentina, non aveva documenti di identità con sé. Niente borsa né portafoglio. Ma nel vano portaoggetti erano riposti il libretto di circolazione e la patente, il che aveva permesso di appurare che l’auto era registrata a nome di Karen Krupp, residente al numero 24 di Dogwood Drive. La donna avrebbe dovuto spiegare un bel po’ di cose e rispondere a un bel po’ di accuse. Per il momento era stata trasportata in ambulanza all’ospedale più vicino. Con tutta evidenza, e anche secondo i testimoni, stava procedendo a una velocità folle. Era passata con il rosso, aveva perso il controllo della sua Honda Civic ed era andata a schiantarsi contro un palo. Era un miracolo che non avesse travolto nessuno.
“Probabilmente era strafatta” pensa Kirton. Comunque l’avrebbero sottoposta a un esame tossicologico.
Chissà se l’auto era rubata. Non sarebbe stato difficile scoprirlo.
Il fatto è che la donna non sembrava né una ladra né una tossica. Aveva l’aria della casalinga, anche se, con tutto quel sangue, non ci avrebbe messo la mano sul fuoco.
Tom Krupp ha telefonato alle persone che Karen vede più spesso. Nessuno ha saputo dirgli dove si trova, e lui non ha intenzione di aspettare più a lungo. Chiama la polizia.
Gli trema la mano quando solleva di nuovo il telefono. Ha la nausea dalla paura.
«911» gli risponde una voce. «Di che cosa si tratta?»
Appena apre la porta e vede il poliziotto sulla soglia, con quell’espressione seria in viso, Tom capisce che è successo qualcosa di grave e viene sopraffatto dal terrore.
«Sono l’agente Fleming» dice il poliziotto, esibendo il distintivo. «Posso entrare?» chiede a bassa voce, in tono rispettoso.
«Come avete fatto ad arrivare così in fretta?» Tom è confuso. «Ho chiamato solo qualche istante fa.» Si sente sul punto di svenire.
«Non sono qui a seguito della chiamata» gli comunica l’agente.
Tom lo precede in soggiorno e crolla sul grande divano bianco come se le gambe non lo reggessero più, senza riuscire a guardare in faccia il poliziotto. Vuole rimandare il momento della verità il più possibile.
Ma il momento è arrivato, lo sa. Si rende conto che gli manca il respiro.
«Si metta a testa in giù» gli consiglia l’agente Fleming, appoggiandogli piano una mano sulla spalla.
Tom china il capo verso il pavimento. Sente che sta per svenire, che tutto il suo mondo sta per crollare. Dopo un attimo alza gli occhi. Non ha idea di quello che lo aspetta, ma è sicuro che non sarà niente di buono.

2

I tre ragazzi, due di tredici e uno di quattordici anni, che mostra già una leggera peluria sul labbro superiore, si lasciano andare spesso a comportamenti trasgressivi. I giovani crescono in fretta in questa parte della città. La sera non restano a casa, incollati al computer o rannicchiati tra le coperte. Se ne vanno in giro in cerca di guai. E sembra proprio che li abbiano trovati.
«Ehi» dice uno, bloccandosi sulla soglia del ristorante abbandonato dove capitano di tanto in tanto per farsi una canna. Gli altri lo affiancano, si fermano e scrutano nel buio.
«Che roba è quella?»
«Sembra un morto.»
«Che cazzo dici, Sherlock?»
Improvvisamente all’erta, i ragazzi si immobilizzano, terrorizzati all’idea che nel locale possa esserci qualcun altro. Ma presto si rendono conto di essere soli. Sollevato, uno dei due più giovani se ne esce in una risata nervosa. «Per un attimo ho pensato che c’eravamo cacciati in un casino.»
Avanzano incuriositi, con gli occhi fissi sul corpo a terra. È un uomo, sdraiato sulla schiena, con evidenti ferite di arma da fuoco al viso e al petto. La camicia chiara è impregnata di sangue, ma loro non s’impressionano. Non sono tipi schifiltosi.
«Magari ha in tasca qualcosa di interessante» dice il più grande.
«Ne dubito.»
Il primo infila con destrezza la mano nella tasca dei pantaloni del morto ed estrae il portafoglio. Lo apre e comincia a rovistare all’interno. «Ehi, a quanto pare siamo stati fortunati» sogghigna, spalancandolo perché anche gli altri possano vedere. È zeppo di banconote, ma al buio è difficile capire quante siano. Fruga nell’altra tasca e tira fuori il cellulare del tizio.
«Voi pensate all’orologio» dice agli altri, mentre esplora il pavimento con aria speranzosa, in cerca di una pistola. Uno dei due più piccoli prende l’orologio, l’altro combatte per un po’ con un anello d’oro massiccio, ma alla fine riesce a sfilarlo dal dito del morto e se lo ficca nella tasca dei jeans. Poi tasta il collo per vedere se c’è una catenina, ma non trova niente.
«Sfilategli la cintura» ordina il maggiore. «E anche le scarpe.»
Non è il loro primo furto, ma non gli era mai successo di derubare un morto. La cosa li eccita e il loro respiro si fa più rapido. È come se avessero oltrepassato un confine.
Il ragazzino più grande, che ovviamente è il capo, dice: «Dobbiamo squagliarcela. E acqua in bocca!».
Gli altri due alzano gli occhi per guardarlo – è più alto di loro – e annuiscono in silenzio.
«Guai a voi se sento che avete fatto gli spacconi. Capito?» I due annuiscono di nuovo con convinzione.
«Se qualcuno vi fa qualche domanda, non siamo mai stati qui. E adesso andiamo.»
I tre scivolano furtivamente fuori dal ristorante, portandosi via gli oggetti sottratti al morto.
Dalla voce del poliziotto e dall’espressione del suo viso Tom intuisce che le notizie che sta per dargli sono tutt’altro che buone. La polizia dà cattive notizie tutti i giorni e adesso tocca a lui riceverle. Ma lui non vuole sapere niente. Vorrebbe solo ricominciare la sua serata da capo. Scendere dall’auto, entrare in casa e trovare Karen in cucina, intenta a preparare la cena. Vorrebbe abbracciarla, aspirare i...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Un Estraneo in Casa Mia
  4. Prologo
  5. 1
  6. 2
  7. 3
  8. 4
  9. 5
  10. 6
  11. 7
  12. 8
  13. 9
  14. 10
  15. 11
  16. 12
  17. 13
  18. 14
  19. 15
  20. 16
  21. 17
  22. 18
  23. 19
  24. 20
  25. 21
  26. 22
  27. 23
  28. 24
  29. 25
  30. 26
  31. 27
  32. 28
  33. 29
  34. 30
  35. 31
  36. 32
  37. 33
  38. 34
  39. 35
  40. 36
  41. 37
  42. 38
  43. 39
  44. 40
  45. 41
  46. 42
  47. 43
  48. 44
  49. 45
  50. 46
  51. 47
  52. 48
  53. 49
  54. 50
  55. Ringraziamenti
  56. Copyright