Mezzo Mondo
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Mezzo Mondo

  1. 384 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Mezzo Mondo

Informazioni su questo libro

Può accadere che una donna sia toccata dal bacio di Madre Guerra. Può accadere che una donna sia destinata a diventare una grande guerriera. Ed è proprio questo il fato di Thorn. Mossa da una volontà incrollabile di vendicare il padre, ucciso in un duello quando lei era una bambina, vive per combattere. Ma proprio il giorno dell'ultima prova, necessaria a vincere un posto nelle truppe scelte del Re, uccide un suo compagno d'armi. Non è colpa sua, la sua azione è frutto di un inganno del suo maestro, Hunnan, che non tollera l'idea che una femmina sia un guerriero migliore dei maschi. Ma legittima difesa o meno, Thorn ha infranto la legge e se il Re non si opporrà la aspetta la lapidazione. È condotta nella sala dello Scranno Nero di Gettland, davanti al Re, alla regina e al loro primo consigliere: Padre Yarvi. Yarvi, che non è più un ragazzino inerme e veloce nella lingua, ma è cresciuto, diventando maestro nell'arte della manipolazione, guadagnandosi la fama di uomo più intelligente e temuto del regno. Sarà lui a salvarle la vita, per il momento, perché non vede in Thorn un semplice soldato, in lei vede una vera e propria arma. Perché Gettland è minacciato. È giunta voce di un'alleanza tra il Gran Re e Grom-gil-Gorm il più grande nemico di Gettland - che ha giurato vendetta proprio contro Yarvi che lo ha ingannato e tradito - e che insieme sono pronti ad attaccare Gettland. Per impedire la catastrofe a Yarvi non resta che mettere in atto un piano disperato: riunire una squadra di reietti per attraversare il Mare Infranto e fermare il Gran Re prima che Gettland cada. Al fianco di Yarvi e Thorn ci sono Rulf, compagno di antiche battaglie; Brand, un orfano che odia combattere ma lo sa fare sin troppo bene; Skifr, la ladra delle reliquie degli Elfi; Safrit e Koll, vedova e orfano del pirata Ankran. Con i suoi personaggi indimenticabili, complessi, fatti sempre di luci e ombre, il suo stile ironico e una trama che rende impossibile smettere di leggere, Joe Abercrombie mostra nuovamente perché è unanimamente considerato la nuova stella del fantasy internazionale, amatissimo dai lettori di ogni età che proiettano i suoi romanzi in cima alle classifiche di vendita inglesi e americane, amatissimo da tutti i più importanti scrittori fantasy del mondo, da Rick Riordan a Robin Hobb, da Patrick Rothfuss a George R.R. Martin.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2015
Print ISBN
9788804650256
eBook ISBN
9788852062766
IV

GRANDI GESTA

ADDII

Thorn trasse il remo dal suo scalmo e diede al legno lucidato dal sudore un’ultima passata affezionata con la punta delle dita.
«Addio e stammi bene, amico mio.» Il remo era del tutto indifferente, perciò, con un sospiro di commiato, la ragazza sollevò la sacca che ricadde rumorosamente sul pontile e le balzò dietro.
Madre Sole sorrideva su Thorlby da un cielo pulito e Thorn chiuse gli occhi e si batté nuovamente sulla faccia, sorridendo mentre la brezza salata le baciava le guance sfregiate.
«Ecco come dovrebbe essere il tempo» bisbigliò, ricordando la calura soffocante della Prima Città.
«Ma guardati.» Rulf si fermò, mentre legava la fune di prua, per scuotere meravigliato la zucca sempre più pelata. «Difficile credere quanto sei cresciuta da quando ti sedesti per la prima volta al mio remo di fondo. E non solo in altezza.»
«Da ragazza a donna» disse Padre Yarvi, sbarcando dalla Vento del Sud.
«Da donna a eroina» disse Dosduvoi, stritolando Thorn in un abbraccio. «Rammenti quella ciurma di throvenlander che cantava di te sul Divino? La diavolessa che uccise dieci guerrieri e salvò l’imperatrice del Sud! Una donna il cui fiato è fiamma e i cui occhi sono lampi!»
«E ha un serpente come coda, non diceva cosi?» bofonchiò Fror, strizzandole l’occhio più piccolo.
«Tutto quel tempo passato a guardarti il culo e non ho mai notato una coda... ahi!» rifletté Koll mentre sua madre gli mollava un ceffone sul collo.
Dosduvoi stava ancora ridendo dei throvenlander. «E le loro facce quando hanno capito che gli stavi seduta davanti!»
«E poi ti hanno implorato di combatterli» rise Rulf. «Che stupidi.»
«Li avevamo avvisati» grugnì Fror. «Cos’è che dicesti, Safrit?»
«Magari il suo fiato non sarà fiamma, ma vi brucerete lo stesso.»
«E li ha presi a calci nel culo uno dopo l’altro e ha tuffato il loro capitano in mare!» gridò Koll, saltando sul parapetto della nave in equilibrio con le braccia tese.
«È stato fortunato a non affogare con tutto quel ghiaccio» affermò Rulf.
Al ricordo Thorn ebbe un brivido. Dèi, se era freddo lungo il Divino.
Il ghiaccio era arrivato presto, a infrangersi contro la chiglia e, solo una settimana a nord delle Alte Colline, aveva intrappolato il fiume. Perciò avevano tirato in secco la Vento del Sud, l’avevano voltata, ne avevano fatto nuovamente una sala e ci avevano vissuto dentro per due mesi gelati come un gregge nella stalla d’inverno.
Thorn continuava ad allenarsi duramente come se udisse ancora la voce di Skifr. Anche di più, forse. Duellava con Dosduvoi, Fror, Koll e Rulf, e sebbene lo vedesse osservare non chiese mai a Brand di farlo.
Continuava a svegliarsi all’ora in cui era solita destarla Skifr. Prima, forse. Guardava a terra attraverso la nuvoletta del suo respiro nella fredda oscurità e lo vedeva sdraiato, il petto che si alzava piano, e desiderava buttarsi accanto a lui nel calore cui erano abituati. Invece si obbligava a uscire nel freddo ancor più intenso, i denti serrati per sopportare il dolore della gamba mentre correva per il deserto bianco, il filo di fumo dell’accampamento dell’equipaggio come unico segno nel grande cielo pallido. Il bracciale elfico luccicava di un biancore gelido al polso.
Aveva quello che aveva sempre desiderato. Qualunque cosa Hunnan e quelli come lui potessero dire, si era dimostrata una guerriera, con un posto di favore nella ciurma di un ministrante e canzoni che ne celebravano le gesta. Aveva mandato una decina di uomini attraverso l’Ultima Soglia. Aveva ottenuto un premio inestimabile dalla donna più potente del mondo. Ed ecco il raccolto.
Mille miglia di nulla solitario.
Thorn era sempre stata felice in compagnia di se stessa. Adesso ne era nauseata. Sul molo di Thorlby abbracciò forte Safrit, tirò giù Koll dal parapetto e gli arruffò i capelli ingarbugliati mentre lui si contorceva per l’imbarazzo; poi prese Rulf e lo baciò sulla zucca pelata, e attirò Dosduvoi e Fror in un abbraccio puzzolente. Un gigante sinistro e un vanster sfregiato, brutti come merde e spaventosi come lupi quando li aveva incontrati, e adesso le erano vicini come fratelli.
«Che gli dèi mi maledicano, mi mancherete, orridi bastardi.»
«Chi lo sa?» fece Madre Scaer, ancora a terra con le gambe incrociate tra le loro scorte, dove aveva trascorso la maggior parte del viaggio verso casa. «I nostri cammini potrebbero nuovamente incrociarsi.»
«Speriamo di no» mormorò Thorn sottovoce; percorse quelle facce familiari e fece un ultimo tentativo: «Come ti sei fatto quella cicatrice, Fror?».
Il vanster aprì la bocca per buttare lì una delle sue battute. Ne aveva una sempre pronta. Poi i suoi occhi corsero alle guance sfregiate di Thorn e si arrestò di colpo, a riflettere. Fece un respiro profondo e la guardò dritto negli occhi.
«Avevo dodici anni. I gettlander giunsero prima dell’alba. Presero come schiavi la maggior parte degli abitanti del villaggio. Mia madre lottò e la uccisero. Io cercai di scappare e il loro capo mi ferì con la sua spada. Mi diedero per morto con nient’altro addosso che questo sfregio.»
Ecco la verità, dunque, ed era abbastanza brutta. Ma c’era dell’altro nel modo in cui Fror la guardava. Qualcosa che le fece venire la pelle d’oca. La voce le si incrinò quando chiese: «Chi era il loro capo?».
«Lo chiamavano Promontorio.»
Thorn abbassò lo sguardo esterrefatto alla spada che portava. La spada che era appartenuta a suo padre. «È questa la spada?»
«Gli dèi cucinano strane ricette.»
«Ma sei salpato con dei gettlander! Hai combattuto al mio fianco, pur sapendo che ero sua figlia!»
«E sono felice di averlo fatto.» Fror fece spallucce. «La vendetta cammina solo in circolo. Dal sangue si ritorna al sangue. La morte ci aspetta tutti. Puoi seguirla piegato in due sotto un fardello di rabbia. E io l’ho fatto, per molti anni. Puoi lasciare che ti avveleni.» Fece un profondo respiro. «O puoi lasciarla andare. Stammi bene, Thorn Bathu.»
«Anche tu» balbettò lei, non sapendo cos’altro dire. Non sapendo cosa pensare.
Diede un ultimo sguardo alla Vento del Sud, alla pittura scrostata sulle colombe bianche montate a poppa e a prua. Quella nave era stata la sua casa per un anno. La sua migliore amica e la sua peggiore nemica. Sembrava diversa da quella su cui erano salpati. Battuta dalle intemperie e consumata, segnata e stagionata. Come lei. Fece un ultimo, rispettoso cenno d’assenso, si buttò la sacca in spalla, si voltò...
Dietro di lei c’era Brand, abbastanza vicino perché potesse quasi odorarne il respiro, le maniche arrotolate che mostravano le cicatrici sugli avambracci, più forte, tranquillo e bello che mai.
«Immagino che ci vedremo in giro, quindi» disse lui.
I suoi occhi erano fissi su di lei, brillanti sotto le ciocche di capelli sul viso. Sembrava che Thorn avesse passato la maggior parte degli ultimi sei mesi cercando di non pensare a lui, il che era doloroso proprio come pensarlo, con in più la frustrazione di non riuscirci. È difficile dimenticare qualcuno quando si trova tre remi davanti a te. Le sue spalle che si muovono con i colpi. Il gomito sul remo. Uno scorcio di viso quando guarda indietro.
«Già» balbettò lei, portando lo sguardo a terra. «Mi sa.» Gli passò intorno, percorse i pontili ondeggianti del molo, e poi via.
Era dura andarsene così dopotutto quello che avevano passato insieme. Forse le era mancato il coraggio. Ma doveva lasciarsi Brand alle spalle, e la propria delusione, vergogna e idiozia insieme con lui. Rimandare qualcosa che va fatto porta solo dolore.
Dannazione, stava cominciando a parlare come Skifr.
Quel pensiero le fece alquanto piacere.
Thorlby era cambiata. Tutto era molto più piccolo di come se lo ricordasse. Più grigio. Più vuoto. I moli non erano più affollati come una volta, c’erano pochi pescatori dolenti che lavoravano sul loro bottino guizzante, le bilance che lampeggiavano argento. Alcuni guerrieri stavano di guardia al cancello, ma erano quelli giovani, per cui Thorn si chiese cosa stesse occupando gli altri. Riconobbe uno del quadrato d’armi; gli occhi del ragazzo si fecero grandi come coppe di birra mentre lei passava impettita.
«È lei?» udì qualcuno mormorare.
«Thorn Bathu» bisbigliò una donna, la voce bassa come se pronunciasse un incantesimo.
«Quella di cui cantano?»
La sua leggenda le marciava innanzi, chi l’avrebbe creduto? Thorn buttò le spalle indietro, assunse la sua espressione più coraggiosa e lasciò che il braccio sinistro mostrasse il bracciale elfico scintillante. Sfavillante alla luce del sole, sfavillante di luce propria.
Su per la Strada delle Incudini i clienti si voltarono a fissarla, i martelli tacquero e i fabbri guardarono fuori, e Thorn fischiettò una canzone mentre camminava. Era la canzone che avevano cantato i throvenlander, sulla diavolessa che aveva salvato l’imperatrice del Sud.
Perché no? Se l’era guadagnato.
Su per i vicoli erti per cui era discesa con Padre Yarvi quando questi l’aveva condotta via dalle segrete della cittadella e poi alla volta di Skeken, Kalyiv, la Prima Città. Pareva fossero passati cento anni, quando svoltò in una stradicciola dove ogni pietra era familiare.
Udì un mormorio alle sue spalle e vide che aveva radunato un piccolo codazzo di bambini che sbirciavano riverenti da dietro l’angolo. Proprio come quelli che seguivano suo padre quando era a Thorlby. E proprio come faceva lui, Thorn li salutò sorridente. E poi, esattamente come faceva lui, snudò i denti e sibilò, facendoli disperdere urlanti.
Skifr diceva sempre che la storia gira in cerchio.
La casa angusta, il gradino consumato nel mezzo, la porta che suo padre aveva malamente inciso, tutto identico a quando era partita, eppure in qualche modo si sentiva nervosa. Il cuore le marte...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. I. REIETTI
  4. II. IL DIVINO E IL RINNEGATO
  5. III. LA PRIMA CITTÀ
  6. IV. GRANDI GESTA
  7. RINGRAZIAMENTI
  8. Copyright