Un eroe del nostro tempo
eBook - ePub

Un eroe del nostro tempo

  1. 256 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

Un eroe del nostro tempo

Informazioni su questo libro

Pubblicato nel 1840, Un eroe del nostro tempo è considerato una delle pietre miliari su cui si e fondata la grande costruzione del romanzo russo dell'Ottocento. Suddiviso in cinque storie, analizza con toni profondamente introspettivi la figura romantica e morbosa del giovane ufficiale Pecorin, personalita complessa nella quale si rispecchiano i tormenti esistenziali dell'autore, mirabile fusione di sangue caldo e mente fredda, tenerezza e brutalita, eleganza taciturna e spietata brama di dominio. Un eroe nel quale l'autore sostiene di aver racchiuso tutti i vizi della sua generazione, ma che e in realta emblema della condizione eterna dell'uomo. E proprio in questo personaggio dai mille volti risiede il segreto del fascino di un romanzo dalla struttura straordinariamente innovativa, uno di quei libri da leggere e rileggere, che ha conquistato lettori di ogni nazione e secolo.

Domande frequenti

Sì, puoi annullare l'abbonamento in qualsiasi momento dalla sezione Abbonamento nelle impostazioni del tuo account sul sito web di Perlego. L'abbonamento rimarrà attivo fino alla fine del periodo di fatturazione in corso. Scopri come annullare l'abbonamento.
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Perlego offre due piani: Base e Completo
  • Base è ideale per studenti e professionisti che amano esplorare un’ampia varietà di argomenti. Accedi alla Biblioteca Base con oltre 800.000 titoli affidabili e best-seller in business, crescita personale e discipline umanistiche. Include tempo di lettura illimitato e voce Read Aloud standard.
  • Completo: Perfetto per studenti avanzati e ricercatori che necessitano di accesso completo e senza restrizioni. Sblocca oltre 1,4 milioni di libri in centinaia di argomenti, inclusi titoli accademici e specializzati. Il piano Completo include anche funzionalità avanzate come Premium Read Aloud e Research Assistant.
Entrambi i piani sono disponibili con cicli di fatturazione mensili, ogni 4 mesi o annuali.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì! Puoi usare l’app Perlego sia su dispositivi iOS che Android per leggere in qualsiasi momento, in qualsiasi luogo — anche offline. Perfetta per i tragitti o quando sei in movimento.
Nota che non possiamo supportare dispositivi con iOS 13 o Android 7 o versioni precedenti. Scopri di più sull’utilizzo dell’app.
Sì, puoi accedere a Un eroe del nostro tempo di Michail Lermontov, Pia Pera in formato PDF e/o ePub. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2015
Print ISBN
9788804585916
eBook ISBN
9788852062506

PARTE SECONDA

(Conclusione del «Diario di Pečórin»)
2

LA PRINCIPESSINA MARY

11 maggio
Ieri sono arrivato a Pjatigórsk,1 ho preso in affitto un alloggio al margine della città, nel suo punto più alto, alle pendici del Mašùk: durante i temporali le nubi scenderanno fino al mio tetto. Questa mattina alle cinque, quando ho aperto la finestra, la mia stanza si è riempita del profumo dei fiori che crescono nel modesto giardinetto di fronte. I rami dei ciliegi in fiore si affacciano alla mia finestra, e ogni tanto il vento sparge i loro petali bianchi sulla mia scrivania. Ho una vista magnifica su tre lati. A occidente c’è il Beštù tutto azzurro con le sue cinque vette, come l’«ultima nube di spersa bufera»;2 a nord, simile a un berretto persiano di pelliccia, si leva il Mašùk e mi sbarra tutto intero quel punto dell’orizzonte. Guardare a oriente mi diverte di più: subito sotto di me si distende una cittadina linda, nuovissima, e mormorano le fonti curative, mormora una folla poliglotta; più oltre, lontano, i monti si chiudono in un anfiteatro sempre più azzurro e nebbioso, mentre al margine dell’orizzonte si allunga una catena argentata di vette innevate, cominciando dal Kazbèk per finire con le due cime dell’El’borús. Mette allegria vivere in questa terra! Non so quale sentimento gioioso è affluito nelle mie vene. L’aria è fresca e pura come il bacio di un bambino; il sole splende, il cielo è azzurro: che altro si potrebbe desiderare? Che bisogno si potrà mai avere qui di passioni, desideri e rimpianti? Comunque sia, è l’ora. Andrò alla sorgente di Elisabetta: a quanto dicono laggiù si riunisce, al mattino, l’intera società termale.
Separazione
Per scendere nel centro della città sono passato da un viale dove ho incrociato alcuni gruppi tristi, che s’inerpicavano lentamente su per la montagna: si trattava perlopiù di famiglie di possidenti dalla provincia; questo si capiva subito dai soprabiti lisi, fuori moda dei mariti e dalle bardature ricercate delle loro mogli e figlie; era evidente che avevano già passato in rassegna l’intera gioventù termale, perché mi hanno esaminato con una tenera curiosità: il taglio pietroburghese del mio soprabito le aveva indotte in errore, ma non hanno tardato a riconoscere le spalline di un semplice ufficiale dell’esercito3 e voltarmi indignate le spalle.
Le mogli delle autorità locali, chiamiamole pure le padrone di casa qui alle terme, si sono rivelate più benevole; hanno l’occhialino, badano meno all’uniforme; nel Caucaso si sono abituate a riconoscere un cuore ardente sotto un bottone d’ordinanza e una mente coltivata sotto un bianco berretto militare. Queste signore sono molto amabili, e restano amabili a lungo! Ogni anno nuovi ammiratori rimpiazzano i vecchi, e forse è proprio quello il segreto della loro amabilità inesauribile. Inerpicatomi su per l’angusto viottolo che porta alla sorgente di Elisabetta, ho superato un gruppo di civili e di militari i quali, come sono poi venuto a sapere, costituiscono una classe a sé stante fra coloro che aspettano il movimento delle acque.4 Bevono, ma non acqua, camminano poco, corteggiano solo en passant… Giocano e lamentano la noia. Sono i bellimbusti: mentre immergono i loro bicchierini rivestiti di vimini nel pozzo dell’acqua solforosa, assumono pose da Accademia; i civili portano cravatte di un celeste chiaro, i militari lasciano intravedere una ruche sul colletto. Professano un profondo disprezzo per le case della provincia e sospirano per i salotti aristocratici della capitale dove non vengono ammessi.
Eccomi finalmente al pozzo… Sulla piazzuola lì accanto c’è, per i bagni, una casupola con il tetto rosso, un po’ più in là un porticato per passeggiare quando piove. C’erano degli ufficiali feriti su una panchina, con le stampelle da una parte, erano pallidi e tristi. Alcune signore andavano avanti e indietro per la piazzuola a passetti veloci, in attesa dell’azione delle acque. C’erano anche due o tre bei faccini. Sotto i pergolati che ricoprono le pendici del Mašùk balenavano a tratti i cappellini variopinti delle amanti della solitudine a due; infatti vicino a ognuno di questi cappellini notavo immancabilmente o un berretto militare oppure un informe copricapo rotondo. Sul dirupo scosceso, là dove si trova il gazebo detto Arpa Eolica, si sporgevano gli estimatori delle vedute, dirigevano il telescopio sul monte El’borús; nel gruppo c’erano anche due precettori insieme ai loro allievi venuti a curarsi la scrofola.
Mi ero fermato senza fiato sul ciglio della montagna e, appoggiato a un angolo della casetta, stavo guardando quel pittoresco paesaggio, quando d’un tratto ho udito alle mie spalle una voce nota: «Pečórin! Siete qui da molto?».
Mi sono voltato: era Grušnìckij! Ci siamo abbracciati. Ci eravamo conosciuti in un reparto attivo. Lui è stato ferito a una gamba da una pallottola ed è arrivato alle terme una settimana prima di me.
Grušnìckij è un allievo ufficiale. È in servizio da un anno soltanto, indossa, in virtù di un suo genere particolare di affettazione, un pesante pastrano da soldato. Ha la crocetta di San Giorgio, quella da soldato. È ben fatto, scuro di pelle e nero di capelli; gli si potrebbero dare venticinque anni ma ne ha a malapena ventuno. Quando parla rovescia la testa all’indietro e non fa che torcersi i baffi con la mano sinistra, perché con la destra si regge sulla stampella. Ha un modo di parlare rapido e manierato: è una di quelle persone che si tengono pronte frasi enfatiche per ogni occorrenza della vita, che semplicemente non sono toccate dalla bellezza, e che si drappeggiano solennemente in sentimenti fuori dell’ordinario, in passioni sublimi e sofferenze eccezionali. Per loro fare effetto è un vero godimento; piacciono da impazzire alle provinciali romantiche. Con l’età diventano dei pacifici possidenti oppure degli ubriaconi: anche l’uno e l’altro, talvolta. Nella loro anima spesso si trovano molte buone qualità, ma nemmeno un soldo di poesia. La passione di Grušnìckij era declamare:5 era pronto a sommergervi di parole non appena la conversazione esulasse dall’ambito dei concetti comuni; con lui non sono mai riuscito a fare una discussione. Non risponde alle vostre obiezioni, non vi ascolta. Se solo vi interrompete, lui inizia una lunga tiritera che in apparenza ha un qualche nesso con le vostre parole, ma in realtà è solo la continuazione del suo monologo.
È assai spiritoso; i suoi epigrammi sono spesso buffi, azzeccati o cattivi mai: non sa uccidere nessuno con una parola; non conosce gli uomini e i loro lati deboli, perché per tutta la vita si è occupato di se stesso soltanto. Aspira a diventare un eroe da romanzo. Ha cercato talmente tanto di convincere gli altri di essere una creatura inadatta a questo mondo, condannata non si sa bene a quali misteriose sofferenze, che alla fine se ne è quasi convinto lui stesso. Proprio per questo indossa con tanto orgoglio il suo pesante pastrano di soldato.6 Io l’ho capito, e per questo lui non mi ama, sebbene dall’esterno i nostri rapporti sembrino dei più cordiali. Dicono che Grušnìckij si sia distinto per la sua audacia; io l’ho visto in azione; agita la sciabola, urla e si slancia in avanti con gli occhi socchiusi. Questa mica è un’audacia russa!7
Nemmeno io l’amo: sento che un giorno ci scontreremo in una stretta via, e a uno di noi due non ne verrà nulla di buono.
Il suo arrivo nel Caucaso è conseguenza anch’esso del suo fanatismo romantico: sono sicuro che alla vigilia della partenza dalla tenuta di suo padre ha dichiarato con aria cupa a una qualche sua vicina belloccia che lui non partiva semplicemente così, per motivi di servizio, ma che cercava la morte perché… qui si sarà messo una mano sugli occhi per proseguire così: «No, voi» (oppure tu) «non dovete sapere questo!… La vostra anima pura rabbrividirebbe! E a che pro?… Che cosa sono io per voi? Mi capireste forse?…» e così via.
A me ha detto lui stesso che il motivo che lo ha spinto a entrare nel reggimento K. resterà in eterno un segreto fra lui e il Cielo.
Del resto in quei momenti, quando molla il mantello tragico, Grušnìckij è assai buffo e caro. Sono curioso di vederlo con le donne: lì, penso, ce la metterà tutta!
Ci siamo incontrati da vecchi amici. Ho cominciato a chiedergli del modo di vivere alle terme e delle persone interessanti.
«Conduciamo una vita assai prosaica», ha detto con un sospiro. «Quelli che bevono le acque al mattino sono fiacchi, come tutti i malati, mentre quelli che alla sera bevono il vino sono insopportabili, come tutti i sani. Compagnie femminili ce n’è, ma non sono una grande consolazione: giocano a whist, si vestono male e parlano un francese orribile. Quest’anno da Mosca è arrivata solo la principessa Ligovskàja con sua figlia; ma io non le conosco. Il mio pastrano di soldato è come un marchio d’infamia. La partecipazione che suscita mi pesa come un’elemosina.»
Proprio in quel momento ci sono passate accanto due signore che andavano al pozzo: una anzianotta, l’altra invece assai giovane e snella. Non ne ho potuto distinguere i visi dietro i cappelli, ma erano vestite secondo le severe regole del buon gusto: nulla di superfluo. La seconda aveva un abito accollato gris de perle; una leggera sciarpa di seta le avvolgeva il collo flessuoso. Le scarpe couleur puce si allacciavano con tanta grazia alla caviglia sopra lo stretto piedino che perfino a qualcuno non iniziato ai misteri della bellezza sarebbe sfuggita un’esclamazione, quantomeno di stupore. Il suo passo leggero ma nobile aveva qualcosa di verginale, sfuggiva alla definizione, ma era comprensibile allo sguardo. Quando ci è passata accanto ha esalato quell’ineffabile aroma che si respira a volte sul biglietto di una donna a noi cara.
«Ecco la principessa Ligovskàja», ha detto Grušnìckij, «insieme a sua figlia Mary, come la chiama all’inglese. Sono qui da soli tre giorni.»
«E ne conosci già il nome?»
«Sì, l’ho sentito per caso», mi ha risposto arrossendo. «Confesso di non avere nessun desiderio di conoscerle. Questa superba aristocrazia ci guarda, noi dell’esercito, come se fossimo dei selvaggi. E cosa importa a loro se sotto un berretto numerato c’è una mente e sotto un pesante pastrano un cuore?»
«Povero pastrano!» ho detto ridendo. «E chi è questo signore che si avvicina e porge loro i bicchieri con tanta premura?»
«Oh! Quello è un bellimbusto di Mosca, Raévič! È un giocatore: si vede subito dalle volute dell’enorme catena d’oro sul gilè azzurro. E che spesso bastone, proprio come quello di Robinson Crusoe!8 Per non parlare della barba e del taglio à la moujik
«Ti sei incattivito contro l’intero genere umano.»
«E ne ho ben donde…»
«Oh! Davvero?»
Intanto le signore si erano allontanate dal pozzo e si trovavano alla nostra altezza. Con l’aiuto della sua stampella Grušnìckij ha fatto in tempo ad assumere una posa drammatica e mi ha risposto a voce alta in francese: «Mon cher, je hais les hommes pour ne pas les mépriser, car autrement la vie serait une farce trop dégoutante».
La bella principessina si è voltata e ha omaggiato l’oratore di una lunga occhiata curiosa. L’espressione di quell’occhiata era piuttosto indefinita, ma non beffarda, e nel mio intimo me ne sono congratulato con lui.
«Questa principessina Mary è davvero bella», gli ho detto. «Ha degli occhi così vellutati, proprio così, vellutati, ti consiglio di adottare questa espressione quando parli dei suoi occhi: le ciglia superiori e inferiori sono così lunghe da non riflettere nelle pupille i raggi del sole. Amo questi occhi senza splendore: sono così morbidi, è come se ti accarezzassero. Del resto mi pare che nel suo viso ci sia solo del buono… E i suoi denti come sono, bianchi? Questo è i...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Introduzione
  4. Cronologia
  5. Bibliografia
  6. Pronuncia dei nomi
  7. Un eroe del nostro tempo
  8. Prefazione
  9. PARTE PRIMA
  10. PARTE SECONDA (Conclusione del «Diario di Pečórin»)
  11. NOTE
  12. Postfazione di Vladimir Nabokov
  13. Copyright