Chiedimi di amarti
eBook - ePub

Chiedimi di amarti

  1. 300 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Chiedimi di amarti

Informazioni su questo libro

Come agente della Corona, Marcus Ashford, conte di Westfield, ha combattuto numerosi duelli, gli hanno sparato ed è sopravvissuto al fuoco di un cannone. Ma niente lo ha mai eccitato di più della sua irresistibile fidanzata Elizabeth... Anni dopo, lei lo respinge per sposare il più giovane e affascinante lord Hawthorne, ma si ritrova presto vedova e al centro di un pericoloso intrigo. Entra, infatti, in possesso di un diario scritto in codice contenente il resoconto delle missioni segrete di Hawthorne che potrebbe essere collegato alla sua morte. E Marcus, che ha il compito di proteggerla, è deciso a non lasciarsi sfuggire quest'occasione per sedurla di nuovo. Ma come fidarsi dell'uomo dalla cui travolgente passione è già fuggita una volta? Forse, la cosa più sensata non sarebbe resistere alla tentazione, bensì arrendersi… Chiedimi di amarti è il primo libro della serie Georgiana.

Domande frequenti

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2015
Print ISBN
9788804647768
eBook ISBN
9788852061677

1

Marcus la individuò non appena mise piede nella sala da ballo dei Moreland, ma rimase intrappolato sulle scale tra pari della nobiltà inglese e dignitari impazienti di scambiare qualche parola con lui e ai quali non prestò la minima attenzione, attirato da Elizabeth.
Non sapeva spiegarsi come fosse possibile, ma sembrava ancora più bella di una volta: era sempre stata meravigliosa, e forse la lontananza non aveva fatto che rafforzare la passione che Marcus nutriva nei suoi confronti.
Un sorriso beffardo gli increspò le labbra. Ovviamente, Elizabeth non contraccambiava quel sentimento. Quando i loro occhi s’incontrarono, lui lasciò trasparire dalla sua espressione il piacere che provava nel rivederla e lei, in tutta risposta, sollevò il mento e distolse lo sguardo.
Quello era un affronto, una mortificazione pubblica in piena regola, diretta e ben calcolata, che però non lo ferì. Anni prima, lei gli aveva assestato un colpo ben più micidiale, e ora lui era immune da ulteriori ferite. Marcus riuscì a ignorare con facilità il suo disprezzo, ben consapevole che Elizabeth non avrebbe potuto cambiare il loro destino nemmeno se avesse lottato con tutte le proprie forze.
Lui era al servizio della Corona da anni e in quell’arco di tempo aveva vissuto esperienze degne di un romanzo. Aveva affrontato diversi duelli, gli avevano sparato due volte ed era sopravvissuto al fuoco di un cannone. Nel corso della sua carriera aveva perso tre navi e ne aveva affondate una mezza dozzina, prima di essere costretto dagli impegni derivanti dal suo titolo a fermarsi in Inghilterra. Eppure, quell’improvvisa scossa di consapevolezza che lo scuoteva nel profondo lo coglieva solo quando si trovava nella stessa stanza con Elizabeth.
Il suo collega, Avery James, gli girò intorno, appena capì che era inchiodato al suolo. «Guardate, ecco la viscontessa di Hawthorne, milord» disse, indicandogliela con un movimento quasi impercettibile del mento. «È in piedi, sulla destra, vicino alla pista da ballo, e indossa un vestito di seta viola. È...»
«Lo so chi è» lo interruppe Marcus.
Avery lo guardò stupito. «Non avevo idea che vi conosceste.»
Marcus curvò le labbra, note per la loro capacità di lasciare le donne senza fiato, in una smorfia di trepidante sfacciataggine. «Io e lady Hawthorne siamo... vecchi amici.»
«Capisco» mormorò Avery, tuttavia il fatto che avesse aggrottato la fronte indicava che non aveva capito un bel niente.
Marcus appoggiò la mano sulla spalla dell’amico. «Andate avanti; mi occupo io di questa gente, ma vi prego di lasciare lady Hawthorne a me.»
Avery esitò per un istante, poi annuì riluttante e si allontanò tra la folla.
Marcus si sforzò di mantenere la calma di fronte agli ospiti importuni che gli bloccavano il passaggio e rispose laconicamente al turbinio di saluti e di domande che gli rivolgevano. La confusione era il motivo principale per cui odiava quelle occasioni. I gentiluomini invitati non si scomodavano a consultarlo negli orari di ricevimento, ma si sentivano liberi di avvicinarlo nell’atmosfera più rilassata di un evento mondano. Lui però non mischiava mai gli affari con il piacere, o perlomeno quella era stata la sua regola fino ad allora.
Elizabeth sarebbe stata un’eccezione, come d’altronde lo era sempre stata.
Sistemandosi il monocolo, Marcus osservò Avery mentre si allontanava tra la folla, spostando lo sguardo dal suo compagno alla donna che aveva l’incarico di proteggere. Senza toglierle gli occhi di dosso, tracannò un bicchiere che qualcuno gli aveva offerto come se stesse morendo di sete.
A Elizabeth non erano mai piaciute le parrucche e anche quella sera non la indossava, a differenza invece di tutte le altre signore. Le piume candide tra i capelli corvini producevano un effetto mozzafiato e attiravano tutti gli sguardi su di lei. La sua chioma, nera come la notte, metteva in risalto gli occhi, così brillanti da ricordare la lucentezza dell’ametista.
I loro sguardi si erano incontrati solo per un istante, ma quegli occhi erano riusciti a turbare Marcus con il loro profondo magnetismo. Lui ne era innegabilmente attratto: era un richiamo primordiale, come quello che spinge la falena verso la luce. Anche se correva il rischio di bruciarsi, non sapeva resistervi.
Che sguardo meraviglioso! Ashford riusciva quasi a credere di essere l’unico uomo nella stanza, che tutti gli altri fossero spariti e che niente si frapponesse tra lui, fermo sulle scale, e lei, che lo aspettava all’altro capo della sala da ballo.
Immaginò di avvicinarsi, prenderla tra le braccia e appoggiare le labbra sulle sue. Sapeva già che quella bocca carnosa ed eccitante si sarebbe aperta al suo bacio. Poi lui avrebbe fatto scorrere le labbra giù, lungo il collo e avrebbe passato la lingua sul crinale del petto. Voleva affondare nel suo corpo prosperoso e saziare i violenti appetiti che lo tormentavano, così imperanti da spingerlo quasi sull’orlo della pazzia.
Una volta desiderava tutto di lei: il suo sorriso, le sue risate, il suono della sua voce, persino di vedere il mondo attraverso i suoi occhi. Ora cercava di tenere i piedi per terra e avere slanci meno romantici. Rivoleva indietro la propria vita, senza sofferenze, senza rancori e senza notti insonni. Elizabeth se l’era portata via e ora doveva restituirgliela, dannazione!
Serrò la mascella. Era arrivato il momento di raggiungerla.
Un solo sguardo era stato sufficiente a far vacillare il suo autocontrollo. Cosa sarebbe successo quando l’avrebbe di nuovo stretta tra le braccia?
Elizabeth, viscontessa di Hawthorne, rimase sconvolta per un istante che le parve interminabile, sentendo il calore diffondersi sulle guance.
Il suo sguardo si era soffermato solo per un attimo sull’uomo in piedi sulla scalinata, eppure, in quel piccolo lasso di tempo, il cuore aveva preso a batterle a un ritmo allarmante. Era rimasta immobile, rapita dalla bellezza mascolina del suo viso, quel viso che aveva manifestato chiaramente tutto il suo piacere nel rivederla. Confusa e turbata dalla propria reazione, si sforzò di non considerarlo e distolse lo sguardo con aria sprezzante.
Marcus, ora conte di Westfield, era sempre magnifico, l’uomo più affascinante che lei avesse mai conosciuto. Quando i loro occhi s’incontrarono, percepì la scossa che passò tra lei e Ashford, come se fosse una forza tangibile, un’attrazione intensa che era sempre esistita. Elizabeth fu profondamente sconvolta dal fatto che non si fosse minimamente attenuata.
Dopo quello che era successo, lui avrebbe dovuto respingerla.
Elizabeth avvertì una mano poggiarsi sul suo gomito, riportandola alla conversazione a cui stava prendendo parte. Si voltò e vide George Stanton al suo fianco, che la scrutava con aria preoccupata. «Non vi sentite bene? Siete paonazza.»
Lei si sistemò il bordino di pizzo della manica per nascondere il disagio. «Fa molto caldo, qui dentro» rispose, aprendo con uno scatto il ventaglio e muovendolo rapidamente per rinfrescarsi le guance accaldate.
«Vado a prendervi qualcosa da bere» propose George, e lei ricambiò il suo premuroso suggerimento con un sorriso.
Quando Stanton se ne fu andato, Elizabeth rivolse la sua attenzione verso il gruppo di gentiluomini che la circondavano. «Di cosa state parlando?» chiese a nessuno in particolare. A dire il vero, non aveva ascoltato una sola parola, nell’ultima mezz’ora.
«Di Westfield» rispose Thomas Fowler, indicandolo con discrezione. «Siamo sorpresi di vederlo qui. È risaputo che nutre una profonda avversione per gli eventi mondani.»
«Ah, davvero?» osservò Elizabeth fingendo indifferenza mentre le mani presero a sudarle dentro i guanti. «Allora stasera la fortuna non mi assiste!»
Thomas le fece un leggero inchino e il suo contegno tradì un certo disagio. «Le mie scuse, lady Hawthorne. Avevo scordato i rapporti che avete intrattenuto in passato con lord Westfield.»
«Non c’è bisogno di scusarsi» rispose lei con una risatina sommessa. «A dire il vero, avete la mia più sincera ammirazione. Sono certa che voi siate l’unica persona in tutta Londra a esserselo dimenticato. Non datevi pena, signor Fowler. Già allora il conte aveva ben poca importanza per me, figuratevi adesso!»
Sorrise quando vide George tornare con un bicchiere in mano, gli occhi che brillavano di felicità al solo vederla.
Mentre le persone intorno a lei proseguivano la loro conversazione, Elizabeth si spostò leggermente in modo da potersi assicurare una posizione migliore per gettare qualche occhiata furtiva a Marcus, che cercava di farsi strada sulla scalinata stracolma di gente. Era evidente che la sua reputazione di dongiovanni non aveva intaccato il suo potere e la sua influenza. Lui spiccava persino in mezzo alla folla. Diversi gentiluomini molto stimati si affrettarono verso di lui per salutarlo, prima ancora che scendesse sulla pista da ballo. Le donne vestite con abiti di colori sgargianti e con pizzi vaporosi scivolarono furtivamente verso le scale. Il flusso di ammiratori che si muovevano nella sua direzione aveva cambiato l’equilibrio dell’intera sala.
Dal canto suo, Marcus rimase quasi indifferente a tutta quell’adulazione, procedendo con la disinvoltura e l’arroganza dell’uomo che ottiene sempre quello che vuole. La folla intorno cercava di trattenerlo, ma lui sgusciava via senza difficoltà: a qualcuno riservò uno sguardo assente, ad altri si rivolse in modo sbrigativo e con alcuni alzò semplicemente la mano con aria imperiosa. Riusciva a gestire le persone con la sola forza della sua personalità, e loro lo lasciavano fare con piacere.
A un tratto, percependo lo sguardo insistente di Elizabeth, la guardò di nuovo negli occhi e sollevò gli angoli della bocca generosa, mentre in loro nasceva una strana consapevolezza. Il luccichio negli occhi di lui e il calore del suo sorriso le facevano promesse che lei sapeva non sarebbe mai riuscito a mantenere.
Nei suoi movimenti si scorgevano un senso di solitudine e un’energia impaziente che quattro anni prima non c’erano. Quelli erano segnali di pericolo ed Elizabeth era intenzionata a prestarvi la massima attenzione.
George, che riusciva a scrutare con facilità oltre la testa di Elizabeth, controllava attentamente la scena. «Ecco, pare che lord Westfield si stia dirigendo verso di noi.»
«Ne siete certo, signor Stanton?»
«Sì, milady. Mi sta guardando dritto in faccia.»
Elizabeth sentì crescere la tensione alla bocca dello stomaco. Marcus era rimasto letteralmente paralizzato quando i loro occhi si erano incontrati per la prima volta, e la seconda era stata ancora più preoccupante. Stava venendo a prenderla e non c’era tempo per prepararsi. George abbassò lo sguardo su di lei, quando prese ad agitare di nuovo con frenesia il ventaglio.
“Accidenti a lui, doveva venire proprio stasera?” si domandò lei. Era la sua prima uscita in società dopo tre anni di lutto e lui veniva a reclamarla puntualmente dopo poche ore che era riapparsa, come se avesse atteso con impazienza quel momento per tutto il tempo. Lei era pienamente consapevole che non era stato per niente così. Mentre portava il lutto e rimaneva isolata dal resto del mondo, Marcus si era adoperato a consolidare la sua reputazione di libertino tra le lenzuola di molte signore.
Dopo il modo ignobile in cui le aveva spezzato il cuore, Elizabeth non lo avrebbe degnato nemmeno di uno sguardo e non si sarebbe curata di salvare le apparenze, in particolar modo quella sera. Non era lì per godersi il ricevimento: stava aspettando un uomo, che doveva incontrare in gran segreto. La serata sarebbe stata interamente dedicata alla memoria di suo marito: voleva giustizia per Hawthorne, e ora l’avrebbe avuta.
La folla si aprì con riluttanza davanti a Marcus e poi si richiuse al suo passaggio, preannunciando la sua avanzata. Alla fine eccolo lì, proprio di fronte a lei, sorridente. Il cuore di Elizabeth cominciò a battere all’impazzata. La tentazione di voltarsi e scappare era forte, ma l’attimo giusto fuggì via in un lampo.
Raddrizzando le spalle, fece un profondo respiro. Il bicchiere nella sua mano cominciò a tremare, e ingollò tutto in un sorso per evitare di versarselo sul vestito, poi lo passò a George senza guardarlo.
Marcus le prese la mano prima che potesse tirarla indietro, facendo un piccolo inchino e sfoggiando un sorriso suadente, senza distogliere lo sguardo. «Lady Hawthorne, siete incantevole come sempre.» La sua voce era calda e vellutata. «È folle da parte mia pensare che abbiate ancora un ballo da concedermi e il desiderio di danzare con me?»
La mente di Elizabeth si affannava in cerca di un modo per rifiutare. Quella sua virile prestanza maliziosa e la possanza nell’attraversare la sala erano ancora più travolgenti da vicino.
«Non sono...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Prologo
  4. 1
  5. 2
  6. 3
  7. 4
  8. 5
  9. 6
  10. 7
  11. 8
  12. 9
  13. 10
  14. 11
  15. 12
  16. 13
  17. 14
  18. 15
  19. 16
  20. 17
  21. 18
  22. 19
  23. 20
  24. 21
  25. 22
  26. 23
  27. Epilogo
  28. Ringraziamenti
  29. Copyright