Razzismo
Torno all’Attacco di Panico che ho descritto nelle prime pagine e spiegherò nel corso di questo racconto cosa è successo e come è andata a finire.
Dopo quel primo attacco ne ho avuti degli altri, che hanno fatto di me un “evitatore” di una grande quantità di situazioni.
Poi è subentrata l’Ansia che, con alti e bassi, mi ha tormentato per anni.
La causa della mia malattia, però, non è stato il comportamento dei miei genitori come di solito accade, ma il razzismo.
Prima di raccontare la mia storia occorre un chiarimento di fondo: il Razzismo non è solo una ideologia ma è un fenomeno biologico in una Specie che vive in gruppi. Rendersene conto può farci trovare modi più efficaci per combatterlo.
Perfino Gesù era razzista, come si deduce da un episodio raccontato in modo straordinario da Matteo nel Vangelo3. I credenti sanno che Gesù era anche un uomo.
Nel periodo storico che attraversiamo, in cui interi popoli sono in movimento e si confrontano e si affrontano sull’identità, la mancanza di rispetto comporta gravi pericoli. Bisogna occuparsene tanto, inventando nuove strade.
Sono ebreo ma la mia famiglia era laica e il fatto di essere ebrei era solo un fatto casuale senza importanza.
Il Culto nella mia famiglia era l’Italia.
Nazionalisti Italiani e combattenti, anche eroici, per l’Unità d’Italia. C’entrava la Storia. Il Risorgimento, Mazzini, Garibaldi e i Savoia emancipatori per legge degli ebrei Italiani. E i Bersaglieri, che nel 1870 avevano liberato gli ebrei romani dai soprusi del Papa.
Il mio bisnonno aveva un negozietto di cappelli nel Ghetto di Roma, ma suo figlio, mio nonno, era ufficiale di carriera al Ministero della Guerra.
Per me essere ebreo non aveva un significato, né lo aveva per i miei amici, né per nessuno che conoscevo.
Ma nel 1938 l’idiozia di Mussolini con la complicità di un Re infingardo, traditore del suo Popolo e del suo Casato, portò a delle leggi razziste.
Il giorno in cui furono promulgate ero a spasso con mia madre in via Veneto e, dal giornale romano “Il Messaggero” appresi che facevo schifo, ero indegno della stima e dell’amicizia degli altri, mi dovevo vergognare di esistere.
Mentre con il pensiero irrigidito guardavo il giornale, arrivò un’amica di mia madre, Gabriella, che l’abbracciò dicendo: “Olga mia, che vergogna!”, e aggiunse: “E poi voi non sembrate neanche ebrei!”.
Capii anni dopo l’innocenza di Gabriella che non aveva mai visto un ebreo tranne noi, ed era stata informata sugli ebrei solo dalle vergognose parole dei preti di allora, in chiesa.
L’evento non portò a nessuna conseguenza con i miei amici, ma fui cacciato dalla mia scuola e la mia fidanzatina mi lasciò.
Eravamo innamorati e avevamo deciso di sposarci da grandi. I suoi genitori l’avevano convinta a non vedermi più.
Ho un po’ dimenticato il suo viso ma non dove me lo disse, all’ingresso di Villa Borghese a Porta Pinciana.
So che allora accadde tutto, in una frazione di secondo.
La realtà, i fatti, la ragione scomparvero, prese forma una nozione nuova, assoluta, solitaria e disperata, ma certa: ero sbagliato, fatto male e responsabile di esserlo: premessa necessaria per le future entrate in funzione a vuoto della Reazione di Sopravvivenza.
Per far capire quanto sia perfida l’Ansia, e quanto siano necessarie ricerche mediche che scoprano e curino le vie nervose che determinano i collegamenti tra pensieri, memoria e Reazione del Robot fuori contesto, racconterò alcune esperienze.
Quella spaventosa nuova nozione è presto scomparsa, ma solo per “cadere nell’inconscio”, da dove mi ha disturbato emergendo per brevi o lunghi periodi, senza comprensibili rapporti con gli avvenimenti della mia vita.
La mia Ansia
Dopo l’inspiegabile attacco di Panico avuto in Norvegia e raccontato all’inizio di questo libro sono stato bene per anni.
Ma una sera, credo nel 1953 – ero a cena con mia moglie e alcuni amici in un ristorante in via Nazionale – si impossessò di me il pensiero che avevo avuto nel 1938, quando la mia ragazza mi aveva lasciato.
Riprovai il ribrezzo e la colpa di essere ebreo; invidiai i miei amici che non lo erano. Un fulmine a ciel sereno. Da allora cominciai ad avere l’Ansia.
Non so perché mi sia successo. Le condizioni della mia vita erano buone, nulla di quello che era accaduto nel 1938 c’era più, eppure è successo.
Non è così strano l’odio per se stessi, è addirittura un classico della condizione ebraica. Woody Allen è un maestro assoluto sull’argomento. L’ebreo che si odia per il fatto di essere ebreo è noto ed è oggetto di barzellette. Ma è comunque un fatto spiacevole e, per la mia esperienza, dalle radici invisibili, se non per l’episodio con la mia ragazza.
Da allora ho cominciato ad avere l’Ansia senza sapere perché. Un disagio che mi obbligò ad andare in cerca di aiuto. Avevo bisogno di curarmi.
Un giorno, alla fine degli anni Cinquanta a Capri, dove ero in vacanza con i miei genitori, incontrai Gianfranco Tedeschi. Ci conoscevamo poco, ma io sapevo che lui era psichiatra e psicoanalista. Durante una lunga passeggiata dalle parti di Anacapri gli chiesi consigli per la mia Ansia e per il Panico. Fu molto bello e rassicurante e quell’autunno cominciai ad andare da lui per fare una Analisi.
Gianfranco era un genio. Aveva studiato e collaborato con Jung durante la guerra, in Svizzera, dove i suoi lo avevano mandato per sfuggire alle leggi razzali. Ma i suoi genitori nel 1944 erano stati presi, deportati e assassinati in Germania, da bande di imbecilli superiori4.
Gianfranco è stato il primo psichiatra in Italia a far entrare la Psicoterapia nelle Cliniche Universitarie. Era un mistico con i piedi per terra. Il suo successo nella vita è stato strepitoso.
Quando andai da Gianfranco erano altri tempi, poche persone erano a conoscenza delle differenze tra Freud, Jung, Lacan e altri. Per la cura dell’Ansia si poteva fare un’analisi. Questo solo era noto, non il tipo di analisi. La parola Psicoterapia neppure esisteva.
Sono andato da Gianfranco nella totale ignoranza di chi fosse Jung.
Per Jung solo la Psiche esisteva, concretamente, mentre la materia ne era un accessorio.
La meta dello sviluppo psichico è per Jung il raggiungimento di un’armonia tra l’Io cosciente individuale e le forze psichiche inconsce che lo hanno generato e che sono il Tutto psichico, l’Eternità, la Vita, in qualche modo Dio. Queste forze inconsce che si manifestano nei sogni, nelle visioni, nei miti, nelle idee religiose, sono anche le essenze psichiche comuni dell’umanità o dei diversi gruppi umani; sono date a priori, e non vanno confuse con i contenuti inconsci personali dovuti alle esperienze infantili.
Non che Jung ignorasse queste esperienze, ma non rientravano nei suoi interessi, tanto che raccomandava l’uso delle terapie freudiana o adleriana per la cura delle nevrosi.
Al centro del suo interesse era solo l’atteggiamento dell’Io nei confronti delle potenti forze psichiche innate, che si manifestano all’Io spontaneamente, con aspetti e modi diversi, in una successione che Jung chiama “processo di individuazione”.
La patologia, la sofferenza, l’Ansia si producono quando un erroneo atteggiamento dell’Io verso queste forze provoca un arresto del processo e una alterazione dell’equilibrio che l’analisi psicologica ha la funzione di correggere.
Tuttavia, secondo il pensiero originale di Jung, l’alterazione dell’equilibrio tra l’Io e l’Inconscio andava affrontata con la psicologia analitica solo dopo i 35/40 anni (di allora) e non tutti erano in grado di sottoporsi a questo tipo di terapia.
In sostanza Jung non si occupava del tipo di pazienti che costituiscono la maggioranza dei casi nella pratica quotidiana di uno psicoterapeuta.
Ma le idee di Jung io non le capisco, non le ho mai capite, si tratta di concetti che nella mia testa non entrano. Con l’eccezione, immensa, che sapeva dell’inesistenza del Libero Arbitrio.
Le sue idee aiutano molte persone, insoddisfatte delle concezioni che sostengono l’Umanità nel vivere. Alludo al Sacro.
“Sacro” è un termine di origine indoeuropea che significa “separato”, cioè fatto di un’Altra Sostanza, immateriale ed eterna. È una ricerca che molte persone hanno bisogno di fare.
Sono i concetti della New Age, cui Jung ha dato un grande contributo.
Gianfranco non mi guarì con l’analisi ma con la sua amicizia. Ci siamo piaciuti molto e voluti bene, lui aveva intuito ciò che mi serviva. Con Gianfranco, uomo di mondo e per un periodo anche presidente della Comunità ebraica di Roma, conobbi e frequentai gli ambienti antifascisti di Giustizia e Libertà e del Partito d’Azione, diventai il rappresentante per l’Italia dell’Associazione francese contro il razzismo. Poi venne creata l’Associazione Italia-Israele, composta di parlamentari italiani in difesa del diritto di Israele a esistere, e ne fui nominato segretario.
Questi contatti mi portarono a conoscere anche molti israeliani, e nacquero delle profonde amicizie. Occupandomi della difesa degli ebrei l’Ansia se ne è andata.
Ma mi era rimasta la Paura del Panico. E quella fu una guerra vera.
In quel tempo avevo, in caso di bisogno, il giovane dottor Tripodi, che poi nella sua vita è diventato un grande uomo e un grande medico.
Sapeva molte cose e mi parlò del Sistema Nervoso e della terapia del Comportamento.
Passeggiavamo, credo, in via Panama e lui mi disse parole che non ho più dimenticato: “Vede, la Paura è come la catena dell’àncora di una nave. Se si taglia un anello una volta, in qualunque punto, la catena scivola via, non c’è più”. Voleva dire agire, lottare all’ultimo sangue contro il Panico.
Mi accadde di dover mettere in pratica le sue parole.
Mia moglie mi tradì. Avevo dei sospetti e pensavo che Claude avesse una storia con un ragazzo con il quale andava a cavallo fuori città, sull...