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APPUNTI SU ROGER (119 KB)
PENSIERI SU ROGER (66 KB)
ALTRA ROBA (33 KB)
SOGNO SU ROGER (40 KB)
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UNO (48,7 MB)
DUE (64 MB)
La cucina di un cottage lungo la costa in una sera tempestosa. Da brividi! Le finestre sbatacchiano. Un bollitore fuma dopo avere appena scaldato l’acqua. C’è un senso di disagio, che si riflette nella musica. Sotto una pozza di luce gialla, sul tavolo della cucina, un registratore luccica. Seduti uno di fronte all’altro a quel tavolo, con la schiena nell’ombra, ci sono WIGGY e ROGER.
Primo piano del registratore: sta registrando.
Primo piano dell’orologio a muro. Sono le 11.45. Primo piano della finestra: fuori è molto buio.
WIGGY rabbrividisce. È un bell’uomo sui trentacinque anni, attraente e serio. ROGER ha lo sguardo fisso davanti a sé. Ora la musica ricorda il battito del cuore. WIGGY parla per primo.
WIGGY
Cominciamo?
ROGER
Quando vuoi.
WIGGY
Posso portarti qualcosa?
ROGER
Tipo?
WIGGY
Acqua.
ROGER
No.
WIGGY
Un bocconcino succulento?
ROGER
(offeso)
No.
WIGGY
(tentando di alleggerire il tono)
Un piattino di latte?
(ride)
Un gomitolo di spago?
ROGER gli lancia un’occhiata risentita. Ovviamente è un gatto. Forse avrei dovuto precisarlo all’inizio della scena, in effetti. – N.B. Ricordati di tornare indietro e aggiungerlo: ROGER è un gatto. Altrimenti, se non fosse chiaro che ROGER è un gatto parlante, la scena potrebbe risultare un po’ meno interessante.
WIGGY
(imbarazzato)
Scusa.
WIGGY tenta di incoraggiarlo con un sorriso ma ROGER non batte ciglio. Oltre a essere un gatto, è anche un bastardo, per usare un eufemismo. – N.B. È il punto giusto per cominciare la storia? Sì, senz’altro. O forse no. Oddio, non ne ho idea.
ROGER
Posso controllare? Non starai mica scrivendo questa cosa come una sceneggiatura? Cioè, sotto forma di sceneggiatura?
WIGGY
(mentendo)
No, perché?
ROGER
Ho letto le tue sceneggiature, non dimenticarlo. Le mandavi sempre a Jo. Ridevamo a crepapelle. Tendi a scrivere didascalie molto autoindulgenti.
WIGGY si mostra superiore con uno sforzo sovrumano. Che sangue freddo!
WIGGY
Bene, Roger. Eccoti qui.
ROGER
(senza prestare realmente attenzione, annoiato)
Sì.
WIGGY
Un gatto parlante!
Nota a me stesso: Ricordati di chiarirlo all’inizio.
ROGER
Sì.
WIGGY
Ti andrebbe di dirmi...
(esita, comprensibilmente)
... qualcosa al riguardo?
ROGER sta pensando ad altro. Primo piano su ROGER.
ROGER
(meditabondo)
Cosa dirai a Daniel Craig?
Nessuno ci crederà. Ma è successo davvero.
WIGGY
(confuso)
In che senso, cosa gli dirò? Non lo conosco neanche.
ROGER
Se questa cosa diventasse un film.
WIGGY
Non ti seguo.
ROGER
A volte sei proprio ottuso, Wiggy. Cosa dirai per convincere Daniel Craig a fare la mia voce nel film, se mai ci sarà un film?
WIGGY
Be’, in realtà non ci avevo pensato...
ROGER
(interrompendolo)
È molto sobrio.
WIGGY
Sì. Sì, hai ragione. È risaputo.
ROGER
È un po’ rozzo. Questo mi piace.
WIGGY.
Sì.
La conversazione è andata esattamente così.
ROGER
Virile.
WIGGY
Assolutamente.
ROGER
Emotivamente reticente.
WIGGY
Sì, ma...
ROGER
Sarebbe perfetto.
WIGGY
(ride)
Peccato che la tua voce non c’entri niente con Daniel Craig, Roger. Somiglia più a quella di Vincent Price!
ROGER balza giù dal tavolo, atterrando dolcemente sul pavimento di pietra con la coda ritta. Che primadonna. Non sopporta proprio quando WIGGY ha l’ultima parola su qualcosa.
WIGGY
(gridando)
Roger! Su, andiamo.
ROGER si guarda intorno e fa un miagolio sonoro e molto incisivo.
WIGGY
Hai una gran voce, Roger!
ROGER si infila nella gattaiola e se ne va. Segue un climax musicale. WIGGY, sospirando, spegne il registratore. Le finestre sbatacchiano.
Fuori il cancello del giardino scricchiola e sbatte nel vento. Oltre, si ode il grido del mare.
Nota a me stesso: Riscrivilo da capo, non funziona ancora. Ricorda che è alquanto insolito che un gatto parli. È difficile guardare le cose dalla giusta distanza quando ci sei così abituato. La struttura ha un’aria piuttosto professionale, però. Questo è incoraggiante, se non altro.
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La fotografia ritrae un comune gatto meticcio, bianco e tigrato. Il muso e il petto bianchi. Le zampe bianche. Il dorso, la coda e le orecchie tigrate. Un po’ appesantito. Dall’aria innocua. È in braccio a una donna alta e attraente con indosso un grembiule da artista sporco, i lunghi capelli castani sollevati dalla brezza marina. Sorride. Ai suoi piedi c’è un terrier marrone piccolo e carino, con la lingua penzoloni. Dietro di loro si nota un cottage di selce e mattoni; sull’architrave spicca il nome SHINGLE COTTAGE.
Da dove comincio? Dalla faccenda assurda, o da Jo? Be’, da Jo. Ovviamente da Jo. Insomma, dove diavolo è? Non si può sparire nel nulla! Ero lì a Coventry, al Belgrade Theatre. Dio. Verso le quattro. Giovedì pomeriggio. Nel bel mezzo della seconda parte della matinée di See How They Run. “Una chiamata per lei” hanno detto. Alice, l’assistente di scena. Non ero tenuto a rispondere ma l’ho fatto. Grazie a Dio l’ho fatto. È Jo, con una voce strana. “Wiggy” dice. “Wiggy, ti prego, vieni qui. È per Roger. Devi aiutarmi a occuparmi di lui.” O qualcosa del genere, non ne sono proprio sicuro. Insomma, ero un po’ distratto! Stavamo per arrivare al punto in cui Jeff dice: “Sergente, arrestate quasi tutti questi vicari!” e bisognava concentrarsi. E mia sorella maggiore mi chiama al lavoro per dirmi che devo occuparmi di un gatto? “Jo, dovrò richiamarti più tardi” ho detto. Ho restituito il telefono ad Alice e ho fatto il mio ingresso dalla portafinestra, appena in tempo, potrei aggiungere.
Comunque, calato il sipario l’ho chiamata al cottage perché sono un tipo corretto, ma niente. Continuava a scattare la segreteria. Idem sul cellulare. Le ho lasciato un paio di messaggi. “Orfanello Due chiama Orfanella Uno”, è il nostro codice segreto, be’, lo è diventato dopo che la mamma è morta e ci ha lasciati soli quando andavo ancora a scuola. Jo è Orfanella Uno, ovviamente. Io sono Orfanello Due. Ma non mi ha richiamato. Poi Alice mi ha detto che ha provato a chiedere a Jo quale fosse il problema – si erano conosciute la volta che Jo aveva assistito devotamente allo spettacolo quando ci eravamo esibiti a Worthing (il cottage è poco lontano da lì) –, ma aveva fatto fatica a decifrare qualcosa con chiarezza perché il teatro era sommerso dalle risate, alcune delle quali, sono lieto di poterlo dire, erano state provocate direttamente da me medesimo. Cos’ha scritto il “Coventry Bugle”? Oh, grazie per averlo chiesto. Credo fosse: “Will Caton-Pines è riuscito a rendere quasi credibile il ruolo ingrato di Clive, il marito”.
Comunque, tornando a Jo, ho continuato a chiamarla per un paio di giorni. Alla fine della settimana ho preso la macchina e sono andato da lei. Gli Orfanelli devono restare uniti, e in ogni caso le repliche dello spettacolo erano finite. Ovviamente non c’era traccia di lei, né di Jeremy, il cane pazzo che di solito è felicissimo di vedermi. Ho detto che “ovviamente” non c’era traccia di Jo... Ma perché l’ho detto? Non c’è un bel niente di “ovvio”! Dov’è? Già mentre percorrevo il viottolo fangoso che usciva da quel maledetto paesino sentivo che era tutto sbagliato. La sua macchina parcheggiata nell’erba bagnata di fronte alla casa. Il grosso cancello spalancato. La porta sul retro aperta. La borsetta in anticamera. Il collare e il guinzaglio di Jeremy appesi al gancio, vicino a quello dove di solito tiene le chiavi di scorta del vicino di casa. Il cellulare attaccato al caricabatterie in cucina. Il riscaldamento acceso. Una lista di incombenze su una lavagna: fai questo, prendi quello, occupati di chissà cosa. Era come se fosse uscita per cinque minuti. Sembra ancora che sia uscita per cinque minuti, e sono qui da quattro giorni. Non so cosa fare, a parte scrivere questo.
Ieri mi sono deciso a chiamare la polizia e un detective, un tale sergente Duggan, è venuto a stendere un verbale. Gli ho fatto fare il giro della casa, del capanno, dello studio, del piccolo scantinato con un passato legato al contrabbando e cose del genere. L’ho portato a vedere la spiaggia. Gli ho mostrato il bel panorama lungo la costa verso Littlehampton. Abbiamo bussato alla porta del vicino ma quel tizio non c’è mai, vive perlopiù in Francia. Jo l’ha incontrato una sola volta da quando è qui. Ho spiegato che un tempo i due cottage erano una casa unica, costruita intorno al 1750, e che negli anni Trenta Ivor Novello faceva spesso visita a quella vicina, che all’epoca apparteneva a una stella del musical. Credo di essermi lasciato un po’ trasportare dal racconto della casa vicina, le varie feste e via dicendo. Potevo risparmiarmelo! Con i poliziotti capisci subito quando stai dando “troppe informazioni”, perché smettono di scriverle. Il mio grande errore è stato quello di chiedergli in tono scherzoso se qualcuno gli avesse mai detto: “Sergente, arrestate quasi tutti questi vicari!”. Non aveva idea di cosa stessi parlando.
Gli ho spiegato che Jo mi aveva telefonato a teatro per dirmi: “Occupati del gatto”, e a quel punto lui se l’è presa con me, perché le sue parole lasciavano intendere che avesse in programma di andare via. Ma non era andata via. Ho l’impressione – questo non l’ho detto al sergente Duggan –, ma ho l’impressione che sia stata rapita dagli alieni. E ho anche l’impressione che il rapimento sia avvenuto nell’ultima mezz’ora. Mi aspetto ancora adesso di vedere J, il cane, arrivare di corsa in cerca di una carezza. Mi aspetto che le sedie siano ancora calde quando mi siedo, e a volte mi prende un colpo quando le trovo effettivamente calde, perché Roger è appena balzato giù sentendomi arrivare. Roger è proprio un gatto imprevedibile. È da quando sono arrivato che sento questa specie di raschio nel muro dove c’è il caminetto e uno penserebbe che – essendo un gatto – muoia dalla voglia di indagare. Invece se ne sta sdraiato pacificamente sulla poltrona con lo schienale alto di Jo, a mezzo metro di distanza dall’origine di quel rumore sospetto, agitando la coda e ignorandolo del tutto.
Il poliziotto mi ha chiesto il permesso di controllare il cellulare di Jo... Ovviamente era un’ottima idea, perciò ho detto di sì. Era ancora sotto carica, eppure sembrava che non funzionasse, e quando lo ha preso in mano ha detto: “Puah!” e lo ha lasciato cadere (era tutto appiccicaticcio, ha detto). A ogni modo, secondo lui avrei dovuto portarlo a Worthing per vedere cosa si poteva recuperare dalla “SIM card” (Dio, odio tutta quella roba) e mi ha aiutato a usare i guanti di gomma per infilarlo in un sacchetto di plastica.
Devo ammetterlo, era molto più perspicace di me: sarà merito dell’addestramento. Nello studio di Jo al piano di sopra ha trovato un acquerello di Roger lasciato a metà e un mucchio di schizzi del dipinto sparsi sul pavimento. Non ci avevo fatto caso. Ha anche chiesto informazioni su un binocolo e un taccuino con annotati alcuni orari, che erano proprio vicino alla finestra, di fianco a una tazza di tè ormai freddo. “Martedì, 10.05. Giardino del vici...