
- 192 pagine
- Italian
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eBook - ePub
Le cinque rose
Informazioni su questo libro
Ambientato durante la guerra dei cento anni, il romanzo narra le incredibili avventure di Sir Nigel Loring, il cavaliere inglese più temuto dai francesi, sul cui blasone campeggiano cinque rose scarlatte capaci di terrorizzare gli eserciti nemici.
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Informazioni
Capitolo VII
Nigel si sentiva di umore allegro la mattina in cui si recò a Guildford in sella al grande sauro a vendere quelli che erano stati i tesori di Ermyntrude; la mattina era bella, e in cuore gli cantavano la primavera e la giovinezza. Lo seguiva Samkin Aylward, il giovane arciere che si era costituito sua guardia del corpo, in sella al puledro del quale Nigel si era servito fino a poco tempo prima. Anche Samkin era allegro e cavalcava fischiettando. Non c’era contadino che non lo salutasse con un cenno della testa, non c’era donna che non avesse un sorriso per lui, tanto più che Samkin guardava a occhi spalancati ogni gonnella che incontrava, e si voltava poi a seguirla con lo sguardo.
Soltanto una volta Samkin ricevette un saluto molto meno cordiale, quando incontrò un uomo alto, dai capelli bianchi e dal colorito acceso, che veniva dalla palude.
«Buongiorno, padre mio» gridò Samkin appena lo vide. «Come vanno le cose a Crooksbury? E che notizie mi date della mucca nera, dei boccali venuti da Alton e di Mary, la lattaia?»
«Proprio tu me lo chiedi, furfante?» ribatté il vecchio. «Hai irritato i monaci di Waverley – eppure lo sapevi che sono loro fittavolo – che adesso mi manderanno via dal podere. È vero che l’affitto non scade prima di tre anni, e almeno per questi tre anni dal podere non mi muovo, dicano e facciano quello che vogliono; ma non avrei mai pensato di dovermene andare da casa per colpa tua. Se ti azzardassi a venire a Crooksbury, anche grande e grosso come sei, ti spolvererei con una frusta quel bel giustacuore verde.»
«Potrete farlo domani mattina, perché ci verrò domani mattina a Crooksbury. Però quello che io ho fatto a Waverley è quello che avreste fatto voi, se vi foste trovato al mio posto. Guardatemi negli occhi, vecchia testa calda che non siete altro, e ditemi se ve ne sareste rimasto a guardare mentre l’ultimo dei Loring, proprio quello che adesso se ne va con la testa e il cuore tra le nuvole, stava per essere ammazzato per ordine di quel grosso monaco. Se mi rispondete di sì, non vi riconosco più come padre.»
«Se le cose stanno davvero così, non hai fatto male. Ma è triste per me lasciare il podere, dopo averci lavorato per tanti anni.»
«Via, ci sono ancora tre anni, e in tre anni possono succedere tante cose! Presto me ne andrò alla guerra, e quando avrò aperto uno o due forzieri francesi, potrete comprarvi tutta la terra che volete e fare marameo all’abate, all’economo e ai loro balivi. Non sono certo meno valoroso di Tom Withstaff di Churt, che è tornato dopo sei mesi con le tasche piene di monete, a braccetto di due belle ragazze francesi.»
«Dio ci guardi dalle donne! Ma sono certo che se in Francia ci sono soldi da fare, tu non ne farai meno di chiunque altro. E ora vattene, ragazzo, presto, il tuo signore si allontana.»
Samkin salutò con la mano guantata e, spronando il puledro, raggiunse in fretta Nigel che teneva il cavallo al piccolo trotto.
«Arciere» lo chiamò poco dopo Nigel «non hai sentito parlare anche tu di un bandito che gira da queste parti?»
«Infatti, signore, un servo di sir Peter Mandeville, fuggito nella foresta; lo chiamano il “Selvaggio di Puttenham”.»
«E come mai non lo hanno cercato o catturato? Se davvero è un ladro e un omicida, sarebbe un’impresa onorevole liberarne il paese.»
«I sergenti d’arme di Guildford sono usciti contro di lui due volte per prenderlo; ma quello è una volpe che ha parecchie tane e non è facile scovarlo.»
«Credimi, se quello che devo fare non fosse tanto urgente, andrei io stesso a cercarlo. Dov’è il suo rifugio?»
«Oltre Puttenham c’è una palude, vi si trovano parecchie grotte: è la che si rifugiano il bandito e i suoi.»
«I suoi! Dunque è a capo di una banda?»
«Ci sono parecchie persone con lui.»
«Questa sembra davvero un’impresa onorevole, che varrebbe la pena di tentare. Quando il re sarà ripartito, mi metterò in cerca dei banditi di Puttenham; in questo viaggio credo ci sia poca probabilità di incontrarli.»
«Spesso piombano sui pellegrini che percorrono la strada di Winchester e li spogliano di tutto. La cosa peggiore è che i contadini dei dintorni li amano, perché non li aggrediscono, e spesso li ricompensano largamente dell’aiuto che gli chiedono.»
«È facile essere generosi del danaro rubato» ribatté Nigel. «Quanto a noi, sono certo che non li vedremo: non si azzarderanno ad assalire due uomini armati, e così non avremo l’occasione di compiere questa impresa.»
Avevano ormai oltrepassato la zona paludosa, ed erano sulla strada maestra percorsa dai pellegrini che dall’Inghilterra occidentale andavano a Canterbury. La strada passava da Winchester, poi per la bella vallata di Itchen fino a raggiungere Farnham, e là si biforcava; un ramo correva lungo la collina dello Hog’s Back; l’altro piegava verso sud e giungeva alla collina dove sorgeva la chiesa con il reliquiario di san Tommaso Becket, un vecchio edificio allora in rovina, ma che era stato in altri tempi splendido, meta di innumerevoli pellegrinaggi. Nigel e Samkin Aylward, diretti a Guildford, presero appunto questo ramo della strada.
In quel momento nessuno andava nella loro stessa direzione; ma incontrarono un gruppo numeroso di pellegrini che tornavano dal santuario portando al berretto un’immagine di san Tommaso o una conchiglia o un’ampolla di acqua benedetta; molti si erano caricati le spalle di oggetti acquistati in città. Avevano un aspetto trasandato, i vestiti insudiciati dal fango e dalla polvere, gli uomini a piedi, le donne a dorso d’asino, tutti apparentemente stanchi e ansiosi di tornare a casa. I due viaggiatori passarono poi davanti a qualche mendicante o a qualche vecchio menestrello, seduti lungo il bordo della strada in attesa di ricevere una moneta dai passanti. Il sole scottava già, la brezza sollevava la polvere; i due si rallegrarono vedendo una taverna, e scesero da cavallo per entrare a bere un boccale di birra. Ma quando se ne andarono l’ostessa salutò freddamente Nigel, perché non le aveva prestato alcuna attenzione, e diede uno schiaffo a Samkin perché gliene aveva prestata troppa.
Oltre il villaggio di Puttenham la strada passava per un bosco di querce e faggi, il terreno un intrico di cespugli e di felci. Nigel e l’arciere vi incontrarono una pattuglia di sergenti d’arme, uomini alti, forti, ben montati, con giustacuori e berretti di cuoio, armati di lancia e spada. Vedendo avvicinarsi i due viaggiatori, si fermarono per chiedere se avessero fatto brutti incontri durante il viaggio; ricevuta una risposta negativa, quello che sembrava comandare la pattuglia aggiunse:
«State attenti: il Selvaggio e sua moglie sono qui nei pressi. Non più tardi di ieri hanno ucciso un mercante che veniva da ovest per prendergli cento corone.»
«Sua moglie, avete detto?» chiese Nigel.
«Sì, sua moglie, che lo aiuta sempre e lo ha salvato molte volte; perché lui ha la forza, ma lei ha la presenza di spirito e l’astuzia. Spero proprio che una di queste mattine vedremo le loro teste rotolare insieme sull’erba.»
E i sergenti d’arme continuarono il loro cammino verso Farnham. Quanto a Nigel e a Samkin, avevano appena voltato la curva della strada quando si fermarono di nuovo, attratti da un triste spettacolo.
Seduta sul ciglio erboso della strada, una donna, che sembrava alta ed era senza dubbio graziosa, si torceva le mani dalla disperazione, piangendo amaramente. Scorgendo quella bellezza in pianto, Nigel, dopo essere stato un momento a contemplarla, si avvicinò.
«Che cosa vi addolora così?» chiese con dolcezza. «Se c’è qualcosa in cui posso esservi utile, vi prego, consideratemi al vostro servizio. Chi ha potuto essere tanto duro di cuore da recarvi offesa?»
La donna si alzò e volse verso Nigel il viso ancora bagnato di lacrime, ma già illuminato dalla speranza.
«Oh, signore, salvate mio padre!» esclamò giungendo le mani in un gesto di implorazione. «Avete forse incontrato una pattuglia di sergenti d’arme? Non ho avuto il tempo di chiedere il loro aiuto, e temo che ormai non possano più sentirmi.»
«Sì, li abbiamo incontrati, ma hanno proseguito per la loro strada. Non possiamo esservi di aiuto noi?»
«Affrettatevi allora, vi supplico, affrettatevi! Da un momento all’altro potrebbero uccidere il mio povero padre. I banditi lo hanno trascinato nel bosco, e ho sentito la sua voce farsi sempre più fioca. Affrettatevi, vi prego!»
Nigel balzò a terra e gettò le redini a Samkin, poi chiese alla bella donna in lacrime:
«Quanti erano i banditi?»
«Due, ma molto forti.»
«Allora vengo anch’io con voi, signore» esclamò Samkin.
«Impossibile: il bosco è troppo fitto perché possano passarci i cavalli, e non voglio lasciarli soli sulla strada.»
«Se volete, li custodirò io, signore» intervenne la donna.
«Vi ringrazio, ma non è facile trattenere Pommers. Rimani qui, Samkin, finché non torno… No, no, fai come ti dico!»
E Nigel, il piacere dell’avventura che gli scintillava negli occhi azzurri, sguainò la spada entrando nella foresta.
Camminò e camminò sempre più rapidamente, saltando piccoli fossi, facendosi strada tra i fitti cespugli, agile come un daino, guardandosi sempre attorno, tendendo l’orecchio per sentire una voce, un suono qualsiasi che gli rivelasse presenze umane. Camminò a lungo, pensando sempre alla donna in lacrime, al padre preso dai banditi; e soltanto quando si sentì il fiato mozzo e i piedi feriti dall’asprezza del terreno si fermò, dicendosi che ormai non avrebbe trovato più quelli che cercava e che era tempo di tornare sulla strada per proseguire verso Guildford, dove lo attendeva un compito importante e urgente.
Samkin, quanto a lui, aveva cercato di consolare a modo suo la donna che singhiozzava con il viso appoggiato sulla sella di Pommers.
«Andiamo, bellezza mia, non piangete» le diceva «o farete piangere anche me. Occhi belli come i vostri non devono piangere.»
«Ahimè! era il migliore dei padri, così buono, così amorevole… Se l’aveste conosciuto gli avreste voluto bene anche voi.»
«Via, calmatevi, non gli accadrà nulla. Vedrete che tra poco il mio signore ve lo ricondurrà sano e salvo.»
«No, no, sento che non lo rivedrò mai più. Oh, sorreggetemi, vi prego, mi sento svenire. Ahimè, ahimè!»
Samkin Aylward passò prontamente il braccio attorno alla vita della donna, che sembrava sul punto di svenire, e lei si abbandonò, appoggiandogli una mano sulla spalla. Samkin non provava certo imbarazzo in circostanze come questa; ma a un tratto vide il viso pallido della donna illuminarsi, e una gioia malvagia brillarle negli occhi che non guardavano lui. Messo in guardia, la allontanò bruscamente e balzò di lato, appena in tempo per evitare un colpo di clava che gli avrebbe altrimenti fracassato il cranio. Si volse, vide, come in un baleno, un uomo più alto e più grosso di lui che scopriva i denti in un ghigno feroce, un viso crudele, dalla barba incolta, dagli occhi ferini. Mancato il colpo, l’aggressore rialzò la clava per vibrarne un altro; ma ormai Samkin era in guardia e gli si avvinghiò per schivare anche il secondo colpo.
Samkin possedeva una forza eccezionale; tuttavia lo sconosciuto sembrava ancora più forte. Le braccia avvinghiate al corpo del suo avversario, l’arciere si affannava ad atterrarlo, ma inutilmente: era già molto che non venisse lui stesso gettato a terra. Ansanti per lo sforzo, i due uomini avanzavano, indietreggiavano senza che nessuno dei due sopraffacesse l’altro o riuscisse a svincolarsi. Due volte il bandito per poco non atterrò l’avversario; due volte l’agilità e l’abilità di Samkin gli consentirono di resistere, rendendo di nuovo pari le possibilità di vittoria dei due avversari. Infine Samkin, con un improvviso e violento strattone, riuscì ad atterrare il bandito, e subito gli fu addosso, mettendogli un ginocchio sul petto e la punta della daga alla gola.
«Per le ossa delle mie dieci dita!» ansimò. «Fai un solo movimento, e ti scanno come un capretto.»
Il bandito non si mosse, per la punta della daga che gli pungeva la gola e perché era stordito dalla caduta. Samkin si guardò attorno: la donna era scomparsa. Allora cominciò a temere per Nigel, pensando potesse essere caduto anche lui in un agguato mortale. Incerto sul da farsi, mentre rifletteva se non sarebbe stato meglio spacciare senza tante storie il bandito per poter correre in aiuto del padrone, lo vide uscire dal bosco.
«Chi è quell’uomo sul quale te ne stai appollaiato, Samkin?» esclamò Nigel vedendo quell...
Indice dei contenuti
- Copertina
- Frontespizio
- Capitolo I
- Capitolo II
- Capitolo III
- Capitolo IV
- Capitolo V
- Capitolo VI
- Capitolo VII
- Capitolo VIII
- Capitolo IX
- Capitolo X
- Capitolo XI
- Capitolo XII
- Capitolo XIII
- Capitolo XIV
- Capitolo XV
- Copyright