Ed è subito sera
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Ed è subito sera

  1. 196 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Ed è subito sera

Informazioni su questo libro

La produzione poetica del Nobel Quasimodo fino al 1942, ripartita nelle sezioni "Nuove poesie", "Erato e Apòllion", "Oboe sommerso" e "Acque e terre". Un testo fondamentale per avvicinarsi alla figura del poeta e un classico della poesia contemporanea.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2015
Print ISBN
9788804347675
eBook ISBN
9788852062070

ÒBOE SOMMERSO

1930-1932

Òboe sommerso

Avara pena, tarda il tuo dono
in questa mia ora
di sospirati abbandoni.
Un òboe gelido risillaba
gioia di foglie perenni,
non mie, e smemora;
in me si fa sera:
l’acqua tramonta
sulle mie mani erbose.
Ali oscillano in fioco cielo,
labili: il cuore trasmigra
ed io son gerbido,
e i giorni una maceria.

L’eucalyptus

Non una dolcezza mi matura,
e fu di pena deriva
ad ogni giorno
il tempo che rinnova
a fiato d’aspre resine.
In me un albero oscilla
da assonnata riva,
alata aria
amare fronde esala.
M’accori, dolente rinverdire,
odore dell’infanzia
che grama gioia accolse,
inferma già per un segreto amore
di narrarsi all’acque.
Isola mattutina:
riaffiora a mezza luce
la volpe d’oro
uccisa a una sorgiva.

Alla mia terra

Un sole rompe gonfio nel sonno
e urlano alberi;
avventurosa aurora
in cui disancorata navighi,
e le stagioni marine
dolci fermentano rive nasciture.
Io qui infermo mi desto,
d’altra terra amaro
e della pietà mutevole del canto
che amore mi germina
d’uomini e di morte.
Il mio male ha nuovo verde,
ma le mani sono d’aria
ai tuoi rami,
a donne che la tristezza
chiuse in abbandono
e mai le tocca il tempo,
che me discorza e imbigia.
In te mi getto: un fresco
di navate posa nel cuore;
passi nudi d’angeli
vi s’ascoltano, al buio.

Nascita del canto

Sorgiva: luce riemersa:
foglie bruciano rosee.
Giaccio su fiumi colmi
dove son isole
specchi d’ombre e d’astri.
E mi travolge il tuo grembo celeste
che mai di gioia nutre
la mia vita diversa.
Io muoio per riaverti,
anche delusa,
adolescenza delle membra
inferme.

Riposo dell’erba

Deriva di luce; labili vortici,
aeree zone di soli,
risalgono abissi: apro la zolla
ch’è mia e m’adagio. E dormo:
da secoli l’erba riposa
il suo cuore con me.
Mi desta la morte:
più uno, più solo,
battere fondo del vento:
di notte.

Nell’antica luce delle maree

Città d’isola
sommersa nel mio cuore,
ecco discendo nell’antica luce
delle maree, presso sepolcri
in riva d’acque
che una letizia scioglie
d’alberi sognati.
Mi chiamo: si specchia
un suono in amorosa eco,
e il segreto n’è dolce, il trasalire
in ampie frane d’aria.
Una stanchezza s’abbandona
in me di precoci rinascite,
la consueta pena d’esser mio
in un’ora di là dal tempo.
E i tuoi morti sento
nei gelosi battiti
di vene vegetali
fatti men fondi:
un respirare assorto di narici.

Parola

Tu ridi che per sillabe mi scarno
e curvo cieli e colli, azzurra siepe
a me d’intorno, e stormir d’olmi
e voci d’acque trepide;
che giovinezza inganno
con nuvole e colori
che la luce sprofonda.
Ti so. In te tutta smarrita
alza bellezza i seni,
s’incava ai lombi e in soave moto
s’allarga per il pube timoroso,
e ridiscende in armonia di forme
ai piedi belli con dieci conchiglie.
Ma se ti prendo, ecco:
parola tu pure mi sei e tristezza.

Di fresca donna riversa in mezzo ai fiori

S’indovinava la stagione occulta
dall’ansia delle piogge notturne,
dal variar nei cieli delle nuvole,
ondose lievi culle;
ed ero morto.
Una città a mezz’aria sospesa
m’era ultimo esilio,
e mi chiamavano intorno
le soavi donne d’un tempo,
e la madre, fatta nuova dagli anni,
la dolce mano scegliendo dalle rose
con le più bianche mi cingeva il capo.
Fuori era notte
e gli astri seguivano precisi
ignoti cammini in curve d’oro
e le cose fatte fuggitive
mi traevano in angoli segreti
per dirmi di giardini spalancati
e del senso di vita;
ma a me doleva ultimo sorriso
di fresca donna riversa in mezzo ai fiori.

Curva minore

Pèrdimi, Signore, ché non oda
gli anni sommersi taciti spogliarmi,
sì che cangi la pena in moto aperto:
curva minore
del vivere m’avanza.
E fammi vento che naviga felice,
o seme d’orzo o lebbra
che sé esprima in pieno divenire.
E sia facile amarti
in erba che accima alla luce,
in piaga che buca la carne.
Io tento una vita:
ognuno si scalza e vacilla
in ricerca.
Ancora mi lasci: son solo
nell’ombra che in sera si spande,
né valico s’apre al dolce
sfociare del sangue.

Un sepolto in me canta

M’esilio; si colma
ombra di mirti
e il sopito spazio m’adagia.
Né amore accosta
silvani accordi felici
nell’ora sola con me:
paradiso e palude
dormono in cuore ai morti.
E un sepolto in me canta
che la pietraia forza
come radice, e tenta segni
dell’opposto cammino.

Compagno

Non so che luce mi dèsti:
nuziale ellisse di bianco e di celeste
precipita e in me frana. Tu sei,
beata nascita, a toccarmi
e nei silenzi aduni figure dell’infanzia:
mitissimi occhi di pecora trafitta,
un cane che m’uccisero,
e fu un compagno brutto e aspro
dalle scapole secche.
E quel fanciullo io amavo
sopra gli altri;...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Salvatore Quasimodo
  4. Bibliografia
  5. NUOVE POESIE - 1936-1942
  6. ERATO E APÒLLION - 1932-1936
  7. ÒBOE SOMMERSO - 1930-1932
  8. ACQUE E TERRE - 1920-1929
  9. Copyright