
- 152 pagine
- Italian
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eBook - ePub
Il benessere fisico e spirituale
Informazioni su questo libro
La salute del corpo e dell'anima: un delicato equilibrio tra le esigenze fisiche e spirituali, risultato di un corretto atteggiamento mentale e di abitudini quotidiane adeguate. Una via di saggezza pratica ispirata alla concretezza del vivere nei brani dei celebri Saggi del grande pensatore cinquecentesco, alla ricerca di una vita sana e serena in un'epoca di grandi sconvolgimenti.
Una miniera di spunti per liberarci dai dubbi, dalle paure, dalle sofferenze e dagli affanni dell'esistenza, e vivere a lungo nel pieno godimento delle facoltà fisiche e mentali.
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Informazioni
Print ISBN
9788804561767eBook ISBN
9788852059803IL BENESSERE FISICO E SPIRITUALE
I brani di Montaigne che seguono sono tratti da Saggi, vol. I, trad. di Virginio Enrico, Mondadori, Milano 1986. La traduzione è stata rivista da Claudio Lamparelli.
Il bene più prezioso
È una cosa preziosa la salute, e la sola cosa che meriti in verità che uno vi dedichi, non solo il tempo, il sudore, la fatica, i beni, ma anche la vita per ottenerla, poiché, senza di essa, l’esistenza ci diventa penosa e fastidiosa. Il piacere, la saggezza, la scienza e la virtù, senza di essa, si offuscano e svaniscono; e ai più solidi e filati ragionamenti che la filosofia ci voglia opporre per sostenere il contrario, noi non dobbiamo far altro che contrapporre l’immagine di Platone colpito dal mal caduco o da una apoplessia e, su questo presupposto, sfidarlo a chiamare in aiuto quelle nobili e ricche facoltà del suo animo. Ogni via che ci conduca alla salute non si può dire per me né aspra, né a caro prezzo. Ma ho qualche altra ragione che mi fa stranamente diffidare di tutta questa mercanzia. Io non dico che non possa esserci qualche arte; che non ci siano, fra tanti prodotti della natura, cose adatte alla conservazione della nostra salute, questo è certo.
So bene che c’è qualche erba medicinale che mantiene umido, qualche altra che fa seccare; so, per esperienza, che il rafano produce venti e che le foglie della senna sciolgono il ventre; conosco parecchie esperienze simili, come so che il montone mi nutre e il vino mi riscalda; e diceva Solone che il mangiare era, come gli altri farmaci, una medicina contro la malattia della fame. Non nego l’esperienza che traiamo dalla gente, né dubito della potenza e della fecondità della natura, e del suo adattarsi al nostro bisogno. Vedo bene che i lucci e le rondini se la passano bene vivendo in essa. Diffido delle invenzioni del nostro spirito, della nostra scienza e della nostra arte, in favore della quale abbiamo abbandonato la natura e le sue regole, e alla quale non sappiamo imporre moderazione né limite.
Noi chiamiamo giustizia il miscuglio delle prime leggi che ci capitano in mano e la loro applicazione e pratica, spesso assai inadatta e iniqua e, pur essendo fra quelli che se ne burlano e che l’accusano, non intendiamo però offendere quella nobile virtù, ma soltanto condannare l’abuso e la profanazione di quel sacro titolo; nel medesimo modo, nella medicina, io onoro certo quel nome glorioso, i suoi propositi, la sua promessa così utile al genere umano, ma la sua pratica non la onoro né la stimo.
In primo luogo l’esperienza me la fa temere: infatti, per quel che conosco, non vedo nessuna specie di persone così presto malata e così tardi guarita come quella che è sotto la giurisdizione della medicina. La loro stessa salute è alterata e corrotta dalla costrizione delle diete. I medici non si accontentano di avere sotto il loro controllo la malattia, essi rendono malata la salute, per impedire che si possa in qualsiasi momento sfuggire alla loro autorità . Da una salute solida e integra, non traggono forse argomento per prevedere una grande malattia futura? Io sono stato abbastanza spesso malato; ho trovato, senza il loro aiuto, le mie malattie così facili da sopportare (e ne ho provate di quasi di tutte le specie) e così brevi come nessun altro; eppure non vi ho mai mescolato l’amarezza delle loro prescrizioni. La salute io l’ho libera e integra, senza regole e senz’altra disciplina che quella del mio costume e del mio piacere. Ogni luogo è buono per fermarmi, poiché non mi servono altre comodità , se sono malato, che quelle che mi occorrono quando sto bene. Non mi tormento di essere senza medico, senza farmacista e senza soccorsi; poiché vedo che la maggior parte della gente ne è più afflitta che dal male stesso. E che? forse essi ci mostrano nella loro vita una prosperità e una durata che ci possano dimostrare qualche effetto evidente della loro scienza?
Natura e medicina
Non c’è popolo che sia rimasto per parecchi secoli privo della medicina, per i primi secoli, cioè i migliori e i più felici; e del mondo la decima parte non se ne serve ancora adesso; infiniti popoli non la conoscono, e lì si vive più sanamente e più lungamente che non si faccia qui; e fra noi il popolino ne fa felicemente a meno. I Romani ne avevano fatto senza per seicento anni prima di accoglierla; ma, dopo averla sperimentata, la cacciarono dalla loro città per opera di Catone il Censore, il quale dimostrò quanto facilmente egli ne poteva fare a meno, avendo vissuto ottantacinque anni e fatto vivere sua moglie fino all’estrema vecchiaia, non solo senza medicine, ma addirittura senza medico, poiché ogni cosa che troviamo salutare per la nostra vita, si può chiamare medicina. Egli manteneva, dice Plutarco, la sua famiglia in salute con l’uso (mi sembra) della lepre: come gli Arcadi, dice Plinio, guariscono ogni malattia con latte di vacca. E i Libici, dice Erodoto, godono comunemente di una rara salute per l’usanza che hanno, dopo che i loro figli hanno raggiunto quattro anni, di cauterizzare e bruciar loro le vene del capo e delle tempie, troncando così per la vita il cammino a ogni infreddatura. E i contadini di quel paese, per tutti i casi, non usano che il vino più forte che possono, mescolato con zafferano e spezie: tutto questo con uguale felice risultato.
E, a dire il vero, da tutta questa diversità e confusione di ricette, che altro fine ed effetto si ha, dopo tutto, se non di vuotare il ventre? Cosa che mille tipi di erbe domestiche possono fare.
Tuttavia non so se ciò sia utile come si dice, e se la nostra natura non abbia bisogno della permanenza dei suoi escrementi fino a una certa misura, come il vino lo ha della sua feccia per la conservazione. Si vedono spesso uomini sani cadere in vomiti o in scioglimenti di ventre per cause esterne e fortuite, e avere un gran vuotamento di escrementi senza alcun bisogno precedente e senza alcuna utilità seguente, magari con peggioramento e danno. È dal grande Platone che imparai poco tempo fa che, di tre specie di interventi che ci riguardano, l’ultimo e il peggiore è quello dei purganti, che nessuno, se non è pazzo, deve prendere se non in casi di estremo bisogno. Si va a turbare e a svegliare il male con opposizioni contrarie. Bisogna che sia il modo di vivere a indebolirlo dolcemente e farlo sparire: gli attacchi violenti del farmaco e del male determinano sempre la nostra rovina; poiché la battaglia si svolge in noi, e il farmaco è un soccorso infido, per sua natura nemico della nostra salute e che non ha accesso nel nostro stato se non attraverso il disordine. Lasciamo un po’ fare: l’ordine che provvede alle pulci e alle talpe, provvede anche agli uomini che hanno la pazienza di farsi governare come le pulci e le talpe. Noi abbiamo un bel gridare ah! ah!: questo serve solo a farci diventar rauchi, ma non ad andare avanti. È un ordine superbo e spietato. Il nostro timore, la nostra disperazione turba quell’ordine e ritarda il soccorso, invece di affrettarlo; si deve lasciare alla malattia il suo corso come alla salute. Lasciarsi corrompere in favore dell’una a discapito dei diritti dell’altra non sarà utile: si cadrebbe nel disordine. Seguiamo quell’ordine, per Dio! Seguiamolo! Esso guida quelli che lo seguono; quelli che non lo seguono, li trascina, insieme con la loro collera e la loro medicina. Fate ordinare una purga al vostro cervello, vi sarà più utile che darla al vostro stomaco.
L’ignoranza dei medici
Fu domandato a uno Spartano che cosa l’avesse fatto vivere sano tanto a lungo: «L’ignoranza della medicina» rispose quello. E l’imperatore Adriano gridava senza posa, morendo, che l’aveva ucciso la folla dei medici.
Un cattivo lottatore si fece medico: «Bravo» gli disse Diogene, «hai ragione; ora metterai a terra coloro che ti ci hanno messo un tempo».
Ma essi hanno questa fortuna, secondo Nicocle, che il sole illumina il loro successo, e la terra nasconde il loro errore; e, oltre a questo, hanno un modo molto vantaggioso di giovarsi di ogni specie di avvenimenti, poiché quello che la fortuna, quello che la natura o qualche altra ragione estranea (il cui numero è infinito) produce in noi di buono e di salutare, la medicina se lo attribuisce. Tutti i miglioramenti fortunati che capitano al paziente che è sotto il suo dominio essa ritiene di provocarli. Le cause fortuite che hanno guarito me e che guariscono mille altri che non chiamano medici in loro aiuto, questi se le attribuiscono nei loro pazienti; e, quanto ai casi disgraziati, o li sconfessano senz’altro, attribuendone la colpa al paziente con ragioni così vane che non vengono mai a mancare, poiché se ne può sempre trovare un numero sufficiente: si è scoperto il braccio, ha udito il rumore di una vettura,
il passaggio delle carrozzenelle curve strette dei vicoli (Giovenale),
gli è stata un po’ aperta la finestra, si è coricato sul lato sinistro o gli è passato per la testa qualche pensiero cattivo. Insomma, una parola, un sogno, un’occhiata sembra loro sufficiente per scaricarsi di ogni colpa; oppure, se piace loro, si giovano anche di quel peggioramento e ne traggono profitto con il seguente che non manca mai loro: cioè di appagarci, quando la malattia si aggrava per le cure, con l’assicurazione che essa sarebbe ben altrimenti peggiorata senza i loro rimedi. Colui che essi hanno gettato da un raffreddore in una febbre effimera, avrebbe avuto senza di loro una febbre continua. Essi non si preoccupano di condurre male la cura, poiché il danno torna a loro profitto. Veramente, hanno ragione di chiedere al malato un atteggiamento di fiducia: occorre che questa sia, in verità , molto grande e molto docile per accettare idee così difficili da credere.
Platone diceva molto a proposito che solo ai medici era permesso di mentire in tutta libertà , poiché la nostra salute dipende dalla vanità e falsità delle loro promesse.
Esopo, autore di rarissima eccellenza e del quale pochi apprezzano tutti i pregi, si diletta a rappresentarci l’autorità tirannica che essi si arrogano su quelle povere anime indebolite e abbattute dal male e dal timore; racconta infatti che un malato, interrogato dal suo medico su quale giovamento traesse dai medicamenti che gli aveva dato: «Ho molto sudato» rispose. «È bene» disse il medico. Un’altra volta gli domandò ancora come si era sentito dopo: «Ho avuto un gran freddo» fece quello «e ho tanto tremato». «È bene» rispose il medico.
La terza volta gli domandò da capo come si sentisse: «Mi sento» disse quello «gonfiare e pulsare come per idropisia». «Ora va bene» commentò il medico. Quando uno dei suoi familiari venne poi dal malato a informarsi del suo stato: «Certo, amico mio» rispose lui, «a forza di star bene, muoio».
C’era in Egitto una legge più giusta, per la quale il medico prendeva in cura il paziente per i primi tre giorni a rischio e pericolo del malato; ma, passati i tre giorni, era a suo proprio rischio; infatti, che ragione c’è che Esculapio, loro maestro, sia stato colpito dal fulmine per avere riportato da morte a vita Elena:
poiché il padre onnipotente, indignato che dalle ombre infernaliun mortale fosse salito alle luci della vita,colpì con un fulmine l’inventore di tale arte della medicinae precipitò nelle acque dello Stige il figlio di Febo (Virgilio);
e siano stati perdonati i suoi seguaci che spediscono tante anime dalla vita alla morte?
Un medico si vantava con Nicocle che la sua arte aveva una grande autorità : «È proprio vero,» disse Nicocle «perché può impunemente uccidere tante persone».
Errori medici
Quante volte ci accade di vedere i medici imputare gli uni agli altri la morte dei loro pazienti! Mi ricordo di una malattia che si diffuse nelle città dei miei dintorni qualche anno fa, mortale e pericolosissima: passata quella bufera, che s’era portata via un enorme numero di uomini, uno dei più famosi medici di tutta la regione si diede a pubblicare un libretto su quell’argomento, in cui ritratta l’uso che aveva fatto del salasso e confessa che quello era stato una delle cause principali del danno che ne era venuto. In più, i loro autori sostengono che non c’è alcuna medicina che non abbia qualche proprietà nociva; e se quelle stesse che ci giovano ci danneggiano in qualche modo, che cosa debbono fare quelle che ci vengono date del tutto a sproposito?
Per me, quand’anche non ci fosse altro, penso che per coloro cui ripugna il gusto della medicina sia uno sforzo dannoso e nocivo a inghiottirla in un momento di così cattiva disposizione con tanto disgusto; e credo che questo affatichi eccessivamente il malato in un periodo in cui ha tanto bisogno di riposo. Inoltre, considerando le motivazioni cui i medici attribuiscono di solito la causa delle nostre malattie, queste sono così lievi e sottili che io deduco che un piccolissimo errore nel dispensare i loro farmaci ci può arrecare molto danno.
Ora, se l’errore del medico è pericoloso, siamo messi molto male, poiché è difficile che egli non ci ricada spesso; ha bisogno di troppi elementi, considerazioni e circostanze per mettere a punto la sua diagnosi; bisogna che conosca la complessione del malato, il suo temperamento, i suoi umori, le sue inclinazioni, le sue azioni, gli stessi suoi pensieri e le sue idee; bisogna che conosca le circostanze esteriori, la natura del luogo, la condizione dell’aria e del tempo, la disposizione dei pianeti e loro influenze; che sappia nella malattia le cause, i sintomi, le manifestazioni, i giorni critici; nel farmaco, il peso, la forza, il paese, la forma, l’età , il dosaggio; e occorre che tutti questi elementi egli li sappia proporzionare e paragonare l’uno all’altro per crearne una perfetta simmetria. E se manca anche poco, se di tanti requisiti ce n’è anche uno solo che vada storto, ecco quanto basta per mandarci in rovina. Dio sa di quanto difficile sia la conoscenza della maggior parte di queste cose: infatti, per esempio, come potrà egli trovare il sintomo specifico della malattia, se ciascuna presenta un infinito numero di sintomi? Quante discussioni fanno tra loro e quanti dubbi sull’interpretazione delle urine! Altrimenti da dove verrebbero queste dispute continue sulla diagnosi del male? Come giustificheremmo quell’errore, in cui così spesso cadono, di prendere lucciole per lanterne? Nei mali che ho avuto, per poca difficoltà che ci fosse, non ne ho mai trovati tre d’accordo. Rilevo più volentieri gli esempi che mi riguardano. Ultimamente, a Parigi, un gentiluomo fu operato per decisione dei medici, e non gli si trovarono pietre nella vescica più di quante non se ne trovino nella mano; e proprio lì un vescovo, che mi era molto amico, era stato sollecitato con insistenza dalla maggior parte dei medici che aveva chiamato a consulto a farsi operare; io stesso mi adoperai, sulla fede altrui, a persuaderlo; quando fu morto e sezionato, si trovò che aveva male soltanto ai reni. I medici sono meno scusabili in tale malattia, poiché essa è in qualche modo palpabile. È per questo che la chirurgia mi sembra molto più sicura, in quanto vede e palpa quello che fa; c’è meno da congetturare e da indovinare, mentre i medici non hanno nessuno speculum matricis che scopra loro il nostro cervello, il nostro polmone e il nostro fegato.
Cervello e stomaco
Come abbiamo giubbettieri e calzettai per vestirci, e ne siamo tanto meglio serviti quanto più ciascuno si occupa solo del suo settore e il suo mestiere sia più circoscritto e più limitato di quello di un sarto che abbraccia tutto; e come i grandi signori, per maggiore comodità , danno incarichi distinti a cuochi e a rosticcieri, che un solo cuoco che ha l’incarico di tutto non può svolgere così squisitamente; nello stesso modo, per guarirci, gli Egiziani avevano ragione di rifiutare quel...
Indice dei contenuti
- Copertina
- Frontespizio
- Introduzione
- Nota biografica
- IL BENESSERE FISICO E SPIRITUALE
- Copyright