Pic
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Pic

  1. 112 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Informazioni su questo libro

Scritto quasi interamente nel 1948 ma completato solo vent'anni più tardi, Pic fu pubblicato postumo, nel 1971. È la storia tenera e piena di un dolce humour di Pictorial Review Jackson, detto Pic, un bimbo nero che vive col nonno in North Carolina. Rimasto solo, il ragazzino viene dapprima affidato a una zia, poi se ne fa carico Slim, il fratello maggiore. Il piccolo Pic, una sorta di Huckleberry Finn del Novecento, intraprende insieme a Slim un viaggio attraverso gli Stati Uniti rocambolesco e ricco di incontri e di avventure: i due arriveranno fino a New York per poi dirigersi verso la California. Il viaggio, tema per eccellenza del romanzo americano, della Beat Generation e di Kerouac in particolare, è declinato qui in tono picaresco, attraverso lo sguardo innocente e sincero del giovane Pic e il suo caratteristico linguaggio, pieno di freschezza ed entusiasmo, così come di vivaci invenzioni. Sullo sfondo, l'irresistibile colonna sonora della musica jazz.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2015
Print ISBN
9788804648543
eBook ISBN
9788852061196
1

Io e il nonno

Nessuno mi ha mai voluto bene come me ne voglio io, tranne mia madre e lei è morta. (Mio nonno è talmente vecchio che ha ricordi di cent’anni fa ma su quel che è successo la settimana scorsa o il giorno prima, buio totale.) Papà se n’è andato da così tanto tempo che nessuno si ricorda che faccia avesse. Mio fratello, la domenica pomeriggio con l’abito nuovo davanti a casa, su quella vecchia strada, e il nonno e io in veranda a dondolarci e chiacchierare, ma mio fratello se ne infischiava e un giorno è sparito e non è più tornato.
Il nonno, quando eravamo soli, andava a badare ai maiali e mi diceva di riparare lo steccato laggiù, e diceva: “Ho visto il Signore entrare da quello steccato cent’anni fa e un giorno Lui farà ritorno”. Zia Gastonia arrivava sbuffando come un caprone e diceva che era vero, ci credeva anche lei, aveva visto il Signore più volte di quante ne sapessero contare, alleluja e alleluja, diceva: “Siccome è vero come la parola del Vangelo, il piccolo Pictorial Review Jackson” (che sono io) “deve andare a scuola per imparare a leggere e a scrivere”, e il nonno la guardava fisso come se volesse sputarle negli occhi un grumo di saliva tabaccosa, e rispondeva “Per me va bene,” proprio così “ma non andrà alla scuola del Signore e non riparerà mai i suoi steccati”.
Perciò andai a scuola, e il pomeriggio tornavo a casa e mi rendevo conto che nessuno avrebbe mai capito da dove venivo, se lo chiamavano North Carolina. A me non sembrava affatto il North Carolina. Dicevano che ero il ragazzo più scuro e più nero che avesse mai messo piede in quella scuola. Io questo lo sapevo già, perché ho visto ragazzi bianchi in casa mia, e ho visto ragazzi rosa, e ho visto ragazzi blu, e ho visto ragazzi verdi, e ho visto ragazzi arancioni, e anche neri, ma uno nero come me non l’ho mai visto.
Be’, a questo io non avevo mai fatto caso, e mi divertivo e preparavo torte magnifiche quando ero piccolissimo che alla fine mandavano una puzza terribile; e così via, e il nonno sorrideva in veranda, fumando la sua vecchia pipa verde. Un giorno due ragazzi bianchi passarono di lì e dissero che ero incredibilmente nero anche per essere un nero. Be’, io risposi che questo lo sapevo benissimo. Mi dissero che ero troppo piccolo per fare quello che volevano fare, non ricordo più cosa, e io gli dissi che la rana che teneva in mano era davvero splendida. Lui disse che non era una rana, ma un ROSPO, e disse ROSPO come se volesse farmi fare un salto in aria di cento chilometri, lo disse così chiaro e forte, e poi se la svignarono su per la collina dietro la proprietà del nonno. Così imparai che esisteva un North Carolina, e che esistevano i rospi, e cominciai a sognarli la notte.
All’incrocio Mr Dunaston mi lasciava sedere insieme al vecchio cane sui gradini della sua bottega tutte le sante sere e io sentivo quelle belle canzoni alla radio, le sentivo forte e chiaro, e imparai due, tre, sette canzoni e le cantavo. Una volta ecco che arriva Mr Otis con il suo vecchio macchinone, mi comprò due bottiglie di Dr. Pepper, e io ne portai una al nonno: lui disse che Mr Otis era una persona a modo e aveva conosciuto suo papà e il papà di suo papà un centinaio d’anni prima, ed erano brava gente. Be’, questo io lo sapevo: eravamo d’accordo, ed eravamo d’accordo che la Dr. Pepper ti frizzava in bocca che era un piacere. Insomma, adesso capite quanto mi divertivo allora.
Be’ fu proprio qui che accadde tutto. La casa del nonno pendeva tutta da una parte ed era sul punto di crollare, era fatta di assi segate dal bosco ancora fresche e ora eccole qui tutte rovinate come poveri ceppi secchi e gonfi al centro. Il tetto rischiava di scivolare giù e cadere sulla testa del nonno. Lui non ci badava e se ne stava seduto lì sotto, a dondolarsi. L’interno della casa era pulito come una pannocchia di granturco secco, e altrettanto crocchiante e piacevole sotto i miei piedi nudi come sotto i vostri se poteste provare. Il nonno e io dormiamo nel lettone cigolante e abbiamo tanto spazio, è grandissimo. Il cane dorme sulla porta. Quella porta non la chiudevamo mai fino all’inverno. Io taglio la legna, il nonno la usa per accendere la stufa. Ce ne stavamo seduti là a mangiare piselli e fagiolini e carne con la salsa e giù una cucchiaiata ENORME e io mi abbuffo fino a scoppiare – quando ce n’era in abbondanza. Be’, zia Gastonia ci porta da mangiare, qui, là, la settimana scorsa, il mese prossimo. Ci porta la carne con la salsa, il pane, la pancetta. Il nonno coltiva i piselli nel campo, e coltiva il granturco nel campo vicino allo steccato, e poi portavamo ai maiali quello che sputavamo perché non riuscivamo a masticarlo. Il cane mangia anche lui. La casa è proprio in mezzo al campo. Laggiù c’è la strada, una strada sabbiosa malconcia e piena di sassi, ci passano i muli e ogni tanto un macchinone sollevava una nuvola alta un chilometro e io la respiravo e mi dicevo: “In nome del Signore, perché deve fare tutto quel macello?”. Poi mi soffio il naso. Shah! Be’, laggiù c’è la bottega di Mr Dunaston all’incrocio, e poi le pinete con il vecchio corvo che si posa ogni mattina sul ramo a fare cra-a-cra-a-c, battendo le ali, e io faccio cra-cra-cra-cra proprio come lui, e scoppio a ridere, ogni mattina, hi hi hi, mi fa il solletico. Poi laggiù dall’altra parte c’è la tabaccheria del fratello di Mr Dunaston, una casa grande grande dove vive Mr Otis, e la casa di Miz Bell in mezzo al campo e a Miz Bell piace essere vecchia come il nonno e fumare la pipa proprio come lui. Be’, io le piaccio. La notte dormono tutti in questa casa e in quella casa e in ogni casa, e si sente solo un vecchio gufo – hooo! hooo! – là nel bosco, e yek! yek! yek! tutti i pipistrelli, e i cani che ululano, e i grilli che friniscono nel buio. Poi c’è il ciuf ciuf là in CITTÀ, sapete. L’unica cosa che non si può sentire è un vecchio ragno che tesse la sua tela. Io mi sposto nella baracca e rompo una ragnatela – non faccio in tempo a pulirmi che quel vecchio ragno mi fa un’altra tela. Lassù nel cielo, ci sono un centinaio di stelle in movimento e qui a terra è altrettanto bagnato, come se piovesse. Mi infilo a letto e il nonno dice: “Ragazzo, tieni quei piedoni bagnati lontano da me!” ma in un battibaleno i piedi si asciugano e io mi raggomitolo. Poi vedo le stelle dalla finestra e mi addormento beato.
Capite quanto mi divertivo allora?
2

Che cosa accadde

Povero nonno, un mattino non riusciva ad alzarsi, e arrivarono tutti da casa di zia Gastonia e dissero che stava morendo di miseria. Io appoggiai la testa sul cuscino del nonno e LUI mi disse che non era vero. E gridò al Signore di far uscire tutti di casa tranne il buon cane. Il cane si mette a uggiolare sotto il letto e a leccare la mano del nonno. Zia Gastonia lo scaccia. “Cane, sciò!” Zia Gastonia mi lava la faccia alla pompa. Zia Gastonia mi ficca lo straccio nell’orecchio e mi tappa l’orecchio e con il dito gira e rigira così forte che mi sembrava di morire. Be’, scoppio a piangere. Piange anche il nonno. Il figlio di zia Gastonia corre e corre giù per quella strada e un attimo dopo ecco che arriva il figlio di zia Gastonia e torna indietro di corsa su per la strada e zip-zap non ho mai visto nessuno correre così veloce. Poi arriva Mr Otis con il suo vecchio macchinone e si ferma proprio davanti a casa. Be’, era un uomo alto e forte con i capelli gialli, sapete, e lui si ricordava di me, e mi dice: “Allora, che ne sarà di te, ragazzino?”.
Poi prende la mano del nonno, gli solleva le palpebre e fruga nella sua borsa nera in cerca di un aggeggio con cui ascoltare, e ascolta, e tutti gli altri si avvicinano e ascoltano, e zia Gastonia manda via suo figlio con un ceffone, e Mr Otis sta per battere sul nonno con una mano sotto l’altra sul petto del nonno, quando lui e il nonno si scambiano un’occhiata piena di dolore e Mr Otis interrompe ciò che sta facendo. “Ah, vecchio mio,” dice Mr Otis al nonno “come va?” E il nonno scopre i denti gialli con un sorriso e dice, ridacchiando: “Quella pipa lassù, è una pipa coi fiocchi”, e strizza l’occhio a Mr Otis. Nessuno sa perché l’ha detto, ma Mr Otis che lo sa e il nonno ride così forte che si scuote tutto come l’albero quando l’opossum ci si arrampica sopra. Mr Otis dice “Dove?” e il nonno indica lo scaffale, continuando a ridacchiare e a divertirsi con Mr Otis. Be’, Mr Otis gli piaceva davvero tanto. Lassù così in alto sullo scaffale non l’avevo mai vista, Mr Otis andò a prendere la pipa di cui stavano parlando. Era fatta di tutolo ed era la pipa più grande e più bella che il nonno avesse mai fatto. Mr Otis la guarda con un dolore negli occhi che non gli avevo mai visto. Dice “Cinque anni”, e non aggiunge altro, perché tanto era passato dall’ultima volta che aveva visto il nonno, e il nonno lo sapeva.
Dopo un po’, il nonno si addormentò, e tutti attorno a parlare così forte che mi domando come facesse a dormire, ed ecco cosa dissero. Dissero che il nonno era molto malato e sarebbe morto certamente, e di me, del piccolo Pic, cosa dovevano fare di me? Oh, che pianti terribili zia Gastonia e la sua amica Miz Jones, perché volevano bene al nonno come gliene volevo io, piangeva anche suo figlio, e tutti i bambinetti che dalla strada si affacciavano a guardare. Il cane uggiolava fuori dalla porta per entrare. Mr Otis disse a tutti di smetterla di disperarsi, forse il nonno sarebbe guarito presto, ma non ne era sicuro, così voleva farlo ricoverare in ospedale, dove sarebbe stato bene. Tutti concordano che è la soluzione migliore e sono grati a Mr Otis, perché è pronto a usare tutti i suoi soldi per far guarire il nonno. “Il ragazzo,” dice, a zia Gastonia, “è sicura che anche suo marito e suo padre siano d’accordo a tenere il ragazzo?” e lei dice: “Il Signore avrà pietà di loro”. E Mr Otis dice: “Be’, ne dubito ma lei si prenda cura di lui, e mi faccia sapere se è tutto a posto”. Signore, quanto piansi sentendo le loro parole. Oh Signore, quanto piansi quando presero il povero nonno e lo portarono in macchina come un vecchio cane malato investito e lo adagiarono sul sedile posteriore, e lo portarono in ospedale. Io piango, zia Gastonia chiude la porta di casa del nonno, che lui non chiude mai, in cent’anni mai una volta che l’abbia chiusa. La paura terribile mi fa stare male e vorrei gettarmi a terra e scavare una buca in cui piangere, e nascondermi, perché da quando sono nato non ho visto altro che questa casa e il nonno, e ora sono venuti a trascinarmi via dalla casa vuota e il nonno è bell’e morto e non può farci niente. Oh Signore, ricordo cosa diceva sullo steccato e sul Signore, e su Mr Otis e sui miei piedoni bagnati, e lo ricordo come fosse ieri e invece è andato così lontano, io piango, voi vergognatevi tutti.
3

La casa di zia Gastonia

Be’, mi portano giù per la strada a casa di zia Gastonia, è una grande e vecchia casa che scoppia perché ci vivono in undici, dodici, dal bimbo più piccolo al vecchio nonno Jelkey che se ne sta seduto in casa tutto vecchio e cieco. Non assomiglia per niente alla casa del nonno. Ci sono finestre dappertutto e un grande camino di mattoni, la veranda gira tutto intorno alla casa e ci sono le sedie, e bucce di cocomero e sabbia sulle assi per non scivolare. Caspita, da quando sono nato non ho mai visto tante mosche quante ne vidi in quella casa. No, qui non ci voglio stare. Alberi nel cortile, e un ciliegio, e una bella altalena, ma ci sono sei, sette bambini che strillano e berciano e i maiali non sono affatto belli come quelli del nonno. Mai visto niente di così noioso. No, qui non ci voglio stare. Non c’è posto per dormire tranne un letto da dividere con tre o quattro ragazzi, e non posso dormire con i loro gomiti in faccia.
Nonno Jelkey, quell’uomo mi fa paura perché dice “Portate qui quel ragazzo”, e loro obbediscono, e lui mi afferra per le braccia e mi guarda con un grande occhio giallo che però è storto, poveretto, così lo punta sopra la mia testa e non vede niente. L’altro occhio non c’è più, gli è sprofondata l’orbita nel cranio. È senza occhi, quel vecchio. Mi stringe forte e mi fa male, e dice: “Ecco qui il ragazzo. Be’, non voglio toccare il ragazzo più di una volta al giorno”. Zia Gastonia arriva di corsa e mi tira via. “Perché vuoi maledire quel ragazzo quando hai già maledetto tutti sette volte? Non ha colpa di quello che suo padre ti ha fatto agli occhi, è soltanto un bambino.” E nonno Jelkey urla “Lo toccherò sette volte prima che muoia, nessuno mi fermerà”. “Neanche per sogno” urla zia Gastonia, e a zio Sim che è il marito di zia Gastonia tocca portare fuori zia Gastonia, quanto a me, corro a nascondermi in cortile, perché ho tanta paura che nonno Jelkey mi acchiappi un’altra volta. Nossignore, la casa di zia Gastonia non mi piace, no.
Nonno Jelkey se ne sta seduto come un serpente nell’angolo e mangia sulle proprie ginocchia e tutti gli altri mangiano attorno al tavolo, e nonno Jelkey sente le chiacchiere, e dice “Sei tu, ragazzo?” e intende me. Io vado a nascondermi dietro zia Gastonia. “Vieni qui, ragazzo, così ti tocco due volte. Ne mancano quattro, e poi avrai pagato la maledizione.” “Non badare a quel che dice” mi dice zia Gastonia. Zio Sim non apre bocca, non mi guarda neanche, io sono terrorizzato e sto malissimo, probabilmente non sarei sopravvissuto a lungo in casa di zia Gastonia ma triste e meschino sarei andato a morire nel bosco. Zia Gastonia dice che mi sono ammalato e ho perso cinque chili, io mi sentivo uno straccio, debolissimo, e me ne stavo tutto il giorno steso nella polvere. “Perché te ne stai lì a piangere nella polvere, figliolo,” mi dice “e a riempirti la faccia di fango?” Poi tocca a lei pulirmi dal fango. Zia Gastonia, il problema non era lei, era nonno Jelkey, e zio Simeon, e tutti i bambini che mi gettano addosso la sabbia. E nessuno che mi porti a trovare il nonno in ospedale. “Oh Signore, devo smetterla di piangere così.”
Nonno Jelkey si affaccia alla finestra e mi acchiappa e mi fa male da morire, e strilla, e urla, e dice: “Ho preso il ragazzo e l’ho toccato due volte!”. – Poi dice, poi dice: “Tre! – quattro!” – e zia Gastonia mi trascina via così forte che cado per terra. “Ho visto il segno, quando mi sono allungato a prenderlo,” strilla nonno Jelkey “e ora ne mancano solo tre.” Zia Gastonia scoppia in lacrime e cade sul letto e si percuote e non so perché e tutti i bambini corrono giù per la strada a chiamare zio Sim che è nel campo con il mulo, e lui arriva di corsa sulla strada. Signore, poi quel vecchio nonno Jelkey esce in veranda a cercarmi e spalanca le braccia, vuole acchiapparmi, e viene dritto verso di me come se non fosse più cieco, ma poi inciampa nella sedia e lancia un urlo, cade a terra e si fa male. Tutti quanti esclamano Oh! Zio Sim tira su il vecchio e lo porta in casa e lo mette a letto, e il vecchio respira a fatica. Zio Simeon disse a mio cugino di portarmi fuori, così io e mio cugino ce ne andammo fuori, e sentiamo zio Sim e zia Gastonia che strillano e litigano.
“Quel ragazzino ha la maledizione, perché vuoi tenerlo in casa, stupida donna?” strilla zio Sim. E zia Gastonia prega e prega: “Oh Signore, è solo un bambino, non ha fatto del male a nessuno, perché mai il Signore condanna alla vergogna e alla rovina un agnello innocente, per giunta un bambino”. “Io non ho voce in capitolo su ciò che decide il Signore” strilla zio Sim. Zia Gastonia dice: “Signore Dio, il suo sangue è il mio sangue, e il sangue di mia sorella è il mio sangue, Oh Signore, Gesù adorato, salvaci dal peccato, salva mio marito dal peccato, salva mio suocero dal peccato, salva i miei figli dal peccato, e Signore, Signore adorato, salva ME, Gastonia Jelkey, dal peccato”. Zio Sim esce in veranda e ci lancia la più cupa delle occhiate, e se ne va, perché zia Gastonia ora pregherà tutta la notte, e lui non ha niente da dire. Nonno Jelkey si addormenta.
Be’, mio cugino è più grande di me e mi porta in fondo alla strada e mi mostra la CITTÀ laggiù, perché sapeva che ero disperato. Mi dice: “Stasera è sabato sera, si ubriacano tutti e vanno in CITTÀ e si scatenano, ecco cosa fanno, sissignore”. Io chiedo: “Cosa vuol dire che si scatenano?”. E lui: “Be’, ci sono musica e canti e balli e tutto il resto. Sissignore, io ci sono stato il sabato sera, abbiamo mangiato il maiale alla griglia e papà si è scolato la bottiglia così” –e getta all’indietro il testone, mio cugino, ha la testa più grande del mondo, sapete, e mi fa vedere, e dice – “Whooee!”. Poi si mette a saltellare tutto intorno stringendosi le braccia per farmi vedere, e dice: “È così che si balla. Ma tu non ci puoi andare perché hai la maledizione”. Così io e mio cugino camminiamo ancora un po’ sulla strada, e ci sono tutte le luci della CITTÀ che io non avevo mai visto, e ci sediamo sul melo a guardare. Ma io sono così triste che non mi fa né caldo né freddo. Signore, cosa me ne importa di quella vecchia città...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Pic
  4. 1. Io e il nonno
  5. 2. Che cosa accadde
  6. 3. La casa di zia Gastonia
  7. 4. Mio fratello viene a prendermi
  8. 5. Un piccolo battibecco
  9. 6. Esco dalla finestra
  10. 7. Arriviamo in città
  11. 8. In pullman verso nord
  12. 9. Prima notte a New York
  13. 10. Come Slim perse due lavori in un giorno
  14. 11. In partenza per la California
  15. 12. Times Square e il mistero della televisione
  16. 13. Il fantasma del Susquehanna
  17. 14. Come finalmente arrivammo in California
  18. Cronologia
  19. Bibliografia
  20. Copyright