
- 456 pagine
- Italian
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eBook - ePub
Informazioni su questo libro
Fin dall'antichità gli uomini hanno osservato con grande interesse la volta celeste, immaginando di scorgervi i personaggi dei miti e delle leggende. In questo volume Cattabiani, noto studioso di simbologie e tradizioni culturali, guida il lettore in uno straordinario viaggio nel firmamento simbolico, ricostruendo il patrimonio originario delle antichissime credenze astronomiche alla base delle civiltàe occidentale.
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Informazioni
LO ZODIACO E I SUOI DINTORNI
I
Nel segno della creazione e della resurrezione
L’Ariete astrale
Secondo la tradizione astrologica occidentale, il Sole all’inizio del segno dell’Ariete (Aries) supera l’equatore celeste giungendo nella parte settentrionale del cielo, risorgendo dai simbolici inferi delle tenebre invernali per portare la primavera, per rinnovare ciclicamente il cosmo. Scriveva Dante:
Surge ai mortali per diverse focila lucerna del mondo; ma da quellache quattro cerchi giugne con tre croci,con miglior corso e con migliore stellaesce congiunta, e la mondana cerapiù a suo modo tempera e suggella.1
Voleva dire che, all’equinozio di primavera, il Sole unisce i quattro cerchi dell’equatore, dell’eclittica, del coluro o meridiano equinoziale e dell’orizzonte, formando tre croci. In realtà non si tratta di intersezioni ad angolo retto, ma di incroci i cui rispettivi angoli variano alle nostre latitudini da 23°5’ a 48°, come si vede nell’illustrazione.
Ed è proprio nel segno dell’Ariete, «la migliore stella», e «nel migliore corso», ovvero nel periodo più favorevole dell’anno, che l’astro meglio plasma e impronta con la propria potenza vitale la materia del mondo, la «mondana cera». Questo suo benefico influsso ispirò la credenza secondo la quale il Signore avrebbe creato cielo e terra nell’Ariete, come testimonia lo stesso poeta:
Temp’era dal principio del mattino,e ’l sol montava ’n su con quelle stellech’eran con lui quando l’amor divinomosse di prima quelle cose belle;2

Le tre «croci» dell’equinozio di primavera
Non casualmente una volta si appendevano i bambini appena nati in un vello d’ariete, detto «naca», che aveva il compito di infondere loro energia. Ancora oggi in Basilicata si fa oscillare il neonato in una naca, ma di vimini.
A sua volta la «croce» che il Sole forma con l’equatore venne cristianamente interpretata come il simbolo della Passione del Cristo, e il suo passaggio di là dal meridiano equinoziale come quello della sua Resurrezione. E siccome nell’antica Roma si era osservato che il 25 marzo il Sole si trovava ormai sopra l’equatore celeste, i cristiani favoleggiarono che non soltanto la Resurrezione ma anche la Creazione del mondo e l’Annunciazione fossero cadute in quel giorno. D’altronde nella stessa data si svolgeva un rito precristiano, gli Hilaria, dove si celebrava la «resurrezione» di Attis col suo ritorno alla Grande Madre, Cibele.3
Questo simbolismo, tuttavia, non corrisponde più ai reali punti cardinali, perché sin dal 60 a.C. l’equinozio primaverile si è spostato nella costellazione dei Pesci dove resterà fino al 2100 circa per trasferirsi poi nell’Acquario. Tuttavia in astronomia si continua a chiamarlo convenzionalmente «primo punto di Ariete» o «punto gamma».
Nel secolo XVII Julius Schiller, col suo commendevole ma fallito tentativo di cacciare dal firmamento dei e miti pagani, trasformò la costellazione dell’Ariete in San Pietro, come si vede nel suo Coelum stellatum christianum, dove i dodici segni dello zodiaco rappresentano gli apostoli.
La nascita del segno dell’Ariete
L’Ariete, nella sua funzione di costellazione «equinoziale», era succeduto al Toro nel 2220. Probabilmente furono gli Egizi a creare l’immagine celeste dell’asterismo che culminava quando la stella Sirio, nella costellazione del Cane Maggiore, sorgeva determinando il tempo dell’alluvione del Nilo con la benefica fertilizzazione delle campagne.4
L’Ariete, che dall’alto dei cieli vegliava su quell’evento, alludeva alla presenza di Amon-Ra, il dio supremo del pantheon egizio, associato dapprima a Tebe con Amon, «il dio nascosto»,5 e poi col solare Ra.6 Era simboleggiato da una figura umana con le corna di ariete o da un ariete stesso, come per esempio sull’obelisco di villa Torlonia a Roma.
Per giungere al tempio di Amon-Ra a Karnak, in Egitto, si doveva percorrere un viale trionfale ai cui lati vigilavano decine di gigantesche sfingi scolpite con la testa dell’ariete. All’equinozio si portava la sua statua in processione attraverso il viale fino alla necropoli.
Come ha osservato Sesti, l’inserimento dell’Ariete nello zodiaco per opera degli Egizi non è una tesi infondata, poiché «ciò che colpisce di più guardando il disegno delle costellazioni in questa zona del cielo è che in un’area relativamente ristretta ci siano due costellazioni dimezzate, il Toro, di cui si possono vedere solo testa, zampe anteriori, collo e corna, e Pegaso, il cavallo celeste, anch’esso raffigurato nella parte anteriore. L’impressione è che il Toro sia stato dimezzato per far posto a una nuova figura; infatti l’Ariete occupa esattamente quella che sarebbe la parte posteriore del corpo del Toro».7
Vi è chi sostiene invece che sia di origine mesopotamica col nome sumerico di LÚ.HUN.GÁ, tradotto poi nel semitico agru, «operaio salariato», che non riflette la rappresentazione dell’Ariete. Si spiega che la sostituzione di «salariato» con «ariete» è dovuta all’errore di uno scriba che invece di LÚ, «uomo», ha scritto il suo omofono LU, che significa «ariete».8 Ma a me pare una spiegazione un poco macchinosa.

L’Ariete di Hevelius
Igino riferisce nell’Astronomia alcuni miti intorno alla nascita dell’Ariete in cielo. Sulla scia di Ermippo narra che Dioniso, durante l’invasione dell’Africa, era giunto con il suo esercito in un luogo chiamato Ammodes: un deserto di sabbia. Presto mancò totalmente l’acqua. I soldati erano ormai allo stremo quando videro apparire un ariete. Un miraggio? Alcuni uomini si lanciarono al suo inseguimento nonostante fossero sfiniti; ma l’animale correva più veloce di loro. Quando fu scomparso, scoprirono che nel luogo dov’erano giunti sgorgava una generosa sorgente.
Dioniso, prontamente informato, vi condusse tutto l’esercito e costruì un tempio dedicato a Giove Ammone sistemandovi una statua dell’animale ornata di corna; e per premiare quel provvidenziale ariete, lo rappresentò fra le costellazioni in modo che il Sole, soggiornandovi, rinvigorisse in primavera le piante e gli animali. Inoltre volle farne il primo segno zodiacale perché era stato la migliore guida del suo esercito in un difficile frangente.
A sua volta Leone di Pella, un mitografo ateniese della fine del IV secolo a.C., raccontava che, durante il regno di Dioniso sull’Egitto e su altri paesi, giunse dall’Africa un certo Ammone portandogli un gregge imponente per ottenere la protezione del dio e il riconoscimento di aver inventato un mestiere.
Dioniso, dopo averlo ringraziato, gli accordò un territorio che si trovava di fronte a Tebe; e da quel giorno gli scultori rappresentarono quell’uomo con una testa coronata di corna d’ariete per rammentare che egli era stato il primo a insegnare agli uomini l’arte di pascolare un gregge. Infine il dio, a ricordo dell’evento, incastonò nel firmamento l’animale.9
In questi miti si riflette anche quel processo sincretistico che spinse Greci e Romani a identificare l’Amon-Ra egizio con il dio supremo del loro pantheon, come testimonia per esempio un busto del IV secolo, custodito nella galleria del museo Capitolino di Roma, dove Giove Ammone appare con orecchie e corna d’ariete.
L’Ariete dal vello d’oro
Un terzo mito, il più celebre, narra che il tessalo Issione, re dei Lapiti, aveva chiesto al re Deioneo la mano della figlia Dia promettendogli sontuosi regali. Ma quando, celebrate le nozze, Deioneo reclamò i doni pattuiti, Issione lo fece precipitare a tradimento in una fossa piena di carboni ardenti. Aveva commesso un crimine inaudito non soltanto macchiandosi di spergiuro ma anche di omicidio nei confronti di un membro della famiglia. L’orrore suscitato dal delitto impedì a uomini e dei di purificarlo secondo la tradizione. L’unico ad averne pietà fu Zeus, il quale gli concesse la sovrana grazia di liberarlo dalla follia che lo aveva colpito come punizione.
Ma Issione, invece di dimostrare la sua gratitudine al dio, tentò di usare violenza a Era di cui si era invaghito. Zeus decise di castigarlo severamente creando un nuovo essere, Nefele, una nuvola che aveva le sembianze della moglie: Issione, ingannato dalla somiglianza, si accoppiò con lei generando i Centauri. Il dio supremo, sdegnato per la sua slealtà, lo legò a una ruota infuocata lanciandolo nel cielo dove sarebbe rimasto in eterno perché durante il rito purificatorio si era cibato di ambrosia diventando immortale.
Quanto a Nefele, era rimasta sola a vagare tristemente per l’Olimpo. Un giorno Era, mossa da compassione, la diede in sposa ad Atamante, re di Coronea, in Beozia: da quell’unione nacquero un figlio, Frisso, e una figlia, Elle.
Successivamente Atamante, ripudiata Nefele, sposò Ino generando altri due figli. La nuova moglie, non sopportando la presenza dei figliastri, architettò un piano criminoso per farli condannare a morte. Cominciò col persuadere le donne del paese a far tostare, all’insaputa dei mariti, i chicchi che servivano per la semina del grano: sicché in primavera non spuntò nemmeno una piantina. Preoccupato, Atamante inviò alcuni legati a consultare l’oracolo di Delfi. I messaggeri, subornati dalla moglie, riferirono che il dio, per far cessare la carestia, esigeva il sacrificio di Frisso e della sorella.
Nefele decise di soccorrere i figli inviando loro un alato ariete dal vello d’oro che, rapiti i due giovani, si diresse verso oriente. Mentre sorvolavano il tratto di mare che separa l’Europa dall’Asia, Elle scivolò dalla groppa dell’animale precipitando mortalmente in quelle acque che da allora si chiamarono in suo onore Ellesponto...
Indice dei contenuti
- Copertina
- Frontespizio
- PLANETARIO
- Prefazione
- Storia del cielo simbolico e del cielo reale
- Lo zodiaco e i suoi dintorni
- Le altre costellazioni
- Le costellazioni secondo le stagioni
- Glossario
- Note
- Bibliografia
- Copyright