Capitani coraggiosi
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Capitani coraggiosi

Una storia dei Grandi Banchi

  1. 256 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Informazioni su questo libro

Il giovane rampollo di una ricchissima famiglia, caduto in mare, viene salvato dai marinai di una goletta da pesca. Nel corso del viaggio che lo riporterà in patria, il giovane, costretto a condividere la sorte dei suoi rudi compagni, deve rinunciare a tutti i suoi vizi per diventare un vero uomo. Un "classico" per l'infanzia, ma anche un romanzo di formazione.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2015
Print ISBN
9788804342472
eBook ISBN
9788852062315

IX

Per quanto grandi possano essere i suoi dolori, un miliardario, come ogni altro uomo che lavora, non può disinteressarsi completamente dei suoi affari. Verso la fine di giugno, Harvey Cheyne senior si era recato nell’Est a trovare una donna sfinita, quasi impazzita, che notte e giorno sognava suo figlio, annegato nelle acque grigie
L’aveva circondata di medici, di infermiere specializzate, di massaggiatrici e perfino di persone di compagnia, ma invano. La signora Cheyne giaceva sul letto, piangendo o parlando per ore intere del suo ragazzo a chiunque volesse ascoltarla. Non sperava più: chi mai avrebbe potuto lasciarle un filo di speranza? Aveva solo bisogno di sapere con certezza che la morte per annegamento non è dolorosa, e suo marito vigilava perché non tentasse di accertarsene, sperimentandolo su se stessa. Quanto a lui, parlava poco del suo dolore, anzi non aveva nemmeno analizzato quanto ne fosse colpito, fino al giorno in cui, guardando il calendario posto sulla scrivania, si era sorpreso a pensare: “A che serve continuare?”.
Nella sua testa aveva sempre nutrito il pensiero che, un giorno, raggiunta una certa fortuna, e quando il figlio avesse finito l’università, lo avrebbe stretto al suo cuore e portato nei suoi possedimenti. Come tutti i padri che lavorano molto, aveva pensato che, da quel momento, Harvey sarebbe diventato il suo compagno, il suo socio, il suo alleato, e che avrebbero vissuto anni splendidi di grandi imprese realizzate insieme, poiché l’esperienza dell’età avrebbe guidato la baldanza della giovinezza.
Ora suo figlio era morto, disperso in mare, come un qualsiasi marinaio svedese delle sue grandi navi che trasportavano il tè; sua moglie stava forse per morire, ed egli stesso, oppresso da una schiera di domestiche, medici, servitori, inservienti, tormentato fino all’inverosimile dai capricci e dai mutamenti di umore della sua povera, agitata moglie, e senza più alcuna speranza, non trovava nemmeno la forza per fronteggiare i suoi numerosi nemici.
Condotta la moglie nel suo nuovo, freddo palazzo a San Diego, sistemandola, con tutto il suo seguito, in una delle ali più lussuose, seguitava a lavorare stancamente, in una veranda insieme a un segretario e una dattilografa che era anche telegrafista.
Per questione di tariffe s’era dichiarata intanto una guerra fra quattro compagnie ferroviarie dell’Ovest, nelle quali lo si supponeva interessato. Uno sciopero disastroso era in atto nei suoi magazzini di legname nell’Oregon, e la legislatura dello Stato di California, che non tiene in considerazione i creatori del Paese, stava per muovergli guerra aperta.
In tempi normali, avrebbe accettato la battaglia senza aspettare che gliela offrissero, e avrebbe iniziato una campagna piacevole, priva di scrupoli. Ma, ora, stava seduto, accasciato, il morbido cappello nero calato sul naso, il robusto corpo flaccido in abiti diventati troppo larghi, lo sguardo fisso sulle punte dei suoi stivali o sulle giunche cinesi nella baia, rispondendo distrattamente alle domande del segretario, che scorreva la posta del sabato. Cheyne meditava su quanto gli sarebbe costato abbandonare tutto e ritirarsi dalla lotta. Possedeva ingenti assicurazioni, rendite regali e, forse, vivendo in uno dei suoi possedimenti nel Colorado, con qualche piccola parentesi mondana – piacevoli soprattutto per sua moglie – a Washington o nella Carolina del Sud, avrebbe potuto dimenticare sogni e progetti che mai si erano realizzati. D’altra parte...
Il ticchettio della macchina da scrivere si fermò di colpo; la dattilografa si era accorta che il segretario impallidiva. Questi porse a Cheyne un telegramma ritrasmesso da San Francisco:
Caduto piroscafo – raccolto goletta We’re Here, pescato lungo tempo sui Banchi – tutto bene – Attendo Gloucester Massachusetts presso Disko Troop denaro e ordini – Telegrafa cosa fare – notizie salute mamma – Harvey N. Cheyne.
Il padre lasciò cadere il foglio, posò il capo sulla ribalta della scrivania chiusa e respirò a fatica. Il segretario corse in cerca del dottore della signora Cheyne, e questi, accorrendo premuroso, trovò il miliardario che camminava avanti e indietro nella veranda.
«Che... che ne pensate! Può essere possibile? Capite qualche cosa, voi? Io non riesco a capire, non riesco» balbettava tra le lacrime.
«A me sembra molto chiaro» rispose il dottore. «Capisco che vengo a perdere settecento dollari all’anno, ecco tutto.» E nel restituirgli il telegramma, pensava infatti alla clientela lasciata a New York per obbedire all’imperioso ordine di Cheyne.
«Volete dire che glielo direste? E se fosse un inganno?»
«Per quale ragione?» replicò il dottore, con calma. «Un inganno viene scoperto facilmente. Si tratta sicuramente del ragazzo.»
In quel momento entrò nella veranda la cameriera francese, con l’impudenza propria di chi si sente indispensabile e che è trattenuta solo dal lauto guadagno.
«La signora Cheyne chiede che andiate subito da lei. Teme che vi sentiate male.»
Il miliardario abbassò il capo e seguì docilmente Susanne. Dall’alto del pianerottolo della grande scala di legno bianco, una voce debole ma stridula, gridava:
«Che cosa c’è? Che cosa è accaduto?»
Nessuna porta avrebbe potuto attutire l’urlo che risuonò un momento dopo in tutta la casa, quando Cheyne ebbe detto a sua moglie con voce rotta la notizia.
«Ecco, tutto è sistemato» disse serenamente il dottore alla dattilografa. «La sola verità che leggiamo nei romanzi nei riguardi della medicina, è che la gioia non uccide, signorina Kinzy.»
«Lo so, ma prima ci sarà molto da fare.» La signorina Kinzy, originaria del Milwaukee, non perdeva tempo in chiacchiere. Inoltre, sentendosi attratta dal segretario, aveva indovinato, dal suo sguardo, che c’era del lavoro da fare. Egli, infatti, stava studiando attentamente una grande carta geografica dell’America appesa alla parete.
«Milsom, partiamo immediatamente. In vagone privato... diretto... per Boston. Fissate le coincidenze!» gridò Cheyne, scendendo le scale.
«Stavo già pensandoci.»
Il segretario si voltò a guardare la dattilografa e i loro sguardi si incontrarono (da ciò ebbe origine una storia che non ha rapporti con le vicende qui raccontate). La signorina Kinzy gli gettò un’occhiata interrogativa, dubitando delle sue capacità, e il segretario le fece cenno di mettersi all’apparecchio Morse, con il gesto di un generale che conduca le sue brigate all’assalto; poi si lisciò i capelli con la mano, in un gesto da musicista, fissò il soffitto e si accinse al lavoro, mentre le dita candide di Miss Kinzy si mettevano in contatto con il continente americano.
K.H. Wade, Los Angeles. «Il vagone “Constance” si trova a Los Angeles, vero, signorina?»
«Sì» rispose la dattilografa, seguitando il suo lavoro. Il segretario gettò uno sguardo all’orologio.
«Pronta?» Mandate qui “Constance” vagone privato e preparate partenza speciale domenica, in tempo per coincidenza con la New York Limited, alla Sedicesima Strada, Chicago, martedì prossimo. Clic-clic-clic. «Non potete andare più in fretta?» chiese il segretario.
«Non su questa linea. In questo modo impiegheranno sessanta ore da qui a Chicago, e non guadagnerebbero nulla a proseguire di là con un treno speciale. Pronto?» Disponete anche con la Lake Shore e Michigan Southern per portare “Constance” sulla New York Central e Hudson River da Buffalo ad Albany, e B. e A., da Albany a Boston. Urgemi raggiungere Boston mercoledì sera. Evitare possibili complicazioni. Ho telegrafato anche a Canniff, Toucey, Barnes. Firmato: Cheyne.
La signorina Kinzy annuì e il segretario continuò: «Benissimo. E ora Canniff, Toucey e Barnes, naturalmente. Pronta?».
Canniff, Chicago. Prego condurre mio vagone privato da Santa Fè, Sedicesima Strada, martedì pomeriggio sulla N.Y. Limited diretto per Buffalo e sulla N.Y.C. per Albany.
«Non è mai stata a New York, signorina Kinzy? Un giorno ci andremo. Pronta?» Condurre vagone da Buffalo ad Albany sulla Limited martedì pomeriggio. «Questo è per Toucey.»
«No, non sono mai stata a New York, ma questo lo so che è per Toucey» rispose la ragazza con un cenno del capo.
«Scusatemi. Ora, Boston e Albany, Barnes, le stesse istruzioni da Albany dirette per Boston. Partenza alle tre e cinque del pomeriggio (questo non occorre telegrafarlo) e arrivo alle nove e cinque di sera, mercoledì. Questo abbraccia tutto ciò che farà Wade, ma vale la pena scuotere un po’ i direttori!»
«Molto bene» annuì la signorina Kinzy con uno sguardo di ammirazione; ecco il tipo di uomo che lei comprendeva e apprezzava!
«Sì, non è male» rispose Milsom modestamente. «Chiunque altro, senza dubbio, al posto mio, avrebbe perso trenta ore, e sprecato una settimana a preparare l’itinerario, invece di mandare il vagone direttamente da Santa Fè a Chicago.»
«Guarda qui, a proposito della New York Limited, si dice che Chauncey Depew stesso non sia mai riuscito ad agganciare il suo vagone» commentò la signorina, rimettendosi così da una certa sua emozione.
«Sì, ma ora non si tratta di Chauncey, bensì di Cheyne... la saetta. Tutto andrà bene.»
«Tanto meglio, e ora, credo che faremmo bene a telegrafare a quel ragazzo. Avete dimenticato questo particolare!»
«Vado a chiedere.»
Quando tornò con il messaggio del padre di Harvey che diceva al figlio di incontrarli a Boston a un’ora stabilita, il segretario trovò la signorina Kinzy che rideva sui suoi tasti, e anche lui si mise a ridere perché il frenetico ticchettio da Los Angeles diceva: Vogliamo sapere perché, perché, perché. Il malessere generale aumenta e dilaga.
Dieci minuti più tardi, Chicago chiamava la signorina Kinzy, esprimendosi in questi termini: Se la catastrofe del secolo sta maturando, preghiamo avvertire in tempo amici. Qui, cerchiamo tutti di salvarci. A questo messaggio se ne sovrappose un altro da Topeka (e in che cosa fosse interessata Topeka neppure Milsom riuscì a comprenderlo): Non sparate, colonnello; ci arrendiamo.
Quando gli furono consegnati i telegrammi, Cheyne sorrise crudelmente per la costernazione dei suoi nemici: «Credono che io sia sul sentiero di guerra. Dite loro che non abbiamo nessuna voglia di combattere, proprio in questo momento, Milsom. Annunciate pure lo scopo del nostro viaggio. Sarebbe meglio, infatti, che voi e la signorina Kinzy mi accompagnaste, sebbene sia poco probabile che mi occupi di affari durante il viaggio. Per una volta, dite la verità!».
E la verità fu detta; la signorina Kinzy batté a macchina con sentimento, e il segretario aggiunse la frase memorabile: «Lasciatemi in pace!». Così, negli uffici dei consigli di amministrazione, a miglia e miglia di distanza, i rappresentanti dei sessantatré milioni di dollari investiti nelle ferrovie respirarono più liberamente. Cheyne volava a raggiungere il suo unico figlio, ritrovato per un miracolo. L’orso cercava il suo orsacchiotto, non i tori.1 Uomini duri deposero le armi che già avevano affilato per difendere la loro esistenza finanziaria, e gli augurarono buon viaggio, mentre alcune società ferroviarie, che avevano perso la testa per il panico, la rialzarono con baldanza, vantandosi delle prodezze che avrebbero fatto, se Cheyne non avesse seppellito la sua ascia di guerra.
Quel fine di settimana fu molto animato perché, svanita l’angoscia, fu necessario predisporre per il viaggio di Cheyne. Los Angeles trasmise a San Diego e a Barstow che i macchinisti del Sud California fossero messi al corrente e si tenessero pronti nei loro depositi isolati. Barstow passò l’ordine all’Atlantic e al Pacific; Albuquerque lo ritrasmise a tutte le linee dell’Atchinson, Topeka e Santa Fè e perfino a Chicago. Una locomotiva, una vettura per il personale e il grande e lussuoso vagone privato “Constance”, dovevano venir lanciati a tutta velocità per quelle duemilatrecentocinquanta miglia.
Il convoglio avrebbe avuto la precedenza sui centosettantasette treni in marcia nelle due opposte direzioni. Il personale delle stazioni e i macchinisti di ognuno di quei treni dovevano esserne avvertiti; si dovevano scegliere sedici locomotive, sedici macchinisti e sedici fuochisti tra i migliori. Venivano inoltre concessi due minuti e mezzo per cambiare le macchine e tre soltanto per il rifornimento di acqua ...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Introduzione. Noi siamo qui
  4. Cronologia della vita e delle opere
  5. Bibliografia essenziale
  6. Gloucester, Massachusetts
  7. CAPITANI CORAGGIOSI. Una storia dei Grandi Banchi
  8. I
  9. II
  10. III
  11. IV
  12. V
  13. VI
  14. VII
  15. VIII
  16. IX
  17. X
  18. Glossario
  19. Copyright