L'ultimo dei Mohicani
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L'ultimo dei Mohicani

  1. 464 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Informazioni su questo libro

L'ultimo dei Mohicani (1826) è il secondo dei cinque romanzi che compongono la serie delle avventure di Natty Bumppo (qui Occhio di Falco), il mitico eroe che la fantasia di James Fenimore Cooper fece rivivere nel Nord America, sulle rive del Lago Sacro, tra il 1740 e il 1806, al tempo dell'ultima guerra tra Francia e Inghilterra. Nelle tormentate vicende belliche, tra agguati, imboscate, incendi e scorrerie, sullo sfondo di una natura grandiosa e incontaminata, Occhio di falco troneggia imponente al di sopra dell'odio degli avversari bianchi e di colore che partecipano alla guerra. Sono proprio queste caratteristiche a fare di lui un eroe mitico, personificazione di un ideale di giustizia e di lealtà in una terra tutt'altro che giusta e in pace.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2014
Print ISBN
9788804480501
eBook ISBN
9788852055980

Capitolo XIV

GUARDIANO
Qui est là?1
PULZELLA
Paysans, pauvres gens de France.2
Enrico VI
Durante la rapida partenza dal fortino e finché tutta la compagnia fu profondamente immersa nella foresta, ciascuno aveva troppo da pensare alla fuga per arrischiare anche solo un bisbiglio. L’esploratore riprese il suo posto davanti a tutti benché i suoi passi, dopo che ebbe lasciato una buona distanza fra sé e i suoi nemici, fossero più deliberati che nella marcia precedente, a causa della sua completa ignoranza dei boschi circostanti. Più di una volta si fermò per consultarsi coi compagni, i mohicani, indicando la luna ed esaminando con cura le cortecce degli alberi. In queste brevi pause Heyward e le sorelle stavano in ascolto, coi sensi acutizzati dal pericolo, cercando di scoprire qualche segno che annunciasse la vicinanza dei nemici. In quei momenti pareva che un ampio tratto della regione fosse sepolto in un sonno eterno, dato che dalla foresta non si levava il minimo rumore, tranne il lontano e quasi impercettibile mormorio di un corso d’acqua. Uccelli, bestie e uomini parevano parimenti dormire, se mai uno di questi ultimi si fosse potuto trovare in quel vasto tratto di foresta vergine. Ma il rumore del rivoletto, debole e appena mormorante com’era, liberò subito da un non lieve imbarazzo le guide che si diressero immediatamente verso di esso.
Quando le sponde del torrentello furono raggiunte, Occhio di Falco fece un’altra sosta; e togliendosi i mocassini dai piedi, invitò Heyward e Gamut a seguire il suo esempio. Poi entrò nell’acqua e per quasi un’ora camminarono nel letto del ruscello senza lasciare tracce. La luna si era già tuffata in un immenso cumulo di nuvole nere che sovrastavano all’orizzonte verso occidente, quando essi uscirono dal basso ed errante corso d’acqua per ritornare alla luce e al livello della pianura sabbiosa ma fitta d’alberi. Qui l’esploratore parve sentirsi di nuovo a suo agio, perché riprese la via con la sicurezza e la continuità di chi si muove certo del fatto suo. Presto il sentiero divenne più avvallato e i viaggiatori poterono rendersi chiaramente conto che si avvicinavano alle montagne e che stavano anzi per entrare in una gola. Improvvisamente Occhio di Falco si fermò e aspettando di essere raggiunto dall’intera compagnia, disse, in toni così lenti e cauti che aggiunsero solennità alle parole, nella quiete e nel buio del luogo:
«È facile conoscere i sentieri e trovare i lick e i corsi d’acqua della foresta» disse «ma chi, vedendo questo luogo, si avventurerebbe a dire che una potente armata si trova tra quegli alberi silenziosi laggiù e le aride montagne?»
«Allora non siamo a grande distanza da William Henry?» disse Heyward accostandosi maggiormente all’esploratore.
«È ancora un sentiero lungo e faticoso, e la nostra maggiore difficoltà consiste ora nel quando e dove infilarlo. Guardate» disse indicando gli alberi in un punto dove un piccolo bacino d’acqua rifletteva le stelle nel suo placido seno «questo è lo “stagno sanguinoso”; e siamo in un luogo che non solo ho percorso spesso, ma dove ho combattuto il nemico dal sorgere al calare del sole.»
«Ah! Quello specchio d’acqua lugubre e tetro allora è il sepolcro dei bravi che caddero nella contesa. Ne ho udito parlare, ma non sono mai stato sulle sue rive.»
«Abbiamo fatto tre battaglie col franco-olandese3 in un giorno» continuò Occhio di Falco seguendo il corso dei suoi pensieri più che rispondendo all’osservazione di Duncan. «Ci ha incontrato qui vicino, nella nostra marcia avanzata con cui volevamo tendergli un’imboscata e ci ha sparpagliati come cervi cacciati, di qui alle sponde dello Horican. Poi ci siamo adunati dietro degli alberi caduti e gli abbiamo tenuto testa, sotto Sir William – che divenne Sir proprio per quell’impresa – e gli abbiamo fatto pagar cara la disavventura del mattino. Centinaia di francesi quel giorno videro il sole per l’ultima volta; e anche il loro capo, lo stesso Dieskau, cadde nelle nostre mani così crivellato di piombo che è ritornato al suo paese inabile ad altri atti di guerra.»
«È stato un bello scacco!» esclamò Heyward nel calore del suo ardore giovanile «la fama ne è giunta fino a noi, nella nostra armata del sud.»
«Già! ma non è finita così. Fui mandato dal maggiore Effingham, per ordine di Sir William in persona, a portare la notizia del disastro al Forte dello Hudson schivando i francesi attraverso la zona non navigabile. Proprio qui, dove vedete gli alberi sorgere in una montagna ondulata, ho incontrato una compagnia che scendeva in nostro aiuto e la condussi dove il nemico stava consumando il suo pasto senza sospettare che non era ancora finito il sanguinoso lavoro giornaliero.»
«E li avete colti di sorpresa?»
«Se la morte può essere una sorpresa per uomini che pensano soltanto ad appagare il loro appetito. Abbiamo dato loro solo poco tempo da respirare, perché ci erano venuti addosso duramente nella lotta del mattino e c’erano pochi fra noi che non avessero perduto per loro mano amici o parenti. Quando tutto fu finito, i morti, e alcuni dissero i moribondi, furono gettati in quel piccolo stagno. Questi occhi hanno visto le sue acque colorirsi di sangue come mai acqua naturale è sgorgata dalle viscere della terra.»
«Era una tomba adatta a un soldato e confido che sarà tomba di pace. Allora avete prestato a lungo servizio su questa frontiera?»
«Io!» disse l’esploratore rizzando l’alta persona con orgoglio militare. «Non ci sono molti echi tra queste colline che non abbiano respinto la detonazione del mio fucile, né c’è lo spazio di un miglio quadrato tra lo Horican e il fiume, in cui “Ammazza Cervi” non abbia fatto cadere un corpo vivente, sia di nemico sia di bestia selvaggia. Quanto alla tomba, che sia tranquilla come dite è un’altra faccenda. Ci sono di quelli, nel campo, che dicono e pensano, amico, che per giacere tranquilli bisogna non esser sepolti mentre si respira ancora; e certo è che nella fretta di quella sera i dottori ebbero poco tempo per dire chi era vivo e chi era morto. Sst! Non vedete nulla che cammina sulla sponda dello stagno?»
«Non è probabile che ci siano molti senza casa come noi, in questa foresta tenebrosa.»
«Gente simile si cura poco di case e di asilo, e la rugiada della notte non ha mai bagnato un corpo che passa la giornata nell’acqua» rispose l’esploratore afferrando la spalla di Heyward con una stretta così convulsa da far capire penosamente al giovane quanto il terrore superstizioso avesse preso il sopravvento su un uomo abitualmente così intrepido.
«Per il Cielo! È una forma umana, e si avvicina. Prendete le armi, amici miei: perché non sappiamo chi incontriamo.»
«Qui vive?»4 domandò una fiera voce rapida, che suonava come un alto là dell’altro mondo, levandosi da quel luogo solitario e solenne.
«Che cosa dice?» disse l’esploratore. «Non parla né indiano né inglese.»
«Qui vive?» ripeté la stessa voce, presto seguita dallo scroscio delle armi e da un atteggiamento minaccioso.
«France!» esclamò Heyward in francese avanzando dall’ombra degli alberi verso la sponda dello stagno, a pochi metri dalla sentinella.
«D’où venez-vous? Où allez-vous, d’aussi bonne heure?»5 domandò il granatiere con la lingua e l’accento di un uomo della vecchia Francia.
«Je viens de la découverte et je vais me coucher».6
«Etez-vous officier du Roi?»7
«Sans doute, mon camarade; me prends-tu pour un provincial? Je suis capitaine des chasseurs…» (Heyward sapeva bene che l’altro era di un reggimento in linea) «j’ai ici, avec moi, les filles du commandant de la fortification. Aha! tu en as entendu parler! Je les ai fait prisonnières près de l’autre fort et je les conduis au général».8
«Ma fois! mesdames; j’en suis fâché pour vous» esclamò il giovane soldato portando la mano al berretto con garbo «mais… fortune de guerre! vous trouverez notre général un brave homme et bien poli avec les dames.»9
«C’est le caractère des gens de guerre» disse Cora con ammirevole controllo. «Adieu, mon ami; je vous souhaiterais un devoir plus agréable à remplir.»10
Il soldato ricambiò con un basso e umile inchino la sua cortesia; e dopo che Heyward ebbe aggiunto «bonne nuit mon camarade» proseguirono con calma lasciando la sentinella che passeggiava sulle rive dello stagno silenzioso senza sospettare un nemico così sfrontato e canticchiava fra sé parole che gli erano venute in mente alla vista delle donne e forse al ricordo della sua lontana e bella Francia:
Vive le vin, vive l’amour, etc., etc.
«È andata bene che capivate quell’impostore» bisbigliò l’esploratore quando si furono un po’ allontanati dal luogo, lasciando di nuovo cadere il fucile sul braccio. «Mi sono accorto subito che era uno di quegli inquieti francesi, e ben per lui che il discorso è stato amichevole e i suoi auguri gentili; altrimenti le sue ossa avrebbero trovato un posto tra quelle dei suoi connazionali.»
Fu interrotto da un lungo e pesante gemito che si levò dal piccolo bacino come se davvero gli spiriti dei trapassati si aggirassero sul loro sepolcro d’acqua.
«Certo era di carne» continuò l’esploratore «uno spirito non avrebbe potuto tenere le armi con tanta sicurezza.»
«Era di carne; ma è da mettere in dubbio che quel povero diavolo appartenga ancora a questo mondo» disse Heyward guardandosi attorno e non vedendo Chingachgook nel loro gruppetto. Un altro gemito più debole del precedente fu seguito da un pesante e lugubre tuffo in acqua e tutto tornò ad essere silenzioso come se i gorghi del tetro stagno non fossero mai usciti dal silenzio della creazione. Mentre esitavano ancora, incerti, la figura di un indiano fu vista scivolare fuori dalla macchia. Mentre si avvicinava, il capo con una mano attaccava alla cintola la cotenna fumante dello sfortunato giovane francese e con l’altra riponeva il coltello e il tomahawk intrisi di sangue. Poi riprese il solito posto con l’aria di chi crede di aver compiuto un atto meritevole.
L’esploratore appoggiò un’estremità del fucile a terra e appoggiando le mani sulla canna rimase assorto, in profondo silenzio. Poi scuotendo il capo mestamente, borbottò:
«Sarebbe stato un atto crudele e inumano per un bianco, ma è un pregio e qualcosa di naturale per un indiano: e non credo che questo si possa negare. Preferirei però che fosse accaduto a un maledetto mingo piuttosto che a quel bel giovanotto dei vecchi paesi.»
«Basta» disse Heyward preoccupato che le sorelle ignare potessero comprendere la natura dell’indugio e vincendo il disgusto con pensieri molto simili a quelli del cacciatore, «è andata cosi; e per quanto sarebbe stato meglio non farlo, non si può più rimediare. Vedete bene che siamo, fin troppo evidentemente, nel raggio delle sentinelle del nemico; che via proponete di seguire?»
«Sì» disse Occhio di Falco risollevandosi «è inutile continuare a pensarci. Già, i francesi si sono raccolti con gran cura intorno al forte e abbiamo da infilare un ago ben sottile per passare tra loro.»
«E non abbiamo che poco tempo per farlo» soggiunse Heyward levando gli occhi verso il banco di vapori che nascondeva la luna che tramontava.
«E poco tempo per farlo» ripeté l’esploratore. «La cosa si può risolvere in due modi, con l’aiuto della Provvidenza, senza la quale non si può risolvere per niente.»
«Ditelo in fretta, perché il tempo stringe.»
«Il primo sarebbe di far smontare il gentil sesso e mettere in libertà le bestie; mandando i mohicani in testa potremmo aprirci un varco tra le loro sentinelle e entrare nel forte passando sui loro cadaveri.»
«Non è possibile… non è possibile!» interruppe il generoso Heyward. «Un soldato potrebbe aprirsi il cammino in questo modo, ma mai con un simile convoglio.»
«Sarebbe invero una via sanguinosa, per farla varcare a pie...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Introduzione: di John MacWilliams
  4. Cronologia
  5. Bibliografia
  6. L’ultimo dei mohicani
  7. Capitolo I
  8. Capitolo II
  9. Capitolo III
  10. Capitolo IV
  11. Capitolo V
  12. Capitolo VI
  13. Capitolo VII
  14. Capitolo VIII
  15. Capitolo IX
  16. Capitolo X
  17. Capitolo XI
  18. Capitolo XII
  19. Capitolo XIII
  20. Capitolo XIV
  21. Capitolo XV
  22. Capitolo XVI
  23. Capitolo XVII
  24. Capitolo XVIII
  25. Capitolo XIX
  26. Capitolo XX
  27. Capitolo XXI
  28. Capitolo XXII
  29. Capitolo XXIII
  30. Capitolo XXIV
  31. Capitolo XXV
  32. Capitolo XXVI
  33. Capitolo XXVII
  34. Capitolo XXVIII
  35. Capitolo XXIX
  36. Capitolo XXX
  37. Capitolo XXXI
  38. Capitolo XXXII
  39. Capitolo XXXIII
  40. Postfazione: di George Sand
  41. Copyright