Stardust
  1. 252 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

Informazioni su questo libro

In una fredda sera di ottobre una stella cadente attraversa il cielo e il giovane Tristran, per conquistare la bellissima Victoria, promette di andarla a prendere. Dovrà così oltrepassare il varco proibito nel muro di pietra a est del villaggio e avventurarsi nel bosco dove ogni nove anni si raccoglie un incredibile mercato di oggetti magici. È solo in quell'occasione che agli umani è concesso inoltrarsi nel mondo di Faerie. Tristran non sa di essere stato concepito proprio lì da una bellissima fata dagli occhi viola e da un giovane umano, e non sa neppure che i malvagi figli del Signore di Stormhold e Signore degli Alti Dirupi sono anche loro a caccia della stella..

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2014
Print ISBN
9788804547105
eBook ISBN
9788852056383

Quattro

Vi giungerò a lume di candela?
•
Se ne andò anche il mese di ottobre. Tristran aveva la sensazione di camminare nell’estate. Nel bosco c’era un sentiero con una grande siepe laterale e il giovane lo seguí. Sopra di lui brillavano luminose le stelle, mentre la luna piena risplendeva dello stesso colore del grano maturo. Alla luce della luna riuscí a vedere le rose canine della siepe.
Cominciava ad avere sonno. Per un po’ si sforzò di rimanere sveglio, ma poi si tolse la giacca, posò la valigia a terra — una capiente valigia di cuoio, di quelle rigide a due scomparti che a distanza di vent’anni sarebbero divenute famose con il nome di Gladstone — e ci appoggiò sopra la testa, coprendosi con la giacca.
Si mise a contemplare le stelle, che gli parvero ballerine maestose e leggiadre, impegnate in una danza complessa e quasi inesauribile. Immaginò di vederne il volto: erano pallide e sorridevano aggraziate, come se avessero trascorso cosí tanto tempo sopra il mondo, a guardare le fatiche, le gioie e i dolori dell’umanità, da non poter fare a meno di divertirsi ogni volta che un altro piccolo essere umano si credeva il centro dell’universo, proprio come succede a ognuno di noi.
Subito dopo Tristran sognò di entrare in camera sua, che nel sogno era anche l’aula scolastica del villaggio di Wall; la signora Cherry batteva sulla lavagna per richiamare i suoi alunni all’ordine, mentre Tristran abbassava gli occhi sul quaderno per capire quale fosse l’argomento della lezione, senza però riuscire a decifrare la propria scrittura. A quel punto la signora Cherry, che assomigliava cosí tanto a sua madre che Tristran si stupí di non essersi mai accorto che erano la stessa persona, lo chiamò e lo interrogò sulle date di tutti i re e di tutte le regine d’Inghilterra…
— Scusa — gli disse una vocina inquietante nell’orecchio — ti dispiacerebbe sognare facendo meno rumore? I tuoi sogni si infiltrano nei miei, e se c’è una cosa che non ho mai mandato giú sono proprio le date. Guglielmo il Conquistatore, millesessantasei, ma di piú non so, ed è una nozione che baratterei volentieri con un topo ballerino.
— Mmm? — fece Tristran.
— Abbassa la voce! — insisté la vocina. — Se non ti dispiace.
— Mi dispiace — ribatté Tristran, che a quel punto sognava il buio.
— La colazione! — disse una voce in prossimità del suo orecchio. — Funchi fritti nell’olio con l’aglio selvatico.
Tristran aprí gli occhi: la luce del sole filtrava attraverso la siepe di rose canine, screziando l’erba d’oro e di verde. E che odore celestiale si sentiva!
Accanto a sé notò un contenitore di latta.
— Cibo da poveri — disse la voce. — Cibo da contadini, niente di piú. Niente di tutto ciò a cui sono abituati i signori. Ma quelli come me lo sanno apprezzare un buon funco.
Tristran batté le palpebre, allungò la mano e dalla scodella di latta prese un grosso fungo tra indice e pollice. Era caldo. Ne morsicò cautamente un pezzo e sentí il succo spandersi nella sua bocca. Era la cosa piú buona che avesse mai mangiato e, dopo aver masticato e inghiottito il fungo, lo dichiarò senza mezzi termini.
— È gentile da parte tua — disse quella minuscola figura seduta dall’altra parte del falò scoppiettante, il cui fumo si levava nell’aria mattutina. — Gentile, ne sono certo. Ma sai, e io so, che sono solo funchi di campo fritti, e niente di speciale…
— Ce ne sono altri? — domandò Tristran, rendendosi conto di quanta fame avesse. A volte, con un po’ di cibo, succede.
— Ah, dunque, che educazione! — esclamò quella piccola figura, che portava un grosso cappello floscio e un largo cappotto svolazzante. — Ce ne sono altri? dice lui; come se si trattasse di uova di quaglia in camicia e di gazzella affumicata con tartufi, e non di un semplice funco, che ha piú o meno il gusto di una roba morta da una settimana e che nemmeno un gatto toccherebbe. Educazione.
— Sinceramente, in tutta onestà, un altro fungo mi andrebbe — disse Tristran — se non è troppo disturbo.
L’omino — se di uomo si trattava, cosa che Tristran trovava alquanto improbabile — emise un lamentevole sospiro e allungò la mano nella padella che sfrigolava sul fuoco, e con un colpetto di coltello fece volare due funghi nella scodella di Tristran.
Il giovane ci soffiò sopra e poi li mangiò con le mani.
— Ma guardati un po’ — disse quella piccola persona pelosa, con la voce che era un misto di orgoglio e tristezza — mentre mangi quei funchi come se ti piacessero davvero, come se non fossero segatura, assenzio e ruta nella bocca.
Tristran si leccò le dita e assicurò al suo benefattore che erano davvero i funghi piú buoni che avesse mai avuto il privilegio di assaggiare.
— Lo dici adesso — ribatté il suo ospite con malinconica soddisfazione — ma tra un’ora non lo dirai piú. Senz’altro ti faranno male, cosí come fanno male le parole della pescivendola che feriscono il suo giovane ragazzo quando discutono di sirene. Sono notizie che volano da Garamond fino a Stormhold. Che linguaggio! Mi ha fatto azzurrare le orecchie! — Quel piccolo personaggio peloso fece un sospiro profondo. — A proposito del tuo intestino — disse — io vado a prendermi cura del mio dietro quell’albero laggiú. Mi faresti il grande onore di tenermi d’occhio il bagaglio che è lí? Te ne sarò immensamente grato.
— Naturalmente — rispose Tristran in tono cortese.
L’omino peloso scomparve dietro una quercia. Tristran sentí alcuni grugniti, dopodiché riapparve il suo nuovo amico, dicendogli: — Allora. Conoscevo un uomo in Paflagonia che ogni mattina, appena alzato, mandava giú un serpente vivo perché cosí, diceva, per il resto della giornata non sarebbe potuto capitargli niente di peggio. Ovviamente prima che lo impiccassero e che gli facessero ingollare una scodella di centopiedi pelosi. A quel punto la sua asserzione risultò leggermente infondata.
Tristran chiese scusa e si allontanò per andare a far pipí addosso a una quercia. Lí accanto c’era una montagnola di escrementi, non di esseri umani; sembravano piú di cervo, o di coniglio.
— Il mio nome è Tristran Thorn — disse il ragazzo una volta tornato. Il suo compagno di colazione aveva già sistemato ogni cosa — fuoco, padelle e tutto il resto — facendola sparire nel suo fagotto.
Si tolse il cappello, se lo strinse al petto e levò lo sguardo verso Tristran. — Incantato — disse. Diede dunque un colpetto al suo fagotto, sul cui lato c’era scritto: INCANTATO, AMMALIATO, STREGATO E CONFUSO. — Un tempo ero confuso — confessò — ma sai come vanno certe cose.
Detto ciò s’incamminò lungo il sentiero e Tristran gli andò dietro. — Ehi! Ascolta! — disse. — Rallenta, no? — Nonostante l’enorme fagotto (che a Tristran fece venire in mente il fardello del Cristiano nel Viaggio del pellegrino, un libro dal quale la signora Cherry leggeva brani ogni lunedí mattina), l’omino — Incantato? Era quello il suo nome? — si stava allontanando da lui alla velocità di uno scoiattolo che sale in cima a un albero.
La creaturina si voltò e tornò indietro di corsa. — Qualcosa non va? — domandò.
— Non riesco a tenere il tuo passo — confessò Tristran. — Tu cammini maledettamente veloce.
L’omino peloso rallentò il passo. — Scusa tanto — disse, mentre Tristran lo seguiva barcollando. — Sono quasi sempre da solo, ho preso un ritmo tutto mio.
Proseguirono fianco a fianco nella luce verde-oro che filtrava attraverso le foglie appena schiuse. Era una luce che Tristran aveva visto solo a primavera. Si domandò se l’estate fosse ormai distante quanto il mese di ottobre. Di tanto in tanto Tristran faceva un’osservazione su un lampo di colore che vedeva su un albero o in un cespuglio, e l’omino peloso diceva cose del tipo: — Martin pescatore. Era cosí che chiamavano il signor Halcyon. Bell’uccello — oppure: — Colibrí viola. Beve il nettare dai fiori. Resta sospeso nell’aria — o anche: — Capirosso. Uccelli che si tengono a debita distanza; meglio non scrutarli troppo da vicino, né andare in cerca di guai, perché con quei birbanti dai guai non si sfugge.
Si sedettero vicino a un ruscello e consumarono il loro pranzo. Tristran estrasse la sua pagnotta fatta in casa, le mele rosse mature e la fetta di quel formaggio piccante che gli aveva dato sua madre. L’omino li aveva guardati con sospetto, ma divorò tutto ingordamente, leccandosi le briciole del pane e del formaggio sulle dita e sgranocchiando poi sonoramente una mela. Quindi andò al ruscello a riempire il bollitore e lo mise sul fuoco per il tè.
— Ora mi spiegherai quali sono i tuoi programmi — disse l’omino peloso mentre bevevano il tè seduti per terra.
Tristran ci pensò su per qualche istante e poi disse: — Vengo dal villaggio di Wall, dove vive una giovane signora che si chiama Victoria Forester; fra le donne lei non ha pari, ed è a lei, e a lei sola, che ho donato il mio cuore. Il suo volto è…
— Completo di tutto? — domandò la creaturina.
— Occhi? Naso? Denti? La solita roba?
— Naturalmente.
— Be’, allora questa parte saltala pure — disse l’omino peloso. — Facciamo come se me l’avessi già raccontata. Ebbene, quale sciocchezza ti ha indotto a fare questa giovane signora?
Tristran posò la sua tazza di legno piena di tè e si alzò in piedi indignato.
— Cosa ti spinge a pensare che la mia innamorata mi farebbe imbarcare in futili imprese? — domandò con quello che lui reputava un tono altero e sprezzante.
L’omino alzò i suoi occhietti neri come il giaietto e guardò Tristran. — Un giovane come te non sarebbe tanto stupido da attraversare la frontiera, spingendosi fino a Faerie. Gli unici della tua terra che si spingono fin qui sono i menestrelli, gli amanti ...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Canzone
  4. Uno. In cui si apprende del Villaggio di Wall e del curioso fatto che vi si ripete regolarmente ogni nove anni
  5. Due. In cui Tristran Thorn cresce, diventa uomo e fa una promessa avventata
  6. Tre. In cui incontriamo altre persone, molte delle quali ancora in vita e interessate alle sorti della stella caduta
  7. Quattro. Vi giungerò a lume di candela?
  8. Cinque. In cui son molte le lotte per conquistare la corona
  9. Sei. Ciò che disse l’albero
  10. Sette. All’Insegna della Carrozza
  11. Otto. In cui si parla di castelli in aria e di altre questioni
  12. Nove. In cui si narrano principalmente gli eventi accaduti al Fosso di Diggory
  13. Dieci. Stardust ovvero Polvere di stelle
  14. Epilogo. In cui molteplici possono apparire le conclusioni
  15. Ringraziamenti
  16. Copyright