Cyberbullismo
eBook - ePub

Cyberbullismo

Come aiutare le vittime e i persecutori

  1. 120 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Cyberbullismo

Come aiutare le vittime e i persecutori

Informazioni su questo libro

Il «cyberbullismo», un termine diventato recentemente di tragica attualità, rappresenta oggi per la stragrande maggioranza dei minorenni una minaccia molto concreta, quasi come l'alcol e la droga, in una società in cui la dimensione «digitale» della vita privata, in particolare di quella dei più giovani, ha conquistato un ruolo predominante. Federico Tonioni, esperto di bullismo online, ci guida nel nuovo mondo delle relazioni via web, che noi adulti in gran parte non conosciamo e che quindi ci spaventa, facendoci sentire impotenti. Con il risultato di non riuscire a stare realmente accanto ai nostri figli adolescenti o, addirittura, di non saper ascoltare le loro tacite richieste d'aiuto. Alla fine della scuola primaria, i ragazzi avvertono con maggior urgenza il bisogno di passare più tempo con i coetanei, di costruire amicizie solide, stabilire alleanze e complicità, non solo in classe. Oggi ciò che è cambiato sono i tradizionali luoghi di appuntamento (oratorio, parco, campo sportivo), spesso sostituiti dalla «piazza virtuale», dove sono aboliti i confini di spazio e tempo e dove le occasioni di incontro sono offerte dai social network. Un cambiamento non privo di conseguenze sulla natura e sulla qualità dei rapporti personali. Perché se è vero che l'adolescenza è una fase della vita che è sempre stata caratterizzata dal rischio di essere sbeffeggiati, colpiti nelle proprie fragilità, presi in giro per i propri difetti, il cyberbullismo è molto più spietato, persecutorio e crudelmente mortificante del bullismo tradizionale: protetti dall'anonimato della rete, resi insensibili dalla mancanza di contatto fisico con la vittima, incapaci di rispecchiamento emotivo, i carnefici non sanno misurare e prevedere le conseguenze dei loro atti e colpiscono con criminale determinazione, senza provare il minimo senso di colpa. Il tutto sotto gli occhi della sterminata platea della rete e nell'assoluta mancanza di controllo da parte degli adulti, spesso all'oscuro delle dinamiche in cui sono immersi i cosiddetti «nativi digitali». Un libro per capire la forza potenzialmente distruttiva delle relazioni via web, per aiutare i più indifesi e le vittime a rafforzare l'autostima esprimendo le proprie emozioni, e i carnefici a sublimare quella rabbia così intensa che non permette loro di praticare l'antica e semplice virtù di «mettersi nei panni degli altri».

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2014
Print ISBN
9788804644200
eBook ISBN
9788852055317

I

CHE COS’È L’ERA DIGITALE

Quando parliamo di era digitale ci riferiamo all’avvento della COMUNICAZIONE PORTATILE che negli ultimi trent’anni ha rivoluzionato i concetti di distanza e vicinanza. Improvvisamente è diventato possibile svincolare la comunicazione da un luogo preciso, ponendola fuori dai confini concreti e convenzionali ai quali eravamo abituati e nei quali eravamo cresciuti. Non era più necessario farsi trovare a casa per ricevere una telefonata, magari continuamente interrotta da chi ci sollecitava a fare presto perché il telefono serviva a tutti. Con grande senso di meraviglia potevamo comunicare in movimento, senza occupare necessariamente uno spazio preciso e senza la preoccupazione di risparmiare tempo, visto che le attese legate alla disponibilità di un telefono libero, collocato in un determinato posto, non avevano più senso (anche se questo risparmio di tempo non ha sempre rappresentato l’opportunità di fare più cose, limitandosi il più delle volte a moltiplicare occasioni di contatto spesso prive di contenuto).
La «portabilità» della comunicazione ha di fatto ridotto le attese della nostra vita, compromettendo la nostra capacità di aspettare, che, nel corso dello sviluppo armonico di mente e corpo, rappresenta una conquista. La capacità di attendere costituisce infatti l’altra faccia della capacità di desiderare, perché provare un desiderio implica l’idea di avere il tempo per raggiungere la sua soddisfazione, diversamente da ciò che accade di fronte a un bisogno improcrastinabile che necessita invece di una risposta immediata. Integrati in una realtà sempre più digitale viviamo, anche inconsapevolmente, in modo compulsivo, senza pause, rincorrendo impegni o scadenze urgenti, che spesso non sono nemmeno tali. Lo stesso vale per la capacità di stare da soli, in passato percepita come una risorsa necessaria per ricaricarsi e a cui, di questi tempi, facciamo quasi fatica a dare un senso. In conseguenza di ciò è profondamente mutato il valore della condivisione, il significato del sentimento di separatezza dagli altri e in parte anche il concetto di INTIMITÀ.
In questo senso l’evoluzione di internet rappresenta l’elemento decisivo, quello che ha rivoluzionato le esistenze di tutti e cambiato il modo di pensare. Internet è strutturalmente una rete di contatti che, parallelamente alla sua rapida espansione, ha portato allo sviluppo di computer sempre meno ingombranti e di applicazioni digitali sempre più performanti, così adattati al nostro vivere quotidiano da diventarne parte integrante, spesso personalizzati e vissuti come protesi di noi stessi. Tutte le volte che gli esseri umani creano strumenti comunicativi nuovi attraverso la tecnica, creano necessariamente anche un nuovo modo di entrare in relazione con gli altri. Non solo: come ha teorizzato Marshall McLuhan (1962), ideatore in tempi non sospetti del concetto di VILLAGGIO GLOBALE, ciò che influenza maggiormente la mente degli individui non è tanto il contenuto della comunicazione in sé, quanto il funzionamento del mezzo di comunicazione utilizzato.
L’elemento centrale di internet è una serrata INTERATTIVITÀ, la quale è l’essenza stessa della realtà multimediale in cui siamo immersi e ha moltiplicato gli stimoli a cui dobbiamo rispondere. Per anni l’unica forma di interazione è stata l’uso, a volte compulsivo, del telecomando della televisione. Come ha sostenuto Pier Cesare Rivoltella già anni fa, parlare oggi di EDUCAZIONE AI MEDIA, attraverso l’analisi e la selezione dei contenuti, non ha più senso, perché non esistono più spettatori passivi. Non solo: in una società multitasking l’interazione non è più soltanto a due, ma può avvenire tra molti, aspetto che porta in primo piano la centralità delle persone rispetto ai mezzi di comunicazione e di conseguenza la necessità di essere sempre connessi e contattabili. Senza essere un luogo concretamente definito, internet rappresenta uno spazio potenziale, dove è possibile comunicare in modo diffuso e immediato grazie alla contrazione dello spazio, inteso come distanza, e del tempo, nella sua dimensione di attesa, ed entrare in una comunità sempre più decentrata e globale.
Per noi che apparteniamo a una generazione diversa, una cosa è la creazione di un contatto e un’altra è il mantenimento di una relazione; ma per i nostri figli non sembra essere così e forse questo è un dettaglio che rivela la nascita di un nuovo PROFILO COGNITIVO.
Gli adolescenti di oggi sono definiti «nativi digitali», perché non hanno conosciuto un «prima» della realtà digitale e presentano spiccate capacità di coordinazione visuo-motoria, ma maggiore distraibilità e difficoltà di concentrazione. Sono cambiati i tempi e i modi di lettura, perché una pagina web viene letta diversamente dalla pagina di un libro, così come si sono trasformati la memoria, il modo di apprendere e di pensare. Oggi le relazioni sembrano pervase più che in passato da reazioni istintive, cosa che favorisce un atteggiamento compulsivo che pare disegnare una nuova normalità, in cui si ha la tendenza a vivere ogni esperienza al di là del suo vero significato. Consumiamo senza pensare, appagando necessità che spesso non si rivelano tali, come quando telefoniamo con insistenza a un amico senza sapere con precisione cosa dire.
Del resto, l’era digitale si è instaurata nelle nostre esistenze senza fare troppo rumore, quasi fosse un processo naturale, fisiologico che ha come fine ultimo la relazione tra esseri umani. Sappiamo che ogni forma di relazione è in qualche modo PSICOATTIVA, ovvero influisce sui processi mentali; essa rappresenta infatti uno scambio e genera una risposta che può essere istintiva o mediata dal pensiero: a livello cerebrale si attiva un processo biologico che coinvolge cellule nervose, impulsi elettrici e composti chimici, e traccia un percorso il quale, a seconda degli stimoli e delle esperienze, può variare o ripetersi sempre uguale. Inoltre, nessun mezzo che organizza la comunicazione attraverso proprie caratteristiche peculiari può essere considerato neutrale, perché la stessa informazione, veicolata in modi diversi, suscita in chi la riceve comportamenti e pensieri differenti.
In altre parole, le relazioni che intrecciamo possono cambiare il nostro modo di pensare a seconda del mezzo di comunicazione e delle modalità comunicative e, considerando che il LINGUAGGIO MULTIMEDIALE è fatto di immagini che ci colpiscono anche al di là della nostra consapevolezza, possiamo capire perché le conseguenze sono emerse soltanto quando i bambini nativi digitali sono diventati adolescenti. La distanza generazionale, che talvolta percepiamo così acutamente da sembrarci un abisso incolmabile anziché una possibilità di conflitto, è soprattutto una distanza di sguardi che rende difficile vedersi nel sovrapporsi di schermi e stimoli sempre più interattivi, i quali hanno cambiato i linguaggi e il modo di comprendersi.
Le relazioni online
Il cyberbullismo è un fenomeno figlio delle relazioni online e ancor più dell’interesse che, fin da bambini, i nostri figli manifestano nei confronti della tecnologia digitale, nonché del desiderio di rimanere sempre in contatto con il proprio gruppo di pari. Nell’adolescenza questo desiderio diventa un bisogno improcrastinabile per via della necessità di sentirsi parte di un insieme, perché il percorso che porta all’acquisizione di un’identità individuale passa per la costruzione di un’identità di gruppo. Gli adolescenti tendono a STARE INSIEME e a imitarsi gli uni con gli altri, adottando tutti lo stesso abbigliamento, il medesimo taglio di capelli e comportamenti molto simili, perché non possono ancora essere soltanto se stessi.
Definirli «nativi digitali» alimenta la fantasia che siano veramente nati in un mondo diverso, dove i concetti di distanza e vicinanza sono stati così stravolti da far sembrare vicino ciò che nella realtà è distante e, al contrario, distante ciò che è potenzialmente vicino.
Una cosa apparentemente analoga accadeva quando gli adolescenti eravamo noi. Seduti a tavola con i familiari o a scuola davanti ai professori, bastava vagare con la mente per ritrovarsi in un altro luogo, sfuggendo a ciò che in quel momento non ci interessava. Questa opportunità durava una manciata di secondi, poi la distrazione lasciava il posto alla realtà intorno a noi. Avevamo la sensazione che questa fuga dalla realtà durasse sempre troppo poco. Un momento di distrazione o un sogno a occhi aperti potevano darsi solo nel nostro mondo immaginario che, a differenza di quanto accade oggi, rappresentava un contesto quasi autistico, ovvero una situazione di isolamento e di mancanza di contatti con il mondo esterno.
Oggi, invece, le RELAZIONI TRA ADOLESCENTI sono caratterizzate da un’intensa interattività, che sposta la loro attenzione dal contesto ambientale in cui si trovano a ciò che accade sullo schermo dello smartphone, nel quale sono immersi. Scrivere un sms, aspettare una risposta, postare una foto o un filmato implica la partecipazione di qualcun altro e prolunga il «non essere lì» a tempo indeterminato, nel senso che la «distrazione» non dipende più solo da loro.
Si tratta di una situazione molto diversa da un semplice momento di mancata partecipazione alla vita familiare o scolastica. Molti genitori, insegnanti e educatori hanno l’impressione che i nuovi adolescenti abitino un MONDO SCONOSCIUTO agli adulti e nel quale possono stare tutto il tempo che vogliono. È il contrario di quanto succedeva a noi, sempre alle prese con il problema di tornare a casa in orario. I ragazzi di oggi possono rincasare senza separarsi dagli amici con i quali sono appena usciti, prolungando un dialogo, una riflessione, un dubbio grazie all’opportunità di interagire senza limiti. Le relazioni sono virtuali ma le conseguenze sono concrete.
Quando è giusto spegnere il telefonino?
Quante ore di sonno vengono sottratte ai loro naturali ritmi biologici?
È possibile fare i compiti e studiare mentre si sta online su chat e social network?
Quando ci rendiamo conto che i nostri figli non riescono a separarsi dagli amici interrompendo una chat o una telefonata, ci sembrano degli alieni e solo in quel momento scopriamo che le relazioni digitali hanno risvolti concreti. Cosa significa?
Significa che in rete non c’è contatto fisico, e questo cambia radicalmente le cose. In rete possiamo dialogare, vedere, ascoltare una voce, comunicare per immagini, ma tutto a una DISTANZA DI SICUREZZA, che ci consente di «invadere» anche lo spazio dell’altro. Infatti, con un clic possiamo sparire improvvisamente da un incontro o da una conversazione, semplicemente perché lo abbiamo deciso noi. Questo accade perché in realtà non si tratta tanto di un incontro, quanto piuttosto di una presentazione di ASPETTI IDEALI DI NOI, che però in quel momento consideriamo del tutto veritieri. In parole povere, è come se presentassimo una parte per il tutto.
Grande assente è la COMUNICAZIONE EMOTIVA, quella che, passando per il corpo, è possibile solo in un incontro dal vivo, in cui la distanza, la vicinanza e la fisicità hanno di nuovo un significato concreto, una propria reale dimensione. Le emozioni passano per il corpo come i sentimenti per la coscienza. Possiamo esprimere un sentimento a parole, in maniera intenzionale, dicendo per esempio «ti amo» a qualcuno; ma facendolo possiamo mentire, perché abbiamo il controllo del contenuto delle nostre parole e del mezzo che usiamo per esprimerle.
Tutt’altra cosa è quando le emozioni si manifestano, quando diventiamo rossi davanti a qualcuno, quando balbettiamo una parola, quando iniziamo a fremere o a tremare, quando il nostro corpo parla per noi improvvisamente e senza preavviso, mettendo a nudo, questa volta, non le parole ma le intenzioni. È una comunicazione che sfugge al nostro controllo, proprio come non possiamo prevedere se e che cosa sogneremo prima di addormentarci, o quando avremo un’intuizione o che cosa ci verrà in mente. Esistono cose che non riusciamo a controllare e che manifestiamo agli altri senza rendercene conto. Per questo, a volte, nonostante nessuno se ne sia accorto, pensiamo di aver fatto una brutta figura solo perché temiamo che gli altri, oltre alle nostre parole, abbiano capito ciò che avevamo in mente mentre le pronunciavamo.
Le parole dicono e le emozioni rivelano, e in rete, mancando la dimensione concreta dello spazio, le emozioni si ritrovano prive di un luogo per comunicare, come un gesso senza la lavagna su cui scrivere. In rete possiamo provare la tensione che precede un appuntamento, ma anche nei casi dove si è reciprocamente visibili, l’altro difficilmente si accorge del nostro stato d’animo, che noi avvertiamo ma non manifestiamo. Chi interagisce con noi può solo immaginare come ci sentiamo e dunque dare la propria personale interpretazione unicamente di ciò che vede, senza che vi sia possibilità di vero scambio emotivo. In rete possiamo essere noi stessi ma anche apparire diversi agli occhi degli altri, perché, quando comunichiamo in assenza di contatto fisico, rinunciamo in un certo senso alla nostra completezza e quindi a essere veramente noi stessi.
Una volta un giovanissimo paziente mi raccontava di essersi fidanzato con una coetanea, con la quale aveva un intenso dialogo online con scambio di foto, canzoni e chat, e che proprio per questo quando si incontravano a scuola non riuscivano a salutarsi. Perché?
Per la stessa ragione per cui non si diventa rossi online, e che rende qualsiasi SCHERMO INTERATTIVO una sorta di barriera protettiva contro gli stimoli emotivi, considerati eccessivi. Le emozioni sono un ponte naturale tra la mente e il corpo, che sono parti dello stesso insieme. Quando vengono a mancare determinano uno scollamento, una perdita di contatto, che si manifesta in modi diversi. Nulla di grave, in realtà, purché non diventi una condizione permanente. Ed è bene ricordare che questo non riguarda solo gli adolescenti: basta svolgere online qualsiasi attività che coinvolga la nostra emotività.
Per esempio, se davanti al computer siamo concentrati, magari mentre controlliamo la posta elettronica o scriviamo qualcosa di impegnativo, ci accorgiamo della fatica che facciamo e del tempo che passa. Se invece sono le nostre emozioni a essere coinvolte, in chat o di fronte a un video musicale che ci ricorda qualcosa, dopo qualche minuto siamo assorti più che concentrati, in uno stato simile al SOGNO A OCCHI APERTI, come se non fossimo più con i piedi per terra. Sospendiamo la nostra presenza e prendiamo le distanze dal corpo, che è la parte concreta di noi, quella che tocca nel vero senso della parola la realtà circostante, quella che non possiamo portarci dietro quando siamo online. Questo temporaneo STATO DISSOCIATIVO è il tentativo di dare un posto alla nostra emotività, anche quando non siamo a portata di contatto fisico. Vale in tutte le forme di relazione online, dalle chat ai video.
In rete il pensiero non viene disturbato dalle emozioni e per questo, quando navighiamo, abbiamo il controllo della comunicazione ma non quello degli istinti, una componente che tende a spingere gli adolescenti oltre le loro reali possibilità. Quello che si dice in rete può essere insostenibile dal vivo, perché come ci piace immaginarci e come realmente siamo non sono sempre la stessa cosa.
La rinuncia a manifestare emozioni mi fu chiara parlando con raga...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Cyberbullismo
  3. Introduzione
  4. I. Che cos’è l’era digitale
  5. II. Il cyberbullismo
  6. III. Come prevenire e intervenire
  7. IV. Le istituzioni di tutela
  8. V. Cosa fare
  9. Consigli di lettura
  10. Ringraziamenti
  11. Copyright