Le maschere
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Le maschere

  1. 320 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Le maschere

Informazioni su questo libro

Dopo la morte di Leone X, nella Roma rinascimentale, scoppia la battaglia senza esclusione di colpi tra i vari cardinali che aspirano alla successione. Ma il cupo gorgo di oscuri complotti e crudeli congiure che si apre tra gli eterni palazzi del potere travolgerà tutto e tutti. Un romanzo storico caratterizzato dallo stile inconfondibile di un grande narratore.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2014
Print ISBN
9788804434726
eBook ISBN
9788852043512

Quinto quadro

Le navi del corteo papale arrivarono in vista del porto di Ostia alle undici del mattino del 28 agosto 1522. Una gran luce nel cielo sembrava voler accogliere in gloria il nuovo Pontefice Adriano VI, ma un venticello leggero che sembrava spingere dolcemente le navi in porto, si mutò improvvisamente in un vento di libeccio così veloce e turbinoso da indurre il Comandante della piccola flotta ad ammainare le vele e a tenersi al largo per non correre il rischio di sfasciare le navi contro le banchine. Il Diavolo, che già aveva reso difficoltoso il viaggio del Papa verso Roma frustando le acque con la coda biforcuta, sembrava non voler rinunciare al suo ruolo disturbatore.
Adriano guardava verso la costa borbottando fra sé invocazioni al Cielo perché ancora una volta non si dovesse dire che i venti gli erano contrari. Da dove vengono i venti? Vengono dal Cielo, e allora perché mai il Cielo doveva ostacolare il suo approdo nel porto della Capitale cristiana, sua Sede designata? Mentre il Papa mormorava le sue preghiere perché si allontanasse quel vento ostile, i marinai non si facevano scrupolo di bestemmiare sulla sua stessa nave. Pareva a loro che il repentino voltarsi del vento a sfavore giustificasse ogni moto d’ira. Tutte le maledizioni, secondo gli uomini di mare, le spazza via il vento quando vengono pronunciate durante la navigazione, e la presenza del Papa non li preoccupava anche perché le sue orecchie straniere non avrebbero mai capito le parole oscene della marineria.
Per più di due ore le navi rimasero in rada davanti al porto di Ostia aspettando che il vento si placasse. Finalmente il Segretario Pontificio si consultò con il Capitano della nave e poi andò a riferire al Papa le difficoltà e domandò se voleva tentare l’approdo su una barca a remi.
«Quale sarà il pericolo dell’operazione?»
«Solo qualche fatica, Santità, ma nessun pericolo.»
«Allora andiamo e che Dio ci aiuti.»
Venne calata in acqua una barca con sei marinai mentre Adriano inginocchiato sulla tolda della nave recitava un’ultima preghiera. Il Capitano avrebbe voluto legarlo temendo che cadesse in acqua, ma Adriano rifiutò quella umiliazione, scese da solo la scaletta e saltò agilmente sulla piccola imbarcazione.
I sei uomini remarono con forza, ma i remi servivano soprattutto per dirigere la barca verso l’approdo e per frenare le bordate improvvise del Libeccio. Il Pontefice stava al centro della barca tenendosi forte con le mani allo schienale e con i piedi alla traversa. Finalmente l’imbarcazione si accostò al molo, venne gettata una gomena per l’ormeggio e due marinai saltarono a terra. Poi uno dei due allungò una mano a prendere la mano del Pontefice che a sua volta fu a terra con un balzo giovanile.
Il gruppo dei Cardinali venuti sul molo in rappresentanza del Sacro Collegio per assistere all’arrivo del Pontefice, stavano ancora commentando le difficoltà del vento e non si erano accorti che Adriano aveva già raggiunto la riva sulla barca ed era sceso su un molo laterale. Appena si resero conto che il Papa era già a terra, si avviarono di corsa al molo piccolo e tutti in gruppo si inginocchiarono, prostrandosi fino a toccare la terra con la fronte. Rimasero in ginocchio solo pochi istanti perché Adriano si avvicinò e con la mano li invitò ad alzarsi. Poi domandò dove si trovasse la chiesa più vicina e volle camminare a piedi in quella direzione.
Dopo la preghiera i Cardinali annunciarono al Pontefice che avevano fatto preparare un banchetto nel castello. Ancora una volta Adriano sconvolse tutti i programmi manifestando il desiderio di mangiare da solo.
I Cardinali si guardarono in faccia sbigottiti, ma il più anziano lo rassicurò.
«Sarà fatto come Sua Santità desidera.»
Lo accompagnarono al castello, e qui il Papa volle fermarsi in una stanzetta riservata alla servitù.
«Sua Santità non desidera visitare il castello?»
«Perché dovrei visitarlo?»
I Cardinali non sapevano che cosa rispondere.
«Per vostra curiosità delle opere d’arte, Santità.»
«Altre cose mi interessano prima delle opere d’arte» rispose freddamente, e andò a sedersi a un tavolino nella stanzetta servile dicendo che desiderava prendere il suo pasto lì in solitudine.
«Mi basta una minestra, una verdura cotta e un boccale di sidro.»
I Cardinali si allontanarono dopo il bacio dell’anello e gli fecero portare da un cameriere una minestrina, un piatto di cicoria amara e un boccale di sidro.
Consumato il suo pasto solitario, Adriano uscì dal castello. Sull’ingresso lo aspettavano i Cardinali che, intimiditi dalla parsimonia del Pontefice, si erano adeguati inghiottendo qualcosa in fretta e in piedi, rinunciando a malincuore alle pernici salmistrate e al cinghialetto al Madera con le olive nere del banchetto.
Il Papa salì su una mula bianca e disse che desiderava essere guidato verso Roma. La prossima tappa sarebbe stata la Basilica di San Paolo fuori le Mura dove l’indomani avrebbe incontrato il Sacro Collegio dei Cardinali per la cerimonia di accoglienza.

XVII

Ogni volta che i suoi pensieri si volgevano all’infuori nel breve tempo del sonno cinese, davanti agli occhi del Cardinale della Torre appariva, come una ossessione, l’immagine di Palmira distesa sul letto che si offriva nuda ai desideri del Cardinale Ottoboni. Fantasie ricorrenti che trovavano la loro unica giustificazione nelle poche notizie avute dal Diacono Baldassarre e da qualche altra voce arrivata nella Casa attraverso le donne della cucina che raccoglievano le dicerie giornaliere al Mercato delle Coppelle o al Campo de’ Fiori. Che Palmira facesse la prostituta al Pozzo Bianco, come ormai era accertato, a lui non importava gran che, purché non entrasse nel letto del Cardinale Ottoboni. Ma quella storia dei riccioli rossi sulla statua di zucchero aveva aggiunto un nuovo turbamento e nuova materia per le sue fantasie. Come se li era procurati il Cardinale Ottoboni quei riccioli rossi delle intimità di Palmira? Con quali promesse o con quali inganni? Lui stesso aveva provveduto a tagliarli? E questo, prima o dopo l’amplesso?
Le immagini del tradimento erano troppo assidue nella mente del Cardinale della Torre, perché a lui stesso non venisse il sospetto che la gelosia era un pretesto per tener vivo il ricordo dell’unico vero sentimento d’amore che avesse mai attraversato la sua vita e per assistere, come in un teatro, alle scene turpi ma eccitanti del tradimento prodotte dalla sua immaginazione.
Nei tempi migliori, aveva deciso Cosimo Rolando, nessuno gli avrebbe impedito di riportare Palmira a vivere nella sua Casa. Ma quando sarebbero arrivati i tempi migliori? Da quando era suonato il suo cinquantesimo anno il Cardinale si vedeva sfuggire la miglior sorte e le occasioni della convivenza con Palmira, che intanto si consumava nella prostituzione da strada. Purtroppo il Papa fiammingo minacciava fulmini e tempesta. La sua unica risorsa ormai era quella di prepararsi a sfidare i fulmini e la tempesta. Il coraggio ce l’avrei, si diceva il Cardinale ripetendo la battuta di un famoso buffone del teatro romano, ma è la paura che mi frega. E Adriano VI aveva messo paura a tutti prima ancora di arrivare a Roma.
La notizia dell’arrivo del Pontefice nel mare agitato di Ostia scatenò altre fantasie e sogni inquieti che turbarono le lunghe notti del Cardinale Cosimo Rolando della Torre. Tenebre, vento, fortuna di mare, diluvio d’acqua, selve infocate, pioggia, saette del cielo, terremoti e ruina di monti, spianamenti di città. Venti revertiginosi che portano acqua, rami di piante e omini infra l’aria. Dopo quei sogni di fuoco e di tempesta il Cardinale si alzava dal letto con così forti emicranie che ne stordivano l’intelletto e spingevano i suoi passi senza una meta in giro per la casa, quasi senza facoltà di parola e desiderio di pensiero. In quelle occasioni gli specchi appesi alle pareti parevano rianimare gli spiriti offesi e riaccendere qualche lume nella sua mente turbata.
Lo specchio riflette qualcosa più che la superficie di un volto, ne riflette anche i segreti sentimenti, le emozioni, le intenzioni che si vorrebbero dissimulare. Lo specchio insomma riflette l’anima di una persona, si era sorpreso a pensare il Cardinale, purché questa persona ce l’abbia un’anima. Si avvicinò allo specchio che aveva acquistato da pochi giorni da un mercante andaluso, uno specchio tondo non più grande di un cappello cardinalizio, con la superficie convessa e una bella cornice dorata con una decorazione di palline ricoperte di oro zecchino. Lo aveva battezzato Specchio delle Molteplici Figure perché dilatava lo spazio intorno e rifletteva immagini di un più vasto orizzonte che comprendeva tutte le persone e le cose che si trovassero nel salone.
Il Cardinale guardò da vicino il proprio volto riflesso in quel cristallo convesso e ne ebbe orrore. Quelle labbra tumide, quegli occhi sporgenti come di un rospo, quel naso gonfio e deforme. Si sforzò di sorridere e si soffermò a guardare i suoi denti grandi e lunghi come i denti dei cavalli. Per un istante ne ebbe paura come se potessero morderlo. Difficilmente i cavalli mordono gli uomini, ma i draghi? Quelli non erano denti di cavallo ma di un drago spaventoso, una minaccia e un pericolo. Aveva sentito da uno scrittore cispadano l’affermazione grottesca che i denti sono lo specchio dell’anima. Che fosse quella orribile figura riflessa nello specchio andaluso la sua immagine veritiera? Oppure quello specchio rifletteva soltanto la sua peggiore metà? O più semplicemente proponeva una maschera, menzognera come tutte le maschere? Pensò di nominarlo Specchio della Minor Sorte, così come venivano nominate le prostitute di grado infimo. Oppure Specchio delle Maschere perché rifletteva comunque una immagine carnevalesca di qualsiasi volto, foss’anche il Papa.
Il Cardinale stava ancora lì a meditare sul titolo da assegnare a quel vetro deformante, quando il vecchio Maestro di Camera si presentò nel Salone degli Specchi per annunciargli, con una faccia lunga e spaurita, la notizia orribile: il giovane Diacono Baldassarre era rientrato a mezza mattina pallido come un fantasma e si era messo a letto annunciando che aveva la peste.
Il Cardinale chiuse gli occhi disperato.
«Non è possibile!»
Il suo volto si infuocò per la collera e impallidì per lo spavento.
«Ma perché l’avete fatto entrare? Introdurre in casa un appestato, sia pure un membro della Famiglia, non è un gesto di pietà cristiana» aveva dichiarato con voce tremante «ma soltanto una manifestazione di totale e caprina incoscienza.»
«Eminenza» si giustificò il vecchio Maestro di Camera «il Diacono Baldassarre non ha detto niente quando è entrato in Casa. Prima si è messo a letto, poi ha chiesto un bicchiere di latte fresco e un cucchiaio di miele dicendo che si sentiva bruciare da una gran febbre. Solo quando il Cuoco è salito a portargli il latte e il miele gli ha detto che aveva dei bubboni neri all’inguine e sotto le ascelle. Allora il Cuoco è scappato via ed è sceso a precipizio per avvertirmi che avevamo in Casa un appestato. Così è andata, Eminenza.»
«Tutte le mie attenzioni per salvare la Famiglia dal contagio sono state annientate dal gesto scriteriato del nostro Servitore di Camera. Un gesto addirittura criminale se vogliamo mettere in conto che sicuramente sapeva di avere la peste prima di entrare nella nostra Casa.»
Il Cardinale si asciugò il sudore dalla fronte con il largo fazzoletto di lino orlato di porpora, poi se lo passò intorno al collo allargando il collarino e sibilò fra i denti:
«Questo è un crimine ispirato dal Demonio, non ci sono dubbi. Satana ha assediato la nostra Casa».
«Che cosa dobbiamo fare, Eminenz...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. di Luigi Malerba
  3. Le Maschere
  4. Primo quadro
  5. Secondo quadro
  6. Terzo quadro
  7. Quarto quadro
  8. Quinto quadro
  9. Sesto quadro
  10. Settimo quadro
  11. Copyright