Un luogo dove non sono mai stato
eBook - ePub

Un luogo dove non sono mai stato

  1. 252 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

Un luogo dove non sono mai stato

Informazioni su questo libro

Le zone di confine tra le generazioni e i sessi, dove le persone s'incontrano perplesse e incerte tra l'indifferenza, il disprezzo e l'amore, potrebbero portare di diritto la sigla che dà il titolo a uno dei racconti di questa raccolta: ATREP, "A Tuo Rischio E Pericolo". Divisi da se stessi, crudeli nell'analisi delle proprie reazioni e spesso costernati dalle emozioni altrui, Celia, Arthur, Ellen, Theo, Sylvia e gli altri protagonisti di queste storie confermano al lettore l'ineguagliabile dote di David Leavitt nel penetrare impunemente, con levità e felice sicurezza stilistica, nei luoghi più insidiosi del sentire contemporaneo, tra gli stati emotivi nascenti e le passioni estinte o condannate.

Domande frequenti

Sì, puoi annullare l'abbonamento in qualsiasi momento dalla sezione Abbonamento nelle impostazioni del tuo account sul sito web di Perlego. L'abbonamento rimarrà attivo fino alla fine del periodo di fatturazione in corso. Scopri come annullare l'abbonamento.
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Perlego offre due piani: Base e Completo
  • Base è ideale per studenti e professionisti che amano esplorare un’ampia varietà di argomenti. Accedi alla Biblioteca Base con oltre 800.000 titoli affidabili e best-seller in business, crescita personale e discipline umanistiche. Include tempo di lettura illimitato e voce Read Aloud standard.
  • Completo: Perfetto per studenti avanzati e ricercatori che necessitano di accesso completo e senza restrizioni. Sblocca oltre 1,4 milioni di libri in centinaia di argomenti, inclusi titoli accademici e specializzati. Il piano Completo include anche funzionalità avanzate come Premium Read Aloud e Research Assistant.
Entrambi i piani sono disponibili con cicli di fatturazione mensili, ogni 4 mesi o annuali.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì! Puoi usare l’app Perlego sia su dispositivi iOS che Android per leggere in qualsiasi momento, in qualsiasi luogo — anche offline. Perfetta per i tragitti o quando sei in movimento.
Nota che non possiamo supportare dispositivi con iOS 13 o Android 7 o versioni precedenti. Scopri di più sull’utilizzo dell’app.
Sì, puoi accedere a Un luogo dove non sono mai stato di David Leavitt, Anna Maria Cossiga in formato PDF e/o ePub. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2014
Print ISBN
9788804609131
eBook ISBN
9788852055768

Le strade che portano a Roma

La casa di Fulvia: vecchi mattoni gonfi per l’umidità, pavimento in cotto deformato. Un bambino potrebbe stare in piedi nel camino. In mezzo alla cucina, c’è un tavolo ovale di quercia, abbastanza grande da farci stare sedute venti persone, che Fulvia ha comprato a un’asta di arredamenti teatrali in disuso. Per anni lo aveva notato sul palcoscenico dell’Opera di Roma, dove forse la grandiosità dei gesti ridimensionava la sua imponenza; e oggi, più d’uno degli ospiti ha scherzato sul fatto che la casa di Fulvia non è poi così lontana da quel mondo. «Comunque, mi sento come un personaggio secondario di Puccini» ha detto Giuliana a Marco, ridendo, dal patio. Sotto di loro si stendevano rigogliose colline, e in lontananza, sulla pianura, potevano vedere le terme di Saturnia, dove sino a poco tempo prima Fulvia passava la maggior parte delle sue giornate, oziando nelle calde acque sulfuree.
È un pomeriggio tiepido e piovigginoso di tarda primavera. Fuori dalla casa di Fulvia, la pioggia batte sui tetti e sui cofani metallici della ventina di macchine parcheggiate nel cortile coperto di muschio. «La mia famiglia» scherza Fulvia con l’americano, sdraiata sul divano di velluto consunto vicino al camino, semiavvolta in una coperta. «Guardati intorno, prova a capirci qualcosa.» L’americano si volta. Giuliana, la figlia di Fulvia, è appena rientrata dal patio con Marco. Era il suo migliore amico da ragazzini, ma poi, quando Marco aveva sedici anni, era diventato l’amante di Fulvia e lei lo aveva portato con sé a Parigi. Per ragioni probabilmente non collegabili tra loro, Giuliana scappò in India, diventò un’eroinomane, e si stabilì a Singapore, dove adesso è sposata e ha tre figli che Fulvia non ha mai visto. In un altro angolo si trova Rosa, l’amica più cara di Fulvia e madre di Marco, e la sorella di Marco, Alba. Grazia, la moglie di Marco, è seduta al grande tavolo ovale con Alberto, l’uomo con cui vive. L’uomo con cui invece vive Marco è l’americano: si chiama Nicholas. Laura è appena uscita dal bagno; è madre di un bambino, Daniele, che Marco ha allevato come fosse suo, anche se biologicamente, tecnicamente, non è suo figlio. Daniele è fuori a giocare con la bambina di Alba, che si chiama anche lei Rosa.
«Penso di aver chiaro chi sono tutti» dice Nicholas.
«Non per molto» scherza Fulvia, e tossisce violentemente. «Ne stanno arrivando altri. Ne arrivano altri ogni giorno. Tutti mi vogliono salutare, perché io sono la regina, e sto morendo. La regina! È buffo. È incredibile, in effetti. Guarda tutte queste persone: sono ricche, hanno una buona educazione, sono il meglio che l’Italia abbia da offrire. E sono dei disgraziati, tutti. Non puoi immaginare. Sapessi le droghe che si sono infilati nelle vene, le cose che hanno visto e fatto… marci, completamente.» Sorride, come trovandoci gusto.
«Adesso cosa stai dicendo su di me, cara?» chiede Marco in inglese. «Credi di poter dire a Nicky qualunque cosa, tanto nessuno può capire, ma dimentichi che più d’uno qui dentro vive a New York ormai da molto tempo.»
«Niente che tu non mi abbia già sentito dire» risponde Fulvia, ridendo, poi viene presa da un rauco, violento, pericoloso colpo di tosse da fumo.
Fulvia sembra decisa a morire nel modo in cui ha vissuto per tutti questi anni: in modo teatrale e facendo dichiarazioni di principio. Proprio stamattina una famosa stella del cinema, la cui villa è in fondo alla strada, è andata a farle visita. Sono state fatte molte cose per la star, le è stata preparata pasta con tartufi, nonché coniglio e insalata di erbe selvatiche. Dopo, dal suo posto sul divano, Fulvia le ha detto che dovrebbe davvero stare più attenta nella scelta dei film.
«È stata una cosa proprio da Fulvia» dice Rosa, dopo che la stella del cinema è andata via. Sta asciugando i piatti e parla − apparentemente − con sua figlia Alba, anche se Fulvia può sentire benissimo. «Che importa se quella povera Marina non è riuscita ad avere una parte in un film decente, anche se la sua vita dipende da questo? Che importa se sta per divorziare e deve prendere le pillole per dormire?» Scuote la testa. «Quella creatura merita la nostra comprensione, non la grettezza di Fulvia.»
«Sei troppo sentimentale, Rosa!» grida Fulvia dal soggiorno. «Quella donna è più ricca del Papa. Quanto ai film americani a cui ha preso parte ultimamente, sarebbe stata più saggia a non fare niente, piuttosto che quella specie di trippa.»
«Fulvia, ma se non hai nemmeno visto gli ultimi film di Marina» risponde Rosa. «Non che questo ti abbia mai impedito di trinciare giudizi.» (Fulvia, per la maggior parte della sua vita, è stata una specie di critico tuttologo per un famoso giornale comunista.)
«Io ho visto uno dei film di Marina» interviene Giuliana. «Era una mafiosa la cui figlia decide di abbandonare la famiglia. Ma era doppiato in cinese, e mi è stato difficile capire.»
«Probabilmente meglio dell’originale. E vuoi dirmi di buttare i miei soldi in una simile spazzatura?» Fulvia fa una risata rauca. «Portami una sigaretta, carissimo» grida a Nicholas, che aspetta che qualcuno faccia un’obiezione, e poi, giacché nessuno interviene, va a prendere l’onnipresente pacchetto di Rothman dal tavolo.
«Sei gelosa, ecco tutto» sta dicendo Rosa. «Anche a te sarebbe piaciuto essere una stella del cinema.»
«Oh, Rosa, sta’ zitta! Sei tu a essere gelosa. Lo sei sempre stata, sin da quando eravamo ragazze.»
«E perché?»
«Perché io sono più bella» risponde Fulvia.
«Ah, capisco.»
«Perché la gente si interessa tanto a me e vuole venire a trovarmi, mentre tu non piaci a nessuno.»
«È vero» dice Rosa. «Io sono il brutto anatroccolo. Come si chiama, Cenerentola? Da anni va avanti così, ogni estate Fulvia invita in questa casa mezza Roma, e chi lava i piatti? Chi prepara la pasta?»
«Sei sempre stata il tipo della casalinga» dice Fulvia. «Diversamente da te, io sono piena di fascino. Come mi chiamava quel soldato americano della cascata, durante la guerra? La Glamorosa.»
«Marina mi ha raccontato una cosa sul lord inglese che vive qui vicino» dice Giuliana entrando nella stanza. «Dice che gli piace fare l’amore con le donne indossando un paio di stivali di gomma dentro i quali ha messo dei canarini vivi. Salta sulle punte dei piedi e sente lo scricchiolio…»
«Giuliana, questa è la cosa più ridicola che abbia mai sentito» dice Rosa.
«No, è vero» ribatte Giuliana. «Marina è andata lì a pranzo la settimana scorsa, e c’era stata una festa la sera prima. Quando è entrata, c’erano dieci paia di stivali in fila e il pavimento era coperto di piume.»
«Mah» dice Rosa. «Ridicolo.»
«Non so perché non devi crederci» dice Grazia. «Sono successe cose anche più strane, e tra le mura di questa casa.»
«I soli a essere più perversi dei ricchi italiani, qui intorno» commenta Fulvia, «sono i ricchi inglesi.»
«Marina non ha la testa a posto» dice Rosa.
«Mi chiedo se Dario ha preso l’idea da lì» dice Laura.
«Cosa?» chiede Grazia.
«La Glamorosa.»
Fulvia agita la sigaretta con fare seccato. «Ho sbagliato io a raccontare a Dario troppe storie quando era ragazzo.»
Mostrandosi afflitta, Laura risponde: «Mi dispiace Fulvia, non intendevo tirar fuori quella storia».
«Pensi che solo perché sto morendo, sia diventata sentimentale? Non sono una sentimentale.» Soffia teatralmente una boccata di fumo. «No, stufa è una parola migliore per descrivere quello che provo per Dario ultimamente. Stufa del suo mito. Era un ragazzo indulgente verso se stesso, e gli ho voluto molto bene, ma sono stufa di lui quanto lo sono dei film di Marina.»
«Una volta ho visto Dario che imitava Marina» interviene Alba. «È stato meraviglioso. Era proprio uguale.»
«Fulvia» dice Rosa, «non fare finta di essere così insensibile.»
Fulvia spegne la sigaretta in una bottiglia vuota di sciroppo per la tosse vicino al divano. «Almeno io non ho illusioni. Io dico la verità. Se alla gente non piace, può andarsene da casa mia.»
«Scusate» dice Marco, ed esce dalla stanza, sul balcone. Tutti lo guardano.
«Bene, bene, bene» dice Grazia, dopo qualche secondo.
«Chi è Dario?» chiede Nicholas.
Rosa, che si sta asciugando le mani con un telo per i piatti, si ferma all’improvviso. «Non lo sai?»
«Devo andare in bagno» annuncia Fulvia con una certa solennità.
«Al solo parlare di Dario?» chiede Laura. Grazia soffoca una risata.
«Molto divertente» dice Fulvia. «Rosa, puoi venire ad aiutarmi? Non c’è molto tempo.»
«Sì, sì» dice Rosa con tono seccato. «Giuliana?»
«Arrivo.»
Poi le due donne sollevano Fulvia dal divano. (Anche se può a malapena camminare, Fulvia rifiuta la sedia a rotelle. Dice che preferisce essere trasportata, “come una regina”.) «Attenta! Attenta!» dice rimproverando Giuliana. «Non fare la ragazzina maldestra.»
«Ho tre figli, e mi chiama ancora ragazzina maldestra.»
«Quando comincerai a mantenerti da sola, allora ti chiamerò donna maldestra» dice Fulvia, mentre Rosa chiude la porta del bagno dietro di loro.
«La Glamorosa!» sta dicendo Alba. «Anche questo deve aver fatto parte del suo spettacolo. Come quando ha imitato Marina Albieri.»
«La Glamorosa!» esclama Alberto, il compagno di Grazia, che sino a questo momento è rimasto completamente assorto nella pulizia della sua pipa. Afferra una tovaglia dalla pila dentro il mobile, se la drappeggia su una spalla e comincia a cantare.
«Questa è una canzone di Patty Pravo» dice Laura. «L’ha mai imitata, Dario? Il mio marito brasiliano era molto innamorato di lei nel 1968.»
«Hai un marito brasiliano?» chiede Nicholas.
«Può darsi, caro. A meno che non sia morto. Non ho sue notizie dal 1972, e non mi interessa averne.»
Anche se Nicholas vive a New York con Marco ormai da quasi un anno − Marco lavora per una grande società farmaceutica internazionale, Nicholas in una libreria − questa è la prima volta che vengono insieme in Italia. Naturalmente, Nicholas si sentiva nervoso all’idea di conoscere la grande famiglia di Marco, così stranamente composta, e così strana a sentirne parlare; aveva paura di non piacere a nessuno, temeva che l’avrebbero trovato noioso, borghese o provinciale. Soprattutto Fulvia. Tutto quello che Marco aveva raccontato a Nicholas di Fulvia, lo spaventava. Marco era cresciuto con Fulvia e con i suoi figli, e quando lui aveva sedici anni e lei cinquanta, se l’era preso come amante. Non aveva importanza che Marco fosse figlio della sua migliore amica, Rosa, o che gli avesse cambiato i pannolini. Quello che voleva, diceva Marco, Fulvia se lo prendeva. Avevano vissuto insieme nel suo appartamento a Parigi per poco più di un anno; l’unico anno della loro vita in cui Fulvia e Rosa non si sono parlate, e di cui tuttora non parlano. (Questa fu considerata la peggiore calamità: la rottura tra Fulvia e Rosa.) In quel periodo, a Fulvia piaceva che Marco facesse l’amore con lei tenendole i polsi stretti dietro la schiena, e una volta glieli aveva tenuti così stretti che erano diventati blu e avevano cominciato a sanguinare. Essendo solo un ragazzo, aveva iniziato quasi subito a piangere, ma Fulvia era riuscita a calmarlo, si era avvolta i polsi con una garza ed era andata da sola all’ospedale, dove aveva dovuto fare una certa fatica prima di convincere il dottore che quello che stava curando, non era, come sembrava, un tentativo di suicidio. Naturalmente, la verità sembrava così inverosimile che alla fine il dottore le aveva creduto.
Fu Fulvia a dire a Marco che era gay. Glielo rivelò quasi con noncuranza in un ristorante.
«Come fai a saperlo?» le chiese Marco agitato. (In fondo aveva appena sedici anni e si lasciava intimorire facilmente.)
«Una donna capisce queste cose di un uomo» rispose Fulvia. «Comunque, ho ragione?»
«Non ne sono sicuro.»
«Allora ho ragione» disse Fulvia. «Ma non te ne preoccupare, amore. È la tua natura. Va bene così. Comincia solo ad andare a letto con altri ragazzi e non sentirti in colpa.»
Marco obbedì in tutto e per tutto. Si mise in cerca di un ragazzo, e ne trovò molti. Infine, per ragioni miste...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Un luogo dove non sono mai stato
  4. Il mio matrimonio con vendetta
  5. Atrep
  6. Gravità
  7. La serata del coniuge
  8. Case
  9. Quando adultero sarai
  10. Vedo Londra, vedo la Francia
  11. C’è Chips
  12. Le strade che portano a Roma
  13. Postfazione di Antonio D’Orrico
  14. Copyright