Il sonnambulismo. – Il giuramento. – Il tesoro. – Silenzio di tomba.
La ferita dello straniero non era molto profonda, e senza i frenetici attacchi d’ira che gli causarono un’infiammazione febbrile, nel giro di due giorni sarebbe stato in grado di sopportare un viaggio di qualche ora. Valide ragioni e interessi categorici richiedevano altrove la sua presenza. Ma a fargli desiderare di allontanarsi era soprattutto l’enorme vicinanza all’abitazione di gente che non avrebbe tardato a prendere qualche energica decisione contro di lui.
Questo timore agitava lo straniero durante le intermittenze della febbre e, in uno degli intervalli, convinse il locandiere a procurargli due uomini fidati per trasportarlo nel borgo di Saint-G***, in cambio di una generosa ricompensa. Giunto là, avrebbe trovato il suo cameriere e avrebbero deciso insieme il modo di far perdere le tracce nel caso avessero voluto seguirli.
Tutto si svolse secondo i suoi piani. Lasciamo dunque lo straniero mentre abbandona in gran segreto la locanda del villaggio, poi il borgo di Saint-G***, e ritorniamo al nostro amico.
Mentre lo straniero prende tutte le precauzioni per perdersi tra la massa, Ulric, rientrato a casa, si avvicina alla porta dell’appartamento di monsieur Duhamel. Venne ad aprirgliela il fedele Guillaume, il cui volto annunciava lo sconforto.
«Non c’è più speranza, mio caro Guillaume?…»
Il vecchio scosse tristemente il capo e fece segno al nostro amico di seguirlo.
Giunto vicino al letto del suo benefattore, Ulric non poté non sentirsi profondamente commosso scorgendone il viso pallido e inanimato. Monsieur Duhamel offriva il doloroso spettacolo di una lotta disperata.
«Sonnecchia,» disse Guillaume «o forse è in preda al rantolo della morte. Sentite il suo respiro, pesante e debole allo stesso tempo… Il mio povero padrone non passerà la notte… Oh! Monsieur Ulric! Un giorno vi pentirete della generosità non compresa con cui avete trattato il più colpevole degli uomini… È lui che manda alla tomba il mio padrone, il vostro benefattore.»
«Ho solo mantenuto la parola e non me ne pento, Guillaume. Non ho però dimenticato gli insulti a monsieur Duhamel e a me. Ho infatti accompagnato fuori dalla tenuta lo straniero e preteso una clamorosa soddisfazione: ci siamo battuti e il Cielo lo ha punito per mezzo delle mie mani.»
«Oh Provvidenza! Non bisogna mai lamentarsi delle tue decisioni…» esclamò il vecchio con rispetto. «Ed è morto il mostro?…»
«Non è in pericolo di vita, ma la ferita che ha ricevuto è molto grave.»
«Sia lodato il Cielo!…»
«Come, Guillaume! Cominci a interessarti a quell’uomo!»
«Se lo desidero vivo non è per interesse, ma perché la sua morte ci impedirebbe, forse per sempre, di conoscere un segreto che tutti noi rincorriamo da molto tempo!… Poi, che è successo a quello sciagurato?…»
«Suppongo che sia stato trasportato nell’abitazione più vicina… Per il resto Georges ti informerà di ciò che gli è potuto succedere. Mi allontano poiché la mia presenza ti impedisce di prodigare a monsieur Duhamel tutta l’assistenza che richiede la sua condizione. Ti manderò Georges. Qualsiasi cosa accada, Guillaume, ti prego di farmi avvertire…»
Guillaume promise e il nostro amico si allontanò, ma purtroppo nella situazione del malato non si poté notare nessun cambiamento favorevole. Sempre la stessa debolezza, lo stesso torpore. Sempre quel respiro faticoso il cui soffio sembrava dover essere l’ultimo sospiro che porta all’eternità. Sopraggiunse la notte senza arrecare alcuna speranza, anzi il male sembrò aggravarsi. La febbre ebbe un andamento più deciso. Come ultima risorsa, verso le dieci di sera Guillaume fece bere al suo padrone alcune gocce di un liquido che l’aveva risollevato parecchie volte da turbamenti altrettanto inquietanti. La pozione calmò apparentemente l’agitazione del moribondo, che cadde perfino in una specie di letargia. Guillaume non si spaventò dell’effetto, al quale era preparato, e invitò Ulric e Georges a riposarsi per qualche ora. Poiché rifiutavano, il fedele servitore li convinse col suo esempio; sapeva per esperienza che monsieur Duhamel sarebbe sprofondato in una totale immobilità per tre o quattro ore.
Ognuno si ritirò nella propria stanza e, nonostante le inquietudini e i tormenti che dovevano opprimere i tristi abitanti della casa, la fatica della giornata era stata tale che il sonno non tardò a impossessarsi dei loro sensi.
Ulric, che si era buttato sul letto vestito, aprì gli occhi dopo un’ora di faticoso assopimento: avrebbe voluto riposare ancora, ma un’agitazione di cui non si rendeva conto lo tenne sveglio. Accese quindi una candela, prese un libro e cercò nella lettura e nella meditazione una distrazione alla sua inquietudine.
Se mi domandi, o lettore indulgente, il titolo dell’opera che ebbe il potere di catturare l’immaginazione un tantino vagabonda del nostro amico, dovrei dichiararti che l’ignoro. Tuttavia, davanti a Dio e agli autori mi prendo la responsabilità di supporre che il libro in questione non fosse né Il Rinnegato, né Il Solitario, né Il Vampiro,1 né altre opere straordinarie, straordinariamente noiose.
Qualunque fosse il libro che Ulric tiene tra le mani, la lettura è per il nostro amico così avvincente da non accorgersi che la porta della camera si sta aprendo lentamente e che un uomo avvolto in una specie di sudario avanza verso di lui. L’essere misterioso si avvicina a Ulric tanto da potergli posare la mano sulla spalla per richiamare la sua attenzione.
Non aspettandosi di essere toccato, Ulric sussulta e alza gli occhi. Istintivamente si precipita a prendere un’arma quando, dopo una seconda occhiata al visitatore notturno, muta la sua diffidenza in sorpresa.
«Mio Dio!» esclama «è proprio monsieur Duhamel che mi sta di fronte?»
«Monsieur Duhamel?…» risponde il vecchio con aria smarrita. «Chi è che si chiama così?… non lo conosco… Io, io mi chiamo… ma no, non posso dirlo, poiché lui sta sicuramente origliando e allora poveri noi!…»
«Non abbiate paura del nemico, ma per favore ditemi chi ha potuto farvi alzare dal letto e lasciar la stanza.»
«Chi, giovanotto, se non un genio potente di cui ognuno di noi riconosce l’autorità… Il genio della morte!» rispose il vecchio. «Quando sono ritornato in me,» aggiunse con meno smarrimento «mi sono trovato sul mio letto, solo e abbandonato… Ho immaginato subito il motivo del comportamento di Guillaume… ma il fedele amico si è sbagliato e le poche gocce della pozione che mi ha fatto bere hanno avuto soltanto l’effetto di rianimarmi fugacemente. Sono ritornato in vita, ma per perderla tra poco per sempre… Non mi illudo, so che il fuoco che mi sostiene sta per spegnersi e voglio approfittarne per farti entrare in possesso di tutte le mie ricchezze.»
«Come! Non mi avete dichiarato vostro erede?»
«Non mi interrompere, giovane esaltato!… Sì, ti ho nominato mio erede, ma questo titolo potrebbe servirti soltanto a entrare in possesso di ciò che visibilmente mi appartiene, che è poca cosa a paragone dei tesori che ho celato agli sguardi altrui. Voglio lasciarteli per darti la possibilità di riconquistare la posizione sociale e il nome che forse ti spettano, ma soprattutto per darti i mezzi di vendicarmi… Lo farai, tu che, ahimè, non oso chiamare figlio, figlio della mia Ellina!»
«Consideratelo un giuramento solenne.»
«Silenzio, silenzio,» interruppe il vecchio «non è qui che voglio ascoltarti… Il tempo stringe, vieni, seguimi…»
Dopo queste parole, monsieur Duhamel prese Ulric per mano e uscì con lui. Gli fece scendere lentamente le scale e lo condusse davanti alla porta delle cantine della casa dove, prendendo una lanterna regolabile da sotto un panno, si inoltrò in quella specie di sotterraneo.
Il vecchio e il suo giovane compagno oltrepassarono molte cantine senza fermarsi, giunsero infine in un piccolo caveau che sembrava destinato a conservare vini pregiati. Ulric si guardò intorno e non scorse nulla che potesse dargli un’idea diversa da quella che d’istinto gli era venuta in mente. Cominciò dunque a credere che la passeggiata notturna dipendesse da una sorta di aberrazione mentale che gli era parso di notare in monsieur Duhamel.
Mentre il nostro amico faceva queste riflessioni, scervellandosi sul modo di portare via il vecchio da quei luoghi umidi, costui aveva appeso la lanterna a uno dei ganci di ferro attaccati al muro. Poi, monsieur Duhamel girandosi verso il nostro amico:
«Qui, in presenza di Dio che è ovunque, io invoco dalla tua amicizia, dalla tua riconoscenza, insomma da tutti i sentimenti di cui mi sei o puoi essermi debitore, la promessa solenne, inesorabile, irremovibile di punire l’assassino di Ellina, di colei che forse è stata tua madre… Hai il coraggio e la volontà di prestar fede a questo giuramento?…»
«Non ho aspettato fino a ora. Dovete sapere che non appena lo straniero ha lasciato questa casa dove era venuto sulla mia parola, l’ho costretto a porre mano alla spada.»
«Ti sei battuto!» esclamò il vecchio con gioia.
«Sì, ho steso il nemico ai miei piedi.»
«Morto?…»
Nel porre quella terribile domanda, il suo volto assunse un’espressione indefinibile. Odio e pietà, orrore e rimpianto, questi sentimenti così opposti vi affioravano con la stessa energia.
«Il Cielo non mi ha permesso di liberare la terra dal più crudele degli scellerati… Lo invocherò di nuovo…»
«Bene, figlio mio, bene!»
«Accettate dunque, voi che mi date il più dolce dei nomi che l’uomo conosca,» continuò Ulric «accettate dunque, nell’ora estrema, il giuramento che vi faccio di non avere né riposo né piacere, di non gustare né felicità né tranquillità finché non avrò raggiunto il nostro nemico. In quel momento morirà, o Dio mi chiamerà a sé… Padre, ricada su di me la vostra maledizione se verrò meno al mio giuramento!»
«Ah,» esclamò il vecchio «sei degno di me!… Sì, sei sangue del mio sangue, figlio della mia Ellina… Vieni… Ma no, forse mi illudo, e se tu non fossi niente per me?… Non importa, mi hai salvato la vita e prometti di vendicarmi, vieni dunque tra le mie braccia.»
Ulric si gettò ai piedi del vecchio.
«Ascolta,» gli disse costui «devi farmi un’altra promessa.»
«Parlate…»
«Non abbandonare mai…»
A questo punto, il volto di monsieur Duhamel subì una contrazione violenta e il poveretto, che da qualche istante sembrava aver recuperato tutta la ragione, ricadde nello stesso smarrimento che le sue prime parole avevano rivelato al nostro amic...