«Non c’è il vostro io, per voi» diceva, dice questo mio Spirito, che non si vede, lì nel laboratorio.
Sia lui che gli altri sono ancor sempre aree di non-vedere, accanto a me che siedo su una delle poltrone arancioni. La luce, nel laboratorio, viene dalla vetrata, che dà sulla profondità verdeazzurra del lago, e dalla lampada della scrivania che è sul soppalco. I miei aiutanti stanno sempre giocando a scacchi, seduti a quella scrivania: ed è sempre la stessa partita, perché quella diversa dimensione temporale che c’è lì, come vi dicevo poco fa, è come un solo istante, e anche tutto quel che segue in questo libro ha, in realtà, la durata di un solo istante, sempre presente. Così che se, per esempio, i miei aiutanti accendessero lo stereo che c’è lì vicino alla scrivania e mettessero su qualche cassetta (ne abbiamo molte, Mozart e Beethoven soprattutto, Shéhérazade di Rimskij-Korsakov, e così via), tra la prossima pagina e l’ultima pagina del libro ne ascolteremmo soltanto qualche nota – e le note musicali, quando le si ascolta così, diventano immense, come città, vallate, o tratti di mare.
Sembra, a quel che mi dicono i due aiutanti, che anche giocare a scacchi una partita senza tempo e dunque senza fine sia molto piacevole. Mi hanno proposto qualche volta di cominciarne una, ma io a scacchi non valgo gran che.
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«Non c’è il vostro io, per voi» dice dunque questo mio Spirito, l’ex Evangelista (e non occorre, d’altronde, che continuiamo a chiamarlo così, dato che con l’Evangelista Giovanni non ha nulla a che vedere. Siccome parla più spesso degli altri Spiriti e ha un indubbio ascendente su di loro, lo chiamerò il Dominante, così come ci sono le note dominanti, nei pezzi musicali). «L’io non è mai una cosa che c’è, per voi» continua il Dominante. «Può esserci: può cominciare a esserci, potete cominciare a esserlo, ed è per questo che vivete».
Nel senso che possiamo sempre cominciare a scoprirlo?
«Tra scoprirlo ed esserlo non c’è differenza.
«Il vostro io, per voi, è come una frequenza. Si può immaginare così: ciascuno di voi trova una frequenza di se stesso, e quella diventa il suo io, per lui. E da lì comincia a mettere ordine nelle cose che percepisce, e a esplorare questa frequenza, che è sempre molto più grande di quel che sembra».
È una frequenza delle nostre onde cerebrali? Delle onde che ci fanno percepire la realtà in un modo piuttosto che in un altro?
«No. Non sono onde che emettete voi: sono frequenze che esistono di per sé, come il luogo in cui vivete, o come la materia di cui siete fatti e di cui vi nutrite. Voi ne trovate una, di quelle frequenze, e da lì cominciate. Ma è soltanto un’immagine, capisci?
«È la stessa immagine che avete trovato voi quando avete inventato la radio. La radio è una vostra descrizione inconsapevole del vostro io. Una specie di imitazione inconsapevole.»
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Cioè, noi siamo come un apparecchio radio che si sintonizza su una frequenza, e in quella frequenza cominciamo a esistere?
«Non voi. Ciò che voi chiamate io è quella frequenza, in una fitta-fitta serie di frequenze che si estendono in tutte le direzioni, come lunghi fili. E ciascuno di voi è anche tutti questi fili, tutta questa serie fitta e ampia.
«È talmente ampia che ci sono molti tratti di voi con i quali non potete entrare in contatto in questo universo, perché sono più grandi del vostro universo.
«Per esempio, ti sei mai accorto che a volte tu parli a te stesso attraverso altre persone, magari persone che non conosci affatto e che senti parlare passando, per caso? È perché voi, ciascuno di voi è molto più grande del suo io; ed è anche molto più grande del suo universo, allo stesso modo.
«Questa vastità di voi è ciò che voi, vivendo, cominciate a scoprire e a essere. E tutto ciò che cominciate a scoprire e a essere diventa il vostro io. Perciò non è affatto dentro di voi, il vostro io. Lo percepite come qualcosa che è dentro; ma in realtà ci siete entrati, e vi muovete lì dentro.»
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«Vivendo, voi percorrete quei fili, quelle frequenze: prima un filo, poi un altro, e un altro ancora, quanto più vi spinge la curiosità di sapere che forma ha questa vostra serie di frequenze tutta intera. Questa curiosità l’avete perché la cosa principale nella vostra vita è proprio scoprire che forma ha la serie di tutte le vostre frequenze. Questa è davvero la cosa più importante, per voi, e dipende tutto da questo. Perciò noi la chiamiamo: la Forma.»
L’intera serie di quelle frequenze?
«Sì. Voi invece la chiamate: l’anima.»
Dunque l’io è una parte dell’anima, un punto nell’anima?
«Sì. Quella che noi chiamiamo Forma è ciò che intendete voi quando parlate dell’anima. Mentre ciò che voi chiamate io è quella parte della vostra anima che si trova nel vostro Aldiqua. È la parte di voi che è nata nel vostro mondo e che vive lì.»
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Intendi proprio l’anima di cui parlano le religioni, l’anima immortale eccetera?
«Proprio quella. È una delle cose di cui parlate senza saperne gran che, avete idee molto confuse in proposito. E il motivo di questa confusione è che avete sempre cercato di immaginarvi l’anima come una specie di corpo, cioè come una cosa fatta di spazio.
«Invece la vostra Forma, che voi chiamate anima, è fatta di tempo. Da questo punto di vista, più che a una serie di frequenze somiglierebbe a una storia: è come una storia, come la forma di una storia.»
Nel senso che ha un inizio e una fine?
«No. Nessuna storia ha un inizio e una fine.
«La vostra anima è come una storia perché è fatta di tempo. Perciò è eterna, perché è solamente tempo e non spazio.
«E poi perché dici che una storia avrebbe un inizio e una fine? Tutte le storie che voi trovate esistono da sempre: voi non le inventate, voi le trovate; e dopo di voi continuano a esistere per sempre. E nessuna ha un inizio, perché c’è sempre qualcos’altro prima, e nessuna storia finisce mai. Così anche la vostra anima, tale e quale» dice il Dominante, e aspetta che io finisca di scrivere.
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(Sto infatti scrivendo. Ciò che io chiamo io si trova adesso in due luoghi, come sempre durante queste conversazioni: io sono lì nel laboratorio con gli Spiriti, seduto in poltrona, con le mani infilate sotto le cosce, e sono intanto nella mia stanza, su nella realtà in cui abito di solito, alla mia scrivania, e prendo nota a occhi chiusi cercando di scrivere piano e ordinato, in modo che poi sia leggibile. E gli Spiriti fanno brevi pause tra le frasi, per darmi modo di scrivere tutto).
«...anche l’anima, tale e quale» finisco di scrivere, e subito ricomincio:
«Infatti voi percepite la vostra anima proprio come una storia» prosegue il Dominante «in ogni istante e sotto ogni aspetto.
«Per esempio, quando voi raccontate la storia di qualcuno, la sua storia è ciò che mette in rapporto questo qualcuno con il suo mondo, con l’universo. E anche la vostra anima fa questo, in voi.
«Quando raccontate una storia, cercate di scoprirne il senso, il segreto. Altrimenti perché raccontarla? E così è anche per la vostra anima, che è segreta per voi, perché voi vedete solo l’io e la sua forma fisica.»
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Cioè, vivendo noi raccontiamo la nostra anima, in un certo senso...?
«Sì, imparate a raccontarla, a vedere com’è. Ed è proprio come fate voi con le vostre storie. Quando ne costruite una, è come se la riempiste. La riempite pensandoci, percorrendola con il pensiero in tutti i sensi. E via via che la riempite dei vostri percorsi, la storia prende forma: come se percorrendola voi scopriste quanto è alta, quanto è larga, e così via.
«E quando l’avete riempita tutta di questi vostri percorsi, allora diventa una storia che potete raccontare. È così che voi costruite le vostre storie, no?»
Sì, all’incirca.
«E più o meno così succede anche nella vostra anima.
«Anche il modo di percorrerla è lo stesso. Per percorrere una storia voi vi ponete domande: che senso ha questo punto della storia? che cosa è meglio che faccia adesso questo personaggio? perché? E ogni domanda è un tratto che percorrete. Così anche nella vostra anima, nella vostra Forma, come diciamo noi. Ogni volta che cercate una risposta a una qualsiasi delle domande che la vita vi pone via via, state percorrendo un tratto anche lì. E anche lì le domande sono: che senso ha questo punto della mia vita? che cosa è meglio adesso? e perché? Domande di questo tipo.»
«Capisci bene questa cosa, perché è molto importante» mi sussurra un altro Spirito, dal tono solitamente cupo, che tra me e me ho sempre chiamato l’Austero.
«E tutte le risposte che uno può trovare» continua il Dominante «le trova soltanto nella sua Forma, nella sua anima. Tutte le risposte che gli occorrono sono lì.»
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Be’, è quello che comunemente si chiama conoscere se stessi.
«No, è diverso dall’imparare a conoscere la propria personalità. Conoscere se stessi, come dici tu, vuol dire conoscere le condizioni in cui l’io si trova nell’Aldiqua, ed è un modo di adattarsi al vostro Aldiqua, alla realtà.
«Con la Forma invece succede il contrario: quando cominci a compiere scoperte nella tua Forma, è la realtà ad adattarsi alla Forma.»
Cioè?
«Quanto più uno pone quelle domande a se stesso, tanto più si inoltra nella sua Forma. E allora avviene una cosa molto bella, a vedersi da qui. Ascolta:
«ciò che in voi si pone quelle domande è nel vostro Aldiqua: è ciò che voi chiamate io, è la parte della Forma che si estende nel vostro Aldiqua. Quando vi inoltrate, dunque, nella vostra Forma, nell’altra parte di essa, portate con voi il vostro Aldiqua, cioè tutto quello che conoscete, tutto quello che vivete. E quanto più vi inoltrate, tanto più il vostro Aldiqua si adatta a ciò che state scoprendo lì: tutto quello che vivete e conoscete sulla Terra, nel vostro Aldiqua, si adatta all’altra parte della vostra Forma. Capisci, sì?»
«Se non lo capisci immaginalo» dice l’Austero.
Io lo intendo, molto semplicemente, nel senso che compiere quelle scoperte porta dei cambiamenti nel modo di vivere e di percepire la realtà, come del resto avviene quando si fa qualsiasi scoperta, in qualsiasi ambito. Provo comunque a immaginarlo, come mi consiglia l’Austero: e immagino un lembo di terra che si inoltra nell’acqua.
«No, no» dice l’Austero «il contrario. È come nelle vostre idee sull’evoluzione: come un essere acquatico che diventa anfibio sulla terra, e poi terrestre. Così si adatta il vostro Aldiqua, tutto ciò che vivete. Anche le vostre idee sull’evoluzione sono un’imitazione inconsapevole.»
Tutto ciò che viviamo. Nel senso: tutto ciò che ci succede, tutto ciò che facciamo?
«Certo» dice il Dominante. «Tutto ciò che vi succede si adatta, e obbedisce alla vostra Forma. Mentre se uno non vi entra con le sue doma...