Il Principe Felice e altre storie
eBook - ePub

Il Principe Felice e altre storie

Illustrazioni di W. Crane, J. Hood e C. Ricketts, C.H. Shannon

  1. 192 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Il Principe Felice e altre storie

Illustrazioni di W. Crane, J. Hood e C. Ricketts, C.H. Shannon

Informazioni su questo libro

Un grande classico riccamente illustrato a colori.
Un principe pronto a sacrificarsi per i suoi sudditi anche dopo la morte, un usignolo che dona la vita per l'amico innamorato... questi e tanti altri sono i protagonisti dei racconti intensi e commoventi che Oscar Wilde (1854-1900) inventava per far divertire e riflettere i suoi figli. Fiabe senza tempo, tenere e indimenticabili, presentate qui con il corredo di illustrazioni tratte da celebri edizioni dell'Ottocento.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2014
Print ISBN
9788804480532
eBook ISBN
9788852056123
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Il Pescatore e la sua Anima

Tutte le sere il giovane Pescatore usciva in mare, e gettava in acqua le sue reti.
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Quando il vento soffiava dalla terra non prendeva nulla, o al massimo poca cosa, perché era un vento amaro, dalle ali nere, e onde aspre gli si levavano contro. Ma quando il vento soffiava verso riva, i pesci venivano su dal profondo, e nuotavano nelle maglie delle sue reti, e lui li portava al mercato e li vendeva.
Ogni sera il giovane Pescatore usciva in mare, e una sera la rete era così pesante che non riusciva a tirarla nella barca. E lui rise, e si disse, “Certo ho preso tutti i pesci che nuotano, o ho intrappolato qualche stupido mostro che sarà una meraviglia per gli uomini, o qualche cosa di orrendo che la grande Regina vorrà per sé” e chiamando a raccolta tutte le sue forze, tirò le ruvide funi finché, come linee di smalto azzurro intorno a un vaso di bronzo, sulle braccia non gli si gonfiarono le lunghe vene. Tirò le funi sottili, e sempre più vicino venne il cerchio di piatti sugheri, e da ultime la rete affiorò al pelo dell’acqua.
Ma dentro non c’era nessun pesce, né mostro o niente di orrendo; c’era solo una piccola Sirena placidamente addormentata.
Costei aveva la chioma come un umido vello d’oro, e ogni singolo capello come un filo di oro fino in una tazza di vetro. Il suo corpo era come bianco avorio, e la sua coda era di argento e perla. Argento e perla era la sua coda, con intorno inanellate le verdi alghe del mare; e come conchiglie marine erano le sue orecchie, e le sue labbra erano come corallo marino. Le fredde onde le battevano sui freddi seni, e il sale le luccicava sulle ciglia.
Talmente bella era lei che quando il giovane Pescatore la vide si riempì di meraviglia, e tese la mano e tirò a sé la rete, e chinandosi su un fianco la serrò fra le braccia. E quando la toccò, ella emise un grido come un gabbiano spaventato, e si destò, e lo guardò terrorizzata con i suoi occhi lillà come l’ametista, e si dibatté per liberarsi. Ma il giovane Pescatore se la tenne stretta e non la lasciò andar via.
E quando vide di non potergli sfuggire in nessun modo, lei si mise a piangere, e disse, «Ti prego, lasciami andare, perché sono l’unica figlia di un Re, e mio padre è anziano e solo.»
Ma il giovane Pescatore rispose, «Non ti lascerò andare se non mi prometterai che ogniqualvolta ti chiamerò, tu verrai a cantare per me, perché i pesci amano ascoltare il canto del Popolo Marino, e così le mie reti saranno piene.»
«Veramente tu mi lascerai andare se ti prometto questo?» esclamò la Sirena.
«In tutta verità ti lascerò andare» disse il giovane Pescatore.
Così lei gli fece la promessa che lui desiderava, e giurò col giuramento del Popolo Marino. E lui allentò la stretta delle braccia che la circondavano, e lei sprofondò nell’acqua, tremante di una strana paura.
Ogni sera il giovane Pescatore usciva in mare, e chiamava la Sirena, e lei sorgeva dall’acqua e cantava per lui. E sempre intorno a lei nuotavano i delfini, e i gabbiani selvaggi le turbinavano sul capo.
E lei cantava un canto meraviglioso. Poiché cantava del Popolo Marino che spinge le sue greggi di grotta in grotta, e si porta in spalla i vitellini; dei Tritoni che hanno lunghe barbe verdi, e petti villosi, e soffiano in tortuose conchiglie al passaggio del Re; del palazzo del Re che è tutto d’ambra, con un tetto di limpido smeraldo, e un pavimento di perla lucente; e dei giardini del mare in cui i grandi ventagli di filigrana di corallo ondeggiano tutto il giorno, e i pesci guizzano qua e là come uccelli d’argento, e gli anemoni sono incollati alle rocce, e i dianti germogliano nella ondulata sabbia gialla. Cantava delle grandi balene che scendono dai mari del nord e hanno aguzze stalattiti di ghiaccio appese alle pinne; delle Sirene che narrano cose così meravigliose che i mercanti debbono turarsi le orecchie con la cera per non udirle, e balzare in acqua e annegare; delle galere affondate coi loro alti alberi maestri, e i marinai gelati aggrappati al sartiame, e lo sgombro che entra ed esce dai boccaporti spalancati; dei piccoli cirripedi che sono grandi viaggiatori, e si attaccano alla chiglia delle navi, e continuano a girare il mondo; e delle seppie che vivono nelle pareti delle scogliere e distendono le loro lunghe braccia nere, e possono far scendere la notte quando vogliono. Cantava del nautilo che ha una sua barca intagliata in un opale e spinta da una vela di seta; dei felici Tritoni che suonano arpe e che sanno addormentare con l’incanto il grande Kraken; dei bambinetti che catturano gli scivolosi marsuini e ridendo li cavalcano; delle Sirene che giacciono nella bianca spuma e tendono le braccia ai marinai; e dei leoni marini con le loro zanne ricurve, e dei cavalli marini con le loro fluttuanti criniere.
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E mentre cantava, tutti i tonni salivano dagli abissi ad ascoltarla, e il giovane Pescatore scagliava le sue reti e li catturava, e altri ne prendeva con un arpione. E quando la sua barca era ben carica, la Sirena scivolava di nuovo dentro il mare, sorridendogli.
Però non gli veniva mai abbastanza vicino da lasciarsi toccare. Spesso lui la chiamava e la pregava, ma lei non voleva; e quando lui tentò di catturarla, lei si tuffò nell’acqua come potrebbe tuffarsi una foca, né egli la rivide quel giorno. E ogni giorno il suono della voce di lei diveniva più dolce alle sue orecchie. Tanto dolce era la sua voce, che lui dimenticava le sue reti e la sua destrezza, e non si curava più del suo mestiere. Con pinne vermiglie e occhi d’oro bugnato, i tonni passavano a branchi, ma lui non li guardava nemmeno. La lancia gli giaceva inattiva al fianco, e vuoti erano i suoi canestri di giunchi ritorti. Con labbra dischiuse, e occhi annebbiati dalla meraviglia, se ne stava ozioso nella sua barca e ascoltava, ascoltava finché le nebbie marine non gli strisciavano intorno, e la vagante luna gli macchiava d’argento le membra brune.
E una sera egli la chiamò, e disse: «Piccola Sirena, piccola Sirena, io ti amo. Prendimi come tuo sposo, perché io ti amo».
Ma la Sirena scosse il capo. «Tu hai un’anima umana» rispose. «Se allontanassi la tua anima, allora potrei amarti.»
E il giovane Pescatore si disse, “A che cosa mi serve la mia anima? Non posso vederla. Non posso toccarla. Non la conosco. Certo che l’allontanerò, e mia sarà molta letizia.” E un grido di gioia gli proruppe dalle labbra, e ritto sulla barca dipinta tese le braccia alla Sirena. «Allontanerò la mia anima» gridò, «e tu sarai la mia sposa, e io sarò il tuo sposo, e negli abissi del mare abiteremo insieme, e tutto quello di cui mi hai cantato me lo mostrerai, e tutto quello che desideri io lo farò, né le nostre vite saranno divise.»
E la piccola Sirena rise dal piacere e si nascose il viso fra le mani.
«Ma come posso allontanare la mia anima?» gridò il giovane Pescatore. «Dimmi come posso farlo, ed ecco che sarà fatto.»
«Ahimè! Io non lo so» disse la piccola Sirena: «il Popolo Marino non ha anima.» E sprofondò negli abissi, guardandolo mesta.
Ora la mattina dopo di buon’ora, prima che il sole si fosse alzato di un palmo sulla collina, il giovane Pescatore andò alla casa del Prete e bussò alla porta tre volte.
Il novizio guardò dal cancelletto, e quando vide chi era, tirò il catenaccio e gli disse, «Entra.»
E il giovane Pescatore venne dentro, e si inginocchiò sulle canne dolceodoranti del pavimento, e chiamò il Prete che stava leggendo il Libro Santo, e gli disse, «Padre, io sono innamorato di una del Popolo Marino, e la mia anima mi impedisce di coronare il mio desiderio. Dimmi come posso allontanare la mia anima, perché veramente non ne ho bisogno. A che cosa mi serve la mia anima? Non posso vederla. Non posso toccarla. Non la conosco.»
E il prete si picchiò il petto, e rispose, «Ahimè, ahimè, tu sei pazzo, o hai mangiato un’erba velenosa, poiché l’anima è la parte più nobile dell’uomo, e ci è stata data da Dio affinché nobilmente la usiamo. Non c’è cosa più preziosa di un’anima umana, né cosa terrestre che possa esserle paragonata. Vale tutto l’oro che c’è al mondo, ed è più preziosa dei rubini dei re. Perciò, figlio mio, non pensare più a questa cosa, perché è un peccato che non può incontrare perdono. E quanto al Popolo Marino, loro sono perduti, e coloro che hanno traffici con quella gente sono perduti ugualmente. Sono gli animali del campo che non conoscono il bene dal male, e non è per loro che il Signore è morto.»
Gli occhi del giovane Pescatore si riempirono di lacrime alle parole amare del Prete, ed egli si alzò in piedi e gli disse, «Padre, i Fauni vivono nella foresta e sono felici, e sugli scogli siedono i Tritoni con le loro arpe di rosso oro. Lasciami essere come loro, ti supplico, perché i loro giorni sono come i giorni dei fiori. E quanto alla mia anima, a che mi giova la mia anima, se si frappone fra me e la cosa che amo?»
«L’amore del corpo è vile» gridò il Prete, corrugando la fronte, «e vili e malvagie sono le cose pagane cui Dio consente di vagare per il Suo mondo. Maledetti siano i Fauni del Bosco, e maledetti siano i canterini del mare! Li ho sentiti di notte, e hanno tentato di distrarmi dal mio rosario. Bussano alla finestra e ridono. Mi sussurrano alle orecchie la storia delle loro gioie pericolose. Mi tentano con tentazioni, e quando vorrei pregare mi fanno le smorfie. Sono perduti, ti dico, sono perduti. Per loro non esiste cielo né inferno, e in nessuno dei due luoghi loderanno il nome di Dio.»
«Padre» gridò il giovane Pescatore, «tu non sai quello che dici. Una volta nella mia rete ho catturato la figlia di un Re. È più bella della stella del mattino, e più bianca della luna. Per il suo corpo darei la mia anima, e per il suo amore rinuncerei al cielo. Dimmi quello che ti chiedo, e lasciami andare in pace.»
«Via! Via!» gridò il Prete; «quella tua druda è perduta, e tu sarai perduto con lei.» E non gli impartì la benedizione, ma Io scacciò dalla sua porta.
E il giovane Pescatore andò nella piazza del mercato, e camminava lentamente, e a capo chino, come chi è immerso nel dolore.
E quando i mercanti lo videro venire, cominciarono a scambiare sussurri, e uno di loro venne avanti facendoglisi incontro, e lo chiamò per nome, e gli disse, «Che cosa hai da vendere?»
«Voglio vendere la mia anima» rispose lui: «ti prego, compramela, perché mi è venuta a noia. A che cosa mi serve la mia anima? Non posso vederla. Non posso toccarla. Non la conosco.»
Ma i mercanti lo schernirono, e dissero, «Che ce ne facciamo noi dell’anima di un uomo? Non vale un pezzettino di argento. Vendici il tuo corpo come schiavo, e ti vestiremo di porpora marina, e ti metteremo un anello al dito, e faremo di te il trastullo favorito della grande Regina. Ma non parlare di anima, poiché per noi non è niente, né ha alcun valore per il nostro servizio.»
E il giovane Pescatore si disse: “Che cosa strana è questa! Il Prete mi dice che l’anima vale tutto l’oro del mondo, e i mercanti dicono che non vale un pezzetto d’argento”. E uscì dalla piazza del mercato, e andò sulla sponda del mare, e si mise a riflettere sul da farsi.
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E a mezzodì ricordò come un suo compagno, che faceva il raccoglitore di finocchio marino, gli aveva detto di una certa giovane Strega che dimorava in una grotta in capo alla baia, ed era molto abile nelle sue stregonerie. E lui prese e andò subito, tanto ansioso era di liberarsi della sua anima, e una nube di polvere lo seguì mentre faceva di corsa il periplo della spiaggia. Dal prurito nel palmo della mano la giovane Strega seppe del suo arrivo, e rise e si sciolse i capelli rossi. Con i capelli rossi tutti sparsi, stette ferma sull’ingresso della grotta, e in mano aveva un ramoscello di cicuta selvatica che era in fiore.
«Che ti manca? Che ti manca?» esclamò, quando lui arrivò ansante su per il pendio, e si inchinò davanti a lei. «Pesce per la tua rete, quando il vento è cattivo? Ho una piccola zampogna di canna, e quando vi soffio i muggini filano nella baia. Ma ha un prezzo, bel ragazzo, ha un prezzo. Che ti manca? Che ti manca? Una tempesta che affondi le navi, e porti a riva i cassoni pieni di tesori? Ho più tempeste del vento, perché io servo uno che è più forte del vento, e con un setaccio e un secchio d’acqua posso mandare le grandi galere sul fondo del mare. Ma ho un prezzo, bel ragazzo, ho un prezzo. Che ti manca? Che ti manca? Conosco un fiore che cresce nella valle, non lo conosce nessun altro. Ha i petali purpurei, e una stella nel cuore, e il suo succo è bianco come il latte. Se toccassi con questo fiore le dure labbra della Regina, lei ti seguirebbe per tutto il mondo. Dal letto del Re si alzerebbe, e per tutto il mondo ti seguirebbe. E ha un prezzo, bel ragazzo, ha un prezzo. Che ti manca? Che ti manca? So pestare un rospo in un mortaio, e farne un brodo, e mescolare il brodo con una mano di morto. Spruzzalo sul tuo nemico mentre dorme, e costui diventerà una nera vipera, e la sua ste...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Introduzione
  4. IL PRINCIPE FELICE
  5. Il Principe Felice
  6. Il Gigante Egoista
  7. L’Amico Devoto
  8. Il Ragguardevole Razzo
  9. L’Usignolo e la Rosa
  10. UNA CASA DI MELOGRANI
  11. Il Giovane Re
  12. Il Compleanno dell’Infanta
  13. Il Figlio delle Stelle
  14. Il Pescatore e la sua Anima
  15. Copyright