
- 168 pagine
- Italian
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eBook - ePub
Zio Cardellino
Informazioni su questo libro
Può il dirigente di una grande multinazionale mettersi a cinguettare davanti ai suoi superiori? Può, in ufficio e a casa, mettersi ad agitare le braccia come se stesse per spiccare il volo? La multinazionale in cui lavora è troppo seria e la famiglia in cui vive è troppo perbene per capire quello che sta capitando a Luca Perrella. Ma bisogna per forza essere matti per sognare la libertà , per sperare di volar via come un cardellino?
Da uno spunto surreale e fantastico, Luciano De Crescenzo sviluppa un romanzo agrodolce, che strappa molti sorrisi, lasciandoci in trepida attesa di due ali che spuntino e ci portino via.
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Informazioni
Print ISBN
9788804370222eBook ISBN
9788852056376XVII
La prima cosa che avvertì fu un intenso dolore al braccio sinistro, poi un sudorino freddo alle tempie e poi ancora l’odore del terreno bagnato che gli aveva imbrattato il viso. Alzò lo sguardo e vide, stagliate contro il cielo, le teste di un gruppo di persone che lo stavano guardando. Qualcuno disse: «Potrebbe essersi rotto qualcosa, che nessuno lo tocchi. Forse è meglio chiamare il 113».
Luca allora si rialzò da solo e a tutti quelli che gli chiedevano come stava rispondeva meccanicamente «bene bene», mentre invece non si sentiva bene per niente: il braccio sinistro, in particolar modo, gli faceva un male del diavolo e, come se non bastasse, anche la spalla di tanto in tanto si faceva sentire con delle fitte improvvise. Vuoi vedere, pensò, che veramente mi sono rotto qualcosa?! Tutto a un tratto si ricordò di Chicca.
«Chicca, Chiccaaa…»
«Chi è Chicca?»
«La mia nipotina, una bambina di sei anni.»
«Una bambina bruna, con le treccine?»
«No bionda, ha una barca a vela.»
«Non si preoccupi, gliela cerchiamo noi. Lei si sieda qui su questa panchina.»
«No, grazie, debbo cercarla io. Chicca, Chiccaaa…»
La folla intorno a lui si faceva sempre più fitta ed era quasi impossibile scorgere una bambina piccola tra tante persone. Luca chiamò ancora un paio di volte Chicca finché la sua voce non fu coperta dal suono di una banda. Si voltò e, tra un tripudio di folla, vide avanzare di nuovo la processione di San Giorgio. Il Santo, portato a spalla da una decina di giovanotti incappucciati, procedeva ondeggiando come un ubriaco. Dall’alto dei balconi scendeva giù un pioggia di fiori. San Giorgio con una mano brandiva una croce d’argento e con l’altra, diretta verso il basso, una spada insanguinata. Sotto, ai suoi piedi, un enorme drago verde si contorceva guardando il Santo con occhi pieni di terrore. Luca ebbe pietà del drago, raccolse un fiore per terra e glielo lanciò tra le zampe. Adesso il braccio non gli faceva più male, anzi, come spesso capita a chi ha un dolore che cessa all’improvviso, sentì un diffuso benessere, quasi un tepore, sia al braccio sia alla spalla. Il problema era trovare Chicca. Chissà dove era finita correndo dietro la banda. È così facile perdersi nelle feste popolari, lui ne sapeva qualcosa. Luca cercò di risalire la processione per raggiungere la testa del corteo, ma ben presto si rese conto dell’inutilità dei suoi sforzi: la folla si faceva sempre più compatta e, per quanto gridasse e chiedesse permesso, nessuno lo stava a sentire. A un tratto vide sulla destra un terrazzino con tante persone affacciate.
«Signora, mi scusi,» chiese a una di loro «vede per caso una bambina di sei anni, bionda, con una barca a vela in mano?»
«No, non la vedo» rispose la donna. «Però, se vuole, può venire lei stesso a vedere. Salga su: il portoncino è quello lì, al numero 20, primo piano, prima porta a destra.»
Luca non se lo fece dire due volte: in un baleno salì la rampa di scale e dopo un attimo era già sul terrazzino che guardava su e giù per la strada: di Chicca nemmeno l’ombra. Quando ecco, tra la folla, Simonetta.
«Simonetta!» gridò Luca, e la voce gli si strozzò nella gola.
«L’ha trovata?» chiese la signora.
«Sì, sì, l’ho trovata!» rispose Luca al colmo della felicità , e si precipitò di nuovo per strada. Qui la gente era aumentata ancora di numero. Due file di chierichetti proteggevano lateralmente la processione, tenendo un lungo cordone di velluto rosso, in modo da impedire a chiunque di attraversare il corteo. Al centro, tra le due file di ragazzini, procedevano solenni il vescovo e il suo seguito di preti.
«Simonetta, sono qua, sono io, sono Luca.»
Simonetta, dall’altra parte della strada, lo salutò sorridendo e gli gridò qualcosa. Purtroppo la musica della banda era troppo forte perché lui potesse sentire. Luca aspettò con ansia che passassero le due file di chierichetti, dopo di che si lanciò come un pazzo tra la folla che seguiva il corteo. Come Dio volle, tra grida, sballottamenti e spintoni, riuscì ad arrivare sull’altro marciapiede. Simonetta era lì, a pochi metri da lui, con il vestito celeste a quadrettini che appariva e spariva tra la fiumana di gente in movimento: bella come allora, bella come sempre! Incurante delle proteste di quelli che aveva spintonato, Luca la raggiunse e rimase lì, fermo davanti a lei, senza sapere che fare.
«Simonetta, come stai?»
Lei disse qualcosa, ma Luca non riuscì a capire quello che diceva. A un certo punto, con il cuore che gli saltellava nel petto, tese una mano e le carezzò la fronte: fu una carezza leggera, così leggera che non avvertì sotto le dita alcun contatto reale.
«Oh Simonetta,» sospirò Luca «com’è dolce carezzare il tuo viso! Lo sai che cos’è una carezza? È sentire l’amore che ti passa dolcemente attraverso la mano.»
Proprio in quel momento la ragazza sparì: un branco di persone urlanti era passato tra loro e li aveva divisi.
«Simonetta!»
Niente da fare: Luca si alzò sulla punta dei piedi, guardò da ogni parte, corse in ogni direzione, ma non riuscì a vedere Simonetta. Sparita, volata via!
«Simonetta, Simonetta» mormorò ancora Luca e questa volta senza nessuna speranza.
Stava per tornare sui suoi passi, quando gli sembrò di vedere una macchia celeste svoltare dietro l’angolo di una casa. Si lanciò subito dietro quell’immagine: ancora spinte, urtoni, grida, proteste. Ed eccolo arrivare in una piazza dove migliaia e migliaia di persone erano tutte ferme, immobili, come in attesa di chissà che cosa.
«Permesso» disse Luca. «Permesso, la prego mi faccia passare.»
«Ma dove va lei?» gli chiese sgarbatamente un vecchio.
«Mi scusi, ma ho perso una persona tra la folla.»
«E allora faccia la fila come la fanno gli altri,» disse il vecchio «che qui tutti abbiamo perso qualcuno.»
«Come sarebbe a dire la fila?»
«Caro signore, cosa crede che stiamo facendo qui? Eh? Si metta l’animo in pace, faccia la fila come la fanno gli altri e quando sarà arrivato allo sportello per le persone smarrite potrà chiedere tutte le informazioni che vuole.»
Durante l’attesa gli capitò di ascoltare storie incredibili: un uomo che aveva perso solo metà della donna che amava, uno che chiedeva di trovare se stesso, un altro che si lamentava di aver perso la moglie e, subito dietro di lui, proprio la moglie che diceva di aver perso il marito. Insomma cose da pazzi. Quando arrivò il suo turno, l’impiegato dietro lo sportello gli chiese con voce assente:
«Nome e cognome?»
«Luca Perrella.»
L’impiegato, sempre restando seduto sulla sua sedia a rotelle, si staccò dal banco e prese un grosso volume rilegato sul cui dorso si leggeva: LOR-LUC.
«Luca Pellico, Luca Penna, Luca Perani, Luca Percuoco… Luca Perrella, eccolo qui.»
A vederlo, quel libro sembrava l’elenco telefonico.
«Nome della persona smarrita?»
«Simonetta.»
«Com’è, bella?»
«Sì, bellissima.»
«Bella o bellissima? Sia preciso!»
«Bellissima.»
«Capelli neri e vestito celeste a quadrettini?»
«Sì, è proprio lei.»
«Scala F piano attico, avanti un altro.»
Scala F piano attico. Doveva essere la casa dove abitava Simonetta. Luca si guardò intorno e si accorse che quasi tutti, dopo aver fatto la fila, entravano in un edificio posto al centro della piazza. Non sapendo dove andare, si avviò anche lui in quella direzione. Vide un usciere in divisa.
«Scusi, mi sa dire dov’è la scala F?»
«Ma perché, lei ha perso qualcuno nella F?» gli rispose l’usciere guardandolo con una certa curiosità .
«Sì, nella F.»
«È l’ultima scala a destra, in fondo al cortile.»
Chissà cosa aveva voluto dire con quel «lei ha perso qualcuno nella F?».
A ogni buon conto Luca prese l’ascensore e salì all’attico così come gli era stato detto di fare. Giunto sul ballatoio, non trovò nessuna porta d’ingresso, ma solo un lungo corridoio sul cui fondo s’intravedeva una scala in salita, fortemente illuminata. Forse Simonetta abitava ancora più su. Luca cominciò a salire e, man mano che procedeva, si vide investito da una luce sempre più accecante.
«Ciao Luca, come stai?»
Guardò avanti e vide, in alto sulla scala, in un controluce violentissimo, la figura di un vecchio. In un primo momento non lo riconobbe, poi il candore della barba e soprattutto i capelli argentati di luce gli fecero tornare in mente i ricordi d’infanzia. Sì, era proprio lui: il Signore degli Uccelli!
«E allora, Luca, chi hai perso stavolta?»
«Simonetta, una ragazza dai capelli neri e…»
«Sì, la conosco: so chi è Simonetta. È da tanto che l’hai persa, perché non sei venuto prima?»
«Perché non sapevo dove…»
«E adesso lo sai. Vieni che ti porto da lei.»
Con sua grande sorpresa, Luca si accorse di non essere arrivato su un terrazzo, bensì in una specie di terrapieno tutto circondato da pareti a picco: qualcosa come l’interno del cratere di un vulcano spento. Luca alzò lo sguardo e vide migliaia e migliaia di uccelli volteggiare sulla sua testa.
«Dove siamo?»...
Indice dei contenuti
- Copertina
- Frontespizio
- I
- II
- III
- IV
- V
- VI
- VII
- VIII
- IX
- X
- XI
- XII
- XIII
- XIV
- XV
- XVI
- XVII
- XVIII
- XIX
- XX
- XXI
- Copyright