
- 490 pagine
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eBook - ePub
Il preludio di Shannara - Il primo re di Shannara
Informazioni su questo libro
Ideale premessa alla prima "puntata" della fortunata epopea fantasy La spada di Shannara, il romanzo narra la strenua lotta del druido Bremen per liberare le Quattro Terre dalla barbarie in cui sono cadute dopo la sanguinosa Guerra delle Razze.
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Informazioni
Print ISBN
9788804434894eBook ISBN
9788852041334Parte seconda
LA RICERCA DELLA PIETRA NERA DEGLI ELFI
8
Dopo avere lasciato Bremen, Tay Trefenwyd proseguì verso ovest lungo il Mermidon, attraversando i monti che costituivano il braccio meridionale dei Denti del Drago. Al tramonto si accampò al loro riparo, e allo spuntar del giorno riprese il viaggio. La nuova giornata prometteva di essere chiara e tiepida: nella notte, il vento aveva ripulito l’aria di ogni traccia di nuvole, il sole era abbagliante. L’elfo lasciò le ultime alture ai piedi dei monti, raggiunse le pianure erbose sotto le Streleheim e si preparò ad attraversarle. Davanti a sé riusciva già a scorgere le foreste della Terra dell’Ovest e, al di là di quelle, le Montagne dello Sperone Roccioso, con le vette coperte di bianco. Arborlon distava una giornata di marcia; Tay camminò senza affrettarsi, con i pensieri rivolti a quanto era successo dal ritorno di Bremen a Paranor.
Tay Trefenwyd era amico del vecchio druido da quindici anni, addirittura da prima di Risca. L’aveva conosciuto a Paranor, quando ne faceva ancora parte e lui era appena arrivato da Arborlon come apprendista druido. Bremen era già vecchio a quel tempo, ma aveva un carattere più ostinato e una lingua assai più tagliente di oggi. A quell’epoca era una fiaccola che bruciava di verità evidenti per lui, ma incomprensibili per tutti gli altri. I Druidi di Paranor non gli davano retta e lo giudicavano un po’ pazzo. Soltanto Kahle Rese e pochi altri attribuivano un grande valore alla sua amicizia e ascoltavano con pazienza i suoi discorsi; gli altri, in generale, cercavano di evitarlo.
Non Tay, però. Dal momento che l’aveva conosciuto, l’elfo ne era rimasto affascinato. Ecco una persona che giudicava importante, addirittura indispensabile, fare qualcosa di concreto per i problemi delle Quattro Terre, invece di limitarsi alle chiacchiere. Non bastava studiare e discutere, occorreva anche agire. Bremen pensava che l’originaria politica dei Druidi fosse la migliore, che il Primo Consiglio fosse nel giusto, quando si era votato al progresso delle Razze. Il disimpegno era un errore, destinato a costare caro a tutti. Tay capiva perfettamente queste posizioni e ne era convinto. Al pari di Bremen, studiava le antiche leggende, le conoscenze delle creature di Faerie, gli impieghi della magia nel mondo che aveva preceduto le Grandi Guerre. Al pari di Bremen era convinto che un potere corrotto fosse doppiamente mortale e che il druido ribelle Brona vivesse sotto un’altra forma e intendesse ritornare per sottomettere le Quattro Terre. Erano opinioni pericolose e impopolari, e alla fine erano costate a Bremen il posto fra i Druidi.
Ma prima di essere bandito, aveva fatto di Tay un alleato. Tra i due si era subito stretto un forte legame e il vecchio aveva preso il giovane come allievo: per lui era stato un insegnante con un corpo di conoscenze così vasto da sfidare qualsiasi catalogazione. Tay eseguiva i compiti e completava gli studi assegnati a lui dal Consiglio e dagli anziani della sua Razza, ma il suo tempo libero e il suo entusiasmo li serbava quasi esclusivamente per Bremen. Benché in contatto fin dalla giovinezza con la storia e le leggende della loro razza, in genere gli Elfi di Paranor, quelli che erano entrati nell’ordine dei Druidi, non erano aperti come Tay alle possibilità suggerite da Bremen. Del resto, pochi di loro possedevano un talento altrettanto grande. Tay aveva cominciato a sviluppare le sue abilità magiche ancor prima di arrivare a Paranor, e sotto la guida di Bremen era progredito così rapidamente da superare tutti, tolto il suo mentore. Neppure Risca, dopo il suo arrivo, aveva raggiunto il livello di Tay, forse perché era troppo legato alle sue arti marziali per accettare fino in fondo l’idea che la magia fosse un’arma ancor più potente.
I suoi primi cinque anni al castello erano stati i più ricchi di emozioni per il giovane elfo e il suo pensiero era stato irrevocabilmente plasmato da quanto aveva appreso allora. Aveva dovuto tenere segrete gran parte delle sue capacità e delle sue conoscenze, a causa del divieto dei Druidi di coltivare le arti magiche, tranne che come studio astratto. Per Bremen, quel divieto era una sciocchezza, un frutto dell’ignoranza, ma le sue idee erano sempre minoritarie; e tutto, a Paranor, era retto dalle decisioni del Consiglio. Di conseguenza, Tay aveva studiato per conto suo le pratiche che Bremen gli aveva insegnato, le aveva tenute in grande considerazione e non ne aveva parlato ad altri. Quando Bremen era stato esiliato e aveva deciso di recarsi tra gli Elfi per proseguire laggiù i suoi studi, Tay si era offerto di accompagnarlo, ma il druido non aveva accettato. Non gliel’aveva proibito, ma gli aveva chiesto di riflettere. Anche Risca avrebbe voluto accompagnarlo, ma Bremen aveva voluto affidare a entrambi un compito più importante. Restate a Paranor, siate i miei occhi e le mie orecchie. Perfezionate le vostre capacità magiche e cercate di convincere gli altri Druidi della realtà del pericolo. Quando sarà il momento di lasciare il castello, verrò a prendervi.
E Bremen aveva mantenuto la parola, cinque giorni addietro: Tay, Risca e la giovane Mareth erano riusciti a fuggire in tempo. Gli altri, tutti quelli che l’elfo e il nano avrebbero dovuto convincere, tutti quelli che avevano dubitato di Bremen e l’avevano disprezzato, con molta probabilità non s’erano salvati. Naturalmente, Tay non poteva saperlo con certezza, ma sentiva in cuor suo che la visione di Bremen riguardava fatti ormai accaduti. Sarebbero passati alcuni giorni prima che gli Elfi potessero accertarsene, ma Tay era convinto che tutti i Druidi fossero morti.
In qualsiasi caso, la partenza con Bremen significava la fine della sua permanenza a Paranor. Vivi o morti che fossero gli occupanti della rocca, per il momento non vi sarebbe tornato. Il suo posto era fuori di lì, nel mondo, a svolgere i compiti assegnatigli da Bremen per la sopravvivenza delle Razze. Il Signore degli Inganni era uscito allo scoperto, si era rivelato a coloro che avevano occhi per vedere e istinti da ascoltare, e si dirigeva a sud. La Terra del Nord e i Troll erano già suoi, e adesso avrebbe cercato di sottomettere le altre Razze. Ciascuno di loro – Bremen, Risca, Mareth, Kinson Ravenlock e lui – aveva la responsabilità di fermarlo. Ciascuno doveva resistere e lottare sul terreno assegnato.
A lui era toccata la Terra dell’Ovest, la sua casa. Vi faceva ritorno per la prima volta dopo quasi cinque anni. In quel periodo i suoi genitori erano invecchiati. Il fratello più giovane si era sposato e si era trasferito nel Sarandanon. Alla sorella era nato un secondo figlio. Molte cose erano cambiate durante la sua assenza e avrebbe trovato un mondo diverso da quello che aveva lasciato. E, soprattutto, altri cambiamenti sarebbero venuti con le notizie da lui portate: cambiamenti assai superiori a quelli avvenuti in sua assenza, e molti non li avrebbero accolti con piacere. Non gli avrebbero certamente dato il benvenuto, una volta al corrente del motivo del suo ritorno. Avrebbe dovuto affrontare la situazione con cautela, scegliere bene gli amici e gli alleati.
Ma Tay Trefenwyd era sempre stato abile in questo. Era una persona semplice e affabile, che sapeva comprendere i problemi degli altri e aveva sempre fatto del suo meglio per aiutare tutti. Non era polemico come Risca, né ostinato come Bremen. A Paranor era amato da tutti, nonostante il sodalizio con gli altri due. Tay era guidato da salde convinzioni e da una forte etica del lavoro, ma non si era mai proposto come un esempio da seguire. Accettava le persone com’erano, scoprendone i lati positivi e trovando il modo di usarli. Neppure Athabasca aveva mai litigato con lui: vedeva in lui ciò che sperava ci fosse anche nei suoi facinorosi amici. Tay aveva mani grandi, forti come il ferro, ma cuore gentile. Nessuno si era mai sognato di scambiare la sua gentilezza per debolezza, e lo stesso Tay faceva in modo che non ci fossero equivoci. Sapeva quando era il momento di resistere e quando era meglio cedere. Era sempre stato abilissimo nel conciliarsi le simpatie e nel trovare compromessi, e nei giorni seguenti avrebbe dovuto fare appello a queste sue capacità.
Ripassò l’elenco di quello che doveva fare, riflettendo sulle sue varie incombenze, a una a una.
Doveva convincere il re, Courtann Ballindarroch, a organizzare una spedizione per cercare la Pietra Nera degli Elfi.
Doveva convincere il re a inviare l’esercito in soccorso dei Nani.
Doveva fargli capire che la situazione era tale da stravolgere le Quattro Terre in modo irrevocabile.
Continuò a camminare nella prateria pensando a quali potessero essere quei cambiamenti, puntando a nord-ovest, verso le foreste che costituivano la frontiera della sua terra, sorridendo tra sé e fischiettando un motivetto. Non sapeva ancora come avrebbe fatto per ottenere quei risultati, ma la cosa non aveva importanza. Un modo l’avrebbe trovato. Bremen contava su di lui e Tay non intendeva deluderlo.
Le ore del giorno trascorsero lente e il sole sparì dietro i lontani monti dell’Ovest. Tay lasciò il Mermidon quando giunse ai margini della foresta, ai piedi del Pykon: di lì si diresse a nord. Poiché era già buio e non riusciva a vedere lontano, si mantenne sotto la protezione degli alberi mentre proseguiva il cammino e si affidò alle sue capacità di druido. Tay era un esperto di forze elementari, uno studioso dei modi in cui la magia e la scienza interagivano nell’equilibrio delle quattro componenti del mondo naturale: terra, aria, fuoco e acqua. Comprendeva bene la loro simbiosi, il modo in cui operavano insieme per creare e promuovere la vita, o si proteggevano reciprocamente quando erano disturbate. Tay aveva studiato le regole per trasformare un elemento nell’altro, per annullarli o per crearli. Nel suo rapporto con le forze elementari era diventato estremamente specifico: nel modo in cui gli elementi risultavano disturbati, era in grado di leggere i moti degli oggetti e di scoprire la presenza delle persone. Riusciva anche a leggere nel pensiero. A grandi linee, riusciva a ricostruire la storia e a proiettarla nel futuro per ottenere previsioni, cosa alquanto diversa dalle visioni, perché non comportava alcun legame con il mondo dei morti o con il piano spirituale, ma dipendeva soltanto dalle leggi terrestri, dalle linee di forza che avvolgevano il mondo e legavano tra loro tutte le cose con rapporti di azione e reazione, causa ed effetto, scelte e conseguenze. Una pietra lanciata in uno stagno produce un’onda che si allarga a tutta la superficie e lo stesso effetto viene prodotto da qualunque evento che alteri gli equilibri del mondo. Per quanto l’evento sia piccolo, produce un cambiamento. Tay aveva imparato a leggere quei cambiamenti e a interpretarne il significato.
Così ora, mentre attraversava la foresta ammantata dal buio della notte, osservando la direzione del vento, gli odori ancora presenti sulle foglie e le vibrazioni che increspavano la superficie della terra, sapeva che un nutrito gruppo di Gnomi era passato di lì e che adesso sostava in qualche punto della foresta, davanti a lui. Proseguendo nel cammino, la percezione della loro presenza divenne sempre più forte. S’infilò dove la vegetazione era più folta, tese i sensi per cogliere la loro presenza, e di tanto in tanto sondò la terra alla ricerca di una traccia di calore del loro corpo: nel farlo, la magia di cui si serviva prendeva la forma di sottili scie incorporee, simili a fumo o a piume leggerissime, che gli si formavano nel petto per uscirgli infine dalle punte delle dita.
Poi rallentò il passo fino a fermarsi, perché aveva percepito qualcosa di nuovo. In attesa di riconoscerne la natura, si mantenne perfettamente immobile. Sentì un gelo profondo, un inconfondibile avvertimento di ciò che si avvicinava, e pochi istanti più tardi lo vide comparire in volo sopra di sé, a malapena visibile tra il fogliame. Era un cacciatore alato, uno dei Messaggeri del Teschio che servivano il Signore degli Inganni. Volava lento e pesante sullo sfondo nero della notte, alla ricerca di qualcosa, anche se non di una preda in particolare. Tay si impose di rimanere fermo, di resistere all’impulso di fuggire, e calmò le proprie emozioni perché la creatura non le scoprisse. Il Messaggero del Teschio descrisse un ampio cerchio, fece ritorno su Tay e la sua forma alata occultò nuovamente il chiarore delle stelle. Tay rallentò il respiro, il battito del cuore, i pensieri, in modo da scomparire nel buio e nell’immobilità della foresta.
Infine il mostro alato si allontanò, diretto a nord. Per unirsi alle creature ai suoi ordini, pensò Tay. Non era un buon segno che i servitori del Signore degli Inganni si fossero spinti così a sud, fin quasi a sfiorare il regno degli Elfi. Faceva pensare che non considerassero più un pericolo la presenza dei Druidi e che fosse ormai imminente quell’invasione che Bremen prevedeva da anni.
Trasse un profondo respiro e aspettò qualche istante prima di esalarlo. E se Bremen si fosse sbagliato, e l’invasione non fosse diretta contro i Nani, bensì contro gli Elfi?
Rifletté su questa eventualità mentre proseguiva e continuava a cercare gli Gnomi. Li trovò venti minuti più tardi, accampati ai margini dei Boschi Grigi. Non c’erano fuochi ed erano state piazzate sentinelle ogni poche decine di passi. In alto il Messaggero del Teschio continuava a descrivere grandi cerchi. Sembrava che preparassero un’incursione, ma Tay non riusciva a immaginare contro chi. Non c’erano molti luoghi da assalire, così vicino alle pianure, a parte qualche fattoria isolata, e quegli intrusi non si sarebbero certo scomodati per così poco. Comunque, era assai preoccupante trovare Gnomi dell’Est, per di più accompagnati da un Messaggero del Teschio, così a occidente e così vicini ad Arborlon. Tay si avvicinò fino a poterli vedere chiaramente, e li spiò per qualche tempo per cercare di capire qualcosa, ma non riuscì a scoprire nulla, perciò li contò con cura e si allontanò. Rifece in senso inverso il cammino dell’andata finché non fu a distanza di sicurezza, trovò una macchia di abeti ben riparata, strisciò sotto i rami del più frondoso e si addormentò.
Quando si svegliò era già mattino e gli Gnomi erano ripartiti. Dal suo nascondiglio, controllò accuratamente che non ne fossero rimasti, poi uscì e si diresse al loro accampamento. Le tracce si addentravano nei Boschi Grigi. Il Messaggero del Teschio era con loro.
Si chiese se fosse il caso di seguirli, poi decise di no. In quel momento aveva già troppe incombenze, e non era il caso che ne aggiungesse un’altra. Inoltre, dove c’era un gruppo di armati potevano essercene altri ed era importante avvertire gli Elfi della loro presenza, il più rapidamente possibile.
Così, Tay proseguì a nord, mantenendosi sotto la protezione degli alberi, e procedendo con lunghe falcate che divoravano le distanze. Prima di mezzogiorno raggiunse la Valle di Rhenn e piegò a ovest, lungo il suo ampio corridoio naturale. Quella valle era la porta che conduceva ad Arborlon e all’Occidente, e certo gli Elfi avevano disposto qualche pattuglia alla sua imboccatura. Nella parte più a est, il terreno era molto invitante, una dolce distesa d’erba fra due catene di basse colline, ma presto la valle si restringeva, il terreno saliva rapidamente, e le colline si alzavano fino a diventare alte rupi a strapiombo. Quando si arrivava all’estremità occidentale, si scopriva di trovarsi in mezzo a una morsa. La Valle di Rhenn offriva agli Elfi una difesa naturale contro un nemico proveniente dall’est. Poiché tanto a nord quanto a sud il terreno era montuoso e coperto di folte foreste, quella valle era la sola via che consentisse a un esercito di una certa consistenza di entrare o uscire dalla Terra dell’Ovest.
Naturalmente, era sempre ben controllata e Tay si aspettava che qualcuno lo intercettasse. Non dovette aspettare molto. Era a metà del corridoio verde della valle quando un drappello di Elfi a cavallo uscì al galoppo dal passo per dargli l’“alto là”, ma tirarono le redini e lo salutarono a gran voce non appena lo riconobbero. Quei cavalieri erano suoi vecchi amici e lo accolsero con calore. Gli ...
Indice dei contenuti
- Copertina
- Frontespizio
- Il Primo Re di Shannara
- Mappa
- Parte prima. La caduta di Paranor
- Parte seconda. La ricerca della Pietra Nera degli Elfi
- Parte terza. La fusione della spada
- Parte quarta. La battaglia della Valle di Rhenn
- Copyright