Saxa Rubra
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Saxa Rubra

  1. 264 pagine
  2. Italian
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  4. Disponibile su iOS e Android
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Informazioni su questo libro

Il senatore Publio Aurelio Stazio ha deciso di mettere la testa a partito rinunciando alle sue numerose eccentricità per mostrarsi ligio alle convenzioni - o almeno per fingersi tale.

Ma i suoi buoni propositi sono subito messi in discussione. Una serie di omicidi sta insanguinando l'Urbe. E le vittime sono tutte donne con cui in passato Publio Aurelio è stato in rapporti intimi.

Non volendo ammettere alcuna responsabilità nella tragica fine delle donne uccise - diversissime per aspetto, carattere, ceto sociale e stile di vita - il patrizio reagisce cercando ostinatamente un legame capace di unire le vittime al di là della sua persona, scavando a fondo nel passato di ciascuna, fino a portare alla luce molti inconfessabili e antichi segreti.

Intanto, però, i suoi avversari approfittano della situazione e della malattia del suo vecchio amico Claudio, ora imperatore di Roma, per estrometterlo dal Senato, accusarlo dei delitti e farlo dichiarare con false prove nemico di Roma, aspettandosi che si tolga di mezzo da solo dandosi dignitosamente la morte. Ma Aurelio è risoluto a vendere cara la pelle...

Publio Aurelio Stazio, l'amatissimo personaggio creato da Danila Comastri Montanari, ritorna per risolvere un nuovo mistero. Un romanzo che, nella affascinante cornice della Roma imperiale, splendidamente ricostruita, unisce uno stile brillante e ironico a una trama gialla avvincente e perfettamente congegnata.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2015
Print ISBN
9788804657897
eBook ISBN
9788852069376

XVII GIORNO

Roma, Terme di Agrippa al Campo Marzio

Il giorno dopo Pomponia, nota per la sua puntualità non eccessiva, era in tale ritardo alle Terme di Agrippa che a Tito Servilio, fermo ad aspettarla nel vestibolo, parve per un attimo di essere osservato con attenzione dagli occhi marmorei dell’Atleta nell’atto di detergersi di Lisippo, quasi la celebre statua partecipasse in qualche modo alla lunga attesa.
Tuttavia l’indugio della matrona quella volta era pienamente giustificato, in quanto non ascrivibile come al solito a un ricciolo ribelle o alla ricerca di un fucus da labbra della giusta sfumatura di scarlatto, ma al fatto che a quell’ora le piscine erano riservate ai maschi, quindi soltanto un invito privato poteva garantirle l’accesso. Publio Aurelio, infatti, aveva affittato la saletta attigua alla grande vasca rotonda per le abluzioni per convocare lì i due amici in gran segreto, in modo da esprimersi liberamente lontano da orecchie indiscrete: tutti i servi del senatore e di Tito Servilio erano rimasti fuori e anche Pomponia sarebbe entrata da sola, senza Atticilla e il suo corteggio di ancelle, sempre ammesso che i portieri non la identificassero per l’attivista a capo del presidio di contestatori che giorni prima aveva manifestato davanti allo stabilimento balneare contro lo spreco di acqua pubblica.
«Eccomi! Quegli zoticoni di guardiani non si decidevano a farmi passare, pretendevano di conoscermi e uno intendeva addirittura perquisirmi!» esclamò infine Pomponia con tanta enfasi che sul viso assorto dell’atleta di Lisippo sembrò comparire l’ombra di un sorriso.
«Vieni, il nostro amico ci aspetta!» la esortò il marito conducendola verso una piccola esedra riccamente decorata da un mosaico fitto di tritoni e altre creature marine. Sdraiati su un comodo triclinio davanti a vassoi di frutta fresca e sfiziosi bocconcini dolci e salati, erano a riceverli Aurelio e Castore.
«Come sapete accadono cose molto gravi, in cui sono personalmente implicato» esordì il patrizio indicando ai nuovi venuti gli altri due lettucci triclinari, mentre in assenza di servi e ancelle Castore provvedeva riempire i nappi, di buon Ulbano decorosamente invecchiato quello di Servilio, di fresco latte di capra quello della matrona.
«Ne sono informato. Corrono voci poco simpatiche su una inchiesta che Purpurione sarebbe intenzionato a proporre in Senato circa il tuo ruolo nei delitti» lo avvertì Servilio. «E qualcuno stanotte ha pensato bene di imbrattare i muri di mezza Roma con disegni e scritte irriguardose a tuo riguardo!»
«Contro di me sta montando una vera campagna denigratoria, probabilmente pilotata dall’alto. Per questo ho voluto incontrare proprio voi, gli unici di cui mi fido, in questa saletta dove il rumore della cascata nella piscina attigua è in grado di coprire le voci di eventuali delatori. Quattro teste pensano meglio di una sola e forse mi gioverà fare assieme a voi il punto della situazione, per decidere come procedere.»
«Temi di essere spiato?» corrugò le sopracciglia Pomponia, mentre sorbiva senza troppa convinzione il suo salutistico succo caprino, con una colpevole occhiata vogliosa al buon liquore inebriante che colmava i calici degli altri commensali.
«Non lo escludo: quali che siano i suoi motivi, ho dovuto infine ammettere che l’assassino conosce troppi dettagli sulla mia vita privata per non essermi molto vicino.»
«Spiegati!» lo esortò Servilio, vivamente preoccupato.
«Sarà meglio andare per gradi, delitto per delitto. Cominciamo dal primo: la dedica mi chiama direttamente in causa nell’omicidio di Pulla, alludendo anche alla mia abitudine di gratificarla con costosi regali.»
«Particolare di cui però era al corrente tutta Roma!» osservò Pomponia, continuando a guatare con evidente brama il nappo del marito.
«Mi permetti, kyria?» intervenne Castore sottraendole il bicchiere di latte per porgerle al suo posto una coppa colma di vino caldo, addolcito con miele e chiodi di garofano. «Una recente ricerca di alcuni studiosi alessandrini ha dimostrato l’effetto benefico del succo d’uva fermentato sulla luminosità della carnagione!»
«Davvero? Allora, se lo afferma la scienza...» esclamò la matrona piacevolmente stupita, scolandosi di gusto la bevanda speziata.
«Pulla viene uccisa per strangolamento e Sabellia accoltellata da qualcuno non troppo abile nell’uso del pugnale» proseguiva intanto il senatore. «Ambedue dopo essere state probabilmente stordite con le stesse sostanze ipnotiche della spongia somnifera di cui ho rinvenuto un frammento sul luogo del delitto. Nel primo caso l’omicidio è seguito da un furto, nel secondo i gioielli non vengono sottratti alla vittima, dettaglio questo che spinge a dubitare che ladro e assassino siano la stessa persona.
«Allora non ti interessa più sapere chi ha rubato le perle?» domandò la matrona, delusa che il suo ruolo nell’indagine ne uscisse drasticamente ridimensionato.
«Tutt’altro! Abbiamo anzi il nome del possibile ladro, tal Vulpecula, ma non ci riesce di trovarlo» sospirò il senatore.
«I biglietti però fanno ipotizzare l’intenzione di punire i tuoi trascorsi galanti uccidendo le donne con cui hai avuto pubblicamente e scandalosamente commercio» considerò Servilio.
Il senatore scosse la testa: «C’è una terza vittima di cui non sapete, difficile da inserire in questo quadro: Tabitha era una semplice schiava, nessuno avrebbe obiettato al mio rapporto con lei e soltanto i miei servi la conoscevano, senza contare che l’aggressore è andato a cercarla addirittura fino a Ostia per massacrarla di botte. E non ha lasciato alcun biglietto, o almeno non è stato recuperato».
«Un delitto che esce dallo schema, quasi come non facesse parte della serie» commentò Castore, fino a quel momento incredibilmente taciturno. E mal gliene incolse, perché il padrone ne approfittò immediatamente per ricordargli un incarico assai sgradito.
«Infatti se potessimo escludere la morte di Tabitha dalla lista degli altri crimini, sarebbe un enorme passo avanti: non ti avevo ordinato di cercare a Ostia ogni possibile aggancio?»
«Ho i miei informatori, domine, ma necessitano di un certo tempo» restò sul vago l’alessandrino.
«Resta Lelia Soave» proseguiva intanto il senatore rivolto a Pomponia, che stava abbondantemente attingendo al rimedio dei sapienti alessandrini. «Una volta parlai scherzosamente con te dei gatti guardiani della sua pudicizia e il verso che la riguarda cita appunto delle bestie latranti!»
«Ammetto che l’episodio era troppo esilarante perché io non ne scherzassi in giro... ma il nome, fuori da casa mia, naturalmente non l’ho mai fatto!» confessò la matrona.
«La ragazza tuttavia non è morta» precisò il segretario in tono di palese diffidenza. «Come puoi essere certo che sia stata assalita davvero, quando a provarlo c’è soltanto la sua parola?»
«E il codicillum!» lo corresse Aurelio.
«Può essere stato scritto da chiunque, visto che nell’intera Roma non si parla d’altro che di cadaveri dedicati a te!» insistette sgradevolmente Castore.
«L’inchiostro e il tratto calligrafico sembrano gli stessi.»
«È una prova a discarico o a carico, domine?» domandò implacabile il segretario. «Lelia potrebbe essersi inventata tutto, o addirittura venire manovrata dall’assassino. So che rilutti a prendere in considerazione come possibili colpevoli le fanciulle con cui ti sei rotolato sul torus, padrone, ma bisogna tener presente anche questa spiacevole eventualità.»
Il patrizio di tutto aveva bisogno in quel momento salvo che di una pulce fastidiosissima nell’orecchio, nondimeno si trattenne dal mandare al Tartaro l’importuno. Era proprio per vagliare ogni punto di vista allo scopo di schiarirsi le idee che aveva indetto quella piccola riunione. E cercare di veder chiaro nell’ombra fitta spesso fa male agli occhi...
«Veniamo ai plausibili nessi tra i delitti: il promesso sposo di Pulla e i suoi due fratelli Aquilio e Caio – inveterato giocatore il primo, giovane piuttosto ombroso e influenzabile il secondo – frequentavano il circolo di Sabellia degradato a bisca.»
«Perché allora non sospettare anche dei poeti? Sei davvero dell’avviso di escluderli?» chiese Servilio dubbioso.
«Tre su quattro possono rendere conto del loro tempo» disse Aurelio con una certa esitazione, visto che gli alibi prodotti a poco valevano. Dal canto suo, lui credeva moltissimo nelle prove e pochissimo nell’intuito, ma sapeva anche che esistono attività dove a volte un ragionamento corretto e fondato su solide evidenze fallisce, per lasciare spazio invece all’inspiegabile fiuto, che spesso però non nasce dal nulla, ma affonda le sue radici nella conoscenza e nella frequentazione approfondita del corpo o dell’animo umano: una di tali attività era la medicina, un’altra l’investigazione... «Il colpevole non è tra loro, ci giurerei! Dunque si torna all’inizio di tutto, ovvero a Pulla: proviamo a considerarlo il delitto primario e vediamo chi avrebbe avuto un buon motivo per commetterlo.»
«I due fratelli, prima di tutto, che vedono sostanzialmente rimpinguati i loro lasciti» affermò Servilio.
«Non trascurare le notizie che abbiamo raccolto sulle losche mosse del vecchio Pullo Trigemino e del suo futuro genero sui monti Aurunci durante le persecuzioni dei seguaci di Agrippina!» gli rammentò la matrona, mentre aggrediva una delle sue predilette focaccine fritte con miele e pepe, che si sposavano perfettamente con la corposità dell’Ulbano dolce.
«La vendetta è senza dubbio un buon movente, ma difficilmente attende una ventina di anni per essere attuata, senza contare che Decio Lusco, ovvero l’uomo che secondo il liberto Paolo tradì i Salvi rivelandone il nascondiglio, e che quindi sarebbe logico ritenere come obiettivo principale di un vendicatore, è ancora in vita e gode di ottima salute. Inoltre la famiglia delle vittime pare ormai del tutto estinta» considerò il patrizio.
«Salvo forse la madre di Vinicia» provvide subito a guastargli la festa il segretario.
«Chi, la Lutazia Enobarba adottata dai Lupati?» chiese Pomponia, imbattibile nella conoscenza delle varie genealogie.
Enobarba: capelli rossi, pensò Aurelio, concependo per un istante un’idea folle, troppo folle per essere esposta agli amici. Vabbè le intuizioni, ma due al giorno cominciavano a diventare troppe, rischiavano di denunciare una sua azzardata discesa senile verso l’ottenebramento della ragione e del buon senso. Per fortuna intervenne l’amico a trarlo d’impaccio.
«Quanti anni potrebbe avere Lutazia se calcasse ancora le strade di questo mondo?» calcolava Servilio. «Minimo sui sessanta, direi, a meno che non si fosse sposata giovanissima, come usano talvolta fare gli Enobarbi...»
«Ehi, ma siete del tutto fuori strada, state dimenticando l’amante!» interloquì la moglie, sempre più ciarliera a mano a mano che la panacea di Castore faceva il suo effetto. «Chi, se non la sottoscritta, si è premurata di indagare su Tuberto? Quindici anni or sono era soltanto un mercante di mezza tacca, con sole due navi male in arnese che facevano la spola per trasportare a Barcino le anfore di vino greco e riportarne altre piene di muria hispana – una salsa affine al garum ma meno gustosa – assieme a pelli, manufatti di cuoio, pigmenti, resine e altre merci che in Hiberia si vendono a prezzi stracciati. In seguito però le sue fortune cominciano a lievitare a vista d’occhio: apre uffici, assume dipendenti, compra altre navi e alla fine si costruisce la villa sul litorale, e diventa il benefattore di Pulla, un’amante nobile e bella che sancisce il suo grande successo economico e sociale, per la quale organizza feste lussuose, con tanto di lottatori e danzatrici di Gades. Voi non l’avete tenuto nella minima considerazione, eppure è notorio che quando una donna viene uccisa, il primo su cui far ricadere i sospetti dovrebbe essere proprio il suo compagno di letto! Magari era geloso, magari aveva capito di essere stato scelto soltanto per la capienza del suo borsellino o magari si era visto preso per il naso come spesso Pulla usava fare con i suoi amanti!» insistette, ponendo una solida opzione sul suo movente prediletto, quello passionale.
«Devo deluderti, moglie mia» fece Servilio dispiaciuto. «Ho saputo proprio ieri che Tuberto si trova a Neapolis dalle Calende e non avrebbe quindi avuto modo di ammazzare né Pulla, né le altre!»
«Che sfortuna!» deplorò la matrona delusa.
«Comunque quando vai a Ostia sarà bene che ti occupi anche di lui» ingiunse il patrizio al segretario.
«Ma se ci sono appena stato!» mentì spudoratamente Castore, che aveva invece inviato al suo posto i nubiani, lusingandoli con la promessa di presentare loro belle ragazze bene in carne e con la pelle nera come l’ebano. Male, molto male, mugugnava intanto tra sé e sé: gli incarichi attribuitigli dal padrone stavano moltiplicandosi in maniera allarmante, prolificavano minacciosamente, figliavano con spaventosa fecondità e producevano innumerevoli discendenze, sommergendolo come l’incauto che, avendo una coppia di conigli capace di mettere al mondo ogni due mesi un’altra coppia fertile, in breve finisce per trovarsi sepolto tra palle di pelo dai musi tremolanti, con grande gioia dei matematici, ma non dei fini segretari greci. Meglio dunque spostare la conversazione su un altro problema, guadagnandosi l’imperitura gratitudine del cavalier Tito Servilio.
«Peccato che le terme siano chiuse al pubblico femminile in questo orario!» disse allora rivolgendosi alla matrona. «Pare che nella sorgente dell’Acqua Vergine da cui sono alimentate le vasche sia stato ritrovato un principio attivo molto potente contro l’invecchiamento, una sorta di essenza di eterna giovinezza, insomma!»
«Ma lo spreco...» obiettò la signora visibilmente tentata.
«Quale spreco? L’acqua ritorna al mare, evapora, ricade sotto forma di pioggia, si purifica e alimenta di nuovo la sorgente, arricchendosi con i preziosi sali contenuti dalle rocce tr...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. PERSONAGGI PRINCIPALI
  4. PROLOGO
  5. I GIORNO
  6. II GIORNO
  7. III GIORNO
  8. IV GIORNO
  9. V GIORNO
  10. VI GIORNO
  11. VII GIORNO
  12. VIII GIORNO
  13. IX GIORNO
  14. X GIORNO
  15. XI GIORNO
  16. XII GIORNO
  17. XIII GIORNO
  18. XIV GIORNO
  19. XV GIORNO
  20. XVI GIORNO
  21. XVII GIORNO
  22. XVIII GIORNO
  23. XIX GIORNO
  24. XX GIORNO
  25. XXI GIORNO
  26. XXII GIORNO
  27. XXIII GIORNO
  28. XXIV GIORNO
  29. XXV GIORNO
  30. XXVI GIORNO
  31. XXVII GIORNO
  32. XXVIII GIORNO
  33. XXIX GIORNO
  34. GLOSSARIO
  35. Copyright