Calendar Girl. Novembre
eBook - ePub

Calendar Girl. Novembre

  1. 121 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Calendar Girl. Novembre

Informazioni su questo libro

Novembre: New York, New York.

Avevo bisogno di soldi, tanti soldi. In ballo c'era la vita di mio padre. Io però non avevo un centesimo, per arrivare a fine mese facevo la cameriera. Non avevo un amore e, diciamolo, all'amore, quello con la a maiuscola, non ci credevo neanche più tanto. Le mie storie fino ad allora erano state solo fonti di guai e delusioni.
Mi hanno offerto un lavoro. Recitare il ruolo della fidanzata di uomini di successo. In pratica per un mese dovevo fingere di essere la loro compagna davanti agli occhi di tutti e in cambio ognuno di loro sarebbe stato disposto a pagarmi centomila dollari. 12 mesi, 12 città, 12 uomini ricchi, famosi, inarrivabili, 12 ambienti esclusivi, 12 guardaroba diversi. Più di un milione di dollari. Il sesso, chiariamoci, non faceva parte degli accordi. Quello dipendeva e dipende sempre solo da me.
L'amore neanche quello faceva parte del piano. Ma intanto quello non dipende da nessuno...
Sono tutti uomini da sogno. Che poi sono persone. Intriganti, fragili, che hanno paure, segreti e verità nascoste. Loro hanno scelto me. Per un mese sono entrati nella mia vita. Tutti mi hanno lasciato qualcosa. E uno mi sta chiedendo di cambiare le regole del gioco... ma l'amore, tutti lo sanno, di regole non ne ha.
Ho intrapreso questo viaggio perché era l'unico modo per salvare la vita di mio padre.
Mi sono fidata, ho buttato il cuore oltre l'ostacolo.
Ed è iniziata la favola.
Il viaggio ha salvato la mia, di vita.
Trust the journey,
Mia

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2016
eBook ISBN
9788852076268

NOVEMBRE

1

Fiocchi di neve. Unici, effimeri, diversi l’uno dall’altro. Assolutamente affascinanti. Ne presi in bocca uno mentre cadevano dal cielo. Si sciolse all’istante non appena mi toccò la lingua. La nevicata mi avvinse con la sua magia mentre i fiocchi mi si appiccicavano alle ciglia, distorcendo la visione. Sbattei le palpebre e buttai fuori il fiato, una nuvoletta che mi fece venire in mente una voluta di fumo. Allargai le braccia e girai lentamente su me stessa, mentre la neve mi cadeva sul viso e sui palmi delle mani aperte.
«Se hai finito di giocare, possiamo entrare in albergo?» disse Wes con una risata. «Sto gelando!» Mi appoggiò il naso ghiacciato sul collo abbracciandomi da dietro e stringendomi a sé. Gli coprii le braccia con le mie.
«Ma è così bello! A Las Vegas nevica di rado e a Los Angeles non nevica proprio.» Guardai estasiata quel fenomeno così raro per me.
Mi premette la faccia sul collo, dandomi una serie di baci sulla nuca. «Bello, sì… peccato che io abbia le palle gelate e il cazzo simile a un ghiacciolo.»
«Be’, i ghiaccioli mi sono sempre piaciuti.» Feci una risatina e mi girai verso di lui. «Grazie di avermi accompagnata. A essere sincera, non ero pronta a separarmi da te.»
Wes sorrise in quel modo che mi faceva venir voglia di saltargli addosso. Accidenti se era sexy, anche tutto infagottato sotto il berretto di lana!
«Chi direbbe di no a due settimane a New York con una bella signora?» Mi si avvicinò, sfregò il naso contro il mio e mi diede un bacio veloce sulle labbra.
Bugiardo. Quando quelli della produzione mi avevano detto che sarei dovuta andare a New York un paio di settimane a filmare le celebrità per lo speciale del dottor Hoffman intitolato Grazie di… e per il mio appuntamento di Sani e belli, non era sembrato minimamente interessato. Aveva detto che d’inverno evitava come la peste la East Coast. Immagino che l’Oceano Atlantico non fosse abbastanza caldo o le onde non fossero abbastanza allettanti per un surfista irriducibile… e comunque le temperature, paragonate a quelle della Gold Coast californiana, erano decisamente rigide.
Mi ero rassegnata al fatto che saremmo stati lontani due settimane, cosa che secondo me era prematura, troppo a ridosso del rapimento. La sola idea di stare separata da lui anche per pochissimo tempo mi dava l’orticaria, ma avevo fatto di tutto per sembrare impassibile. Wes era ancora convalescente e la terapia stava andando benissimo; fargli pensare che non credevo fosse in grado di sbrigarsela da solo per due settimane senza la sorveglianza della fidanzata iperprotettiva era l’ultima cosa che volevo.
Era stato solo quando mi ero messa a organizzare le interviste al mio amico Mason Murphy, il famoso lanciatore dei Red Sox, e ad Anton Santiago, il Latin Lover, che aveva cambiato idea. Una sera della settimana precedente Wes mi aveva confessato di aver passato un’intera seduta con la sua terapeuta, Anita Shofner, a parlare degli uomini con cui ero ancora in contatto. Sapeva che mi sentivo regolarmente con Mason, Tai, Anton, Alec, Hector e Max. Ovviamente Max, il fratello a lungo perduto, non era un problema; né lo era Hector, visto che era gay e aveva una relazione seria con Tony. Però aveva ammesso di essere un po’ geloso degli altri quattro. Aveva conosciuto Anton e apprezzato il fatto che mi avesse dato una mano in un momento difficile, ma non si fidava davvero di lui vista la sua reputazione di donnaiolo. Persino Mason, innamorato cotto della sua addetta alle pubbliche relazioni, Rachel, lo innervosiva.
Ma avevo aperto bocca sulla faccenda? Neanche per idea. No, se questo significava che lui sarebbe venuto a New York con me. Sapevo di essermi comportata da stronza, ma quando mi aveva chiesto cos’avrei fatto con loro dopo averli intervistati, mi ero limitata a stringermi nelle spalle e gli avevo risposto che avrei fatto qualunque cosa mi avessero chiesto. Cinque minuti dopo stava preparando la valigia.
«Quando incontriamo i tuoi amici?» mi chiese con una sfumatura di irritazione nella voce. La sua reazione alla prospettiva di rivedere Anton e di conoscere Mason era strana: il mio ragazzo era uno con i piedi per terra e a proprio agio nella sua pelle; solo che, dopo l’esperienza in Indonesia, non era ancora tornato a essere la persona rilassata che conoscevo. La sua psicologa mi aveva detto che ci sarebbe voluto tempo, consigliandomi di continuare a dargli qualcosa di positivo su cui concentrarsi, ovvero noi due e il nostro rapporto che stava sbocciando.
«Questa sera vediamo Anton e Heather. Ha organizzato una cena da lui. Mace e Rach arriveranno solo tra qualche giorno.» Quello che non gli dissi era che Anton ci aveva offerto di stare nel suo attico di Manhattan. Quando eravamo a Miami, Anton gli era piaciuto abbastanza, ma all’epoca avevamo appena iniziato a riconoscere che ci amavamo ed eravamo troppo occupati a cercare di capire cosa pensava l’altro per accorgerci di quello che ci stava attorno.
Disfacemmo le valigie, mettendo le cose nei cassetti della stanza d’albergo, e facemmo l’amore. Sentii la tensione abbandonare Wes quando venne dentro di me pronunciando parole d’affetto.
Mentre ero sdraiata sopra di lui e cercavo di riprendere fiato, mi prese la mano sinistra, se la portò alle labbra e baciò ogni singolo dito. Poi il subdolo bastardo mi infilò qualcosa di pesante al medio.
«Quando ci sposiamo?» mi chiese all’improvviso. Eravamo nudi, avevamo appena fatto un sesso grandioso, assonnati dopo il lungo volo, e io ero abbandonata sul suo petto. Lo avevo scopato al meglio delle mie possibilità e probabilmente avevo sui fianchi il segno delle sue dita a mo’ di prova.
Sbattei le palpebre e mi scostai i capelli dalla faccia, poi gli posai le mani una sopra l’altra all’altezza del cuore. Mi piaceva sentirne il battito, sapendo che mi apparteneva.
«Cos’è, una proposta?»
Socchiuse gli occhi e indicò la mia mano con un cenno del mento. Abbassai lo sguardo sulla fascetta di diamanti che mandava bagliori. «Ne abbiamo già parlato» disse, poi aggiunse: «Sai che non te lo chiederò. Non hai la possibilità di rifiutare». Parole decise, che non lasciavano spazio al compromesso.
Mi misi seduta sopra di lui e concentrai l’attenzione sull’anello più bello che avessi mai visto, che adesso scintillava al mio dito. Non era vistoso come la maggior parte degli anelli di fidanzamento; no, era semplice eppure magnifico. Si trattava di una fascetta d’oro con incastonato un numero assurdo di diamanti; non c’era pericolo che le pietre si impigliassero in qualcosa: potevo ancora guidare Suzi senza preoccuparmi dei guanti da motociclista. Era semplicemente perfetto.
Mi si riempirono gli occhi di lacrime. «Davvero non hai intenzione di chiedermelo?» Soffocai un singhiozzo fissando quello che, a quanto pareva, era un anello di fidanzamento.
Si tirò su a sedere, mi mise un braccio dietro la schiena e facendo leva coi talloni si spostò indietro appoggiandosi alla testiera del letto, con me seduta a cavalcioni sopra di lui.
Mi infilò le mani tra i capelli e mi costrinse a guardarlo in faccia. «Hai davvero bisogno che te lo chieda?» disse guardandomi con i suoi magnifici occhi verdi.
«Bisogno? No. Desiderio? Qualcosa del genere» ammisi con le lacrime che mi rigavano le guance.
Wes sospirò e sfregò la fronte contro la mia. «Non farmelo rimpiangere» sussurrò, la voce scossa da quella che era probabilmente ansia – paura, persino – per come avrei risposto. «Mia, amore mio, vita mia, vuoi sposarmi?»
Lo fissai e nel suo sguardo vidi l’incertezza, come se avessi potuto dire di no. Non se ne parlava proprio che rifiutassi di legare a me quest’uomo per sempre. «Invece di un altro anello, posso avere un’altra moto?»
Wes sbatté le palpebre, gettò indietro la testa e rise.
Gli baciai il petto mentre rideva, stuzzicandolo e mordicchiandolo sul collo e vicino all’orecchio. «Sì, baby. Voglio sposarti.» Dissi le parole che sapevo voleva sentire.
Mi strinse tra le braccia. «Ti renderò molto felice.»
Lo fissai senza batter ciglio. «Vuol dire che mi compri una moto nuova?» chiesi speranzosa.
Scosse la testa e mi baciò tanto a lungo e con tale passione da rendermi le labbra insensibili.
«Quando?» mi sussurrò roco nell’orecchio mentre si faceva strada verso i miei seni. A quanto pareva mancavano due secondi e mezzo all’inizio del secondo round.
«Mmh… l’anno prossimo?» dissi, stringendomi la sua testa al petto mentre lui mi prendeva in bocca il capezzolo eretto.
«Okay, il primo gennaio» borbottò succhiandomi il seno. Mi strinse l’altro capezzolo tra le dita e succhiò forte quello che aveva in bocca.
«Oh, sì» gemetti. «Aspetta… cosa?»
Bussai alla porta dell’attico di Anton. Wes era al mio fianco e mi teneva un braccio intorno alla vita. La porta si aprì proprio quando stavo per bussare di nuovo. A dir la verità ero stupita di aver dovuto bussare, visto che il portiere aveva avvisato del nostro arrivo.
«Eccovi qui!» disse Heather alzandosi sulla punta dei piedi. Già alta di suo, portava un paio di sandali con il tacco a spillo che le conferivano una statura maestosa. La capigliatura bionda la faceva assomigliare a una rockstar, come quando eravamo a Miami, solo che adesso i suoi capelli erano striati da ciocche rosa all’ultimissimo grido. Indossava una maglietta aderente rosa acceso a maniche lunghe con una scritta che diceva IL ROSA È IL NUOVO NERO in lettere bianche. La maglietta era svasata e infilata nei jeans stretti chiusi da una cintura con le borchie che dava un tocco aggressivo al suo look.
Dovevo uscire di più con le ragazze, sul serio. Ginelle mi aveva tormentata per due settimane perché andassi a fare shopping con lei a Los Angeles. Avrei dovuto farlo, una volta tornata.
Heather mi strappò dalle braccia di Wes e mi strinse forte, facendomi oscillare da una parte all’altra, poi si scostò e mi diede una bella occhiata. «Ragazza, non ti avevo comprato dei vestiti a Miami? Perché non li metti?» Arricciò il naso in un gesto che non voleva essere critico, solo sincero.
Mi lasciai sfuggire un sospiro e scossi la testa. «Così sto comoda» dissi, tirando l’orlo della T-shirt a maniche lunghe del concerto di Lorde dove ero stata con Maddy l’anno prima. Quella pollastrella aveva fatto venire giù lo stadio e la maglietta era fighissima. L’avevo messa sopra un paio di jeans stretti sbiaditi, completi di strappi sulle cosce, e stivali da cowboy con il tacco da cinque centimetri… quelli che Max chiamava “stivali da spalamerda”, anche se non avevo mai spalato merda con quelli ed erano relativamente nuovi. Cyndi ne aveva mandati un paio a Maddy e uno a me per ricordarci che cosa ci aspettava in Texas. Anche quelli erano da urlo. Pelle nera, una decorazione sulla punta squadrata. La cosa migliore? La fibbia superstupenda all’altezza della caviglia.
Heather mi guardò i piedi. «Mmh, gli stivali sono carini.»
Wes si schiarì la gola.
«Oh, giusto. Heather, ti ricordi il mio ragazzo, Wes?» Lo indicai con un gesto.
«Mmh, volevi dire fidanzato, dolcezza» mi corresse Wes con un sorrisino, strizzandomi l’occhio.
Heather spalancò gli occhi come se avesse preso la scossa. «Per la miseriaccia, amica mia! Vi sposate! Ma è magnifico!» Ci strinse in un abbraccio collettivo, mettendoci le mani sulle spalle. «Cacchio, ma dài. Anton impazzirà. I matrimoni sono la sua specialità!»
Feci una risata nasale. «Com’è possibile? Visto che non si è mai sposato.»
«Sì, ma è stato fidanzato un mucchio di volte!» disse scherzando. Ci guidò attraverso il gra...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Calendar Girl
  4. Dedicato a…
  5. NOVEMBRE
  6. Copyright