Vedendo le folle, Gesù salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli.
Prendendo allora la parola, li ammaestrava dicendo:
Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati gli afflitti, perché saranno consolati.
Beati i miti, perché erediteranno la Terra.
Beati coloro che hanno fame e sete di giustizia, perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.
Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi.
Voi siete il sale della Terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà rendere salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini.
I Vangeli si aprono in un modo stupendo, qualcosa di incredibile: nessun libro inizia nello stesso modo, nessun altro libro può iniziare così.
La Bibbia è “il Libro dei libri”, questo è l’esatto significato del nome: il Libro. Ed è il documento più prezioso posseduto dall’umanità; per questo viene detto “il Testamento”, perché in esso Gesù testimonia Dio: Gesù è diventato il testimone di Dio, un “testamento”. E questa è l’unica prova possibile: Dio non può essere discusso, ma solo un uomo come Gesù può diventarne una prova.
Nei Vangeli si trova tutto ciò che è meraviglioso e bello nella fioritura di Gesù, le Beatitudini: sono le affermazioni più belle che siano mai state fatte. Neppure il Buddha o Lao-tzu hanno mai parlato in quel modo: il Buddha è estremamente filosofico, molto raffinato; Gesù è privo di qualsiasi ricercatezza, è semplice. Gesù parla come un paesano, un contadino, un pescatore ma, poiché parla come la gente comune, le sue parole hanno solidità, concretezza, realtà.
Le parole del Buddha sono astratte: sono termini altamente sofisticati, filosofici; le parole di Gesù sono molto concrete, terra terra, hanno la fragranza del terreno che si percepisce nella stagione dei monsoni: le piogge sono iniziate e il suolo si impregna, sprigionando un’incredibile fragranza, l’aroma della terra umida, il profumo che senti su una spiaggia, la fragranza dell’oceano, degli alberi. Le parole di Gesù sono estremamente concrete, radicate al suolo: Gesù è un uomo terreno, e questa è la sua bellezza; nessun altro può essere paragonato a quella bellezza. Il cielo è bellissimo, ma è astratto, remoto, distante.
Ragion per cui, io vi dico che nessun altro libro inizia nello stesso modo in cui si aprono i Vangeli; nessun altro libro parla nello stesso modo in cui parlano i Vangeli.
La parola gospel (“Vangelo” in inglese) in origine deriva da godspel (“Parola di Dio”): Dio ha parlato attraverso Gesù. Gesù è una semplice canna di bambù cava: il canto è quello di Dio, e le metafore di Gesù sono estremamente vere rispetto a ciò che è la vita. Egli non intesse concetti, si limita a indicare la verità così com’è.
Partiamo dall’inizio:
Libro della generazione di Gesù Cristo, figliuolo di Davide, figliuolo di Abramo.
Abramo generò Isacco, e Isacco generò Giacobbe, e Giacobbe generò Giuda… e Giuda generò Fares… e Fares generò Esrom, e Esrom generò Aram…
E l’elenco delle generazioni prosegue dettagliato, e alla fine:
Giacobbe generò Giuseppe, il consorte di Maria, dalla quale nacque Gesù detto il Cristo.
A quel punto questa genealogia si arresta improvvisamente: da Abramo a Gesù si sono susseguite quarantadue generazioni; i Vangeli le elencano tutte e poi, d’acchito, nasce Gesù e la genealogia si arresta.
All’improvviso si tocca un punto fermo, poiché Gesù è l’adempimento; oltre, non esiste nulla: Gesù è il culmine, non c’è modo di andare oltre. Ecco il perché di questo susseguirsi: Davide generò Abramo, Abramo generò Isacco, e Isacco generò Giacobbe… e così via, finché ecco che giunge l’Assoluto: non c’è modo di procedere oltre Gesù. Egli è la fioritura e il compimento. Ecco perché nella Bibbia Gesù è detto pleroma, la realizzazione.
Quelle quarantadue generazioni trovano il loro compimento in Gesù. L’intera storia che ha preceduto Gesù si adempie in lui: la casa è giunta! Egli è il frutto, la crescita, l’evoluzione di quelle quarantadue generazioni: Gesù è la realizzazione, ecco perché i Vangeli non dicono nulla sulle generazioni successive; egli non generò nessuno. Gesù generò se stesso, e quello è il significato della parola “Cristo”.
Ci sono due tipi di nascita: una tramite gli altri – da un padre, da una madre –, questa è una nascita fisica. L’altra nascita la si deve dare a se stessi: tu devi nascere da te stesso, devi diventare un ventre; il padre, la madre e il figlio. Devi morire in quanto passato e devi nascere in quanto futuro: devi dare vita a te stesso!
Ecco perché dico che i Vangeli iniziano in modo stupendo, estremamente significativo: Gesù non procreò nessuno, diede vita a se stesso.
Questo è il significato della crocifissione e della resurrezione. Il corpo è crocifisso, non si può distruggere lo spirito; puoi distruggere il corpo, non puoi distruggere lo spirito. Il corpo è grossolano: la spada lo può tagliare, il veleno lo può uccidere; e anche se non venisse ucciso in alcun modo, la morte verrebbe inevitabilmente e il corpo sarebbe spazzato via. Deve andarsene, è fatto per scomparire; esiste solo nel momento: coloro che sono consapevoli usano quel tempo per creare in loro lo spirito.
Il corpo è simile all’uva: i grappoli devono andarsene; non li puoi conservare a lungo, marcirebbero. D’altra parte, è possibile creare il vino da quei grappoli, ecco perché anch’esso è detto “spirito”: nel tuo essere puoi creare lo spirito, un vino. L’uva non può essere accumulata: è qualcosa di momentaneo, di legato al tempo; viceversa il vino può durare per sempre. Di fatto, più è vecchio, più è prezioso e più aumenta il suo valore. Ha una durata che esula dal tempo, è qualcosa che appartiene all’eternità.
Il corpo assomiglia all’uva e, se lo usi nel modo giusto, può creare in te il vino: il corpo sparirà, è inevitabile; viceversa il vino può restare, lo spirito può rimanere.
Gesù fece molti miracoli: uno è aver trasformato l’acqua in vino. Si tratta di metafore, non prenderle letteralmente; se le prendi letteralmente, ne distruggi il significato, il valore. E se inizi a voler dimostrare che si tratta di fatti storici, sei stupido; e con te anche Gesù sembrerà uno stupido. Queste sono metafore del mondo interiore.
Non è possibile esprimere il mondo interiore in modo letterale, lo si può fare solo in modo simbolico; lo si può solo traslare in metafore: mutare l’acqua in vino vuol semplicemente dire che nel tempo si crea l’eterno, significa generare l’imperituro in ciò che non può perdurare.
Se conservi dell’acqua, prima o poi inizierà a puzzare; laddove puoi conservare il vino per decenni, per secoli; e più è antico, migliore diventa; più è forte, più diventa potente. Il vino è una metafora per simboleggiare l’eterno.
Gesù viene trasformato attraverso il suo sacrificio: nessuno potrà mai essere trasformato senza un sacrificio. Si deve pagare: la croce è il prezzo che si paga per essere trasformati; si deve morire, per rinascere. Per conseguire Dio si deve perdere tutto!
Gesù generò se stesso. Quel fenomeno accadde sulla croce: per un attimo esitò, era profondamente perplesso; ed era naturale. Per un istante non riuscì a vedere Dio da nessuna parte: tutto era perduto, Gesù stava perdendo ogni cosa; stava per morire e non sembrava esserci alcuna prospettiva… accade a ogni seme.
Quando metti il seme nel terreno, viene un momento in cui il seme perde se stesso, e di certo deve esserci un’esitazione: la stessa che si verificò in Gesù sulla croce. Il seme sta morendo e si aggrappa al passato, non può fare altrimenti; vuole sopravvivere… nessuno vuole morire. E il seme non riesce a immaginare che questa non è una morte, e che ben presto risorgerà in una pienezza amplificata mille volte, ben presto inizierà a crescere in un germoglio.
La morte del seme sarà la nascita dell’albero, allora spunterà una chioma maestosa e ci saranno fiori e frutti, e gli uccelli verranno a posarsi sui rami e faranno i loro nidi, e la gente siederà alla sua ombra; e l’albero parlerà alle nuvole e alle stelle nella notte, giocherà con il cielo e danzerà con i venti; e la gioia che scaturirà da tutto questo sarà immensa. Ma com’è possibile che il povero seme possa sapere tutto questo, visto che non è mai stato altro che un seme? È qualcosa di inconcepibile: ecco perché Dio è inconcepibile.
Non è possibile dimostrare al seme che tutto questo accadrà; infatti, se chiedesse: «Ebbene, fatemi vedere ciò che farete», non potrete mostrarglielo, non è possibile rendergli visibile ciò che accadrà. Accadrà in futuro e, quando accadrà, il seme sarà morto: il seme non incontrerà mai l’albero. L’uomo non incontra mai Dio; quando l’uomo se n’è andato, Dio discende.
Gesù esitò, era preoccupato, era sconcertato. Gridò, praticamente urlò al cielo: «Perché mi hai abbandonato? Perché? Perché questa tortura? Che male ti ho fatto?». La sua mente dev’essere stata attraversata da mille e una cosa.
Il seme sta morendo, ed è completamente ignaro di ciò che accadrà: non gli è possibile concepire il prossimo passo… ecco perché occorre aver fede, ecco perché è necessario aver fiducia. Il seme si deve fidare del fatto che nascerà l’albero: con tutta la sua esitazione, con ogni sorta di paura, di insicurezza, con ogni sorta di angoscia e di ansia… malgrado tutto questo, il seme deve aver fiducia che accadrà l’albero, che nascerà. È un balzo nella fede.
E quel balzo accadde a Gesù: si rilassò sulla croce e disse: «Venga il tuo regno. Sia fatta la tua volontà…». Il suo cuore sussultava, era naturale: anche il tuo cuore palpiterà, quando arriverà il momento di morire anche tu avrai paura, quando verrà il tuo momento di scomparire e ti vedrai dissolvere in una sorta di nulla, senza alcuna possibilità evidente di sopravvivere… ti dovrai arrendere, dovrai lasciarti andare, dovrai abbandonarti.
Ti puoi arrendere in due modi: puoi farlo opponendo resistenza, in questo caso mancherai il vero senso di quell’esperienza, ragion per cui morirai semplicemente e rinascerai di nuovo. Se invece riesci a rilassarti in una profonda accettazione, con fiducia, se ti puoi arrendere senza opporre alcuna resistenza… è ciò che fece Gesù, e quello fu il più grande miracolo.
Per me, questo è il miracolo: non il fatto che diede la salute a un malato, la vista a un cieco o che curò un lebbroso; neppure il suo aver aiutato Lazzaro a risorgere, a tornare alla vita dopo essere morto. Niente affatto: questi per me non sono veri miracoli; sono tutte parabole, metafore. Ogni Maestro dà la vista a coloro che sono ciechi, e l’udito a coloro che sono sordi. Ogni Maestro ha condotto le persone fuori dalla loro morte, qualcosa che esse chiamano vita… le ha chiamate, invitandole a uscire dalle loro tombe. Tutte queste sono metafore.
Viceversa il vero miracolo avvenne quando Gesù – malgrado tutte le sue esitazioni, le ansie, i dubbi, le diffidenze – si rilassò e si arrese, dicendo: «Sia fatta la tua volontà». In quel momento Gesù scompare e nasce il Cristo.
Teilhard de Chardin la chiama Cristogenesi: Gesù che genera il Cristo. Attraverso questa Cristogenesi, l’uomo diventa ciò che è realmente, perde ciò che non è e diventa ciò che è: l’uomo viene “cristificato”. Sii “cristificato”, non diventare mai un cristiano: il cristiano è qualcuno che segue un dogma; l’essere “cristificato” è la condizione di qualcuno che muore in quanto seme e diventa un albero.
Essere “cristificato” vuol dire abbandonare l’ego e scomparire in quanto sé; allora si inizia ad apparire su un altro piano, in una sorta di trasfigurazione: questa è una resurrezione.
Essere “cristificato” vuol dire che non si è più soli: Dio è in te e tu sei in Dio.
Questo è il paradosso della consapevolezza cristica. Molte volte Cristo si definisce il figlio dell’uomo, e molte volte il figlio di Dio; egli è entrambe le cose: figlio dell’uomo per ciò che concerne il corpo, figlio dell’uomo per ciò che concerne la mente; figlio di Dio per ciò che concerne lo spirito, f...