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Disponibile fino al giorno 5 Dec |Scopri di più
D'amore come d'accordo
- 352 pagine
- Italian
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D'amore come d'accordo
Informazioni su questo libro
Finalmente in ebook la celebre saga degli Huxtable, cinque inediti digitali della regina del Regency Romance!
Passato il canonico anno di lutto per la morte del marito, Hannah Reid, duchessa di Dunbarton, decide che è arrivato il momento di scegliersi un amante. Affascinante e misterioso, Constantine Huxtable è l'uomo su cui ha messo gli occhi per la stagione mondana alle porte: con l'esperienza amorosa che gli è riconosciuta, è davvero il candidato ideale per una breve relazione senza impegno. Sebbene Constantine non sia abituato a essere scelto, l'enigmatica bellezza di Hannah lo intriga, e ancor più la passione che presto divampa tra loro. Peraltro, nessuno dei due aveva messo in conto di potersi innamorare…
«Personaggi meravigliosi; una storia adorabile piena di pathos, sensualità e humor» - Betty Cox
«Uno dei più incantevoli romance di Mary Balogh.» - A Romance Review
Passato il canonico anno di lutto per la morte del marito, Hannah Reid, duchessa di Dunbarton, decide che è arrivato il momento di scegliersi un amante. Affascinante e misterioso, Constantine Huxtable è l'uomo su cui ha messo gli occhi per la stagione mondana alle porte: con l'esperienza amorosa che gli è riconosciuta, è davvero il candidato ideale per una breve relazione senza impegno. Sebbene Constantine non sia abituato a essere scelto, l'enigmatica bellezza di Hannah lo intriga, e ancor più la passione che presto divampa tra loro. Peraltro, nessuno dei due aveva messo in conto di potersi innamorare…
«Personaggi meravigliosi; una storia adorabile piena di pathos, sensualità e humor» - Betty Cox
«Uno dei più incantevoli romance di Mary Balogh.» - A Romance Review
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Informazioni
eBook ISBN
97888520738471
Hannah Reid, duchessa di Dunbarton, era finalmente libera. Da un matrimonio durato dieci anni, ma anche da quell’anno di lutto stretto, così noioso, che aveva seguito la morte del duca, suo marito.
Aveva aspettato tanto quella libertà che valeva ben la pena di festeggiare.
Aveva sposato il duca dopo che lo conosceva da soli cinque giorni, con una licenza speciale, quando aveva diciannove anni e lui aveva superato la settantina. Sembrava che nessuno sapesse con esattezza da quanto, ma si diceva che fosse pericolosamente vicino alla scadenza degli ottant’anni. All’epoca del matrimonio Hannah era una creatura incantevole, di una bellezza mozzafiato, con una figura slanciata, snella e flessuosa, occhi azzurri che rivaleggiavano con il cielo d’estate, un viso radioso, dall’espressione intensa ma facile al sorriso, e lunghi capelli ondulati di un biondo tanto delicato da apparire quasi lunari. Il duca, invece, mostrava tutti i danni dell’età: il tempo e una vita vissuta senza freni avevano lasciato il segno su di lui. Inoltre soffriva di gotta e di cuore.
Lei l’aveva sposato per i soldi, si diceva, convinta di ritrovarsi vedova e molto ricca nel giro di pochi anni. Ormai era davvero vedova e ricca, con un patrimonio che si poteva considerare addirittura favoloso, anche se aveva dovuto aspettare più del previsto per poterselo godere.
Il vecchio duca l’aveva adorata.
Le aveva regalato un tale numero di abiti lussuosi che, se avesse tentato di indossarli tutti, contemporaneamente, Hannah sarebbe rimasta soffocata sotto il loro peso. Anzi, una camera per gli ospiti, vicina al suo spogliatoio di Dunbarton House in Hanover Square, era stata trasformata in un secondo spogliatoio per fare posto a tutte le sete, i rasi e le pellicce, in aggiunta ad altri indumenti e accessori, che erano stati indossati una sola volta, forse due, prima di essere messi da parte per qualcosa di nuovo.
Il duca aveva inoltre fatto costruire quattro casseforti nelle pareti della propria camera da letto per custodire tutti i gioielli che aveva donato negli anni all’adorata consorte.
Era stato un marito innamorato e indulgente.
La duchessa era sempre vestita in modo favoloso ed era anche sempre coperta di gioielli, fra i quali in genere ostentava i diamanti più grandi e vistosi. Li portava fra i capelli, ai lobi delle orecchie, al collo, sui polsi, e su più dita di ciascuna mano.
Il duca si pavoneggiava del suo tesoro ovunque andasse, raggiante d’orgoglio e adorazione. Nel fiore degli anni doveva essere stato certo più alto di lei, ma l’età l’aveva incurvato, obbligandolo a trascorrere buona parte del tempo in poltrona.
La duchessa non si staccava mai dal suo fianco quando erano insieme, perfino alle feste da ballo dove non mancavano i cavalieri che la invitassero alle danze, anzi! Lei s’occupava con premura di tutto quanto poteva servire al marito con quel caratteristico sorriso appena abbozzato che aleggiava sempre sulle sue labbra incantevoli.
Era l’immagine della devozione coniugale. Nessuno poteva negarlo.
Quando il duca non l’accompagnava di persona, e a mano a mano che gli anni passavano gli diventava sempre più difficile farlo, c’erano altri uomini pronti a scortare la sua duchessa agli intrattenimenti mondani con i quali l’alta società si divertiva durante la grande stagione primaverile. Erano tre, in modo particolare, i suoi accompagnatori abituali: lord Hardingraye, sir Bradley Bentley e il visconte Zimmer, tutti gentiluomini belli, eleganti e pieni di fascino. Era risaputo che apprezzavano la compagnia della duchessa come lei apprezzava la loro. E nessuno aveva mai avuto il più piccolo dubbio su quello che tale godimento includeva. L’unico dettaglio sul quale tutti si interrogavano era se il duca ne fosse a conoscenza oppure no.
Qualcuno si azzardava addirittura a domandarsi se tutto venisse fatto con il suo beneplacito e la sua approvazione. Ma, per quanto avrebbe potuto essere squisitamente scandaloso crederlo, in gran parte la gente del beau monde provava affetto e simpatia per quell’uomo che era ormai anziano e quindi meritava compassione. Si preferiva considerarlo un povero vecchio trattato ingiustamente e offeso.
Quelle stesse persone di solito giudicavano la duchessa come una “donna a caccia di un marito ricco”, e spesso aggiungevano il commento che “dimostrava di valere per quello che era”. Tali persone erano perlopiù di sesso femminile.
Tutto aveva avuto repentinamente fine con il decesso del duca, una mattina, per una crisi cardiaca. Benché non fosse successo proprio così presto come si poteva pensare, la duchessa si era ritrovata padrona d’un patrimonio favoloso. Eppure, per ottenerlo, aveva pagato un prezzo altissimo: la sua giovinezza.
Aveva ventinove anni quando il marito era morto e trenta quando aveva smesso il lutto stretto, poco dopo Natale, a Copeland, la sua casa di campagna nel Kent. Il duca gliel’aveva comprata in modo che lei avesse un posto per vivere dopo la sua morte, perché sarebbe stato un nipote ad assumere il titolo nobiliare e a diventare il padrone di tutte le proprietà di famiglia, sottoposte al vincolo d’inalienabilità. Si trattava di una residenza ben più grandiosa di quanto sottintendesse la semplice definizione di “casa di campagna”, tanto da potersi considerare una lussuosa villa signorile circondata da un parco immenso.
Subito dopo Pasqua, Hannah aveva deciso di trasferirsi in città per la famosa grande stagione primaverile di feste e intrattenimenti che stava per cominciare, e si era stabilita a Dunbarton House, in quanto il nuovo duca, un simpatico e gioviale uomo di mezz’età, preferiva fare lunghe camminate per la campagna a contare le pecore in suo possesso piuttosto che rimanere in città, seduto nella Camera dei Lord, ad ascoltare i suoi pari che manifestavano con un profluvio di parole la loro opinione. Gli argomenti trattati potevano anche essere di importanza cruciale per il Paese, e magari per il mondo intero, ma non avevano il minimo interesse per lui. Gli uomini politici erano tutti scocciatori formidabili, ripeteva sempre a chiunque gli prestasse ascolto. E non essendo sposato, non aveva nessuno che gli facesse notare come tali sedute fossero la meno importante delle ragioni di quell’adunanza primaverile dell’alta società a Londra.
La duchessa poteva occupare Dunbarton House e organizzarci anche una festa da ballo ogni sera, con il suo beneplacito. Ecco quello di cui l’aveva informata. Purché non mandasse a lui i conti da pagare.
Quest’ultimo commento era tipico del suo carattere parsimonioso. Hannah tuttavia non aveva alcun bisogno di mandare i suoi conti e le sue fatture a qualcun altro. Era enormemente ricca, e a pieno diritto. Poteva pagarli di persona.
Anche se non era più nel fiore della giovinezza e, a ben pensarci, trent’anni erano un’età assolutamente sgradevole per una donna, era ancora d’una bellezza incredibile. Nessuno poteva negarlo, nemmeno le malelingue. Anzi, probabilmente era più bella adesso di quanto lo fosse stata a diciannove anni.
Da allora aveva guadagnato un po’ di peso, ma solo nei punti giusti. Il suo viso, meno luminoso e vivace di un tempo, s’era fatto più pieno grazie alla struttura ossea perfetta e alla carnagione delicata. Il suo sorriso caratteristico era diventato arrogante e seducente insieme, oltre che un po’ misterioso, come se fosse rivolto a qualcosa che aveva dentro piuttosto che al mondo circostante. I suoi occhi sotto le palpebre abbassate lanciavano sguardi che suggerivano il pensiero di camere da letto, sogni e altri segreti. I suoi capelli, affidati a mani esperte, erano sempre pettinati in modo impeccabile, pur dando l’impressione che, da un momento all’altro, avrebbero potuto sciogliersi dall’acconciatura ricadendo sulle spalle in un incantevole disordine. Il fatto che questo non succedesse mai la rendeva ancora più intrigante.
Molti dicevano che la sua attrattiva principale fossero proprio i capelli. A eccezione degli occhi, forse. O della figura. O dei denti, che erano candidi e regolari.
Ecco come l’alta società vedeva la duchessa di Dunbarton, il suo matrimonio con l’anziano duca e il suo ritorno a Londra, da vedova facoltosa e infine libera.
Nessuno sapeva davvero, naturalmente. Nessuno aveva mai avuto la possibilità di vedere quel matrimonio dall’interno per capire com’era stato. Negli ultimi anni della sua esistenza il duca era diventato un autentico eremita e la duchessa aveva avuto moltissimi conoscenti, ma nessuna stretta amicizia, almeno a quanto pareva. Si era accontentata di nascondersi alla vista di chiunque, circondata da un alone di fasto e di mistero che sembrava sprigionarsi dalla sua persona.
L’alta società, che non s’era mai stancata di parlare di lei durante i dieci anni del matrimonio col duca, era di nuovo curiosa e aspirava ad avere notizie di quell’anno di lutto. Insomma, Hannah era l’argomento favorito nei salotti e a tavola, durante le cene.
Le persone si domandavano cos’avrebbe fatto della propria vita adesso che era libera. Era stata la Signorina Nessuno, arrivata da Nessuno Sapeva Dove quando aveva preso all’amo quel bottino favoloso che era stato il duca di Dunbarton e l’aveva persuaso a sposarsi per la prima volta in vita sua.
Cos’avrebbe fatto adesso?
In particolare, una persona era curiosa di sapere cosa Hannah avrebbe fatto del proprio futuro ed era l’unica che avrebbe potuto chiederglielo direttamente.
Barbara Leavensworth era amica della duchessa fin da quando, ancora bambine, vivevano nella campagna del Lincolnshire: era la figlia del parroco, mentre Hannah d’un proprietario terriero di degna nascita ma di mezzi modesti. Abitava ancora nello stesso villaggio con i genitori, anche se avevano lasciato la casa parrocchiale un anno addietro, quando il padre era andato in pensione, e s’era fidanzata di recente con il nuovo parroco. Si sarebbero sposati in agosto.
Le due donne, sebbene ormai vivessero lontane, non avevano perduto la loro stretta intimità. La duchessa non era più tornata alla sua casa natale dopo il matrimonio, e Barbara, benché fosse stata invitata spesso dall’amica, aveva accettato di rado e, comunque, non era mai rimasta tanto a lungo quanto Hannah avrebbe desiderato: s’era sempre sentita a disagio con il duca, che la intimoriva. Così avevano mantenuto viva la loro amicizia per corrispondenza. S’erano scritte lunghe lettere almeno una volta alla settimana, per undici anni.
Adesso Barbara aveva accettato l’invito a passare un po’ di tempo a Londra con la duchessa. Avrebbero fatto acquisti per il suo corredo nell’unico posto in Inghilterra dove valesse la pena di farli, le aveva scritto l’amica, tentatrice, per indurla a dire di sì. Tutte cose che andavano benissimo quando si avevano soldi a palate, aveva pensato lei, leggendo la lettera e scrollando la testa con aria un po’ esasperata.
Per quello che la riguardava, lei non poteva dire altrettanto. Ma Hannah aveva bisogno di compagnia adesso che era sola e, a dire la verità l’idea di qualche settimana dedicata all’esplorazione di chiese e musei prima di sistemarsi definitivamente attirava parecchio Barbara. Il reverendo Newcombe, suo fidanzato, l’aveva incoraggiata ad accettare l’invito, un po’ per divertirsi e un po’ per offrire conforto alla sua povera amica vedova. E, quando lei aveva deciso che sarebbe partita, aveva voluto offrirle una somma di denaro addirittura stupefacente con cui comprarsi qualche vestito grazioso e magari una cuffia o due.
Anche suo padre e sua madre le avevano dato un bel po’ di soldi da spendere. Erano sempre stati molto affezionati a Hannah e avevano insistito perché la figlia trascorresse un periodo in sua compagnia.
Barbara, quindi, aveva finito per convincersi di essere talmente ricca da potersi abbandonare a un lusso sfrenato, quando dopo un viaggio disagevole era arrivata a Dunbarton House.
Hannah la stava aspettando nell’atrio. S’abbracciarono fra grida di gioia ed esclamazioni di stupore, mettendosi a parlare contemporaneamente, senza ascoltarsi, e continuando a ridere per la pura e semplice felicità di ritrovarsi insieme dopo tanto tempo.
La duchessa era irriconoscibile!
Aveva le guance arrossate, gli occhi spalancati e splendenti, un sorriso radioso e una voce quasi stridula per l’eccitazione e la gioia. Da lei era scomparsa anche la più piccola traccia di mistero.
Soltanto dopo parecchio tempo si accorse della figura silenziosa della governante, che era rimasta volutamente in disparte, e affidò Barbara alle sue competenti premure.
Si mise a camminare avanti e indietro nel salotto, senza scopo, mentre la sua amica veniva condotta di sopra, nella camera che le era stata destinata, per rinfrescarsi un po’ e riposarsi una mezz’ora prima di venire riaccompagnata giù per il tè.
Cara Barbara, sulla quale si poteva fare sempre affidamento! L’amava più di qualsiasi altro essere vivente, pensò Hannah, mentre le rivolgeva uno sguardo raggiante e le andava incontro, attraversando il salotto, per stringerla di nuovo in un forte abbraccio.
— Sono così felice che tu sia venuta, Babs — disse. Poi si mise a ridere. — Te lo ripeto nel caso in cui tu non l’avessi capito quando sei arrivata.
— Ecco, effettivamente ho pensato che avresti potuto manifestare un po’ più di entusiasmo — rispose Barbara, e si mise a ridere anche lei.
Hannah cercò di ricordare quando era stata l’ultima volta in cui aveva riso, ma non ci riuscì. Non aveva importanza. Quando una persona era in lutto, non lo doveva fare, altrimenti qualcuno avrebbe potuto definirla insensibile.
Chiacchierarono per un’ora buona, ascoltandosi e rispondendosi, prima che Barbara facesse la domanda che era stata il suo pensiero dominante dalla morte del duca di Dunbarton, per quanto non si fosse azzardata ad affrontarla in nessuna delle sue lettere.
— Cos’hai int...
Indice dei contenuti
- Copertina
- Frontespizio
- D’AMORE COME D’ACCORDO
- 1
- 2
- 3
- 4
- 5
- 6
- 7
- 8
- 9
- 10
- 11
- 12
- 13
- 14
- 15
- 16
- 17
- 18
- 19
- 20
- 21
- 22
- 23
- 24
- Epilogo
- Copyright