La scuola secondo Marco
«Maturità», che parola buffa. Gli studenti sono esseri umani, non una cesta piena di frutti acerbi lasciati al sole per poi essere mangiati.
Si sa, la scuola è davvero strana, ti insegna che tutte le persone sono uguali, poi quando entra il preside in classe bisogna alzarsi in piedi mentre quando lo fa una bidella la prof la saluta con un semplice cenno del capo. Boh.
Mancano esattamente nove mesi al test che segnerà per sempre la vita di un’intera classe, compreso qualche ripetente che ha deciso di riprovarci.
Un test, l’esame di maturità, che si chiude con il voto: 100, 90, 60 ecc. Più quel numero sarà alto e più tranquillo andrai a un colloquio di lavoro.
Quando ero piccolo non mi piacevano i numeri alti, e speravo sempre di trovare numeri bassi alle pesche di beneficenza di cui andavo matto, perché con i numeri alti di solito si vincevano solo forbici da cucina, acchiappa-mosche, bolle di sapone...
Che brutto essere catalogati così, con i numeri, sembra di essere in prigione. O forse esagero. Crediti, non crediti... Stiamo per caso giocando a Fifa e dobbiamo comprare Cristiano Ronaldo?
Stiamo forse cercando casa e dobbiamo chiedere un mutuo?
No, allora fanculo! Valutatemi per quello che sono, non per quello che so di Fisica.
Devo però ammettere che la scuola, nonostante i suoi mille difetti, resta fondamentale, e la rabbia che manifestiamo nei suoi confronti è spesso spropositata. In fondo è proprio a scuola che ci innamoriamo maggiormente, incontriamo più gente che nel resto della giornata e magari portiamo a casa anche qualche buon insegnamento.
Marco è molto contento che esista il suo liceo artistico... è proprio lì che ha incrociato per la prima volta lo sguardo di quella ragazza che in un lampo sarebbe diventata il suo più grande tesoro.
Marco vede Crystal per la prima volta
Mancavano una decina di minuti al suono della campanella. Dopo sei ore in classe ero esausto, e stavo camminando a testa bassa lungo quel corridoio triste e silenzioso accanto alle aule di laboratorio quando ho sentito una risata: schietta, brillante, contagiosa. Sapevo di chi era quella voce, senza mai averla sentita prima. Strano.
Cielo pieno di nuvole grigie, aria fredda e da poco aveva smesso di piovere: la tipica giornata invernale nella settimana dei colloqui con i genitori. Sì, esattamente: proprio la classica «settimana di merda».
Chi avrebbe mai avuto il coraggio di ridere in quel modo in un giorno così?
Solo lei, pensavo, e se non avesse riso in quella grigia mattina, probabilmente non l’avrei mai notata in cinque anni di liceo.
Nessuno sembrava farci caso ma io non potevo non accorgermene, ero certo di conoscerla meglio di chiunque altro, eppure lei di me non sapeva nemmeno il nome – be’, neanche io sapevo il suo ma non era importante.
Mi sono girato, lei era lì, scherzava con un ragazzo più grande, scappava e lui la rincorreva per le scale.
Geloso, ecco come mi sono sentito in quel momento. Vi starete chiedendo: come si fa a essere gelosi di una persona che nemmeno si conosce?
Sembrerà assurdo ma erano sedici, fottutissimi anni che l’aspettavo.
Lei era già mia, il problema era che ancora non lo sapeva.
Avrei voluto farmi avanti ma non riuscivo a muovermi, ero inchiodato al pavimento, imbambolato, gli occhi fissi su di lei. Il ragazzo più grande con un cenno verso di me è parso chiederle: “E questo, chi è?”. Dentro di me pensavo: “Io? Ma chi cazzo sei tu!”.
Ma era meglio lasciar stare, non potevo far scoppiare un’altra rissa a scuola e comunque le avrei prese con tanto di figuraccia conclusiva, e l’anno scolastico appena iniziato per me sarebbe già finito male.
Forse è stata la prima e unica volta in cui sono riuscito a tenermi a freno davanti a lei.
Tornato in classe, la prof stava fissando sul registro le date delle prossime verifiche, ma a me ben poco interessava, avevo la testa da un’altra parte mentre una sensazione d’indescrivibile vitalità inebriava tutte le mie vene.
Ero vivo, vivo per davvero!
«HO UN SOGNO DI CUI NON TI HO MAI PARLATO»
http://bit.ly/29jQ6Ds
Ho un sogno di cui non ti ho mai parlato.
Stampare due biglietti per Roma, prenderti e portarti via.
In una mattina di maggio.
Senza preavviso.
Senza dare spiegazioni a nessuno.
Perché quando sei entrata tu nella mia vita, lo hai fatto senza chiedere permesso, inaspettata, e allo stesso modo, te ne sei andata.
Roma è l’unica città all’altezza del tuo sorriso e le stelle in cielo, non so come... ma sembrano brillare di più.
Sicuro che un giorno l’avrei realizzato, ci avrei giocato la schedina, due fisso...
Perché sai, in due si va più lontano.
Ho perso una schedina che ero convinto di vincere, anzi, ho perso molto di più...
Oggi sono qui, solo, col tuo biglietto in tasca tra le cuffiette annodate e un pugno di sogni infranti.
Fuori c’è aria d’estate ma io ti vorrei vicino a me come fosse ancora inverno.
Sono stati insieme circa un anno, Marco e Crystal, la compagna di scuola di cui nonostante tutto è ancora perdutamente innamorato.
Crystal dopo averlo lasciato verrà trascinata da quell’Harry, di cui diventerà la «nuova morosa», in un mondo a lei completamente sconosciuto, affascinante all’apparenza ma molto, molto pericoloso.
Chi è Harry
Purtroppo, la rabbia che provo nei suoi confronti è tale da non permettermi di dare una descrizione imparziale di lui.
Per me è uno stronzo, per Crystal un’icona da seguire.
Questo però è il mio libro...
Diciamo allora che Harry è uno stronzo.
Eppure è amato da tante persone... dev’esserci allora qualcosa che mi sfugge se io non posso fare altro che vedere solo il peggio che c’è in lui.
«MA COME HO FATTO A STARE CON TE»
http://bit.ly/29virt3
Ma come ho fatto a stare con te?
Sei impulsiva
arrivi sempre in ritardo
bipolare
nervosa
non riesci mai a controllarti
egocentrica
non ti va mai bene niente
viziata
mi rispondi male
urli
mi vieni sempre addosso quando dormiamo
hai caldo poi freddo e finisci per scoprirmi
mi rubi il cuscino
sei interista
ti piacciono ancora i cartoni animati
sei permalosa
a volte anche egoista
vuoi sempre avere ragione
mi racconti sempre delle bugie
non sai neanche cosa sia il calcio e conosci solo Neymar perché è figo
mi hai fatto piangere
sei gelosa anzi ossessiva
mi chiami ogni dieci minuti e se non ti rispondo mi blocchi su WhatsApp
metti sempre foto con degli altri ragazzi
ti piace farti rincorrere
vedi tutto come una sfida
poi quando hai le tue cose sei più che insopportabile
hai portato la mia rabbia al suo massimo livello
non hai mai fame ma alla fine mangi la mia pizza
sei sbadata
penso di avere ancora dei tuoi orecchini sopra al mio comodino
scappi dai problemi
vuoi essere sempre al centro dell’attenzione
finisci per fare cazzate
e alla fine così siamo finiti anche noi
E dopo avere letto questa lista infinita di difetti mi chiedo: “Come farò a starne senza?”.
Solo chi ha fatto dei difetti un pregio può dire d’aver amato davvero.
Be’, io ti ho amata davvero.
Marco, pensando a Crystal
Shakespeare ha fatto dire a Macbeth che «la vita non è che un’ombra che cammina, un povero commediante che si pavoneggia e si agita, sulla scena del mondo, per la sua ora, e poi non se ne parla più».
Ma noi siamo nel XXI secolo, il nostro palcoscenico oggi si chiama Facebook-Instagram-Twitter-Tumblr. È vivo, presente, corre lungo cavi e Wi-Fi, è intangibile eppure concreto. Un palcoscenico pieno di gente, così tanta che davanti non c’è posto per tutti, anche se tutti, e dico tutti, vorrebbero il posto di quella ragazzina con un mare di «mi piace», ...