Elis Island
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Elis Island

Poesie da un esilio

  1. 140 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Elis Island

Poesie da un esilio

Informazioni su questo libro

Un raffinatissimo romanzo epistolare, condotto su un doppio registro: quello in versi del poeta che scrive per lunghi mesi da una casa di cura, e quello in prosa della dolce amica che gli risponde, Elisabetta, Elis, con cui il dialogo si infittisce tra ricordi, riflessioni, e il muoversi con discrezione estrema del sentimento. Così si realizza questo nuovo libro di Silvio Ramat, Elis Island, dove la corrispondente diviene un ideale punto di approdo, un'isola sognata verso cui il poeta apre lo sguardo. E lo riapre anche, o soprattutto, condividendo le sue emozioni con Elis, sui mille rivoli e i molti territori di un passato anche remoto, poiché «la memoria aduna / i luoghi del mondo visitati». E infatti, lettera dopo lettera, si viene disegnando una geografia vastissima che va dalla Lombardia alla California da New York alla Cina o al lago di Garda, mentre in questo intenso scambio epistolare fra il poeta e l'amica letterata si affacciano i nomi e le opere di numerosi poeti e scrittori, come Stendhal o Virginia Woolf, come Carducci, Pascoli, Montale, magari intrecciati a ricordi di film celebri, come quelli di Hitchcock, o al suono di belle canzoni d'amore di un'epoca ormai lontana. Recluso, eppure attivissimo nella sua mente, il poeta che si avvia a divenire l'amico risanato è come un grande viaggiatore che recupera il passato assorbendolo nel suo incerto presente, e che ne accresce la sostanza attraverso la meditazione e gli stimoli prodotti in lui da una impareggiabile corrispondente. Ne viene un insieme di sorprendente novità poetica, con un elegantissimo tono volutamente e vagamente rétro, che conferisce all'intero poemetto un carattere di affascinante originalità espressiva.

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Informazioni

Editore
Mondadori
Anno
2015
Print ISBN
9788804655060
eBook ISBN
9788852068355
Argomento
Letteratura
Categoria
Poesia

XII

Non dubito, amica, dell’indulgenza
che porti agli scrittori di Romagna
e anche a Renato Serra, sia cristiana
pietà a guidarti, o altra virtù.
Nei giorni
lenti come ora i miei, spesso m’induco
a lasciare me stesso, appassionandomi
ai casi di altre vite, specialmente
di quelle sfortunate.
E fra le molte
incontro Serra: accedo alle sue pagine
animato da sincera amicizia.
Itinerario facile? No, presto
mi allontana dalla sua lontananza
una strana uggia, finché qualcosa
d’inspiegabile non mi rappacifica
con quei fogli...
Certo, rammenti dove
– da lettore di provincia – ringrazia
Paul Fort, e di una sua ballata aduna
sulla carta i toponimi: Senlis
Nemours Jonesse Gélizy..., «nomi belli
di luoghi» e ancora delizia per noi
posterità.
«E io non cerco musica;
ma cose, che mi incantino i sensi».
Cerca le cose in Paul Fort, e le trova.
Prima e dopo, si dilunga a descrivere
una domenica mattina, aprile
del ’14, «scialbo e freddoloso»:
il piovere di un’«acqua cruda e smorta
senza un riflesso o un lividore di luce»,
lo accompagna sulla deserta via
dell’ufficio, dove ha voluto andare
anche nel dì festivo.
Lo sa bene
che questi non sono preliminari
oziosi, che non è un cerimoniale
quell’indugiare minuto – «la ghiaia
del giardinetto scolastico» e al piede
«l’erba rara e scura come d’inverno»...
Mi riuscisse, anch’io farei così.
27 marzo
Caro Silvio. Non credo di amare Serra. E comunque non dopo aver letto (un poco solo: come possibile altrimenti?) l’epistolario di Carducci. E, sì, conosco il ringraziamento per la ballata di Paul Fort: in questo momento mi pare anche di ricordare come ci ironizzò sopra Cardarelli (se non sbaglio). Crudelmente e in maniera ingiusta. Forse sono ingiusta anche io nelle preferenze, ma in lui non ritrovo nulla di quel magistero che vanta, mentre le lettere carducciane danno invece molto da riflettere sulle necessarie fratture fra allievi e maestri. Basta un suo biglietto per vaccinare contro i chiaroscuri di Serra e contro le lagne evasive di Pascoli. Ne ho letto uno ieri in mostra all’Archiginnasio (una piccola esposizione su una sconosciuta operaia della cultura ottocentesca) di semplici auguri per un matrimonio, affilato come una lama di coltello.
Bellissime quelle a Lina. Rileggile! Meglio di un romanzo (quello di cui si ostinano a incolpargli l’assenza).
Vorresti indugiare? Anche io, confesso. E invece da domani mi attende una fetta nuova di lavoro. Un week-end fra i libri e le idee da radunare. Per poi preparare gli appunti. Parlare a un pubblico sconosciuto. A volte so davvero che volevo fare un mestiere diverso. O per lo meno mi pare di saperlo (mi soccorre Luzi: «non so più quel che volli o mi fu imposto»). Ti darò notizie. Elis

XIII

A volte, amica, i calendarî scrollano
dalle ali la polvere, pretendono
che tu faccia caso a quel che non è
festività o mero compleanno
o scadenza fiscale.
Ricondurti
nei colori e nei suoni a un qualche evento
vogliono, che hai dismesso in una sacca
della memoria cieca.
E ora la vita
imita il calendario, cerca e trova
quel giorno, accantonato ma non perso:
31 marzo del Settantaquattro,
io, che ho dormito a Milano, mi accingo
dalla Malpensa ad un volo acrobatico
(il primo!) che mi porterà in America.
Otto ore dense come una storia.
Mary Poppins per tutti sullo schermo.
Acido e freddo cibo. Commozione
venata di paura. Quanto mare,
ma poi la costa della Nuova Scozia.
31 marzo, ancora neve a mucchi
per le vie di New York, fumi d’inferno
dai sotterranei. Se rimango vivo
forse è per trascrivere gli scompensi
di uno sperduto immaturo.
Ha capito
il calendario la mia lunga ferma
nell’esercito degli inerti e, perfido,
evoca i miei viaggi per tormento.
31 marzo
Caro Silvio. Ma che accadde poi il 31 marzo del Settantaquattro? La neve di New York ti tolse il desiderio di vedere? Ti sei perduto nell’aeroporto in attesa di soccorsi amicali? O sull’aereo accadde qualcosa? Magari in virtù di una di quelle hostess sospirose che sussurrano all’orecchio dei passeggeri come negli spot delle linee asiatiche? Più di trent’anni fa non eri mica indegno di sguardi! Posso testimoniarlo perfino io, con la memoria appannata da altre vicende. Non lasciare le storie a metà...
Ritorno su un vecchio argomento. Una parte di quello che sono stata o che volevo («quel che volli o mi fu imposto») l’ho scritto in due ritratti femminili del Settecento. Un libro a cui tengo molto e che ho ancora il cattivo gusto di trovare bello. Te lo manderò. Certo in queste quasi omonime non c’è la passione per il lavoro che ho sentito da subito. Passione esclusiva che richiede tagli e a volte si trasforma in tagliola: quando le amputazioni non portano da nessuna parte, se non a ottenere un poco di autonomia. Un profilo meno subordina...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Elis Island
  4. I. Mia cara amica, i medici m’impongono
  5. II. Trepida amica, la felicità
  6. III. A chi se non, tenera amica, a te
  7. IV. Paziente amica, non ti annoierò
  8. V. Amica, da me non troppo lontana
  9. VI. Amica temeraria – temeraria
  10. VII. Amica premurosa, sto imparandolo
  11. VIII. Grazie, amica, per non avermi chiesto
  12. IX. Amica, ti ho pensato che in stivali
  13. X. Il sole, amica, non ci ha abbandonato
  14. XI. In queste pause, amica, della vita
  15. XII. Non dubito, amica, dell’indulgenza
  16. XIII. A volte, amica, i calendarî scrollano
  17. XIV. È come quando, amica, a chi ci annoia
  18. XV. Certe cosa da nulla, amica, futili
  19. XVI. Dalla mia vita e dai miei versi, amica,
  20. XVII. Un brodo caldo, amica, in pieno luglio.
  21. XVIII. Se, amica, il dire “Tu m’inviti a nozze”
  22. XIX. Amica tentatrice, se rimuovi
  23. XX. Due ore, amica, di luce fulgente
  24. XXI. “Sconcerto”, amica: non trovo un vocabolo
  25. XXII. Pensa, amica, all’insolita notizia
  26. XXIII. Amica, invece di darti ragguagli
  27. XXIV. Quando lamenti, amica, le oltraggiose
  28. XXV. Amica, non sta in piedi un paragone
  29. XXVI. Quanti, amica, ne abbiamo esaminati
  30. XXVII. Amica, lietamente (lo confesso)
  31. XXVIII. Discreta nel tuo stile, amica, sappi
  32. XXIX. Mi tenti, dolce amica, suggerendomi
  33. XXX. Dubito, amica, sian di specie rara
  34. XXXI. Anche a te, amica, forse dà fastidio
  35. XXXII. Amica, finalmente una notizia!
  36. XXXIII. Ma ecco, amica, la contronotizia
  37. XXXIV. Come volesse consolarmi, amica
  38. XXXV. Pensieri, amica, di un giorno di festa
  39. XXXVI. Prendere il largo, amica: ossia fuggire
  40. XXXVII. Complici, amica (è una strana parola
  41. XXXVIII. Aria di sanatorio, amica, spira
  42. XXXIX. Amica, a volte non mi riconosco
  43. XL. Sì, amica, sono in balìa di un’angoscia
  44. XLI. Una postilla, amica. Alla mania
  45. XLII. Di quanto spazio, amica, ora dispongo
  46. XLIII. Nei soliloquii, amica, a cui il mio stato
  47. XLIV. Amica intenta ai raccolti, e già desta
  48. XLV. Doveva essere, amica, al suo colmo
  49. XLVI. Amica, è come dici: una borraccia
  50. XLVII. Tra gli eventi che, per vergogna, amica
  51. XLVIII. Succede, amica, anche a me: al solo nome
  52. XLIX. Guardi le date, amica? Sì, ho taciuto
  53. L. Procedevo (tu, amica, ne sorridi?)
  54. LI. No, amica, non temere: non t’infliggo
  55. LII. Anche sul mio orizzonte stretto, amica
  56. LIII. In altri tempi, amica, e in altro stato
  57. LIV. Quale emozione, amica! Inumidito
  58. LV. Tu fossi qui (ma sto parlando, amica
  59. LVI. La loggia, amica, non è riscaldata
  60. LVII. Amica, nelle fiabe che leggemmo
  61. LVIII. Lo so, amica, non è tanto difficile
  62. LIX. Riconosco i miei torti, amica, ammetto
  63. LX. Ma ritornando, amica, su quei versi
  64. LXI. Non mi è facile, amica, dar ragione
  65. LXII. Se, per quanto confusamente, amica
  66. LXIII. Ma i poeti barocchi, amica, a volte
  67. LXIV. Da te, amica, mi aspetto, e non da altri
  68. Copyright