Un tempo, se volevi conoscere ’na ragazza, ti avvicinavi, ci provavi e finiva lì. Si usciva per “rimorchiare”.
Oggi le donne si conoscono in chat. O con la webcam.
Ci sono quelle che si fanno vedere a pezzi. Io pe’ tre mesi aggie corteggiato ’na recchia!
Con la webcam si possono fare varie tipologie di inquadrature. Una delle peggiori è quella della guagliona timida, che inquadra la porta della sua stanza. È capitato a me. Per cinque mesi a lei non l’ho mai vista, ma ’o frate ca asceva annuro ’a dint’ ’a doccia l’aggie viste sedici volte!
Il massimo è stato con una ragazza che, con la webcam, una sera inquadrò il muro e mi disse: “Prova a eccitarti...”.
In quel momento si posò sul muro una mosca, che affermò stizzita: “A me nun me guardà proprio! Me trovo ccà ’e passaggio: sto jenne ’o muro a fianco”.
I giovani d’oggi sono tutt’uno con la tecnologia. Sempre attaccati agli smartphone, ai tablet, ai PC.
Un nonno al nipote: “Ma staje sempe vicino a ’stu computer!”.
“Nonno, io navigo gratis!”
“Beato te! Io, ogni volta che vado e vengo da Ischia, me vene a custà cinquant’euro ’e traghetto!”
Una sera mio fratello, mentre era seduto davanti al computer, esclamò: “Mannaggia, hanno chiuso ’o portale!”.
Osservò mia nonna: “Speriamo ca nun hanno chiuso ’o purtone, si no ’o nonno comme saglie? Nun se porta mai ’e chiavi, chillu ’nzallanuto!”.
Il digital divide colpisce soprattutto le persone di una certa età. Ho saputo di un anziano che in un negozio di telefonia ha detto al commesso: “Voglio stare al passo coi tempi, tengo novant’anni ma so’ ’nu tipo moderno: datemi uno smartphone!”.
“Bravo” ha commentato il cassiere. “Lo volete il caricatore per la macchina?”
“Ma qua’ machina? Io so’ venuto c’ ’o ciuccio!”
Gli anziani, però, vogliono aggiornarsi.
A un corso per l’utilizzo dei computer si presentò un anziano che aveva superato i cent’anni: “Vorrei iscrivermi. Quanto durano le lezioni?”.
“Tre mesi.”
“Solo tre mesi?”
“Perché, voi pensate di arrivarci, al quarto?”
Anche i nostri genitori usano i cellulari, ma non ne capiscono granché.
Mio padre, una domenica a pranzo: “Bello ’sto cellulare! Tene ’na bella forma, e i numeri so’ grandi. Solo che appena provo a comporre un numero, s’appiccia ’o televisore!”.
“Papà, chisto è ’o telecomando!”
Mio padre mi ha educato al risparmio, soprattutto quello energetico. Mi era proibito lasciare la luce accesa in una camera dove non c’ero; mio padre interveniva subito: “Guaglió, ma a chi fa luce?!”.
Io tremavo per la sua rabbia, lui tremava a fine mese p’ ’a bolletta.
Oggi i ragazzi, presi da mille cose, si distraggono facilmente. Per esempio, quando escono lasciano le luci accese.
Mio zio una sera tornò a casa, trovò le luci accese in quasi tutto l’appartamento e redarguì mio cugino: “Antó, hai lasciato la luce del soggiorno accesa, la luce della tua cameretta accesa, la luce del bagno accesa... Soltanto in cucina non hai acceso la luce!”.
Mio cugino: “Mannaggia, m’ ’o sentevo ca m’ero scurdato coccosa!”.
Conservare le tradizioni è una cosa bella. Le nuove officine meccaniche, per esempio, spaventano. Sembrano cliniche.
I meccanici di una volta erano angeli. Prendevano la tua macchina per mano, come una bambina, e nell’attesa non ti facevano sentire la sua mancanza. Per farle capire che era in famiglia, dopo pranzo ci dormivano dentro per una mezz’oretta.
Oggi, invece, si prendono l’auto, ti salutano e tu soffri: “E mo’ che le fanno? Io la tengo solo da diciassette anni, ancora nun ha fatto ’o sviluppo!”.
I nuovi carrozzieri, poi, si definiscono “artisti” e fanno di testa loro. Mio padre ne ha denunciato uno. Quando andò a ritirare la sua auto dopo una verniciatura, gridò: “Ma che avete combinato?”.
Il carrozziere tentò una difesa: “Credetemi, ’stu culore è cchiù bello”.
“Nun me preoccupo d’ ’o culore” commentò mio padre. “Me preoccupo ca so’ venuto c’ ’a machina e me n’aggia turnà c’ ’o tassì!”
E ve li ricordate i salumieri di una volta? Erano di una semplicità e di una schiettezza incredibili. Nei loro negozi la gente, tra ’na fetta di prosciutto e un chilo di mozzarella, chiacchierava, si conosceva, socializzava.
Oggi nei negozi di alimentari devi prendere il numeretto. La prima volta che capitò al nonno, non capì come funzionava. Prese cinque numeri e disse: “Si faccio ’na quaterna, me facite uno sconto sulla mortadella?”.
Litigò col cassiere e fu cacciato, perché pretendeva ’o cartellone d’ ’a tombola.
Come fai, oggi, ad affidare una carta di credito a un ottantenne?
Un pomeriggio scovai mio nonno arrabbiato accanto a un telefono a schede: “Ma com’è possibile? Sopra ci tengo quattrocento euro e nun pozzo fa’ ’na chiammata?”.
“Nonno, bisogna essere tecnologici: tu sei antico! Non sai neanche come si aprono le mail.”
“E che m’importa? M’ ’e magne cu tutte ’e scorze!”
A una certa età ci si confonde.
“Scusate, suocera, non per contraddirvi (lo sapete, non è proprio nel mio costume, conoscete il rispetto e l’affetto che porto nei vostri confronti, per me siete ’na seconda mamma, eccetera eccetera), ma perché avete messo il navigatore ’ngoppe ’o buccaccio d’ ’e mulignane?”
“Perché sennò si perdono!”
Prima era tutto diverso, e le persone di una certa età non utilizzavano gli strumenti tecnologici attuali. Mia mamma nel preparare la lista della spesa non usava la calcolatrice; scriveva tutto su un quadernetto. Una volta mio fratello, per sbaglio, se lo portò a scuola, e una sua insegnante gli disse: “Devo parlare subito con tua mamma”.
“Volete sapere se studio?”
“No, voglio sapere dove compra il prosciutto. Essa ’o pava a metà prezzo!”
Oggi si vive in 3D. Un mio amico, in compagnia della moglie, è andato a vedere un porno tridimensionale. Per la curiosità, l’ho atteso all’uscita e gli ho chiesto come avesse vissuto l’esperienza.
“Ale, io mi so’ salvato, ma a mia moglie sapessi come l’hanno combinata!”
“Mo’ dove sta?”
“È rimasta dentro. Vuole vedersi un’altra volta il film, pecché nun ha capito ’o finale.”
Hanno inventato una app per qualsiasi cosa. Devi fare rifornimento di carburante? Esiste una app che ti dice dove costa di meno. Mai usata? Io sì. L’ho installata, l’ho azionata e le ho chiesto: “Dove trovo la benzina meno cara?”.
Due secondi e... tac!: so’ venute fuori tutte le stazioni di servizio della zona che avevano i prezzi più bassi. Che però, detto tra noi, erano sempre troppo cari. La benzina costa come lo champagne. I benzinai ormai te lo chiedono: “La vuole senza piombo, diesel o millesimata?”.
Ho fatto la ricerca avanzata: “Dove devo andare per pagare ancora meno?”.
Risposta della app: “Te l’hê arrubbà ’a dint’ ’a machina ’e tuo padre!».
Ci sono app per calcolare le calorie. C’è perfino una app che trasforma il tuo smartphone in una bilancia.
“Amore, quali app posso utilizzare per calcolare il mio peso?”
“Ap-prusutto, ap-parmigiana, ap-puparuolo...”
Recentemente un esperto di sicurezza, durante un convegno, ha dimostrato come sia possibile, con una semplice app, dirottare un aereo. Col solo ausilio del suo smartphone, si è introdotto nel sistema di comunicazione di una plancia virtuale di un Boeing ed è riuscito a modificare il piano di volo, la traiettoria, la velocità e ad azionare le mascherine per l’ossigeno.
Ci rendiamo conto? Mandare in tilt l’intero sistema di comunicazioni di un aeroporto utilizzando uno smartphone? A Malpensa bastavano ’e bagagli!
Che poi mi chiedo: si tenevene ’n iPad, che succedeva? Bloccavene pure ’nu trerrote ’o Bangladesh?
Si potrebbe fare anche di più. Che ne direste di una app che analizza il tono di voce della tua ragazza e ti dice quando sta mentendo?
“Ti amo...”
“Come hai detto, tesoro?”
“Ti amo...”
Dai una sbirciata al telefono e sul display appare una scritta: “È una bastarda bugiarda, s’ ’a fa cu l’istruttore ’e aerobica ’a tre anni!”.
Nel passato, quando i cellulari non c’erano, dovevamo arrangiarci con il telefono fisso, che solitamente era posizionato in corridoio. E questo non favoriva la privacy. L’unico modo per non essere ascoltati da tutti era utilizzare una di quelle prolunghe marroni lunghissime. Per avere maggiore riservatezza, c’era chi a...