Quando i suoi occhi si ripresero dallo shock, Barry non vedeva più la sua stanza. Anche perché non si trovava più nella sua stanza, e neanche nella sua casa. E non era più nemmeno sera. Una sola cosa era uguale a prima: indossava sempre il pigiamone zebrato.
Stava salendo dei gradini. Non sapeva perché, ma li saliva. Aveva paura, eppure qualcosa lo tratteneva dal gridare chiedendo aiuto a mamma e papà, come avrebbe fatto di solito in circostanze simili. Si limitò a proseguire lungo le scale.
Appena prima di arrivare in cima, avvertì un fruscio sotto i piedi. Guardò giù e vide che, tra un gradino e l’altro, si era incastrato un pezzo di carta colorata tutto stropicciato: una mappa. Barry si chinò, la raccolse e la aprì.
Era la mappa di una città: tutti i luoghi più importanti erano indicati da buffi disegni; una mappa simile a quelle che Barry aveva visto tra le mani dei turisti, le poche volte che era stato a Londra con i suoi. Da quanto riusciva a leggere, la città si chiamava Youngdon, che ricordava appunto “London”.
A occhio e croce sembrava quasi una mappa di Londra: i disegni, infatti, indicavano la presenza di monumenti negli stessi luoghi, solo che, al posto del famoso Palazzo del Parlamento, qui c’era qualcosa che sembrava uno strano accrocchio tra il Parlamento e un’area giochi, denominato “Parlamento dei Giochi” (con tanto di Little Ben al posto del Big Ben!). La Colonna di Nelson (dedicata al famoso ammiraglio inglese), qui si chiamava Colonna di Nelson il Bullo dei Simpson. Infine, Piccadilly Circus e Oxford Circus non erano piazze, come sono nella realtà, ma veri e propri circhi.
Al centro della mappa era indicata un’imponente costruzione dall’aspetto molto ufficiale che non aveva corrispondenza con alcun edificio londinese noto. In cima, a giganteschi caratteri rossi, troneggiava la scritta
AG
Barry, gli occhi fissi sulla mappa, salì ancora di qualche gradino, poi alzò lo sguardo e si accorse di aver raggiunto l’uscita di un sottopassaggio che sbucava su una strada. Era una strada molto vivace in quello che sembrava il centro di una grande città. C’erano negozi, edifici altissimi e traffico, e poi ancora negozi, edifici più alti e traffico in quantità.
Barry era decisamente disorientato. Probabilmente, pensava, era arrivato in quel posto per una specie di magia; ma quando uno arriva da qualche parte grazie alla magia, di solito finisce in un mondo completamente diverso, con auto volanti, mostri che parlano come robot, eccetera. Oppure finisce in un mondo tutto a misura di bambino: un posto in cui le caramelle crescono sugli alberi e le Ybox cadono dal cielo. E la mappa sembrava indicare esattamente un posto di quel genere…
Peccato che lì intorno ci fossero solo adulti! Adulti tipicamente affaccendati nelle solite faccende degli adulti: andare al lavoro, fare la spesa, parlare al telefono di affari e denaro, con aria seriosa.
Alla fine Barry si convinse di essere semplicemente finito in un’altra città, magari lontana dalla A41. Decise inoltre che era meglio tornarsene a casa. Però non sapeva come tornare; allora alzò la voce al massimo e gridò: «EHI, SCUSATE!».
La frase risuonò altissima. Un sacco di adulti smisero di colpo quel che stavano facendo e lo guardarono.
«MI CHIAMO BARRY» continuò. «HO DIECI ANNI. CIOÈ, QUASI DIECI. LI COMPIO TRA CINQUE GIORNI. MI SONO PERSO. QUALCUNO PUÒ AIUTARMI?»
Con questo Barry si aspettava che almeno uno di quegli adulti venisse in suo aiuto per portarlo dai vigili o telefonare ai suoi. Ma non uno lo fece! Perché arrivarono tutti. E tutti insieme.
Ce n’erano a bizzeffe, assiepati intorno a lui. Coppie soprattutto: grasse e magre, vecchie e giovani, capellone e pelate (anche le donne!), eleganti e trasandate, coppie profumate e coppie difficili da classificare. E tutte gli volevano parlare.
«Barry!» dicevano. «Barry!»
«Si?!» rispose lui ad alcuni prima di realizzare che non poteva rispondere a tutti.
«Oh, Barry!»
«Noi siamo perfetti per te!»
«Come staresti bene a casa nostra!»
«Vieni a stare da noi, Barry!»
Altri invece dicevano: «Ti prego, guarda qua».
«Prendi il nostro biglietto da visita!»
«Qui c’è il nostro curriculum! Ti dispiace dargli un’occhiata? Fai pure con comodo!»
E mentre parlavano, cercavano di consegnargli biglietti da visita e volantini. Sui volantini spiccavano le foto delle coppie in pose disinvolte e facce sorridenti, e poi un sacco di informazioni che le riguardavano: dove vivevano, che modello di auto possedevano, quanto guadagnavano e compagnia bella. Ma Barry non faceva in tempo a leggerne uno per intero che già se ne trovava un altro tra le mani.
«Calma! Va bene! Grazie a tutti, ma io voglio solo tornare a casa mia!»
«No, Barry! Vieni a casa nostra!»
«Figuriamoci: la nostra è molto più carina!»
«E la nostra è vicino a un parco a tema!»
«La nostra è fatta di zucchero filato!»
«Non è vero!»
«Okay, non è vero… però nel sottoscala ne abbiamo a palate!»
«Cosa?!» chiese Barry. «Ma perché dite queste cose?»
Gli stavano tutti intorno e lo strattonavano o gli facevano toc toc sulla schiena, nel disperato tentativo di convincerlo a guardare i loro volantini. Barry cominciava ad avere paura. Poi, all’improvviso, udì una voce. La voce di un bambino, finalmente. Il suono era metallico e amplificato.
«D’accordo, gente, circolare» diceva la voce. «Su, da bravi. Dovete andarvene, tutti quanti!» Era un accento stranamente familiare. «Conoscete le procedure!»
Gli adulti si zittirono di colpo, scostandosi. Barry mise a fuoco e vide due figure farsi largo tra la folla: li riconobbe subito. Uno stava parlando dentro un megafono.
Barry sgranò gli occhi. «Lukas!» esclamò. «Taj! Che ci fate qui?»
«Scusa, ma non capiamo di cosa stai parlando» disse Taj. «Io sono PG 890 e lui è PG 891.»
«PG?» In quell’istante Barry si rese conto che indossavano delle uniformi. Non proprio come quelle dei poliziotti (in effetti assomigliavano più a dei pigiamoni blu scuro) ma abbastanza simili da spingerlo a chiedere: «Vuoi dire Polizia Giudiziaria?».
Taj lo guardò come se stesse parlando arabo. «Certo che no! Polizia Genitoriale, ovviamente!»
«Eeeh?» fece Barry. «E cos’è?»
«Guarda e impara» sentenziò Lukas. Ecco, questa era proprio una frase da Lukas: Barry si convinse che doveva essere lui.
Poi i due ruotarono su se stessi. Lukas portò il megafono alla bocca e Taj estrasse dalla tasca un fischietto d’argento. Lukas guardò la folla che ancora si attardava lì intorno.
«Ascoltatemi tutti! Tornate alle vostre case!» disse.
«Veramente io stavo andando al lavoro!» rispose una voce.
«Va bene» disse Lukas. «Allora tornate a casa o raggiungete il vostro luogo di lavoro! Delle due, l’una. Conoscete le procedure!»
«L’hai già detto!»
«Sì, certo! A ogni modo, ora porteremo questo ragazzo in Agenzia. Naturalmente, potete inoltrare lì la vostra domanda, se non è già in archivio. E adesso…»
Rivolse un cenno del capo a Taj e quello fischiò a pieni polmoni. Il sibilo, acuto e assordante, sembrava non finire mai. Barry si ficcò le dita nelle orecchie e la folla cominciò a disperdersi, in silenzio. O almeno, così gli parve, finché non si stappò le orecchie, scoprendo che quella folla di adulti era tutta un borbottio.
«Vado subito a mandare il nostro file aggiornato in agenzia!»
«Quel bambino sarebbe perfetto per noi!»
«Stupidi PG! Saltano sempre fuori da chissà dove…»
Quando infine tutti se ne furono andati, Barry si rivolse ai due ragazzi: «Davvero non sapete di chiamarvi Taj e Lukas?».
«Io sono PG 890» disse Taj.
«E io PG 891» disse Lukas. «Ora, se non ti dispiace, potresti dirmi come ti…?» Barry capì cosa voleva chiedergli. Era incredibile che fosse proprio Lukas, il suo migliore amico (a volte secondo migliore amico) a fargli quella domanda!
«Barry» rispose.
«Davvero ti chiami Barry?»
«Certo! Lo sai benissimo!»
«E davvero stai per compiere dieci anni? Tra cinque giorni?»
«Sì» rispose Barry, «e sai benissimo anche questo!»
Lukas si voltò a guardare Taj e scosse la testa: sembrava proprio che non capissero a cosa si riferiva. Poi Taj, chissà perché, assunse un’aria ombrosa e preoccupata.
«Okay, Barry» disse. «Ti spiace seguirci?»
Scesero in una stazione chiamata Green Bogey Park.a Barry ricordava che a Londra esisteva un posto chiamato Green Park… ma Green Bogey Park!
Qui presero la metro. Barry sedeva tra PG 890 e PG 891. Ogni tanto coglieva le occhiate degli adulti accomodati sui sedili di fronte. Erano occhiate molto significative. Un tizio mimava con la bocca una frase tipo: “Paghetta settimanale a tre cifre. Fai i tuoi conti!”. Una donna cercò di allungargli un biglietto mentre stava per uscire, ma fu prontamente dribblata da ...