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COMMISSIONE DISCIPLINARE
Palma, con un insolito tailleur e il viso tirato, siede davanti ai membri della Commissione disciplinare riunita a porte chiuse. Ci sono anche Vento, Monaco e Terruzzi. Il presidente sta riassumendo i capi d’accusa.
«Dottoressa Toscano, lei ammette di aver chiesto al capitano Terruzzi della Guardia di Finanza un accertamento bancario senza previa autorizzazione del magistrato?»
«Era un’urgenza investigativa.»
«Non le ho chiesto il motivo.» Si rivolge a Valerio. «Vicequestore Vento, lei è il capo della Catturandi. Ha autorizzato lei la dottoressa? Le risulta quest’urgenza?»
«No. Non ne sapevo nulla. In quei giorni ero anche fuori sede. Evidentemente, Toscano ha approfittato della mia assenza.»
Palma lo fissa, spiazzata, sbalordita.
Il presidente insiste. «La dottoressa Toscano ha tenuto analoghi comportamenti in altre occasioni?»
«Si tratta di un ottimo elemento, ha contribuito in maniera decisiva alla cattura del latitante Natale Sciacca.» Esita un attimo. «Ma in molte altre occasioni ha violato ordini diretti, agendo di sua iniziativa in maniera imprevista, incontrollabile.»
Palma incassa, incredula. Valerio la sta abbandonando.
Poi lui si alza, ha un documento in mano.
«A sua parziale discolpa, devo dire che attualmente è in cura dallo psichiatra Corrado Ferri, a causa di un disturbo dissociativo.» Vento si avvicina al presidente, gli consegna il documento. «La cui gravità è evidente dalla perizia dello stesso professor Ferri, che vorrei fosse messa agli atti.»
Palma non regge più, scatta in piedi, esplode.
Prima grida contro Valerio: «Stai dicendo che sono pazza?». Poi si gira verso gli altri. «Lo pensate tutti, vero? Per questo volete cacciarmi? Ma sapete cosa vi dico? Io non ci sto, non mi buttate fuori voi! Me ne vado io!»
Getta la sua tessera della Polizia sul tavolo e si avvia furibonda all’uscita, sotto lo sguardo allibito di tutti.
«Dottoressa Toscano! Si fermi! La invito a ritornare al suo…»
Ma è troppo tardi, la porta sbatte dietro le spalle di Palma, che come una furia esce in strada, dove la rincorre un gruppetto di giornalisti. Ci sono anche un paio di telecamere.
«Commissario!»
«Commissario Toscano!»
«È ancora sotto inchiesta?»
Palma scappa via, si sottrae, turbata e frenetica.
«È stata sospesa?»
«L’hanno trasferita?»
«Commissario Toscano!»
«Non sono più commissario!» grida esasperata Palma. «Se è per quello, non sono più neanche un poliziotto» dice a voce più bassa, infilandosi in macchina.
I giornalisti si accalcano intorno ai finestrini.
«Ma perché?»
«Che è successo?»
«Lasciatemi in pace» mormora, tra sé.
Si accascia sul volante, sfinita.
I flash scattano.
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VILLA IGIEA
L’assalto dei cronisti passa nelle immagini della TV, con Palma che si chiude in macchina e le domande che la inseguono di là dal finestrino.
“È vero che la Catturandi sarà smantellata?”
“È per questo che ha dato le dimissioni?”
Insieme a Tito davanti alla TV, Mazzamuto sembra apprezzare. «Perfetto. Se c’era una pericolosa, era lei.»
Tito è scettico. «Sempre chiedersi il perché delle buone notizie.»
In quel momento si apre la porta, entra Alina.
«Papà, hai visto Giovanni? Doveva accompagnarmi in centro.»
Una rapida occhiata tra Tito e Mazzamuto, che si alza. «Scusate, io devo andare. Ciao Alina, a dopo.»
«Ciao.»
Tito aspetta che Mazzamuto abbia chiuso la porta. Sorride, suadente. «Da oggi avrai un altro autista.»
«Ma… perché?»
Tito simula innocenza. «Credevo che Giovanni non ti fosse simpatico…»
Alina è spiazzata, contrattacca, ma la cartuccia è bagnata. «Lo decidi tu per me?»
Tito ha notato il suo turbamento, ma continua a fingere nonchalance, risponde con ironia.
«Be’, mi spiace averti scavalcata in una decisione così importante.»
Poi raccoglie dei documenti sul tavolo, distogliendo lo sguardo. Alina si gira di scatto, se ne va in camera.
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VILLE
Le luci di Villa Branca si riflettono sulle acque del lago di Como, attraverso le grandi vetrate. Alberta è tesa, guarda dalle finestre, si gira, fissa il telefono, allunga la mano, esita. Poi la ritira.
Tito è appoggiato alla ringhiera, pensieroso. Guarda giù, verso la piscina di Villa Igiea, dove Alina sta nuotando sola, a dorso: un battito impeccabile, ritmato, regolare, che risuona sul terrazzo, dove squilla un cellulare. Tito guarda il display. NUMERO SCONOSCIUTO.
«Pronto?» risponde comunque.
«Non ti vedo per vent’anni e rientri così nella mia vita?»
Per un attimo Tito è spiazzato, poi capisce.
«Alberta?»
Lei sorride appena. Comunque, le fa piacere che l’abbia riconosciuta subito. «È venuta qui una poliziotta, Palma Toscano, mi ha chiesto di te. Mi vuoi spiegare?»
Il viso di Tito si contrae in una smorfia dura. «Che cosa voleva?»
«Sapere di te.»
«E tu che le hai detto?»
«Quello che è successo, no? La verità.»
Tito è sempre più allarmato.
Alberta sorride, con una certa cattiveria. «Ma stammi bene a sentire: non so cosa combini tu, ma io ne voglio star fuori.»
Tito è altrettanto secco. «È quel che voglio anch’io. Non ti preoccupare, me ne occupo subito.»
Scuro in volto, riattacca. Torna a guardare Alina che nuota a dorso, implacabile come un metronomo.
A Pognana Lario squilla il telefono.
«Commissariato, dica» risponde il sovrintendente Gatti.
Sofia è al telefono, nel suo soggiorno di Milano. Simula un tono imperioso, di comando.
«Vicequestore Sallusti, Catturandi Palermo. È ancora lì il commissario Toscano? Dovrei parlarle.»
Gatti sorride, compiaciuto. «No, è andata via ieri, abbiamo risolto in fretta» dice con una punta di orgoglio. «Cercava un vecchio rapporto, l’ho aiutata io. Abbiamo avuto fortuna, per caso c’era ancora il cartaceo…»
«Ottimo lavoro, sovrintendente. Ne terremo conto.»
«A disposizione, dottoressa.»
Sofia riattacca. Guarda il monitor, il viso teso di Tito su Skype. «Palma Toscano ha il verbale del tuo incidente. Che facciamo?»
Alberta Branca siede al lungo tavolo dove è apparecchiata, solo per lei, la cena. Il maggiordomo le porta un’elegante zuppiera, inizia a servirla.
Di colpo, salta la luce, Alberta è illuminata solo dalle candele. Guarda seccata il maggiordomo, che non si scompone.
«Sarà il contatore. Me ne occupo immediatamente, donna Alberta.»
Tito e Mazzamuto si muovono nervosi sul terrazzo.
«Comunque, il fatto che Palma sia fuori dalla Polizia è un vantaggio. Potrebbe non aver detto né fatto niente.»
«Lei? Ma figurati.»
«A maggior ragione, se qualcun altro sa, non possiamo toccarla: in nessun modo. E in ogni caso quel verbale non dice nulla, sono solo deliri di un ubriaco.»
«Quel cazzo di verbale! Ho fatto di tutto per cancellarlo!»
«Calmati. La cosa migliore è aspettare, capire. Anche un solo passo può essere un’imprudenza.»
«Ma io sono imprudente! È così che sono diventato quello che sono: fotte...